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Autore: Pharmakon    09/02/2013    0 recensioni
Non gioca mai sul serio, Giacomo, come se avesse la piccola consapevolezza d'aver qualcosa da perdere.
Uno. Il culo.
Due. I pensieri.
Tre. Qualche bella parola a cui non ha pensato.
(Dell'andare in un supermercato con dieci euro in tasca, del pensar troppo, del non sapersi scrivere.)
Genere: Generale, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Triangolo
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 Il reparto dolci del Carrefour è immenso; circa sette metri di scaffali disordinati da chissà quante mani vogliose e pentite – impronte giganti, tenere dita di bimbi e poi la sua indecisione che prende forma.

Kinder, Lindt, Venchi, Ritter Sport.

Ritter Sport.

Tutti i colori dell'arcobaleno superano i sette vizi di cui Giacomo, unico protagonista in quella massa, vuole macchiarsi le dita e le labbra – quando perfino la luce non è più pura, per quanto sia bianca ed accecante e causa del suo mal di testa.

Ci sono cause più nobili per quell'avventato acquisto: la bramosia di un'ipotetica amante, la voglia di godere di un piccolo piacere in compagnia e di nuovo il godimento e la bramosia ed il piacere tutti insieme; sono chiari nella sua testa pensieri stantii e ripetibili e, ovviamente, irrealizzabili. Ha solo dieci euro, Giacomo, e nessun altro modo di economizzare sulla fantasia.

In più: la solitudine, la svogliatezza, lo scaffale.

Se Marco non gli avesse riempito la testa con le sue stupide teorie, Giacomo non se ne starebbe lì ad indugiare; ovunque vada si porta dietro sempre e solo se stesso ed è l'isolamento dei vagabondi a riempirlo – svuotava i mobili di cornici e foto dentro le cornici e facce dentro le foto dentro le cornici, erano ricordi martellanti che gli spaccavano il cranio ogni volta che tentava di descrivere un istante passato, mai stantio e, ovviamente, irripetibile.

Di spezzare in due una barretta di cioccolata, comunque, non se ne parla neanche; il modo in cui scarta la sua fantasia e la divora pezzo per pezzo sono dettagli di cui è geloso; lo colmano fin quando non va a cagare per poi farsi una sega con le mani sporche e marroni – di cioccolata. Ride solo a pensarci.

C'è la Ritter ripiena al marzapane che, non per caso, sfoggia nascosta, incartata, un rosso acceso colore della rabbia con cui la afferrerà e poi si masturberà nel cesso di casa, sperando così di tingere le pareti perché aveva solo dieci euro in tasca e non poteva economizzare nemmeno sul piacere e la vita e l'immaginazione ed il sangue ché gli serviva.

Con lo sperma bianco, come il marzapane, da far leccare via agli angeli. Ed a quello stronzo di Marco.







 

 

 

 

Al Tabacchi lì vicino ha sentito una voce che gli sembrava quella di Cassandra chiedere un pacchetto di Lucky Strike blu.

Uno. Quelle sono le sigarette dei rottinculo.

Due. L'immagine di Marco che compare da un momento all'altro, pretenzioso e con la mano tesa verso il nulla.

Se giocasse sul serio una volta tanto a girarsi e sussultare (sorprendersi, è una questione di vivere bene solo et pensoso, no?) li troverebbe entrambi. Cassandra e Marco.

Il sempre presente divario tra aspettativa e realtà è tutto concentrato in questa stessa frase. Piuttosto che sprecare il tempo che ha in alternative, Giacomo preferisce concentrarsi sul suo pacchetto di Camel Light che fanno schifo, così i suoi occhi non sfuggono e non prendono sul serio una possibilità.

Oltretutto se ha Cassandra dietro, lei gli tocca il culo; se non le va quel giorno, cazzi suoi, insomma. Non gioca mai sul serio, Giacomo, come se avesse la piccola consapevolezza d'aver qualcosa da perdere.

Uno. Il culo.

Due. I pensieri.

Tre. Qualche bella parola a cui non ha pensato.

Comunque non era Cassandra, chissenefrega.
 

 

 

La Ritter non l'ha comprata. È stato il pensiero delle sigarette a svegliarlo dall'immenso trip causato dalle luci e dalle carte colorate che, poi, che cazzo le fanno a fare così belle se poi vengono rotte? Bella filosofia portante di vita e bella comicità umana.

Triste ironia è per lui conservarle nel cassetto del comodino; ha avuto una crisi isterica all'età di otto anni quando sua madre voleva buttarle via – ora ne ha diciotto e probabilmente gliele farebbe ingoiare.

No, non è vero. Forse. Ci deve pensare e siccome deve pensare bene sfila la prima sigaretta dal pacchetto e l'accende e comincia a schifarsi.

Come cazzo potrebbe giocare sul serio se fuori non fa altro che mostrare smorfie e dimostrare a se stesso che gli cresce un tumore dentro che non è causato dal fumo? E che non è nero.

Ha sette colori. In un certo senso, è privilegiato.

 

 

 

 


 

 

 

 

Se non provassi ribrezzo a bagnarmi le dita con acqua distillata, ti accecherei.

Marco non capisce. Ha trovato un biglietto sul comodino che non è nemmeno suo e l'unica cosa a cui pensa è la sua bandiera sovrastante il mondo, la città con quello scatto di prepotenza pur rimanendo sotto il lenzuolo.

Ha il cazzo pieno di aspettative e sorvolerà su quello che è disposto a scambiare per un insulto; un respiro profondo, il letto grande, la camera soleggiata, un dispetto. Sente il rumore (scrosciare, scrosciare, scrosciare, scrosciare, scrosciare, fin quando non perde senso pensare di pensare) dell'acqua e pensa, ridendo come un idiota, che non potrà sporcare il ventre di Cassandra con la sua soddisfazione; certo, se s'impegnasse a farla sedere sul letto, le sfilasse quei fottuto anfibi che porta ai piedi e coronasse il tutto con qualche romantico sussurro...

Una frase carina che lei crederà tale e non reale, solo vera: in fondo esiste anche se per un istante, isolata dal resto del mondo e lontana dai bei seni che Torino ha da offrire.

Ora che ha realizzato bene chi è ed ha sbuffato a capire che è già l'una passata si alza con uno scatto dal letto, si rimette le mutande e si infila una maglietta perché i riscaldamenti sono a palla ed in quella casa si muore di caldo, cazzo. È sicuro di aver sentito qualche frase molto poetica riguardo gli uomini, quello che desiderano, quello che non hanno, ma non ha voglia di pensarci e non se ne farebbe nulla.

Come di quel biglietto, che ha lasciato sul comodino. Cassandra lo sa, lo sa che non gli deve riempire la testa con tutta questa pesantezza inutile; a lui non interessa giocare ad essere profondo, gli piace solo scopare. È giovane.

 

 








 

 

Quando Giacomo arriva a casa sente lo stomaco ribellarsi all'odore di carne al sugo che appesta il salotto; sua madre si è dimenticata di chiudersi dentro la cucina che è l'habitat in cui siamo tutti abituati a vedere le madri e che Giacomo detesta perché sua madre non è schiava, è donna ed il suo posto è davanti uno specchio con del rossetto rosso acceso. E lui schifa profondamente la carne al sugo.

Sale velocemente le scale a chiocciola e nemmeno saluta ché non si chiama “Amore di mamma”, “Gioia” o “Tesoro”, ce l'ha un fottutissimo nome, lo hanno scelto un fottutissimo nome per lui.

Accendere il computer è la prima cosa da fare, controllare se ci sono messaggi su Facebook, sbuffare per le notifiche, non rispondere mai a nessuno. Giacomo non esiste.

Prima di sfilarsi il giaccone infila le mani nelle tasche; sfila via il pacchetto di Camel Light, sfila via la carta rossa della Ritter Sport che non ha comprato. Perde solo due minuti ad esaminarla, spiegandola sulla scrivania, a ricostruire le dinamiche di una malefatta senza aver le labbra sporche o briciole di marzapane sui vestiti.

Apre il cassetto, completa la collezione di colori, lo richiude.

Su Facebook ha dieci notifiche e quattro messaggi. Cassandra. Marco. Federica. Piero. Non li legge e non visualizza nulla.

Di Federica e Piero non si ricorda quasi niente; sono due ragazzi con cui ha passato una serata ai Murazzi e che gli hanno rotto i coglioni con la storia del flashmob. Quindi continueranno a rompere i coglioni.

Cassandra e Marco scopano. La cosa gli piace sempre meno e lo intriga sempre di più; è innamorato di entrambi da anni e questo gli sembra il perfetto finale di una storia.

Il problema è che lui non si è scritto.



 





















__________________Sì, finisce così. Un po' come finiscono le giornate o arriva la sera o SBAM ops, ti ha preso in pieno un autobus.
Mi piacciono i triangoli scaleni che seguono storie che non finiscono. Immaginate, qualsiasi finale andrà bene.
Della serie 'Show, don't tell'.

Saluti.

  
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