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Autore: Hi Ban    09/02/2013    6 recensioni
«Oh, calzini calzini! Perché siete voi, calzini? Rinnegate la vostra puzza, rifiutate la vostra avversione per i buchi cuciti o, se non volete, giurate che vi farete lavare e io non vi butterò! Solo il vostro tanfo mi è nemico, voi siete vo-»
«Che diavolo vuol dire ‘io non vi butterò’?! Sbarazzati di quella merda se non vuoi finirci tu nella lavatrice con la bocca cucita.»
«... Che cosa vuol dire ‘buttare’? Non è una mano, né un pied-»
«Vuol dire che se non la pianti ti butto dalla finestra e raccolgo il tuo sangue con i tuoi calzini.»
«... ryokai.»
Genere: Comico, Demenziale, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hidan, Shisui Uchiha
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Piove anche sotto l'ombrello se Shisui non lo apre'
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Neko no kubi ni suzu wo tsukeru


1. Violette dell'Uzbekistan




Benché Hidan decantasse la demenza di Shisui Uchiha come qualcosa di infinito e anormale, il suddetto ragazzo non era poi così idiota da credere che sarebbe vissuto in eterno. Certo, era ovvio che sarebbe morto anche lui, come tutti i comuni mortali. Il fatto che respirasse con i pori della pelle non lo metteva al di sopra di nessuno, per carità.
Sarebbe morto, alla sua ora, quando il creatore lo avrebbe chiamato a sé, ma era super sicuro che lo avrebbe fatto da vecchio. Con i capelli bianchi, le rughe e con più acciacchi di quelli che, alla veneranda età in cui avrebbe tirato le cuoia, sarebbe riuscito a contare.
E allora perché diamine si trovava in bilico tra la vita e la morte alla bellezza di ventidue anni da compiere, certo che di lì a qualche minuto la sua vita sarebbe tragicamente terminata?
Non aveva nemmeno fatto testamento, non aveva ancora comprato delle bellissime carpe e cui lasciare il testamento che non aveva ancora fatto e, cosa più importante, non si era auto invitato da Mikoto san per farsi fare un po’ dei suoi buonissimi biscotti che avrebbe sgranocchiato mentre componeva il suo importantissimo testamento in cui lasciava tutto alle carpe. Quando si trovava sotto pressione era capace di pensare più in fretta, probabilmente per un meccanismo di auto sopravvivenza: se pensava ad un modo per salvarsi non moriva, peccato che impiegava quella sua utilissima abilità per pensare a testamenti, carpe e biscotti non mangiati.
Hidan non sbagliava poi molto nel dire che era un imbecille.
No, non poteva morire così, non aveva senso, era ingiusto! Abbassando di poco lo sguardo poteva vedere letteralmente il vuoto sotto di sé, se solo avesse spostato il piede di un centimetro sarebbe cascato di sotto, morendo.
Era troppo giovane per morire!
Intanto il suo aguzzino, seduto a gambe incrociate a mezzo metro da lui, rideva, ghignava e lo sbeffeggiava, mentre attendeva che compiesse anche un solo gesto per ucciderlo.
O lo uccideva quello psicopatico o, per scappare dallo squilibrato, si buttava. Era una morte macabra in entrambi i casi.
Shisui fece l’unica cosa sensata che gli venne in mente: «Mi butto, eh! Giuro che- che- che se ti avvicini mi butto! La faccio finita!»
Meglio togliere il sensata, veramente inadeguato.
A Shisui chiaramente non venne minimamente da pensare che al suo carceriere non gliene sarebbe importato niente se l’avesse fatta finita, perché quello era il suo scopo primario. Al massimo si sarebbe preso la briga di stringergli la mano prima che lo facesse, giusto per ringraziarlo di avergli facilitato il lavoro. Eh, non si trovavano più vittime così disponibili a quei tempi.
«Fai come credi, il mio intento è ammazzarti, se fai da te mi togli anche il problema di finire in prigione» gli fece presente serafico, con quel sorriso che lo faceva sembrare più pazzo di quanto non gli fosse mai sembrato.
Shisui imprecò e fece un mezzo passetto in dietro, per quanto glielo concedesse la ristretta base di appoggio su cui si trovavano i suoi piedi.
Evidentemente non era un assassino empatico ai tentativi di suicidio, ma quella era una cosa che sarebbe stata chiara a tutti, solo Shisui parve trovarla parecchio anomala.
«Allora, ti ammazzi tu o ci penso io?» chiese con una certa impazienza il novello criminale – o così credeva Shisui, non si era mai preso la briga di indagare ulteriormente.
L’Uchiha si guardò intorno più e più volte, alla ricerca disperata di un modo per salvarsi, ma se non aveva trovato nulla nei dieci minuti precedenti era poco probabile che comparisse qualcosa in quel momento.
Sarebbe morto da eroe, almeno.
Lo psicopatico si alzò in piedi e sorrise con una tale cattiveria che Shisui prese in seria considerazione l’idea di seccarsi da solo: se veniva ammazzato da lui probabilmente il suo corpo non sarebbe stato nemmeno riconoscibile.
«Mi butt-»
«Fai quel cazzo che ti pare, Uchiha! Tanto non vai via di qui vivo» sempre fine, eh.
Certo che anche lui tirava tutto per le lunghe, eh!
«Eddai, Hie! Può capitare a tutti, non è la fine del mondo!» sbottò Shisui, che nella foga di esplicare il suo punto di vista si era dimenticato della paura di essere assassinato e di cadere nel vuoto e gesticolava ancora parecchio irritato.
Hidan smise di sorridere per assumere l’espressione più spaventosa che l’Uchiha gli avesse mai visto fare.
«A te capita troppo spesso, pezzo di deficiente, e non meriti di camminare più su questa terra» così dicendo si mosse vero Shisui, che impallidì.
«M-» i butto!
«Me ne sbatto! Tanto se cadi al massimo ti rompi un mignolo, idiota!»
Shisui sbatté le palpebre, sconcertato dalla noncuranza con cui si riferiva all’enorme altezza a cui si trovava.
Abbassò di nuovo lo sguardo e adocchiò con fare critico la distanza che c’era tra il tavolo, su cui si trovava lui, e il pavimento.
Lui soffriva di vertigini, anche salire su uno sgabello era problematico, ma quello che gli sfuggiva era che per le persone normali salire su un tavolo e minacciare di buttarsi di lì non era poi così eclatante.
«P-perciò se mi butto…?» chiese esitante.
«Non scappi, Uchiha. Ti ucciderò» sembrava la personificazione moderna dello spirito dei samurai del periodo Edo. Peccato che loro lo facevano per onore, Hidan per uno stupido…
«Lo avevo appena comprato, quel fottuto bagnoschiuma, e tu lo hai finito! Quanto cazzo ne usi, mh?!»
«Ma è solo un bagnoschiuma!» tentò di protestare: che diamine, neanche fosse stato alle violette dell’Uzbekistan!
A Hidan non parve piacere particolarmente quella drastica riduzione dell’importanza del suo adorato bagnoschiuma, che a detta di Shisui era relativamente poco interessante, visto che era solo al pino silvestre.
L’Hie si buttò letteralmente sull’Uchiha, che ebbe giusto il tempo di urlare un poco virile ‘la faccio finita!’ e poi tutto quello che sentì la vecchietta del piano di sopra, passando sfortunatamente di lì quel giorno, fu il rumore di mobilia schiantata.
Ora gli sarebbe toccato comprare anche un tavolo. Stupido Uchiha.



Neko no kubi ni suzu wo tsukero – mettere un campanellino attorno al collo di un gatto (fare qualcosa che è praticamente impossibile fare).


Ah, sì, sto scrivendo una raccolta, yes, è bellissimo, meraviglioso, una vera fortuna per l’umanità!:D
Saranno tutte oneshot scollegate, alcune più lunghe altre più corte, tutte ambientate nello stesso disgraziato universo delle tre oneshot che ho già postato su loro due: perché io li adoro insieme, mi fanno tenerezza XD
La melodrammaticità di Shisui è proverbiale, la poca pazienza di Hidan pure, insieme cosa possono essere ‘sti due idioti insieme? Amùr, sono totalmente amùr, giuro!XD
Il titolo è riferito sia al fatto che due personalità del genere non possono convivere con tanta semplicità e anche al fatto che io ero partita con tutte le mie buone intenzioni a scrivere le oneshot, ma non è detto che non mi arrenda a metà strada: lo faccio spesso, lo ammetto XD
Ah, il rating giallo è solo per il linguaggio colorito di Hidan, nulla di scabroso, solo che ogni tano qualche parolaccia scappa.
Bene, detto ciò andate tutti a comprare un bagnoschiuma alle violette dell’Uzbekistan *O*
  
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