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Autore: Shee    30/08/2007    55 recensioni
"E io ripetevo sempre: Harry, Harry, Harry, Harry, Harry, Harry, Harry, Harry... e loro... loro ridevano! Ridevano, capisci? Ridevano! Le puntine da disegno ridevano di me!" Lacrime rabbiose ricominciarono a solcarle il viso mentre lei continuava a parlare ininterrottamente, specchio di ciò che accadeva sul viso di Harry. Infine il ragazzo voltò appena la testa verso gli altri tre, con gli occhi chiusi, il naso che fremeva, la bocca serrata.
"Questo... cosa significa?"
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo, Contesto generale/vago
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Oh, mon amour...
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l`aube claire jusqu`à la fin du jour
Je t`aime encore tu sais je t`aime.

(Jacques Brel - La chanson des vieux amants)




Aveva sentito uno strano rumore, una specie di rantolo e una risatina, così aveva pensato di andare a controllare.
In quel momento stava sulla soglia della camera di Hermione ad osservarla che dormicchiava nel suo letto, avvinghiata ad un gatto di peluche come una bambina. Harry sorrise. Era stato tenero e straziante scoprire che Hermione a casa dei genitori dormiva abitualmente con quel gatto di peluche.
La ragazza si mosse, nel sonno, ma poi con un gridolino si voltò supina con gli occhi spalancati lasciando che il gatto scivolasse a terra e rotolasse di almeno un metro sulla destra.
Rimase ferma, immobile in quella posizione per alcuni secondi, poi Harry fece un passo verso di lei ed Hermione scese dal letto con un salto e afferrò il gatto da terra, abbracciandolo con il braccio destro.
“Non ti avvicinare di un passo!” Ordinò Hermione con voce stridula, ed Harry obbedì, osservandola che si avvicinava.
“Cos'hai contro il mio gatto? Eh?” Disse tenendo per il collo il pupazzo e agitandolo davanti al viso di Harry, che si contrasse appena.
“Niente. E' un gatto molto carino” Non era vero. Harry odiava quel gatto, e quel gatto lo odiava a sua volta, ne era certo. E poi era davvero un peluche brutto. Delle corde con dei ponpon blu a mo' di zampe, qualche pezza, pezza reale, nel senso che un tempo era stato intero, la coda di corda sfilacciata, un testone enorme con baffi plasticosi che pungevano e una pezza più nuova al posto del naso.
Hermione si voltò leggermente verso destra abbracciando il gatto, cullandolo e consolandolo “Non ti farà niente, quello là, te lo prometto, capito, Meg? Non devi aver paura, no. Ci sono io che ti proteggo, okay?” sussurrava. Ma Harry poteva sentirla comunque e si stava sforzando di non lasciarsi andare, in nessun senso. Erano anni che lo faceva, non avrebbe ceduto ora, non dopo l'ultima volta che era capitato.

Era giorno e Harry stava preparando da mangiare mentre Hermione si dondolava su una sedia, lì vicino. A tratti sembrava quasi la vecchia Hermione, dopotutto se stava zitta e lui non la guardava era identica all'Hermione di un tempo quando taceva. Poi si era voltato, era allegro quel giorno, a pranzo sarebbero venuti Ron e altri amici, ma quando aveva visto sua moglie, raggomitolata sulla sedia, che dondolava appena, con gli occhi fissi su di lui non c'era più riuscito. Hermione aveva sussurrato un “Harry...” che somigliava maledettamente ai vecchi "Harry" e poi aveva detto con tutta serietà “I topi... ci sono dei topi. Tanti topi. Troppi topi. Vado a chiamare Meg? Lui è un gatto saprà cosa fare, glielo chiederò...>> e aveva continuato a biascicare così per un po', mentre Harry si voltava con la pentola ancora in mano e la posava affatto delicatamente sui fornelli, mentre le mani gli tremavano e la vista gli si annebbiava per le lacrime.
Aveva sentito il tono di allarme della ragazza alzarsi di alcune ottave, la poteva immaginare con gli occhi che sporgevano e le nocche bianche per le dita serrate sul bordo della sedia sulla quale era appollaiata.
“Che è successo? Un topo! E' stato un topo!” Aveva gridato scattando in piedi sulla sedia, per poi saltare giù e correre via, verso la porta. Harry, che aveva una mano sugli occhi per strizzarli e impedire loro di lasciar scappare le lacrime, la seguì di corsa, giusto in tempo per vedere la porta che si chiudeva di schianto. La riaprì e la seguì fuori. La riacchiappò poco dopo, all'angolo della strada, abbracciandola da dietro e scivolando a terra. Piangevano entrambi, per diversi motivi. Dapprima Hermione si divincolò, poi si calmò, ingiuriandolo per averle impedito la fuga dai topi. Topi che ovviamente non esistevano.
“I topi... I topi... sono dovunque, i topi!” Continuava a bofonchiare Hermione, mentre Harry con la fronte appoggiata sulla sua schiena la teneva saldamente, continuando a cercare, inutilmente tra l'altro, di trattenere la voglia di piangere come un bambino “Harry, Harry, Harry, Harry, Harry... Devo andarmene! I topi! Non posso...” Alcuni passanti li avevano guardati male, altri, vicini di casa babbani ai quali Harry aveva dovuto raccontare qualcosa di riveduto e corretto, li avevano guardati compassionevolmente, uno aveva anche chiesto ad Harry se avesse bisogno di aiuto, ma lui aveva scosso la testa senza guardarlo.
“Puoi! Puoi tornare in casa. Meg li scaccerà via tutti” gli occhi di Hermione si illuminarono e si voltò verso Harry raggiante “Hai ragione! Meg!" poi aveva notato le gote umide di Harry e vi aveva posato il polpastrello dell'indice sinistro.
“Sono stati i topi?” aveva chiesto sommessamente ed Harry aveva annuito, Hermione lo aveva imitato, convinta “Vedrai, Meg li ucciderà tutti” Harry aveva annuito ancora e si era alzato in piedi a fatica, tenendo in braccio Hermione, che al tentativo del ragazzo di farla alzare da terra non aveva reagito.

“Non voglio fare niente a Meg. Gli voglio bene” Hermione aveva scosso la testa senza sciogliersi dal quell'abbraccio chiuso e raggomitolato con il suo gatto. Harry sospirò e si avvicinò, posando le mani sulle spalle di Hermione e abbassando la testa al livello di quella della riccia per guardarla con un sorriso che di felice aveva poco. Hermione allora aveva annuito lentamente, riconoscendo il suo sguardo. La sua voce. Harry era certo che la vecchia Hermione fosse ancora lì, nonostante tutto.
“Rimani qui?” Chiese candidamente Hermione, lui ci pensò un attimo e annuì.
Poteva guardarla dormire, adorava le notti durante le quali Hermione gli concedeva questo privilegio. Nel suo pigiama enorme, di un rosa slavato, i pantaloni che gli coprivano parte del piede, le maniche che le nascondevano le mani e uno dei due bottoni della maglia del pigiama slacciato, gli occhi chiusi, Meg sul pavimento, gentilmente acciambellato a terra.
Certo, avevano un letto matrimoniale, ma le uniche due volte che Harry aveva provato ad usarlo con Hermione, lei si era rannicchiata sul fondo del letto, seduta, mentre Harry fingeva di dormire schiacciato dalla sua parte, cercando di ignorare il vuoto. E l'aveva sentita piangere per tutto il tempo. Aveva rinunciato e adesso il letto era rifatto da almeno un anno, intatto. Lui non dormiva nella loro camera matrimoniale, aveva semplicemente sistemato la camera degli ospiti e la camera singola di Hermione era stata adibita in quella che in futuro sarebbe dovuta diventare la camera dei loro figli.
Sul comodino c'era posata la fede di Hermione. Harry adocchiò la sua, al dito, e strinse il pugno.
“Dai, mettiamoci a dormire” la incitò e lei posò Meg a terra, con le ultime carezze e raccomandazioni, mentre Harry si stendeva sulle lenzuola, era giugno dopotutto, e lei gli si allungava accanto, accoccolandosi nel suo abbraccio come una bambina. Era lunatica, succedeva spesso che prima lo scacciasse o gli urlasse contro per poi scoppiare a piangere o lo abbracciarlo tanto forte da soffocarlo. Ma in linea di massima sembrava che riuscisse a comunicare solo con lui. Solo lui riusciva ad andare oltre la barriera, farla parlare, farle capire. Con lui Hermione era molto loquace, anche se in sciocchezze, quando invece c'erano altre persone attorno taceva. Entrambi si erano chiusi in loro stessi.
In quel momento stava giocando con le proprie dita sul torace del marito, l'indice ed il medio e mo' di gambe che passeggiavano. Continuava a bofonchiare, ma Harry non vi prestava più attenzione.
Com'era bella! I capelli vaporosi, ricci, confusi che si posavano sulle sue spalle e sul braccio sinistro di Harry, la pelle pallida, le dita paffute, qualche graffio, qualche piccolo neo color caffé, gli occhi dorati e grandi, sempre più grandi in quel viso smunto e della sottile bocca arrossata dal mordersi le labbra così spesso.
Oh Dio, se l'amava. Non aveva mai smesso per un solo attimo di farlo, nonostante quei tre anni laceranti.

Erano ormai tre anni che la situazione era tale, aveva litigato spesso con Ron e con altri membri dell'Ordine a proposito. Gli dicevano che doveva vivere, che ad Hermione avrebbero provveduto al San Mungo. Ma non capivano. Senza Hermione come poteva vivere? Voleva averla con sé, era sua moglie, era lui che doveva provvedere a lei. E poi la amava. Come avrebbe potuto lasciarla per sempre in quel reparto dimenticato dal mondo?
All'inizio aveva litigato anche con i genitori di Hermione, sulla sua destinazione. La volevano con loro. Ma Harry aveva avuto la meglio. Ed Hermione era stata felice. O almeno così pensava Harry.
Era diventato tutto maledettamente grigio, ma al contempo vivace da ferire, e difficile, così difficile, dal quel pomeriggio.
Erano sposati solo da due mesi quando Hermione era sparita nel nulla, erano subito partite le ricerche ed Harry aveva contribuito per quanto aveva potuto, ma era disperato. Un pomeriggio però, tornando a casa se l'era ritrovata inginocchiata sul vialetto, sporta verso l'aiuola con un pugno di fili d'erba in mano che mormorava tra sé e sé. Era sporca e aveva alcuni graffi anche in viso, i capelli appiccicati alla fronte.
Harry si era avvicinato incredulo e felicissimo.
“Hermione! Sei... sei qui! Stai bene? Come...” Si era lasciato cadere al suo fianco e l'aveva abbracciata, sollevandola dal praticello dove continuava a strappare erba, tanto forte da farle male. Lo sapeva perchè era stata lei ad interrompere l'abbraccio dicendo che Harry la voleva schiacciare come una polpetta e poi mangiarla. Harry aveva riso.
“Lasciami, devo raccogliere settemila novecento cinquantatre fili d'erba! E ne ho raccolti solo settantasette e mezzo!” e si era chinata di nuovo sull'aiuola. Harry era rimasto immobile ad osservarla per almeno due minuti, attonito e confuso, poi aveva balbettato un incantesimo e una scia argentata precaria era volata verso il quartier generale dell'Ordine della Fenice.
“Hermione, dai andiamo dentro”
“I fili d'erba! Harry! Harry! I fili d'erba! Li devo raccogliere!”
“Ma no! A che ti servono i fili d'erba?!”
“DEVO RACCOGLIERLI!”
Harry aveva stretto i denti e l'aveva afferrata per le spalle facendola alzare in piedi.
“Harry!”
“Non devi raccogliere i fili d'erba!”
“Devo”
“No, non devi.”
“Sì, invece! Ne devo raccogliere esattamente altri settemila ottocento settantacinque e mezzo!”
“Ma perchè?”
Devo raccoglierli!” Aveva piagnucolato indietreggiando, Harry fece un passo avanti, con l'espressione altrettanto stralunata e sofferente.
“Perchè?”
“Io... Devo!” Disse allora, piangendo davvero; tra le lacrime aveva squittito qualcosa come “Harry, Harry, Harry, Harry, Harry...”
“Sono qui...” Aveva risposto piano Harry, mentre abbassava le mani abbattuto, cercando di soffocare quel dolore acuto che cercava di fargli a pezzi il cuore a quel richiamo così sommesso e disperato, come lo aspettasse ancora per salvarla. Fece un passo verso di lei, ma lei indietreggiò ancora, inciampando nelle pietre che delimitavano il prato, e le sfuggirono di mano i fili d'erba, mentre cadeva seduta a terra. Senza curarsi di essersi fatta male, di essersi graffiata le mani per frenare la caduta, di essersi sporcata ulteriormente la gonna un tempo beige, si voltò verso la terra e cominciò a rovistare scoppiando in un pianto dirotto.
“Li ho persi... persi... persi...” Harry si posò una mano sulla bocca cercando di non piangere, anche se non ci stava riuscendo molto bene.
“Hermione, che ti prende?” balbettò, ma lei non gli diede retta, finché non la fece girare a forza e alzò la voce, stridula “Perchè fai così?”
Lei scosse la testa mentre piangeva “Ho perso tutti i fili d'erba che avevo raccolto”
“Non parlo di questo! Perchè vuoi raccogliere i fili d'erba?” Lei spalancò gli occhi velati di lacrime come attonita “I fili d'erba servono”
“... Perchè?”
“Me l'ha detto lui
“Lui? Lui chi?”
Lui
“Hermione... che-” Ma Harry era stato interrotto dall'arrivo di Remus Lupin, Arthur Weasley e Ron.
Dopo un po' erano riusciti a convincere Hermione a entrare in casa, promettendole che anche all'interno avrebbe trovato dei fili d'erba.
Poi Lupin e Ron avevano perso mezz'ora a cercare di chiedere ad Hermione che cosa le fosse successo, ma lei si limitava a guardarli per alcuni secondi e poi ricominciare a bofonchiare cose senza senso. Hermione era seduta sul divano, le gambe piegate al petto e il mento posato sulle ginocchia, mentre si torceva le mani l'una con l'altra e cianciava senza un filo logico, Lupin invece le stava in piedi di fronte, Arthur sedeva sul divano lì vicino, assieme a Ron, ed Harry stava sulla poltrona di fronte ad Hermione, ma dall'altra parte del tappeto, si stringeva le ginocchia al petto con le braccia e il volto serrato, gli occhi lucidi che la osservavano sbarrati.
Infine aveva tentato Harry, alzandosi e piegando le gambe fino ad essere poco più in basso del viso della ragazza “Hermione... Cos'è successo, quando non eri con me?” Hermione allora l'aveva guardato, con uno sguardo un po' smarrito e allo stesso tempo un po' più sveglio dei precedenti.
“Quando ero... senza di te?” Harry annuì e lei smise si muoversi.
“C'era lui"
“E...” Harry deglutì chiudendo gli occhi “Lui che ti ha fatto?”
“Le puntine da disegno” Hermione fece scorrere le gambe fino ad essere seduta compostamente, i piedi a terra e il viso rivolto verso il tappeto.
“Le puntine da disegno?” Aveva chiesto Harry spiazzato, mentre gli altri si scambiavano uno sguardo perplesso.
“Sì, le puntine da disegno” Aveva replicato la riccia annuendo, Harry allora domandò “E cosa...?”
“Erano tante” La vide serrare la mascella, poi con gli indici delle mani cominciò a tamburellarsi sulle gambe, sempre più veloce, sempre in modo più fitto. Harry le aveva fermato le mani con le proprie e lei lo avevo guardato sinceramente sorpresa, con gli occhi spalancati, tremando visibilmente.
“Harry, Harry, Harry, Harry, Harry...” ricominciò a sussurrare guardandolo fisso ma scotendo leggermente la testa, stringendo le mani a pugno nella stretta di Harry che non poté esimersi dal guardarla negli occhi smarriti mentre i propri si riempivano di lacrime.
“Harry...” Aveva detto un'altra voce allora, aveva una sfumatura strana, una sfumatura di tristezza, era Ron, Harry annuì chiudendo gli occhi.
“Hermione” Lei smise di ripetere il suo nome mordendosi forte le labbra “Hermione, Che è successo poi?”
“Lui ha fatto allungare le punte, le ha fatte più appuntite. Ha graffiato e tagliato tutto. Poi i pezzetti sono andati a fuoco, uno ad uno, e non è rimasto nulla, fuorché le puntine da disegno.”
Arthur e Lupin si scambiarono uno sguardo cupo. Harry strinse le sua mani più forte e lei allontanò le sue quasi arrabbiata, tremante.
“E io ripetevo sempre: Harry, Harry, Harry, Harry, Harry, Harry, Harry, Harry... e loro... loro ridevano! Ridevano, capisci? Le puntine da disegno ridevano di me!” Lacrime rabbiose ricominciarono a solcarle il viso mentre lei continuava a parlare ininterrottamente, specchio di ciò che accadeva sul viso di Harry. Infine il ragazzo voltò appena la testa verso gli altri tre, con gli occhi chiusi, il naso che fremeva, la bocca serrata.
“Questo... cosa significa?”
Ron aveva gli occhi rossi, vitrei e non lo guardava, Lupin ed Arthur si guardarono ancora una volta e Lupin annuì, poi con voce gentile, proprio come un medico da una diagnosi delicata al suo paziente, solo che la sua voce tremava.
“Io... credo che sia un caso analogo a quello di Frank ed Alice”
Dove sta la bacchetta? Dov'è? L'ho perduta, è in tanti pezzi anche lei, è bruciata anche lei. Non è rimasto più nulla
Ron si era voltato mogiamente verso il suo ex-professore “Chi sono?” Gli chiese, ma Harry era scattato in piedi con un'espressione sconvolta e spaventosamente gelida.
“I Paciock, i genitori di Neville” disse Harry, anche Ron comprese e prese a scuotere la testa con gli occhi sgranati.
Tutto. Come con Attila. Per questo devo cogliere l'erba. Perchè non deve esserci più nulla. Non deve rimanere più nulla, perchè deve tornare da me. Tutto" Bofonchiò Hermione mentre cercava di graffiarsi le gambe con le unghie rovinate, Harry vi posò una mano per bloccarla, e lei smise, mentre lo guardava curiosa ed irritata per l'interruzione.
“No! Non è possibile! Hermione... lei non... E' impossibile! Facciamole altre domande, cerchiamo, non è possibile...” aveva commentato il rosso, con lo sguardo che rovistava ogni angolo della stanza, come cercando una scappatoia concreta.
“Sono d'accordo” disse Harry “Non Hermione. Non lei” Lupin replicò cupamente “L'ha detto lei, Harry. E' bruciato tutto, non è rimasto niente”
Oh sì, erano tanti. E poi mi ha detto di raccogliere l'erba. Ho perso quei fili... Dove sta l'erba?
“Ma mi ha riconosciuto! Ricorda cosa le è successo... lei non-”
Harry, Harry, Harry...“ Hermione gli aveva preso la mano e l'espressione del moro era cambiata radicalmente, era sgomento.
“Anche i genitori di Neville lo riconoscono. Anche loro ci hanno raccontato ciò che hanno provato, a modo loro. Anche loro ricordano”
L'erba! Bugiardi! Le puntine da disegno avevano ragione! A nessuno! Il prato! Avevano ragione loro! Niente! Settemila novecento cinquantatre fili d'erba... Li ho persi..."
“No, dobbiamo cercare un'altra soluzione!” gridò, quasi, Ron, mentre Harry invece si chinava su Hermione. Gli altri discutevano e a lui non interessava più. Hermione aveva bisogno di lui, non si sarebbe tirato indietro. La voce di Arthur si sovrapponeva a quella testarda di Ron, invece Lupin cercava di farlo ragionare.
“Non c'è, Ron. Non possiamo fare niente. Dispiace anche a me”
“Ma non può...”
“Bisogna accettarlo! E decidere in che modo provvedere a lei, dove starà... Bisogna fare la richiesta al San Mungo per il reparto...” Ma Harry lo interruppe, guardandolo irato.
“Provvederò io a lei!”
“Ma Harry, non so se è...” Harry fece due respiro profondi poi pacato replicò “E' mia moglie. Resterà qui. Con me”
Persi... Le puntine dicevano che a nessuno importava della mezzosangue. A nessuno. A nessuno. Neanche ad Harry. E ridevano. Ridevano. Ridevano. E tagliavano. E ridevano."
“Sicuro, Harry?” gli chiese Lupin, ma lui non lo considerò neanche.
“Le puntine mentivano, Hermione” A quelle parole tutti tacquero, guardando Harry che invece li ignorava categoricamente con un'espressione che cercava di essere normale, contenuta “Ti avrei salvata. Ti salverò, te lo prometto”
“Harry, non...” Cominciò il signor Weasley, ma Harry aveva preso in braccio Hermione che lo fissava in silenzio, come non capisse il suo funzionamento.
“Rimarrò con te. Ora sei stanca, vero?” Lei non rispose, né diede segno di aver sentito o compreso la domanda, ma lui lo prese per un sì “Andiamo”
Senza rivolgere parola o sguardo agli altri si avviò verso le scale, con Hermione che si era aggrappata alla sua maglia per paura di cadere, mentre Harry la stringeva più forte.

“Harry?”
“Mmm?” Disse lui senza distogliere lo sguardo da lei, distesi su quel letto singolo, scomodi entrambi ma un po' più felici.
“Mancano quattromilaottocentoventisette fili d'erba”
Harry lanciò un'occhiata al cassetto del comò dove stavano al sicuro in un sacchetto di velluto i tremilacentosedici fili d'erba che avevano raccolto fino a quel momento.
“Li raccoglieremo presto”
“Promesso?”
“Promesso”

Ogni tanto andavano a raccogliere fili d'erba. E ogni giorno Hermione raccoglieva un filo d'erba dal giardino. Uno solo, perchè ormai se ne ricordava solo quando sentiva la porta di casa aprirsi al ritorno di Harry. Allora correva in giardino e raccoglieva un filo, poi tornava da Harry e glielo mostrava. Ed Harry si fingeva orgoglioso di lei. Ma probabilmente ormai non fingeva più, era davvero orgoglioso.
E si divertiva davvero quando assieme, qualche domenica, si materializzavano su quel grande prato sperduto a sud della Gran Bretagna che avevano scoperto un anno addietro e raccoglievano fili d'erba.
Si accovacciavano e sceglievano i fili più belli insieme. Poi, quando si faceva sera, si stendevano uno vicino all'altra e contavano i fili d'erba, facevano la somma con quelli raccolti in precedenza e chiacchieravano.
Harry aveva deciso che se per Hermione era impossibile essere simile a lui, lui poteva farsi più simile a lei.
E anche se nel farlo la tristezza soffocava, anche se nel farlo sentiva delle puntine da disegno sul cuore, che laceravano, ingrandendosi e acuminandosi, anche se nel farlo poi sentiva i pezzetti del suo cuore andare a fuoco e sentiva che più nulla rimaneva, non importava. Perchè se lei era felice poteva esserlo anche lui.
Perchè sentirla mormorare il suo nome come una litania, quando ere triste, quando era spaventata, con quella voce, con quell'espressione, con quelle lacrime, con quel tremore, con quella paura negli occhi, faceva maledettamente male. Rischiava di diventare pazzo. Voleva solo farla felice.
Per questo raccoglieva quei fili d'erba assieme a lei. Per questo aspettava come lei il momento nel quale avrebbero raccolto l'ultimo filo d'erba. Per questo dimenticava la bruciatura al posto del suo cuore nel guardare il suo sorriso entusiasta. Era quello il suo vero cuore.

“Domani?”
“Vedremo”
“Sicuro che Meg non si offenderà che non la portiamo mai con noi?”
“Sicuro, gliel'ho chiesto giusto ieri”
“Ah sì? E ti ha detto che per lei è okay?”
“Ha detto che ha voglia di riposarsi e che è felice che passiamo del tempo insieme”
“Ah, questo gliel'ho suggerito io” Disse Hermione ridacchiando mentre con gli indici inscenava degli esercizi ginnici sul petto di Harry, e lui la osservò.
Pian piano, mormorio dopo mormorio, sospiro dopo sospiro Hermione si addormentò bofonchiando “Quattromilaottocentoventisette e poi...”
Harry la osservò per gran parte della notte, senza riuscire né ad annoiarsi né ad addormentarsi. Senza riuscire neanche a piangere. Aveva smesso da tanto tempo. Rimpiangeva Hermione, ma continuava ad amarla, sia che parlasse di topi che di fili d'erba.
Solo rabbia a sprazzi.
Per lui. Per il male che le aveva fatto. Per il male che aveva fatto a loro. L'avrebbe pagata.
Ma prima rimanevano quattromilaottocentoventisette fili d'erba.


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Blabla: Qualcuno si chiedeva se avessi in mente un seguito, ma... no, non ci sarà nessuno seguito, non preoccupatevi. Se vi è di consolazione nella mia testa Hermione tornerà 'normale' o almeno migliorerà quando raccoglieranno tutti i fili d'erba, e credo che anche Harry lo speri in modo del tutto irrazionale. Dopotutto Hermione gli ha sempre detto cosa fare, chi dice che non lo stia facendo anche ora?
Oh, avete presente la quinta stagione di Buffy, con Glory cherende la gente pazza e via dicendo? Ecco, ho un po' preso ispirazione da lì per i comportamenti di Hermione. Non sono abituata a scrivere cose così xD

  
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