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Autore: Athanate    31/08/2007    0 recensioni
L'ennesimo incarico. Che a Cody piacesse o meno. Ma si rivelerà essere solo quello?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cody Meyers
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è per me più che altro una prova. non pretendo che vi piaccia, d'altronde io stessa suppongo che ne verrà fuori un aborto, ma ci provo lo stesso. volevo provare a scrivere qualcosa di diverso e quindi ecco qua. i personaggi sono caratterialmente diversi, spero che questo non infastidisca troppo nessuno.




Squillò il telefono.
Lasciai perdere. Sarebbe scattata la segreteria telefonica.
Squillò ancora.
Cominciai ad innervosirmi. Quello era il mio giorno libero e chiunque fosse in possesso del mio numero sapeva benissimo che era assolutamente vietato, nonché estremamente pericoloso, chiamarmi di prima mattina.
Continuò a squillare.
Uscii lentamente da sotto le coperte per afferrarlo. Prima di rispondere lanciai un’occhiata alla sveglia: le 7.00. Decisamente troppo presto.
- pronto? – la mia voce suonò aggressiva persino a me.
- buongiorno Myers. Vedo che siamo di buon’umore questa mattina. -
Rimasi in silenzio per un minuto buono. Al telefono era il mio capo. E la cosa non mi piaceva. Punto primo mi stava chiamando nel giorno libero, senza contare che la notte precedente ero stata in redazione fino alle 3, quindi, punto secondo avevo dormito appena 4 ore e per ultimo era quasi euforico. No, decisamente non c’era nessun motivo per essere di buon’umore.
- quanto ti hanno pagato quest’incarico? -
Poteva esserci un solo motivo per vederlo così felice. Rise.
- mi piace la tua perspicacia Myers -
- È per questo che mi paghi un sacco di soldi. -
- giusto. -
- bene, e per quale motivo mi hai svegliata alle 7.00 nel mio giorno libero? -
Non avevo nessuna intenzione di essere accondiscendente.
- non ora e non per telefono. Puoi venire in ufficio? -
Mi accigliai. Il suo “puoi venire” era da tradurre “muoviti a portare il tuo didietro in ufficio”.
-sarò lì tra un’ora. -
-bene -
Riagganciò.
Rimasi imbambolata con la cornetta del telefono in mano.
Mi alzai svogliatamente dal letto ed andai in cucina a prepararmi un’enorme tazza di caffè. Senza caffè non sarei mai stata in grado di carburare.
Non appena l’aroma iniziò a diffondersi nell’ambiente cominciai a sentirmi meglio. In realtà la sensazione di benessere durò poco, visto che subentrò immediatamente il malumore. La questione non mi piaceva per niente.
Ok, io ero la sua principale fonte di guadagno. Mi aveva scovata direttamente al college, e non ho mai capito come avesse saputo di me. Ma con lui ci sono tante cose che mi restano oscure. In ogni caso, mi prelevò dal college non appena mi consegnarono il pezzo di carta e mi portò nella sua redazione per discutere d’affari. A vent’anni avevo realizzato la mia carriera giornalistica. Il tipo di lavoro che devo svolgere può apparire strano, ma era esattamente ciò che cercavo. La redazione è in vecchio stile: i reporter sono in prima linea. Ma la “prima linea” del capo è decisamente particolare. Il nostro scoop ce lo guadagniamo con i denti. Conduciamo indagini parallele a quelle della polizia, se si tratta di cronaca o simili, in ogni caso ficchiamo il naso ovunque. Ed io ho talento per questo. Gli articoli firmati C.M. sono quelli che più fanno guadagnare il mio capo. Lui è molto contento di me.
Bieco affarista.
In ogni caso, nessuno conosce la mia identità, sarebbe molto pericoloso se si venisse a sapere in giro. Il capo ha molti nemici per la condotta del suo giornale.
Io ne ho molti di più per i miei articoli.
Poco male. Per ora non ci sono stati problemi.
Scacciai quei pensieri, tanto sapevo benissimo che era impossibile arrivare ad intuire qualcosa sul comportamento del capo. Quindi tanto valeva sbrigarsi ad arrivare in redazione e scoprirlo.
Mi alzai dal tavolo e tornai nella stanza. Evitai di guardare troppo a lungo il letto perché sicuramente ne sarei stata inevitabilmente attratta.
Aprii l’armadio e ne estrassi un paio di jeans ed una normalissima maglia nera. Mi misi le mie fidate all star. Abbigliamento informale, ma ero in “libera uscita” e poi il capo ci lasciava piena libertà nell’abbigliamento. Una delle sue politiche era quella di farci sentire al 100% delle nostre possibilità per svolgere altrettanto bene il nostro lavoro. Un buon compromesso sostanzialmente. Quella mattina stranamente non vi era traffico, così raggiunsi l’ufficio in breve.
Bussai velocemente alla porta del capo e subito dopo entrai. A lui non piacevano le formalità. Nemmeno a me.
- accomodati Myers -
Mi indicò con la mano la sedia di fronte alla sua scrivania.
- di che si tratta? -
- un nuovo incarico. Molto ben pagato, come hai brillantemente intuito poco fa -
Poco fa, cioè quando mi aveva svegliata alle 7 del mattino solo per farmi venire in redazione. La mia voglia di ascoltarlo calava con il passare del tempo. Così decisi di tagliare corto.
- ben pagato, ovvero quanto? –
- 5, metà ora e metà a lavoro finito -
Sgranai gli occhi. Erano un sacco di soldi.
- e chi paga così bene? -
- coperto da segreto… -
Socchiusi gli occhi. Di solito il capo non ci nascondeva l’identità dei clienti.
- non fare quella faccia Myers. È un pezzo grosso, non vuole che si sappia in giro. Lui non conosce te e tu non conosci lui. -
Lasciai perdere. Non ero dell’umore adatto per iniziare una discussione.
- e che cosa dovrei fare? -
Il suo sorriso professionale si allargò.
- è tutto scritto qua sul fascicolo. Leggilo e dimmi che cosa ne pensi. -
Non mi lasciai ingannare da quella cordialità. Con tutti i soldi che gli promettevano di sicuro non gliene fregava niente di quello che pensavo io. L’avrei dovuto fare e basta.
Presi in mano il fascicolo ed iniziai a scorrerlo lentamente.
Scrutai alcune foto.
- chi è questo tizio? – alzai la foto affinchè il capo potesse vederla.
- l’uomo su cui dovrai indagare -
Posai la foto e continuai a leggere.
Poi mi bloccai e tornai qualche riga più su. No, dovevo decisamente aver letto male.
Guardai il mio capo. Speravo che iniziasse a ridere e che mi dicesse che quello era uno scherzo di cattivo gusto e basta. Ma non fu così. La sua espressione non lasciava trasparire nulla.
- è uno scherzo, vero? -
- no Myers. È il tuo prossimo incarico. -
Ecco, lo sapevo che sarebbe andata a finire così.
- non penserai mica che io mi infili in una accademia di tennis lontana miglia da qui, in mezzo al nulla e a dei marmocchi viziati che rincorrono una stupida pallina gialla e pelosa solo per pedinare questo tizio! -
Mi scrutò in silenzio prima di decidersi a rispondere.
- tanto per cominciare quel “tizio” potrebbe essere il nuovo pupillo del boss mafioso, quindi pedinarlo potrà essere molto utile, inoltre non sono marmocchi quelli tra cui andrai, hanno tutti la tua età, ed ho già discusso con il preside fingendomi tuo padre, hai già la tua bella stanza pronta. -
- non servirà a niente. Io non ci vado. -
- Myers ho già accettato l’incarico. -
- bene, benissimo, mandaci qualcun altro. Ci sono tanti reporter in gamba. -
- il cliente ha chiesto te. -
- Chi è questo cliente? Che cosa sai di lui? -
- segreto. Bene, ti aspettano domani nel tardo pomeriggio. Arriverai proprio all’inizio dell’anno nuovo. Pensa che fortuna! -
Mi accigliai. Sapevo benissimo che alla fine avrebbe vinto lui. Il suo sorriso si allargò.
Avanzai una debole protesta.
- non so nemmeno giocare a tennis. -
il suo sorriso si allargò ancora di più. Se avesse continuato ad allargarlo gli si sarebbe sicuramente divisa a metà la faccia.
- stai scherzando vero? Io non ci penso nemmeno a mettermi una racchetta in mano! -
- calma calma Myers, non dovrai farlo. La tua visita passerà come una sorta di “scambio culturale”, non dovrai giocare a tennis. -
Lo odiavo.
Aveva già programmato tutto. Sapeva benissimo che non avrei potuto digli di no. Maledizione.
- questo fascicolo contiene la tua copertura. Studia bene Myers, partirai domani mattina. -
Presi il fascicolo. Non ero per niente contenta.
Mi voltai per andarmene. Non avevo intenzione di restare lì un minuto di più.
- non voglio errori Myers. -
- come sempre… -
Chiusi la porta alle mie spalle e sospirai. Mi aveva fregata anche questa volta.
Sapeva benissimo di avermi in pugno perché difficilmente sarei andata a lavorare per un altro giornale.
E questo mi innervosiva ancora di più.
Ora però non mi restava che fare armi e bagagli e partire per questa nuova missione.
Non mi piaceva per niente l’idea di lasciare New York per andare in questa accademia. Come si chiamava? Ah già, Cascadia.
Lessi e rilessi i due fascicoli. Dovevo essere pronta. Fa parte del lavoro. Che mi piacesse o meno.
  
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