Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Ricorda la storia  |      
Autore: Ninfea Blu    11/02/2013    8 recensioni
"La mia preziosa vittima aveva il cuore duro e freddo quanto il mio, solo che il suo batteva ancora.
Ma anche lui come me, non era più vivo.
L'amore lo aveva ucciso.
Lo stesso amore che secoli prima, aveva ucciso me..."
Un essere immortale nel mondo di Lady Oscar... (apportate lievi modifiche)
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Rose appassite'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Scarlett

Scarlett

 

 

 

Nelle terre fredde del Nord Europa per molti mesi non esiste notte, e sul cielo nuvoloso della sera scende solo una luce crepuscolare che colora tutto di grigio.

Mi rende debole, ma è una luce che posso sopportare.

Sono giunta fin qui e mi sono imbattuta in un comune mortale, uno strano uomo solitario e cupo, che un tempo, doveva aver amato la vita.

La mia preziosa vittima aveva il cuore duro e freddo quanto il mio, solo che il suo batteva ancora.

Ma anche lui come me, non era più vivo.

 

L’ amore lo aveva ucciso.

Lo stesso amore che secoli prima aveva ucciso me, quando amai l'uomo di un'altra donna, che pur umana, aveva venduto l'anima alle tenebre. Così diventai una creatura maledetta.

 

Mi piaceva e lo avevo scelto; era un bell’uomo nonostante gli anni che segnavano lo sguardo gelido con un reticolato di fini rughe.

I tratti del viso erano regolari ed eleganti, la mascella forte; le labbra un tempo sensuali erano severe e avare di sorrisi, ormai spenti da tempo.

I capelli lievemente brizzolati sulle tempie, erano legati da un nastro di seta nero.

Portava sempre all’anulare uno strano anello d’oro che s’ insinuava fosse maledetto.

Con attenzione ossessiva, nascosta tra la bruma, lo osservai muoversi tra i suoi simili; i contadini che lavoravano le sue terre avevano paura di lui.

Il suo portamento nobile e altero incuteva rispetto e timore.

Era circondato dall’ostilità e dall’odio che si riserva ad un padrone feroce, come un tempo in gioventù era stato circondato dall’amore di tante donne compiacenti che volentieri cedevano al suo fascino straniero.

 

Attraverso il mio potere soprannaturale di vedere oltre, conoscevo il suo destino; era peggiore e più terribile di quello che gli avrei riservato io, di lì a breve.

 

Non potevo permetterlo.

Non potevo lasciare che il suo sangue andasse sprecato, perso tra la polvere della terra, calpestato dall’odio degli uomini e dagli zoccoli dei cavalli.

Avrebbe ringraziato chiunque fosse arrivato a concedergli la morte, l’unica forza che potesse liberarlo dal grave peso di ricordi dolorosi.

 

Quella morte che aspettava con impazienza, ma che gli pareva ancora così lontana.

 

Io, che angelo non sono, volevo essere il suo angelo liberatore.

E lo sarei stata.

 

Dopo diversi giorni, lo avvicinai nella sua casa di Stoccolma.

Mi lasciò entrare una sera di giugno tinta di un grigio crepuscolare.

E come tempesta, entrai nella sua vita ormai spenta.

 

 

****

 

 

 

Seduta di fronte a lui, mi osserva studiandomi. Sento la sua malinconia, il rimpianto nascosto tra i pensieri.

 

-             Che strana creatura che siete… pallida e diafana come la luna… un mistero insondabile…

 

Mi volto a guardare la finestra.

 

-             Sì. Un mistero oscuro come la notte assente, persa nel delirio del tempo che non finisce.

-             A volte non vi capisco, mia cara…

-             Non c’è molto da capire. Lasciatevi avvolgere dalle mie braccia, mio dolce conte: io posso darvi ciò che più anelate. Io posso donarvi la pace.

 

 

Alle mie parole i suoi occhi paiono animarsi, attraversati da un guizzo invisibile e rapido, che svanisce troppo in fretta.

 

Posso vedere i suoi ricordi.

Alcuni sono in questa piccola stanza, dove viene a rifugiarsi come un eremita; un libro, una breve lettera di un amico…

No… forse un’ amica.

Morta.

Una strana donna che veste e ha un nome da uomo.

 

Curioso.

 

Sorrido.

 

Altri li leggo nella sua mente, mentre le fiamme nel camino simili a lingue d’inferno, accendono bagliori nella penombra e sui nostri volti.

 

Un amore impossibile e tormentato, finito in tragedia e travolto dalla storia.

Una regina infelice. Quell’ anello lo lega a lei.

Una farfalla austriaca giovane e bellissima, assassinata.

Una lama piantata nel cuore come un paletto.

Sta aspettando da anni che qualcuno venga a estrarla.

 

Un cuore morto all’amore e alla vita, come il mio.

Mi avvicino a lui per sfiorarlo su una guancia, quasi volessi consolarlo.

 

-             Sono giunta fin qui da una terra lontana per spegnere il tuo dolore, mio gelido conte.

-             Nessuno può porvi rimedio. Solo la morte, mia signora.

 

E morte sarà.

Tra due giorni, nel suo letto, quando di nuovo la luna piena si confonderà nel chiarore del cielo.

 

 

*****

 

 

Un servo anziano parla e versa liquore ambrato in un bicchiere di cristallo.

Le tende chiuse impediscono alla luce plumbea di entrare nella stanza.

Solo le candele rischiarano l’ambiente tetro.

 

-             Sono morte delle fanciulle, signor conte. Delle morti atroci. La gente è spaventata. Parlano di un essere soprannaturale, una bestia uscita dall’ inferno che beve sangue.

-             Plebaglia ignorante e superstiziosa. Quei bifolchi daranno la colpa a me… Non mi interessa quello che pensano… Possono morire tutti insieme ai loro figli, per quanto mi riguarda.

 

 

Figlie di contadini che ho preso con impazienza e violenza.

Per non cedere troppo presto al desiderio che ho di lui.

Ho lasciato i loro cadaveri in mezzo ai campi di grano, alle porte della città.

Il conte mi guarda, tenta di scrutare il mio volto, di leggervi indignazione per le sue parole.

 

-             Che cosa pensate, mia signora?

-             Penso che stasera ci sarà la luna piena.

-             Allora forse, la morte verrà a prendermi.

 

 

Sospira e ride il mio Hans; un riso amaro che ha sapore di veleno.

Guarda il bicchiere di brandy che regge in mano, mentre sento l’eco di un ricordo provenire dalla sua mente, parole di dolore vergate su una lettera.

 

“Colei per la quale vivevo, poiché non ho mai smesso di amarla, colei che amavo così tanto, per la quale avrei dato mille vite, non c’è più.

Oh, mio Dio! Perché distruggermi così, cosa ho fatto per meritare la Tua ira?

Sono in un’agonia di dolore e non so come faccia a sopportare la mia sofferenza.

È tanto profonda e nulla la cancellerà mai. Lei sarà sempre presente nella mia memoria e non smetterò mai di rimpiangerla.” [1]

 

 

Mille vite.

A me ne basta una.

Quella vita che lui non vuole più.

 

 

Molte ore più tardi mi preparo a raggiungerlo come farebbe un’ amante appassionata.

Sogni inquieti tormentano il mio triste conte.

È sveglio nel letto, come se fosse in attesa; sento il dolore che lo devasta, il vuoto che lo opprime.

Mi insinuo nella sua mente, per sedurlo e lui mi accoglie, arreso.

Non ha forze per fermarmi, né volontà per resistere.

Divento bruma leggera e impalpabile che invade la stanza; il camino è spento, ma brillano ancora le ultime braci residue, sulla parete a lato uno specchio non riflette la mia immagine che ha acquistato forma e sostanza.

Striscio sul letto verso di lui; ha la testa poggiata sui cuscini e il suo collo scoperto all’aria è un invito irresistibile.

 

-             Scarlett, - mi chiama – siete venuta per me?

-             Sì, mio dolce conte. Sono venuta a prenderti, ti porterò con me nella vita eterna. Non soffrirai più.

-             Sei la morte… ti aspettavo da tanto… da diciassette lunghi anni.

 

 

Gli anni che lo separano dalla sua morte. Si abbandona tra le mie braccia, mentre le mie labbra esangui si preparano a mordere per ricevere il sangue. Il conte ha capito cosa sono e cosa l’aspetta, forse lo ha sempre saputo, ma non pare temere la sorte, anzi brama più di me il momento del nostro bacio mortale.

 

-             Io voglio solo raggiungere lei. Portami da lei, ti prego. Perché a lei tutto mi guida.

 

Mi supplica, quasi con disperazione, mentre ormai sono con la bocca vicino alla vena del collo e le mie braccia lo stringono in una morsa senza speranza.

 

-             Allora, vieni con me. Muori alla tua vita e sarai in pace. Io sono Scarlett e sono condannata ad attraversare le tenebre. Rubo sangue e vita e ora prendo la tua, ma tu ritroverai il tuo amore perduto.

 

 

Ed è in quell’attimo che brilla inaspettata una luce di speranza nel suo sguardo. Io vacillo solo un istante, prima di affondare i miei canini aguzzi nella sua carne. Bevo e lo sento sospirare sempre più debolmente. Con avidità succhio l’ultima goccia vitale dal suo corpo e il conte Hans resta esangue e pallido tra le lenzuola dove, alla fine, abbandono il suo corpo ormai privo di vita.

 

Mi sento appagata.

Guardo Hans e mi sorprende l’espressione serena che ha sul viso, nella morte.

Non l’ho mai visto così, finché è stato in vita.

 

Sto per allontanarmi nel grigiore strano di questa notte pallida, e dalla finestra scorgo avvicinarsi alla dimora una folla di uomini armati di torce e bastoni, pietre e coltelli. L’odio li domina.

Sento i loro pensieri rabbiosi salire fin qui, come ragni che si arrampicano sulle pareti.

Le loro urla sono terrificanti e furiose; vogliono preparare una forca per lui e impiccarlo al primo albero. Appena in tempo.

Qualcuno ha avvelenato il principe ereditario Gustavo di Svezia.

Per loro, lui è il colpevole.

 

Sfondano le porte, invadono la casa, nessuno li ferma.

Poco male.

Non troveranno altro che un uomo morto in un letto sfatto, con un anello maledetto all’anulare e due segni rossi sul collo.

 

 

Fine

 

 

 

Crossover un po’ insolita, a cui pensavo da un po’, anche per una piccola vendetta che meditavo nei confronti di Fersen, personaggio di Lady Oscar che notoriamente non amo molto, ma qui penso di essere stata pietosa nonostante l’epilogo; non pensavo che ne sarebbe uscita una storia tanto cupa e noir, piuttosto lontana dal mio genere abituale.

Il conte di Fersen nella realtà, muore a Stoccolma linciato dalla folla il 20 giugno 1810, anniversario della fuga fallita della famiglia reale francese, durante i funerali del principe di Svezia.

Il conte possedeva veramente un anello d’oro, donatogli dalla regina Maria Antonietta, che recava la scritta “Tutto a te mi guida”.

La mia fic chiaramente stravolge molto la realtà storica, ma ho voluto immaginare gli eventi proprio nello stesso periodo.

Spero che vi sia piaciuta; critiche e consigli saranno bene accetti, se vi andrà di lasciare un commentino.

 

 

 

 

 

 



[1]  Testo originale di una lettera che il conte di Fersen inviò alla sorella dopo la morte di Maria Antonietta.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Ninfea Blu