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Autore: LovingHimWasRed    13/02/2013    4 recensioni
"A cosa brindiamo?"
Diede la risposta che speravo: "A noi."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Buonasera:)
Questa è la prima cosa che pubblico e sono molto nervosa..
Mi sono ispirata (?) sentendo Starlight di Taylor Swift.
Leggetela se vi va,  e fatemi sapere cosa ne pensate:)
buona serata:) 



 
STARLIGHT
 
Tac. Tac. Tac.
 Alzai gli occhi dal mio libro e andai a vedere cosa fosse quell’insistente ticchettio alla mia finestra.
“Taylor! Taylor! Sono io!”
Era Michael che tirava sassi sul vetro.
Sorrisi “Che ci fai qui?”
“Sono venuto a prenderti!” disse sorridendo,e alzando le braccia tese verso di me.
Stavo per ribattere, ma poi lo vidi meglio: aveva l’abito nero con tanto di cravatta, le scarpe lucide, stava sotto il lampione del giardino e la luce da sopra lo illuminava mettendo in risalto i suoi occhi verdastri e il suo naso perfetto.
 Sospirai. “Come faccio ad uscire?”
Michael non riuscì a contenere un gesto di gioia e disse, avvicinandosi alla finestra “Salta giù, ti prendo io!”
“Ahahah, ma sei matto?” bloccai la mia risata accorgendomi che era serio.
“Dai, è un primo piano! Hai diciassette anni, non sessanta!” mi prese in giro, ridendo.
Io sbuffai; non sopportavo quando mi prendeva in giro, e ancora di più non sopportavo che il tutto facesse ridere perfino me.
 “Dai, salta..ti prendo io.” ripeté facendosi un po’ più serio, come se avesse indovinato i miei pensieri.
Io esitai.
“Ok..” disse, un po’ scocciato. Poi si guardò intorno e si illuminò, come avesse avuto l’idea del secolo. Prese la scaletta che mia madre usava per potare le piante alte, che stava appoggiata al muro e la aprì proprio sotto la mia finestra.
Mi guardò con uno sguardo di sfida, come per dire: e adesso come fai a dirmi di no?
 E infatti, presi coraggio e feci per scendere.
“Aspetta,però” mi bloccò, “non farmi sfigurare.. vatti a mettere un bel vestito” disse sorridendo.
Sbuffai spazientita, e borbottai risalendo i pochi scalini che avevo fatto.
 Riuscii cinque minuti dopo con un abito lilla  con i merletti bianchi, leggero lungo fin sotto alle ginocchia, e una giacchettina di cotone bianca.
 Alzai un sopracciglio riaffacciandomi e gli chiesi “Vado bene così?”
Lui deglutì, sorrise e rispose “Perfetto.”
 Nascosi un sorriso, e ripresi a scendere la scaletta; arrivai giù e lui mi tese la mano per aiutarmi a scendere, ma io la rifiutai: “Potevi pure salire tu fino a su..”
Lui sbuffò scoraggiato, e io lo tranquillizzai sorridendogli “Dai, lo sai che mi piace torturarti!”
 
 “Quanto ti è costato tutto questo?” chiesi intenerita, salendo in macchina.
“Abbastanza” rispose lui, “Ma ne vale la pena.”
Abbassai lo sguardo imbarazzata.
Aveva perfino affittato la macchina! E poi quel vestito gli stava benissimo..
In effetti, era proprio carino. Aveva una bella bocca, i denti bianchi e dritti, un bel naso, occhi vispi ed espressivi e verdastri. Era un po’ più alto di me, aveva le spalle larghe e delle mani grandi e perfette. Ma la parte migliore era il suo sguardo distratto, quando non sapeva che lo stavo guardando..
 “Taylor!!”
La sua voce mi riscosse dai miei pensieri, e gli sorrisi. “Oh,scusa, mi ero incantata.. dimmi!”
“Niente, ti avevo chiesto dove ti va di andare..”
Mi girai verso di lui, sorrisi e lo guardai fisso.
“Che c’è?” chiese lui, spaesato.
 “C’è quella festa.. al club..” cominciai a dirgli lanciandogli un sorriso.
Lui mi guardò con aria complice “Vuoi intrufolarti in una festa di ricconi?”
Gli sorrisi e annuii. “Ci crederanno due di loro.. guarda come siamo vestiti!”
 Rise. “E festa sia!” disse, girando a destra verso il mare.
 
 
“Pronta?” mi chiese, tenendomi per mano.
“Pronta” gli sorrisi, ed entrammo.
 C’era la musica, tutta la sala era addobbata a festa,e tutti erano elegantissimi.
La pista da ballo era piena di coppie che ballavano, e io vedendoli ho sperato che Michael mi chiedesse di ballare, lì in mezzo, davanti a tutti. Anche se non sapevo ballare.
 Passò un cameriere con una divisa nera a righine bianche e a chiederci se ‘i signori volessero qualcosa da bere’. Io scossi la testa, ma Michael mi contraddisse dicendo “Sì, grazie. Due bicchieri di champagne”
L’uomo annuì con un “Subito, signori” e si allontanò per tornare subito dopo con due bicchieri su un vassoio d’argento (che probabilmente costava più della mia casa).
 Aspettai di avere il bicchiere in mano per girarmi verso di lui e guardarlo con aria interrogativa.
“Non c’è niente di male!” mi disse lui sorridendo, e porgendomi il braccio per intrecciarlo col mio.
“Addirittura?” lo presi in giro,intrecciando il braccio col suo. “A cosa brindiamo?”
 Diede la risposta che speravo. “A noi.”
  “Signore e signori, giovani danzatori e danzatrici della costa inglese.. è un grande onore per me, stasera essere qui a celebrare i dieci anni di questo prestigioso circolo nautico..”
Michael sovrastò la voce dell’uomo al microfono, sussurrandomi in un orecchio “Ma tu guarda dove si siamo andati a ficcare..” e sorridendomi.
Non so perché, ma sentirmi il suo respiro addosso, mi fece venire i brividi.
 “Dieci anni fa,” riprese l’uomo, “il sedici luglio 1945, nasceva questo circolo.. E oggi, sedici luglio 1955, siamo qui per festeggiare questi bellissimi anni passati insieme.”
 La gente intorno a noi cominciava a stufarsi, volevano ballare.
L’uomo deve averlo capito, perché ha concluso “Bene, non rubo altro tempo al vostro divertimento..” e con un gesto ha fatto riattaccare i musicisti.
 “Allora,” dissi posando il bicchiere su un tavolo, “non mi chiedi di ballare?”. Non feci neanche in tempo a finire la frase che mi chiesi cosa cavolo stessi facendo.
Ma era troppo tardi.
 Michael sgranò gli occhi, e un po’ destabilizzato, mi porse la mano e disse “Certo..”
Io arrossii e abbassai gli occhi “Non devi se non vuoi,eh..”
“Scherzi?” ribatté convinto, “ballo con te con estremo piacere.”
Cedetti a quel sorriso e alla sua mano che aspettava la mia.
Mi trascinò sulla pista e in quel momento il pezzo che stavano suonando, finì.
Partì un lento.
Ci guardammo un po’ imbarazzati, poi lui mi mise le mani sui fianchi e io allacciai le mie intorno al suo collo. Non mi ero mai resa conto di quanto fosse alto.
 Cominciammo a muoverci lentamente, cercando di toccarci il meno possibile e restando rigidi come tocchi di legno. Poi piano piano, la gente intorno sembrava scomparire: i musicisti erano lì solo per noi, tutta la sala con veduta sul mare era solo nostra, quella canzone era solo nostra, quel momento era solo nostro, quella notte era solo nostra. Il mondo era solo nostro.
Cominciammo a lasciarci andare alla musica, io poggiai la mia testa sul suo petto, e lui alzò una della due mani dal fianco per passarmela affettuosamente sulla schiena. Non ci dicemmo niente, ci guardammo poco, ogni tanto lui mi tirava più vicino a se, finché non eravamo del tutto appiccicati. Sentivo il calore del suo corpo, sentivo tutto il suo corpo a contatto con il mio, il suo respiro irregolare. Eravamo una cosa sola, ci muovevamo insieme, rallentavamo insieme, acceleravamo insieme, respiravamo insieme.
Ci completavamo. Del resto, era così anche nella vita: lui era impulsivo, coraggioso e imprudente; io invece ero più moderata, pensatrice.. Avevamo bisogno l’uno dell’altra.
 La musica finì, ma io ci misi un po’ per rendermene conto: continuavo a ondeggiare totalmente abbandonata a lui e a quel momento, appoggiata a lui che si fermò appena prima di me e mi riscosse da quei pensieri.
Ci guardammo un po’ imbarazzati, sorridemmo e poi ci staccammo senza troppa fretta.
Mi avvicinai alla finestra per guardare il mare e mi accorsi che c’era un’uscita che portava sulla spiaggia, allora tirai Michael per la manica e gli sussurrai “Andiamo in spiaggia?”
Lui era restio, ma un paio di sorrisi lo convinsero a seguirmi e mi resi conto che poi era soddisfatto della sua scelta dallo sguardo che aveva.
 Ci avvicinammo alla riva e lui si tolse le scarpe.
“Ma che fai?” chiesi sorridendo.
“Voglio sentire l’acqua” rispose semplicemente Michael.
Sorrisi. Amavo quella sua intraprendenza, quel suo non preoccuparsi delle conseguenze, e quello sguardo che mi puntava in faccia ogni volta che aspettava una risposta o una reazione.
 Sospirai, mi tolsi le scarpe e mi avvicinai a Michael che mi sorrise e cominciò a fissare il mare.
 “Fa paura,vero?” dissi io, dopo un po’ di silenzio.
“E’ bellissimo. Scuro, immenso, impenetrabile, inattaccabile, irrefrenabile.”
Oddio, è pure un poeta.
Sorrisi. “Shakespeare ha imparato da te?”lo presi in giro.
Rise “Ma per favore.. altro che Shakespeare, la mia è poesia vera!”
Ridemmo.
 Si chinò e prese un sasso “E questo Shakespeare lo sa fare?” chiese con aria di sfida lanciandolo sul pelo dell’acqua cercando di farlo rimbalzare.
Il sasso fece due rimbalzi. Soffocai una risata, e Michael si affrettò a dire che l’aveva lanciato male e ci riprovò. La fortuna stette dalla sua parte, perché questa volta il sasso fece cinque rimbalzi.
 Ridendo, cadde all’indietro e finì seduto sulla sabbia che ancora conservava un po’ di calore incamerato durante il giorno.
Mi sedetti vicino a lui.
 “Ti vedo pensosa” mi disse riscuotendomi dai miei pensieri.
Sorrisi. “E’ solo che.. tutto questo lusso, questa ricchezza.. e c’è chi non mangia..”
Sospirò,ma io continuai. “Se solo facessimo un po’ per uno.. almeno abbastanza perché tutti sopravvivano.. non dico che non si dovr..”
 “Ma perché”mi interruppe “ti preoccupi tanto di cose che non puoi cambiare?! Non ci puoi fare niente, non è colpa tua!”
“Che vuoi dire..?” chiesi confusa.
“Ti fai troppi problemi. Se c’è qualcosa che noi possiamo cambiare, sai che sono il primo.. ma se tu non ci puoi fare niente..”
Sorrisi. “Tu non ti fai problemi?”
“No. Non penso a quello che avrei potuto fare o dovrei fare.. penso a quello che farò.”
“Quindi guardi al futuro?”
“Già.” Rispose a bassa voce.
“E cosa vedi?” gli chiesi guardandolo profondamente.
Lui ricambiò lo sguardo, poi lo distolse e sorridendo disse “Per esempio noi due. Che ci potremmo sposare, avere dieci figli e insegnargli a sognare.”
 Nascose un sorriso e riprese a guardare il mare.
Lo guardai un attimo e capii quello che fino a quel  momento non avevo voluto capire: lo amavo.
Così mi avvicinai velocemente e gli diedi un velocissimo bacio.
 Non feci in tempo a maledirmi per quello che avevo fatto, che già lui mi aveva preso il volto tra le mani e mi stava baciando.
Mi passarono i brividi lungo la schiena e non riuscii a trattenere un sorriso.
Lui si staccò, mi sorrise, mi diede un bacio sulla fronte e poi mi abbracciò forte forte.
Avevo la testa appoggiata al suo petto e sentivo il suo cuore che batteva fortissimo.
Anche il mio.
 Restammo lì così, abbracciati sulla spiaggia per un tempo che mi parve interminabile.
Finché non venne un tizio con la stessa divisa di quello che ci aveva offerto lo champagne a dirci che la festa era finita, stavano togliendo tutto e dovevamo andarcene.
 “Ragazzi.. voi eravate alla festa?” chiese guardandoci in un modo che ci fece intendere che sapesse già benissimo la vera risposta. Noi annuimmo e lui finse di crederci, sorridendo e dicendo “Bene, qui dobbiamo sbaraccare tutto… arrivederci!”
Noi sorridemmo, ci alzammo e ci avviamo abbracciati alla macchina.
 
 
 “..Ecco!” sussurrai soddisfatta, una volta salito l’ultimo gradino della scala e rientrata nella finestra.
Mi girai e Michael era lì, sorridente,più bello che mai.
“Buonanotte” mi disse, e si girò facendo per andarsene.
“Aspetta!”lo bloccai. “Prima hai detto quella cosa, in spiaggia.. quella cosa dei dieci bambini.. ci pensi davvero?”
 Mi sorrise dolcemente, come forse non aveva mai fatto.
 Nel suo sorriso non c’era più solo affetto, ma c’era qualcosa di più.. intimo.
 “Perché, tu non sogni cose impossibili?”
 
 
 
  
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