Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Celeste9    14/02/2013    3 recensioni
Ci sono molti modi per incontrarsi ed innamorarsi, ma può un piccione morto far nascere una storia?
***
-Devo partire, ma ti penserò ogni volta che vedrò un piccione morto.
-Suppongo che mi penserai spesso: a Londra ce ne sono tantissimi
-Suppongo di si.
Credits: titolo e versi successivi sono di "Bird mad girl" di The Cure.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

BIRD MAD GIRL

This girl has got a smile
That can make me cry
This girl just burns with love

Uscii di corsa dall’albergo vicino a Trafalgar Square e mi diressi velocemente verso il parcheggio. Per terra, accanto alla mia auto, c’era un piccione morto, mi dispiacque per la bestiola, ma avevo un aereo da prendere e non avevo tempo per gli elogi funebri. Entrai in macchina, innestai la retromarcia, quando un grido stridulo mi fece bloccare di colpo.

-Keeviin!

Quando si trattava di guidare a Londra ero sempre tesa, non avevo la giusta confidenza con la guida invertita e avevo sempre il terrore di compiere qualche leggerezza. Quella volta, a giudicare dall’urlo, temetti di aver investito un cane, o peggio, un bambino. Scesi dall’auto e vidi un ragazzo con un maglioncino a strisce chino sul piccione, alzò i suoi occhi azzurri pieni di rimprovero e mi disse:

-Hai ucciso Kevin!

-Era già morto quando sono arrivata.

-Sei un’ammazza piccioni!- mi accusò mettendo il broncio come un bambino.

-Mi dispiace per il tuo Kevin, ma ti giuro che non l’ho messo sotto io. E adesso scusami, ma devo andare a Heathrow.

Londra era una città di pazzi, certo, quello era un matto molto carino, ma notevolmente fuori di testa. Non vedevo l’ora di tornare a casa mia vicino Los Angeles. Riportai l’auto al noleggio dell’aeroporto e al check in ebbi un’altra sorpresa: c’era il ragazzo del piccione, assieme ad altri quattro amici, uno carino e chiassoso, un altro carino e tenebroso, uno carino e taciturno e infine un altro bello, ma troppo bello per la sottoscritta.

Appena mi vide cominciò a strillare indicandomi con un dito accusatore:

-Eccola, è lei che ha ucciso Kevin!

Tutti gli occhi dei passeggeri all’interno del terminal si fissarono su di me.

-Era già morto- provai a spiegare per l’ennesima volta, rassegnata, mentre sbirciavo la carta d’imbarco del ragazzo del piccione sperando che non volasse fino a Los Angeles. Purtroppo per me, era così.

-Siete in gita scolastica?- chiesi sarcastica.

-No- mi spiegò Liam, il carino ma taciturno- siamo un gruppo musicale, gli One Direction.

-Non vi ho mai sentito nominare- il mio stupore era sincero: non avevo idea di chi fossero.

-Siamo arrivati terzi a X Factor 2010- disse il ragazzo chiassoso, che si chiamava Niall, nel tentativo di smuovere la mia memoria.

-Mi dispiace, non guardo molto la televisione- mi scusai, pensando alle mie nottate passate a preparare le illustrazioni per le mie storie.

-Certo, sei troppo occupata a uccidere i poveri animaletti per strada- mi accusò il ragazzo del piccione, con un sorriso malandrino.

-Stiamo andando a Los Angeles a girare il nostro primo video- aggiunse eccitato Zayn, il tenebroso- è la prima volta che viaggio, non sto nella pelle!

Chiamarono il nostro volo, per mia fortuna viaggiavano in business come le star, non li avrei mai sopportati per undici ore filate. Il padrone di Kevin si affacciò una sola volta ghignando al mio indirizzo “Ciao ammazza piccioni!”, ma qualcuno dello staff lo portò prontamente via.

-Andiamo, Louis.

Louis. Pensai che era un gran bel nome per il protagonista delle storie che avevo iniziato a scrivere a Londra, e dalla mia matita cominciò a prendere vita il personaggio di un bambino con una grande frangia scura, dei brillanti occhi azzurri e una maglietta a strisce.

Al deposito bagagli la mia valigia fu fortunatamente una delle prime a uscire, così me ne andai in fretta, scoprendo con rabbia che mio fratello si era dimenticato di venirmi a prendere.

Quando entrai in casa, sembrava che fosse esplosa una bomba: gli effetti personali di Dylan erano sparsi ovunque assieme a cartoni di cibo d’asporto e lattine di birra.

-Maschi!- bofonchiai cercando di mettere un po’ in ordine prima che il jet lag avesse la meglio su di me.

Mi svegliò la voce allegra di mio fratello.

-Bentornata sorellina! Cosa mi hai portato da Londra?

-Il the che mi hai chiesto, è nella valigia grande- mormorai ancora assonnata.

Rovistò nella borsa, poi ne estrasse qualcosa, perplesso.

-Che razza di the è questo?- mi chiese sventolando una scatola di profilattici. Scesi di corsa dal letto e osservai il contenuto della valigia: c’era una grande quantità d’indumenti a strisce e poi pantaloni, scarpe messe alla rinfusa e boxer dalle fantasie improbabili.

-Questa non è mia!- esclamai, afferrando il cartellino per vedere a chi appartenesse. C’era scritto con caratteri infantili: “Louis Tomlinson”, nessun indirizzo, nessun numero di telefono, tipico di quell’essere dal cervello di piccione!

Raccontai a Dylan tutte le mie disavventure; dapprima la prese a ridere perché secondo lui era tutto davvero comico, poi vedendo che ero inferocita sul serio, provò a rassicurarmi:

-Sulla tua valigia ci sono nome e indirizzo, tornerà indietro, non preoccuparti.

Invece ero preoccupata eccome immaginando quei cinque pervertiti intenti a rovistare tra le mie cose e a toccare la mia biancheria intima.

-Hanno detto che avrebbero girato un video, magari riusciamo a rintracciarli- propose Dylan, ma poi convenne con me che in California che era una sorta di set continuo, sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio.

Decisi di dormirci su e la mattina seguente accompagnai mio fratello a fare surf a Malibu. Quando fummo sulla Pacific Coast Highway, ci accorgemmo che il traffico era momentaneamente bloccato perché stavano girando un video musicale. Dal pulmino arancione fermo in mezzo alla strada sbucarono cinque figure a me tristemente note; incurante delle transenne avanzai decisa verso Louis.

-Ruba valigie!

-Ammazza piccioni!- sembrava felice di vedermi, nonostante la situazione bizzarra.

Il regista mi venne incontro, temetti che volesse rimproverarmi, invece mi chiese di rimpiazzare una delle comparse che si era sentita male. I ragazzi sembravano divertiti dall’avermi nel video; per fortuna non toccò a me girare più volte la scena con Harry che non la finiva sputacchiare sulla malcapitata partner. Fu divertente, anche se nelle pause fui vittima di ogni sorta di scherzi, compresa la sparizione del mio pranzo al posto del quale trovai un bigliettino “Scusa, l’ha mangiato Niall”. L’indomani avremmo dovuto girare nuovamente, avrei avuto la premura di attaccare sul mio cibo un avviso con scritto “Chi tocca muore, chi mangia muore di più”.

Mentre tornavamo a casa mio fratello osservò:

-Sono simpatici quei ragazzi!

-Come la sabbia nel costume- dissi, ma sapevo che aveva ragione.

-E il ladro di valigie è anche carino.

Mio fratello mi conosceva bene, ma proprio per questo non aggiunse altro: sapeva bene che da quando Danny non c’era più avevo smesso di pensare all’amore. Frequentavamo l’Accademia d’arte drammatica: volevo fare l’attrice, comica, per giunta, ma quando un’auto impazzita si era portata via il mio ragazzo avevo smesso di recitare e avevo finito gli studi al West Beverly High. Il mio professore di arte si era accorto del mio talento per il disegno e della mia testa piena di storie da raccontare e mi aveva spinto a tentare la carriera di disegnatrice. C’ero riuscita: scrivevo racconti per bambini che io stessa illustravo; a Londra avevo stipulato un contratto con un’importante casa editrice che mi aveva lasciato carta bianca per creare un nuovo personaggio. Ma se la mia professione procedeva bene, la mia vita sentimentale era calma piatta.

L’indomani riportai la valigia a Louis, ma lui non fece altrettanto scatenando le mie ire.

-Sei un dannato ruba valigie!

-Veramente sei stata tu a prendere la mia per sbaglio, cara ammazza piccioni.

-Era già morto.

L’inizio delle riprese pose fine al nostro battibecco allo stesso modo in cui Niall mise fine all’esistenza del mio pranzo fregandosene del biglietto minaccioso.

-Irlandese analfabeta!- lo insultai tra me e me quando me ne accorsi.

Una volta finito di girare il video andarono tutti a cena insieme per festeggiare, ma io rifiutai, Louis sembrò deluso e per la prima  volta vidi i suoi begli occhi velarsi di tristezza.

La mattina seguente, una voce squillante ben nota svegliò me (e tutto il quartiere).

-Buongiorno ammazza piccioni!

Louis era nel mio giardino e teneva in mano la mia valigia.

-Dalla tua biancheria intima non si direbbe che tu sia una principessina di Beverly Hills- disse, guardandosi intorno.

-Mi piace stare comoda- risposi arrossendo fino alla radice dei capelli- e poi non sono una principessina: mio fratello ed io ci manteniamo da soli, come vedi, non abitiamo certo in una villa. Lui fa l’insegnante di surf, ti andrebbe di provare?- gli proposi con un’intraprendenza che non mi era propria.

-Perché no.

La tuta da surf gli stava davvero bene, aveva un sedere alto e pieno e la muta aderente non faceva che sottolinearlo.

Quando Dylan ci vide arrivare insieme, mi lanciò uno sguardo d’intesa e per la seconda volta nella mattinata mi trovai ad arrossire violentemente.

-Tu non vieni?- chiese Louis con la tavola sottobraccio?

-No, io sono il tipo che aspetta in spiaggia vicino al cesto dei panini.

-Come Niall!- rise, mostrando la sua dentatura perfetta, poi raggiunse mio fratello in acqua, ma dopo breve tempo tornò da me. Senza che me lo aspettassi assolutamente, mi diede un bacio a fior di labbra: sapeva di salmastro e mi riscaldò il cuore come non mi accadeva da tempo. Poi continuò a fare battute come se nulla fosse, mentre io mi dibattevo nella confusione più assoluta.

Quando lo accompagnai in albergo, si congedò con un altro bacio, stavolta decisamente meno infantile, al quale risposi con ardore.

-Domani dovrò ripartire- mi gelò- ma prometto che ti penserò ogni volta che vedrò un piccione morto.

-Suppongo che mi penserai spesso, allora, Londra è piena di piccioni- mi sforzai di sorridere.

-Suppongo di sì.

Di lì a poco gli One Direction divennero famosissimi a livello mondiale e il successo della mia collana di libri su Kevin il piccione e il piccolo Louis, mitigarono un poco la delusione dell’aver scoperto che il ragazzo di cui mi ero innamorata era già fidanzato.

Non vidi mai più Louis, né gli altri della band, se non in tv o sui giornali, ma ogni volta che m’imbattevo in uno stupido pennuto grigio mi tornavano alla mente delle frasi:

-Ruba valigie!

-L’hai presa tu per prima, Ammazza piccioni!

-Era già morto!

E sorridevo.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Celeste9