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Autore: Fauna96    17/02/2013    1 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saalve a tutti!! ebbene sì, sono tornata proprio il giorno del compleanno di Billie(auguri puffetto <3)...questa storia mi frullava in testa già da un po...in sostanza:e se Gloria non fosse altri che la sorella del nostro Jimmy? Questi sono i racconti intrecciati di Jimmy e Christian e Gloria...insomma leggete e ditemi un po che ne pensate :)
 
Image and video hosting by TinyPic Prologo – Song of the century


Settembre 1997
Jimmy si svegliò presto quella mattina. Fin troppo presto: fuori, il sole era ancora un pallido disco che non scaldava.
Non sapeva dire cosa l’avesse svegliato: c’era silenzio assoluto nella casa; persino sua sorella, famosa per parlare nel sonno, era quieta nella cameretta di fianco.
Forse l’aveva svegliato quello che chiamano sesto senso o intuito. Esitò, poi si decise a scivolare fuori dal letto e scendere a piedi nudi al piano di sotto.
Con sua gran sorpresa, sua madre era già in piedi a fumare. Gli dava le spalle e fissava la porta d’ingresso. Jimmy aprì la bocca per chiederle cosa ci facesse lì se non doveva andare al lavoro, ma la richiuse. Qualcosa gli diceva di stare zitto.
Finalmente la donna sembrò accorgersi di lui: si voltò. – Che fai qui? Torna a dormire – lo apostrofò.
- Cos’è successo? – chiese Jimmy. – E non dirmi “niente”! – aggiunse, come un bambino capriccioso.
Sua madre lo fissò per un attimo, poi disse con sorprendente leggerezza: - Tuo padre se n’è andato -. Jimmy sbatté le palpebre, perplesso. Andato? Nel senso che era... partito? Suo padre era un camionista, viaggiava sempre, ma... sarebbe dovuto restare a casa per qualche giorno... Un pensiero agghiacciante gli si formò nella mente, ma decise di non credergli. C’era una possibilità che stesse fraintendendo tutto...
Fissò la mamma aspettandosi una spiegazione, un chiarimento, ma lei sedette al tavolo senza più guardarlo.
Se c’era una cosa che Jimmy odiava era essere ignorato. E purtroppo gli accadeva spesso.
Strinse i pugni e strillò: - Mamma! Perché se n’è andato? Dove? Rispondimi! -.
- Vattene in camera tua -.
Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -.
- Papà se n’è andato – rispose lui tirando su col naso rabbiosamente.
- Ma non mi ha salutato! – gridò lei corrucciandosi. Gloria aveva solo cinque anni, per cui Jimmy
non avrebbe dovuto prendersela perché non aveva capito, ma sentiva il bisogno di sfogarsi.
- Sciocca! Se voleva salutarci, l’avrebbe fatto! Non è mica andato via perché era costretto, ma perché voleva! -.
Gli occhi di Gloria divennero lucidi, ma non pianse; era orgogliosa, anche se era solo una bambina.
Jimmy si sentì un verme. – Scusa – bofonchiò. – Papà se n’è andato. So solo questo -.
- Non tornerà, vero? -.
- No... non penso -.
Lei abbassò la testa. Il fratello fece un passo avanti e le cinse le spalle sottili. – Sta’ tranquilla, Gloria. Non abbiamo bisogno di lui. Mi occuperò io di te e della mamma, vedrai -.
 

Christian non poteva crederci. Non capiva. Perché avrebbe dovuto lasciare casa sua? D’accordo, quando suo padre era ubriaco non risparmiava le botte, a volte doveva mangiare poco e cibo schifoso, ma... era casa sua. Papà non era poi così male: per il suo compleanno, un mese prima, l’aveva portato al luna park; voleva bene ai suoi fratelli e loro volevano bene a lui.
E allora... perché quello lì voleva portarli via? Non lo conosceva nemmeno.
Suo padre gridava, protestava, ma l’uomo rimaneva irremovibile. Christian sbirciò da dietro suo fratello che gli faceva da scudo: fuori c’erano anche dei poliziotti.
- I suoi figli devono venire con me – stava dicendo l’uomo, deciso.
Suo padre sbatté il pugno sul tavolo. – No! Che cazzo credi di fare? Nessun bastardo mi porterà via i ragazzi! -.
- Per ora, è una cosa temporanea. La prego, non opponga resistenza o dovrò chiedere alla polizia di intervenire. – Si voltò verso i quattro fratelli. – Per favore, prendete qualche cambio di vestiti e venite con me -.
- Perché? – chiese con aria di sfida Joshua, che con i suoi tredici anni era il più grande. – Noi non veniamo con te -.
A quel punto, il padre diede uno spintone all’uomo, che barcollò, e i poliziotti entrarono in casa.
Christian fu preso in braccio e trasportato fuori senza avere neanche il tempo di protestare. Il cielo era grigio dei fumi delle fabbriche, come sempre.
Il bambino si ritrovò in una macchina con due dei suoi fratelli al fianco. Era confuso e spaventato e scoppiò in lacrime. Simon e Mart si chinarono a consolarlo.
- Non piangere, Chris. Vedrai, ci porteranno a fare una visita o qualcosa del genere. Torneremo presto -. Simon era il più grande dopo Joshua, ed era anche il più assennato. Mart invece aveva otto anni e pareva spaventato quanto il fratello minore, ma si sforzava di non mostrarlo.
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose.

  
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