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Autore: Igvonain_Z    19/02/2013    1 recensioni
A cosa può portare la paura di un incubo?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NON APRIRE GLI OCCHI


Notte buia, stelle spente. Solo uno spicchio di luna brilla nel cielo. Nella grande sala buia un uomo cammina. I suoi passi rimbombano, la sua figura la si scorge in controluce solo quando passa davanti alle ampie finestre. I lineamenti non sono visibili, ma è certo alto e robusto ma, nonostante la sua forza cammina con circospezione, voltandosi di scatto per controllare alle sue spalle.
Di tanto in tanto si appiattisce lungo la parete in modo da avere una visuale completa, seppur oscurata, dell’ampio salone in cui si trova. Sembra disorientato, come se non sapesse come fosse entrato in quel luogo e tantomeno come uscirvi.
Altri passi riecheggiano nella stanza. Provengono da molte direzioni contemporaneamente, eppure è evidente che i piedi che sono mossi dalla stessa persona: forse per il peso, per il ritmo o per il suono stesso che ricorda tanto quello di un sassolino lanciato nello stagno.
L’uomo ansima, la paura lo avvolge. Si appiattisce al muro, tenta di nascondersi nel buio ma il rumore dapprima lontano e leggero è sempre più vicino, forte. Le misteriose due gambe sembrano ora muoversi e in ogni parte della stanza come una marcia ora militare che col passare dei secondi si trasforma in funebre.
Tac. Scatta un interruttore, il passo cadenzato che inondava la stanza si ferma. Luce. L’uomo tira un sospiro di sollievo ma non s’è ancora accorto di non essere più solo. Un figuro intabarrato fa sentire la sua presenza accarezzandogli la tempia destra imperlata di sudore con la canna di una revolver.
L’uomo appiattito alla parete chiude gli occhi, serra i denti ed emette un gemito di terrore.
-Apri gli occhi, voglio che mi guardi mentre ti uccido.
Così dicendo l’individuo toglie la sicura alla revolver.
L’uomo scuote il capo, gemendo ancora, senza accorgersi di trovarsi ormai nella sua camera da letto.
Arriva la mattina, poi quella successiva accompagnata dai medici che giungono a casa sua, chiamati dai suoi figli che passano le giornate a consumarsi a fianco del genitore.
I dottori non sanno che pesci pigliare:
-Vostro padre- Dicono ai due chini al capezzale - Ha tutte le funzioni vitali perfettamente funzionanti. Non è andato in coma, ma ci si è messo in modi che la nostra scienza non può spiegare.
Allora arrivano altri medici, poi i dottoroni, seguiti a loro volta dai professoroni che lasciano il posto ai luminari di ogni dove.
Nonostante il viavai l’unica cosa che muta sono i compensi che si alzano vertiginosamente, non certo gli esiti delle consulenze.
-Certo, tu provi a fregarmi, ma io non ci casco! Non sono mica un fesso, io! Ah, tu aspetti solo che io apra gli occhi e poi PUM mi fai saltare le cervella, ma non ci sperare cane! So bene chi fa tutte queste voci, l’ho capito fin dall’inizio che tu hai qualche potere, ma io queste maledette palpebre le terrò sempre ben serrate, ben strette, si, così come sto facendo ora.
Pensa l’uomo steso nel letto, con la lingua piena di piaghe per la disidratazione e il corpo sempre più rinsecchito dai giorni di digiuno.
“Vediamo chi si arrende prima”
Così pensa lui, con la rabbia fra i denti. Il rancore verso quel figuro oscuro che lo vuole morto è sempre più forte. Tuttavia, poiché né l’uno né l’altro sentimento sono commestibili, anzi piuttosto velenosi ,l’uomo deperisce e, come se guardassero la notte una candela consumarsi, i figli guardano il padre crepare di fame, di sete e di paura.
In poco tempo capisce che è il momento per lui di tirare le cuoia, allora apre gli occhi un’ ultima volta per vedere chi sparerà, ma scorge soltanto la sua immagine riflessa nello specchio.
Colla paura ancora negli occhi muore. Nessun colpo esploso.
GMZ
  
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