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Autore: __Sayuri__    21/02/2013    5 recensioni
[Post The Avengers] [tiene conto marginalmente di Thor:TDW]
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Una battaglia è stata vinta, ma l'equilibrio dei mondi è ormai appeso ad un filo. Persino la lungimiranza di Odino fatica ad intravedere l'ordito di un Fato sempre più intessuto di ombre e minacce. Chi sono i nemici di Asgard? I mostri di un passato quasi dimenticato, o i suoi stessi figli?
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[Per una migliore comprensione delle dinamiche narrate in questa storia si consiglia la lettura del prequel "Rinascita"]
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AGGIORNAMENTI LENTI
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sigyn, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1 - La caduta di un dio

Capitolo 2 – Rivelazioni


Osservatorio Geofisico di Tromsø, Norvegia




Siamo spiacenti, il numero da lei selezionato non è al momento raggiungibile...

Jane si poggia una mano sulla fronte e socchiude gli occhi, sconsolata. L'aria è talmente gelida che il sospiro che le sfugge dalle labbra si condensa in uno sbuffo di fumo bianco, strappandole un nuovo brivido.

Prima che la voce registrata abbia finito di ripetere per l'ennesima volta la stessa formula si passa nervosamente la mano tra i capelli spettinati e chiude la chiamata con un gesto secco.

Tiene per un istante il cellulare stretto tra le dita, fissando intensamente lo schermo quasi aspettandosi che si metta a squillare da un momento all'altro, e che Erik finalmente la richiami e le spieghi che accidenti sta succedendo.



Tutto era iniziato quando quell'agente dello S.H.I.E.L.D. - Coulson, forse? - l'aveva buttata giù dal letto in piena notte, attaccandosi al campanello per cinque minuti buoni. Darcy per poco non gli era saltata al collo. Per una che già mal sopportava le levatacce che le imponeva quando erano a caccia di tempeste magnetiche, essere svegliata nel pieno della fase REM significava diventare una portatrice sana di istinti omicidi plurimi.

L'agente, per nulla intimorito, aveva abbozzato un sorriso tirato che non aveva niente di ironico, si era tolto gli occhiali scuri – in piena notte! Che facessero parte della divisa d'ordinanza? - e aveva iniziato a dettare ordini in tono placido e accondiscendente. Le poche frasi che Jane era riuscita a recepire erano totalmente assurde e decisamente poco rassicuranti:

“Fate subito le valigie... Avete venti minuti.... Grazie per la vostra collaborazione.”

Nel giro di pochi minuti si erano ritrovate scaraventate sui rigidi sedili di pelle di un'auto nera con i vetri oscurati, scortate da altre due vetture blindate, destinazione sconosciuta. Un rapimento in piena regola.

“Credi che questo c'entri qualcosa col fatto che ho preso in prestito un paio di penne dall'ufficio di Fury?”, aveva mormorato Darcy con la sua vocina petulante, ormai più terrorizzata che arrabbiata.

Jane le aveva lanciato un'occhiataccia, ma non aveva risposto; in fondo che poteva dirle? Non ci stava capendo assolutamente nulla!

Dopo una buona mezz'ora di autostrada era diventato chiaro che Darcy e il suo inappropriato attacco di cleptomania non c'entravano niente. A meno che il direttore dello S.H.I.E.L.D. non fosse un tipo esageratamente vendicativo, obbligarle a lasciare lo stato su un jet privato era una punizione un po' troppo severa per un misero furto di penne – che non scrivevano neppure bene! - aveva precisato la stagista.

Prima di essere catapultate anche su un aereo, l'agente-rapitore Coulson aveva almeno avuto il buon cuore di aiutarle a caricare i pochi bagagli che erano riuscite a racimolare, e a ragguagliarle su qualche altro dettaglio completamente privo di senso logico.

“Perdoni la fretta, dottoressa Foster, ma non avremmo agito con tanta rapidità se non si fosse trattato di una faccenda più che urgente. È richiesta la vostra presenza in uno dei migliori osservatori dell'emisfero boreale, ovviamente dietro cospicuo compenso.”

“Non mi interessano i soldi, vorrei sapere che sta succedendo!”, aveva sbottato l'astrofisica, esasperata.

Coulson aveva sfoggiato uno dei suoi diplomatici sorrisi, e l'aveva invitata ad accomodarsi su un sedile grigio al centro dello stretto abitacolo.

“Mi rendo conto del disagio, ma le ripeto, se non fosse più che urgente...”

“Avete scoperto qualcosa?” La voce le aveva tremato per un istante, probabilmente più di speranza che per paura.

L'agente era rimasto in silenzio, forse cercando una mezza verità abbastanza plausibile e che non facesse troppo male.

“Qualcosa è stato scoperto, signorina Foster, ed abbiamo bisogno che lei si rechi a Tromsø per qualche tempo.”

Dove!?” Aveva domandato Darcy con tono acuto, il viso stralunato.

Coulson aveva fatto un mezzo sorriso.

“Diciamo... che è a nord.”

Poi con un cenno rapido ai piloti aveva dato il via alle procedure di decollo. L'accensione del motore era stata piuttosto brusca, e tutto l'abitacolo aveva cominciato a vibrare.

“Signore, buon viaggio. Vi consiglio di allacciare le cinture.”

Detto questo l'agente aveva girato i tacchi e si era diretto al portellone posteriore, pronto a fare ritorno al quartier generale.

Darcy e Jane si erano fissate per un secondo attonite, poi un nuovo scossone le aveva riportare bruscamente alla realtà obbligandole ad agganciare le cinghie di sicurezza in fretta e furia. Prima che Coulson richiudesse il portellone la stagista si era voltata nella sua direzione, pigolando:

“E si può sapere perché ci devo andare pure io?!”

Il tonfo sordo prodotto dalla chiusura della lamiera metallica era stata l'unica risposta.

Dopo qualche ora di volo era diventato chiaro che quello lì sotto, no, non era il Lago Michigan, ma l'Oceano Atlantico, e che per nord Coulson non intendeva il North Dakota.

La scoperta non aveva giovato all'umore di Darcy, che si era dimostrata socievole quanto un cactus rinsecchito, ed aveva acuito il mal di testa di Jane.

Ovviamente, quando erano riuscite a prendere sonno era già arrivata l'ora di atterrare. Strette nelle loro giacchette di jeans, mezze stordite dal sonno e dal jet lag, si erano ritrovate nella famigerata Tromsø. In Norvegia. A nord del circolo polare artico.

“Ma non dovremmo essere in maggio?”, aveva chiesto Darcy, battendo i denti e guardandosi intorno inquieta.

Jane, ancora una volta, non aveva saputo cosa risponderle ed era rimasta imbambolata a fissare quel cielo così limpido e azzurro, che si specchiava nelle onde placide del Norskehavet - il mar di Norvegia - e che faceva da contrappeso al muro di monti dalle cime innevate che circondava l'isola.



La portafinestra alle sue spalle si apre stridendo e Jane si volta di scatto, mentre il ricordo dell'arrivo in quell'Osservatorio sperduto nel nulla sfuma nella sua mente come una striscia di fumo. Darcy la affianca, un braccio stretto intorno al giaccone nuovo, l'altro lungo il fianco. In mano regge un incarto unto e colorato, che appallottola tra le dita con un solo gesto, prima di infilarlo in tasca.

“Dio benedica McDonald's” farfuglia ancora con la bocca piena, “lo trovi ovunque ed è sempre aperto.”

“Ma sono solo le sei mezza di sera!” Esclama Jane, squadrandola allibita.

“Secondo il mio orologio biologico interno è mezzogiorno e mezzo, ora di pranzo.”

L'astrofisica sospira, alzando gli occhi al cielo.

“Come mai sei uscita in terrazza, con questo freddo?” Si lamenta la stagista, calandosi ulteriormente il berretto di lana sulla testa. Un berretto ridicolo, oltretutto. Verde sbiadito, con due mini-corna di renna di stoffa che spuntano sulle orecchie.

“Avevo bisogno di una boccata d'aria.”

Sono lì da ormai due giorni, e Jane li ha passati rinchiusa nell'Osservatorio a monitorare il cielo. Il professor Hansen le ha dato accesso a tutta la strumentazione - perfino alla ionosonda e al magnetometro! - e ormai rabbia, ansia e irritazione sono svanite lasciando il posto all'entusiasmo della ricerca e al brivido della scoperta. Gli ultimi rilevamenti hanno individuato una strana attività magnetica nell'emisfero boreale, con un picco anche in Europa, nella zona della Alpi centrali. Decifrare i dati raccolti sarebbe molto più semplice se riuscisse a contattare Erik, ma a quanto pare comunicare con i laboratori S.H.I.E.L.D. - e con tutta l'America del Nord, a dire la verità - sembra impossibile, almeno per il momento.

Jane sospira ancora una volta e chiude
gli occhi. È preoccupata.

Per Selvig?
Certo.
Per tutta la questione del 'rapimento' in piena notte?
Anche.

Ma c'è qualcos'altro. Un peso che le opprime il petto e che la costringe a pensare a una cosa sola. O, meglio, a una persona sola.

Thor.

Il dio del Tuono è un chiodo fisso che le martella dentro sempre più forte. Dopo il suo ritorno su Asgard per un po' ne aveva sentito la mancanza, ma col tempo quel piccolo dolore era sfumato. In fondo, era stata una semplice cotta, no? Un'infatuazione passeggera e, a dirla tutta, anche un po' infantile. Ma allora perché adesso si ritrova a rincorrere il ricordo di Thor con tanta insistenza?

Riapre gli occhi e fissa il sole basso all'orizzonte. La risposta è così ovvia e assurda che le fa male il solo concepirla. I dati che ha raccolto avvalorano l'ipotesi, ma è il suo istinto a gridarle nelle orecchie la verità. Che sia il famoso istinto di donna, quello che non sbaglia mai?

Ma qualcosa non torna, e Darcy è decisamente troppo silenziosa. Si volta verso di lei, scrutandola in viso, aggrottando la fronte. Lei si schiarisce la voce e poi si mordicchia il labbro inferiore, sfuggendo al suo sguardo.

“Darcy, che succede?”

La stagista affonda per un istante il viso nel colletto imbottito del suo giaccone, poi si arrischia a girare gli occhi verso di lei e bisbiglia: “Credo che dovresti dare un'occhiata al telegiornale.”




Asgard, ponte dell'Arcobaleno





Thor riapre gli occhi di malavoglia, lentamente, cercando di rimandare il più possibile il momento della verità. Asgard è immersa in una notte nera e silenziosa, e per un istante ne inspira il forte odore di casa. Ma è solo un attimo, e la realtà gli crolla impietosa sulle spalle.

È tornato vincitore, ma si sente un perdente.

Incontra gli sguardi attoniti dei suoi compagni, vede l'orrore e lo sgomento riflessi nei loro occhi, e spera inutilmente che Loki non lo veda.

Ma lui ha sempre visto. Ha sempre capito.

“Amici...” mormora, senza riuscire a dire altro. Come può anche solo spiegare?

Abbassa gli occhi e stringe con forza il braccio del fratello, quasi a volergli infondere... cosa? C'è davvero ancora qualcosa che possa meritare? Può perdonarlo? Una parte di lui vorrebbe rispondere ma la mette a tacere.

“L'Allfather vi aspetta nella Sala del trono” proclama Heimdall, spezzando finalmente il silenzio.

Thor si riscuote, consegna il Tesseract ai suoi compagni raccomandando loro di portarlo subito nella Camera delle armi e si dirige verso i cavalli bardati al centro del ponte. Il corpo di Loki è rigido e oppone resistenza, costringendolo a trascinarselo dietro quasi di peso. La spessa catena che gli stringe i polsi tintinna e lui comincia a tremare.

Il figlio di Odino cammina più veloce, sale a cavallo issando il fratello davanti a lui, sul suo stesso destriero. Scambia uno sguardo d'intesa con i Tre guerrieri, quasi fosse una promessa. Vi spiegherò tutto.

I tre ricambiano il cenno, negli occhi confusione mista a fiducia, e partono alla volta della dimora degli Æsir. Sif gli rimane accanto, il suo stallone nero scalpita e scalcia, ma con uno strattone delle redini lo doma.

“Io vengo con te”, afferma decisa, guardandolo negli occhi.

Vengo con te, pensa Thor, non con voi, ma non dice nulla e annuisce. Sprona il cavallo e parte al galoppo, stringendosi al petto Loki, che continua a tremare, sempre più forte.




Non può parlare, il principe caduto, e non vuole pensare.

La gabbia di metallo che gli blocca la mascella stringe e taglia la pelle. In gola avverte il sapore del sangue, nelle narici ne ristagna l'odore acre.

Ma non è per la paura, né per il pianto, che il petto del dio dell'Inganno sussulta.

Ride, il reietto di Asgard.

Non ha più lacrime, né sogni.

Ride, il mancato re, facendosi beffe del suo stesso insensato destino.




   
 
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