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Autore: justinbieber    22/02/2013    73 recensioni
“Ultima fila, lato destro. Ultima fila, lato sinistro.”
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Scooter Braun
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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25 Gennaio. 
 
Bussai alla porta due volte prima di aprirla lentamente. 
 
“Scusi,” Feci una pausa togliendomi il più veloce possibile le cuffie dalle orecchie. “Ho perso il bus.” Mentii. 
Mrs. Herlin posò il gesso che teneva stretto fra il dito medio e lanulare sulla cattedra per poi sedersi. Si allungò afferrando quei dannati fogli verde chiaro all’angolo della cattedra. 
 
Trattenni il fiato mettendomi le mani in tasca e affiancando la cattedra. Sapevo cosa stava facendo e sapevo che ne avrei pagato le conseguenze una volta tornata a casa. 
 
“Fermati in detenzione dopo scuola.” Disse porgendomi quel foglio. 
Ci stetti qualche secondo prima di afferrarlo, poi rimasi davanti alla cattedra senza muovere un muscolo. Con la coda dell’occhio cercai il suo volto, il suo corpo seduto dietro al suo banco, la sua cartella buttata sul banco, la sua testa nascosta dietro lo zaino e le sue mani impegnate a scrivere su un iPhone nero, la scia --
“Evelyn! Sei già ritardo, ti vuoi mettere a sedere?” La voce di Mrs. Herlin echeggiò nell’aula. 
 
Trattenendomi dallo sbuffare mi sedetti al mio banco: ultima fila, lato destro, pareti fatte di ghiaccio che mi tenevano compagnia dal 21 Dicembre.
 
Posai il libro di chimica sul banco, pochi secondi e il mio sguardo era di nuovo a vagare per la classe. 
No, non c’era. E’ assente anche oggi. Pensai.
 
Forse ieri ha avuto le prove fino a tardi. Dissi fra me e me. Magari entra alla seconda ora. Cerca di convincermi. Magari pure lui non aveva voglia di alzarsi dal letto sta--
 
“Evelyn, hai intenzione di scrivere?” 
Tornai sul pianeta Terra non appena Mrs. Herlin urlò il mio nome. Ultimamente, non ero più lucida durante le lezioni. E onestamente, non lo ero ovunque. 
“Scusi.” Sussurrai aprendo l’astuccio. 
 
Chinai la testa sopra il quaderno e inizia a trascrivere parola per parola cosa era scritto sulla lavagna. Questo sembrò soddisfare la professoressa, la quale annuì e continuo la sua spiegazione su come un alchene è diverso da un alchino e da come un legame può essere semplice o doppio. 
 
Stavo quasi per entrare nello spirito della lezione quando la porta si aprì. Mi morsi il labbro sperando di vederlo entrare con il suo solito cappello, senza giacchetto anche se fuori erano -2° gradi. Mi sedetti composta sulla sedia cercando di alzarmi il più possibile ma cercando di rimanere nei limiti, volevo vederlo per prima. 
“Bieber, presente?” Una donna sulla quarantina chiese fissando Mrs. Herlin. 
“No, le pare che possa venire a scuola?”
La donna ridacchiò annuendo e alzando gli occhi al cielo. 
 
Cosa volevano dire? Che non era un bravo ragazzo? Che era stupido per mettere al primo posto la sua futura carriera? Che non era più furbo di loro? 
 
La voglia di sdraiarmi sul banco e dormire aumentava ogni minuto di più. L’unica motivazione che avevo per alzarmi dal letto alle 6:30 era lui. Solo il pensiero di vederlo seduto in classe, nella mia stessa classe, pochi metri da me mi rallegrava. 
E ora stava per finire tutto, sarei ritornata a passare le sette ore di scuola seduta su una sedia senza nessuno d’ammirare. Sarei rimasta davanti ad un computer a leggere le sue notizie.
 
“Non si dice buongiorno? O il gatto ti ha mangiato la lingua?” Mrs. Herlin si lamentò. Alzai lo sguardo confusa e lo vidi. Lì, davanti a me, con lo sguardo stanco e la voglia di mandarla a fanculo scritta in fronte. 
“Buongiorno.” Mormorò prima di sedersi al suo banco. 
“Mi sembra più che ovvio che la detenzione ti aspetti a fine lezioni.”
“Va bene.” Rispose quasi senza neanche farle finire la frase. Sorrisi, lui riusciva a fare quello che io non avrei mai avuto il coraggio di fare. 
Lo guardai cercando di non destare nell’occhio. Guardai ogni suo movimento e mi chiesi cosa sarebbe stato di lui passati quei sei giorni. 
 
Mi sarebbe mancato come pensavo?
 
 
 
Suonata l’ultima campanella, accesi il telefono per mandare un messaggio a mio fratello. 
 
Rafe, ho perso il bus e sono arrivata in ritardo. Mrs. Herlin mi ha mandato in detenzione per 30 minuti. Torno a casa verso le 17. Se riesci, inventati una scusa da rifilare a mamma … se invece vuoi divertiti a vedermi essere sgridata, dì pure che sono in detenzione. Grazie.” 
 
Spensi di nuovo il cellulare ed entrai nell’aula che mi avrebbe ospitato per i prossimi 30 minuti. 
L’ultima volta che ero finita in detenzione avevo 12 anni e il motivo era che, accidentalmente, avevo fatto lo sgambetto ad un mio compagno, il quale era cascato fratturandosi il mignolo.
 
Porsi il foglio ritirato sette ore prima alla donna dietro la scrivania. Capelli brizzolati, occhi marroni scuro, rossetto color porpora sulle labbra fini quasi invisibili, vestiti rubati alla mia tris nonna. 
 
“In ritardo eh?” Scrutò il foglio. “Avete telefoni super tecnologici che quasi cucinano e non avete una sveglia?” Scosse la testa sghignazzando. “Giovani.” Sussurrò infine mettendo un timbro sopra il foglio per poi indicarmi un posto in mezzo alla classe. 
Mi guardai un po’ intorno: c’erano abbastanza ragazzi, tutti con lo sguardo perso nel vuoto. Massimo silenzio interrotto ogni tanto dal cigolio di una sedia. 
Mi conformai alla massa iniziando anche io a guardarmi le mani ispezionando ogni centimetro delle mie unghie. 
 
Dopo qualche minuto il cigolio della porta mi fece alzare la testa. Eccolo di nuovo, dopo sette ore. 
Sentii una strana sensazione nel mio stomaco. Cercai di non pensarci ma sapevo esattamente cosa stava succedendo: nel mio stomaco stavamo svolazzando miliardi di farfalle, miliardi di animaletti con le ali colorate che solleticavano il mio stomaco. Abbassai lo sguardo sorridendo a me stessa.  
 
“Quanti ritardi?” La brizzolata fece di nuovo il suo monologo. Guardai l’orologio affisso sulla parete, mancavano solo 25 minuti e sarei potuta uscire. Ma, tutto d’un tratto, desideravo restare in quell’aula per sempre. 
Justin alzò le spalle e senza neanche aspettare il timbro, si sedette un banco davanti a me. 
Mi coprii il volto con le mani, mi stavo ridicolizzando a sorridere in questa maniera. 
 
“Quanto ti ha dato Mrs. Herlin?” 
Tolsi immediatamente le mani dal volto ritornando seria. I suoi occhi color nocciola erano fissi sui miei, un piccolo cenno di sorriso era presente sulle sue labbra, il suo sopracciglio sinistro leggermente sollevato. 
“Trenta minuti, a te?” 
“Pure a me. Quanto ti man--” 
 
“Silenzio ragazzi o aggiungerò dei minuti!”
 
Justin alzò gli occhi al cielo voltandosi nuovamente. 
 
Fanculo quella donna. Pensai. Possibile che ogni volta che iniziavamo una conversazione? Qualcuno era subito pronto a interromperci? Non era la prima volta che succedeva e lo detestavo. 
 
Pochi secondi e la sua faccia era di nuovo rivolta verso di me. “Io devo stare qui per ventinove minuti. Tu da quanto ci sei?” Sussurrò il più piano possibile. 
 
Sorrisi senza motivo. Non stava raccontando una barzelletta, non stava raccontando un fatto accaduto, non stava raccontando di un programma visto alla televisione. Stava solo dicendo quanti minuti starebbe rimasto in detenzione, ma sentire la sua voce mi faceva stare meglio e mi faceva illudere come non mai. 
 
Alzai lo sguardo sull’orologio alla parete.
“Sono qui da quasi otto minuti.” 
“Dopo vieni con me? Andiamo a prendere qualcosa al bar? Ho saltato il pranzo e sto morendo.” Mi sorrise per poi voltarsi di nuovo dandomi le spalle. 
Annuii anche se non poteva vedermi. “Ok.” Sussurrai in fine. 
 
Sentii il cuore accelerare al pensiero che Justin, il ragazzo che sfidavo con le applicazioni di iTunes pochi mesi prima, mi aveva chiesto di andare a prendere da mangiare. Era stupido, insensato e infantile il modo con cui mi stavo emozionando per un panino. Probabilmente, se fosse successo due mesi prima avrei accettato senza problemi, senza nessuna palpitazione di troppo, senza l’aumento di sudore e senza sentirmi le gote andare a fuoco.
Stavo perdendo il controllo dei miei sentimenti verso un ragazzo, e non mi piaceva.

Well, let me tell you
a story about a
girl and a boy. 

  
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