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Autore: Sundy    12/08/2004    6 recensioni
Spoiler Allert!!!!! ho voluto dare voce a un sogno, un incubo allucinato, un sogno in cui Alex è sopravvissuto a quella morte tanto cercata, ma questo non è bastato a salvargli la vita.
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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Ricordò sangue sui cocci di vetro smaltato.

Lasciò che il bicchiere si frantumasse cadendo sul pavimento, sotto il suo stesso peso. Non doveva esagerare con i movimenti inconsulti, l'ultima volta si era fatto un taglio sulla testa e Godwyn aveva dovuto ricucirglielo col filo da calzini.... sentiva ancore la consistenza del sangue rappreso tra i capelli. Lui non si lavava mai, ma aveva il dono  di non puzzare. Se non di liquore.

Guardò fuori dall'oblo, il cielo vestito di un'oscurità opaca, una notte stranamente umida. Molliccia.

Il prodigio del rubinetto a vite  gli permetteva di versarsi da bere muovendo solo un dito e gli occhi, appoggiati, pigri, sull'orlo dell'oblò. Fulmini artificiali e rane abnormi di polvere da sparo roteavano nel cielo, inumidendo il loro splendore in quella nebbiolina gelida. Ma non sembrava troppo freddo.

La Sylvana scivolava indifferente, alla periferia di quell’umidiccio delirio pirotecnico di fine anno.

Anno di merda. Si inumidì a fatica le labbra scosse da un tremito leggero, tremito di rabbia, di un dolore sordo. L’ultima emozione sopravvissuta, tenace, allo sfacelo. Vincent entrò senza bussare, ed inciampò sui frantumi del bicchiere. Gli rivolse un rimprovero leggermente materno

“ ‘fanculo…” rispose Alex muovendo appena la bocca. Il palo d’acciaio che gli sosteneva la nuca scricchiolò mentre si voltava verso l’ospite appena entrato. Quel rumore sterile lo illuminò sull’inutilità del gesto, e  con un inversione stentata ripercorse la sua orbita meccanica, fino a riportare i suoi occhi da airone moribondo sulla finestra. Vincent Arthai, ammiraglio della flotta di Sua Maestà Imperiale, si abbandonò ad un sospiro esasperato. C’erano stati giorni in cui aveva ringraziato il cielo per aver risparmiato la vita di Alex. Era solo egoismo. L’egoismo di non volere un altro morto da piangere nella sua storia personale. Alex, con quegli occhi spenti e quella gabbia di metallo intorno alle ossa, era un morto parlante. Che parlava poco, e servendosi di un turpiloquio finemente studiato per metterlo a disagio. Irritarlo. Ferirlo. Farlo incazzare. Alex si divertiva come un matto a farlo incazzare. Era l’unica cosa che sembrava allietarlo, ormai.

“ Buon anno” gli disse con  il sorriso dolce che continuava, imperterrito, ad affiorare sulle sue labbra. Alex piegò la metà della sua bocca che poteva ancora assumere espressioni in un ghigno e gli rispose con un rutto intenzionale. Si versò un altro bicchiere di scotch  e lo buttò giù d’un fiato.

Vincent non dovette neanche sforzarsi di non apparire impressionato. L’unica reazione che gli provocavano gli spregi del vecchio amico era il mal di testa lancinante in cui si convertiva quella rabbia che non sapeva trasformare in aggressività. Tutti gli sforzi di Alex affinché un  suo gesto di stizza gli desse il colpo di grazia erano inutili: prendere un bottiglia dal tavolo e spaccargliela in testa  non rientrava nella sua natura.

  avevo ordinato agli uomini di non farti passare…” mugugnò

“ e chi sei tu, per dare ordini….?” gli rispose Vincent, compiacendosi inconfessabilmente del colpo che sapeva di avergli inferto con quelle parole “ lo sanno che non devono ubbidirti  quando sei ub..”

“ bevi” lo interruppe Alex premendo minacciosamente l’indice sulla bottiglia.

“ preferirei di no….”

“ bevi”

Vincent prese un bicchiere pulito e si versò la minor quantità di scotch possibile. Non gli era mai piaciuto bere, l’alcool gli arriva immediatamente al cervello privandolo di ogni dignità. Bastava l’odore a fargli perdere lucidità. Invece Alex aveva sempre bevuto troppo.  

“ bevi….” ripeté in un rantolo lugubre. Ubbidì senza fiatare. Alex rimase congelato nella sua tipica espressione di odio debosciato, uno sguardo da cadavere annegato, la pausa tra un rigurgito e l’altro. Il liquore gli soffocò nella nebbia ardente dei suoi quarantacinque gradi i ricordi struggenti del tempo in cui quella creatura ripugnante aveva ancora forma umana, una forma cara, familiare.

“ Sophia si deve sposare…” disse con un filo di voce, tuffando gli occhi azzurri nel fondo ambrato del bicchiere che stringeva tra le mani, forti ma pallide. Mani di un uomo qualunque. Alex non mosse un muscolo del volto. I suoi occhi si fecero ancora più morti, e poi tornarono brace.

Un ruggito stentato: “ fottiti ”

“ deve farlo, per il regno….” tentò di giustificarsi in un mezzo tono che sembrò patetico anche a lui

“ sei nella lista…?” chiese Alex mentre la rabbia, troppo stanca di lui, si distendeva a prendere fiato

“ sì…” annuì Vincent, colpevole. Colpevole  di poter sperare di sposarla solo perché il rifiuto umano che gli stava davanti non poteva. Colpevole nello spicchio nascosto del suo cuore che gioiva di quell’ultima, ignobile rivincita,  colpevole nella fetta ben più grande che tutto avrebbe desiderato, tranne questo…

“ ti rifiuterà.” rispose secco Alex Rowe portandosi con sforzo il bicchiere alle labbra. Vincent puntò gli occhi sul palo d’acciaio che gli sosteneva la spina dorsale fracassata, sui chiodi piantati nelle gambe ormai inutili, risalì fino agli occhi aridi, all’anima putrefatta, ma sapeva che non ne avrebbe sostenuto il peso a lungo. Nascose lo sguardo sulla punta delle sue scarpe…

“ non lo so…”

“ ti rifiuterà.” ripeté con più rabbia in corpo.

“ …ti ama…” disse Vincent con un filo di voce. I muscoli del volto di Alex sembravano congelati. Immobile, impassibile, con quegli occhi di carbone avvelenato appoggiati sui fuochi puzzolenti che solcavano il cielo fradicio di un altro Capodanno. Incapace, inutile, impenetrabile, impotente, insensibile, instancabile, inestinguibile… Alex era più ferro e liquore che carne e ossa, tentò di attraversarlo con lo sguardo, ma andò a sbattere contro la cortina di ferro delle sue palpebre semichiuse. Gli occhi dell’annegato lo penetrarono senza il minimo sforzo, e Vincent ebbe la netta sensazione di essere stato colpito in un punto vitale. Alex aveva sempre avuto il dono di riuscire ad umiliarlo con un solo sguardo. Si contorse in una smorfia di disgusto, poi rantolò

“ se la tradisci, ti ammazzo..”

Un sorriso incrinato piegò le labbra dell’uomo in divisa “e come…?”

“ ti convincerò a farlo.” La voce di Alex era un brontolio impantanato nella paralisi, appiattita nei toni, privata di quella indiscutibile dignità che aveva avuto un tempo. Eppure quella minaccia fece tremare qualcosa nell’anima dell’ammiraglio. Vincent provò un antico, elementare, primigenio desiderio di scoppiare in un pianto dirotto che lo liberasse di quell’angoscia. Ma si alzò con il bicchiere stretto in mano, e lo fissò negli occhi. La creatura mostruosa aveva i lineamenti di un giovane uomo di bell’aspetto, la pelle di una vecchia, gli occhi vacui di un animale in agonia, i capelli arruffati di uno spettro. Si sforzò di trovare  qualcosa che lo commuovesse, nell’aspetto miserevole del compagno di un tempo, nelle sue parole avvelenate, nel suo corpo martoriato, nella sua abominevole solitudine. Nulla era rimasto. Poggiò la mano sulla  sciabola che portava appesa al fianco. Gli occhi dell’uomo si accesero per un istante dell’atavico istinto di sopravvivenza che tante volte aveva salvato Alex Rowe  e che tutt’ora gli impediva di abbandonarsi ad una morte asettica. Quando la  mano di Vincent scivolò via dall’elsa, quella scintilla si spense di nuovo

“ …’fanculo…” mormorò “..non lo farai mai…”

“mi dispiace” rispose Vincent abbassando gli occhi. Trovò la porta senza quasi guardare dove stava andando, alle sue spalle sentì un borbottio sordo,  e il rumore del bicchiere che rotolava sul pavimento.

 

Guardò il baratro, oltre il ponte della Sylvana, con odio e simpatia. Li avevano fatti inadeguati alla loro posizione. Alex era un fenomeno nel biliardo e nel tiro al bersaglio, lui lo batteva a calcio. Alex odiava i ricordi, lui non poteva farne a meno. La nebbiolina molliccia  puzzava di scotch e delle penne bruciate dei fuochi d’artificio scoppiati qualche nuvola più in là. Oltre il parapetto, un buio opaco si stendeva indifferente, ma Vincent, che viaggiava sempre carico di ricordi, poteva fare a meno dei richiami. Lasciò cadere il bicchiere nel vuoto, come Yuris in un incubo di tanti anni fa, e lasciò che si portasse  via, nella sua scia di liquore, un felice anno nuovo. 

 

 

  
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