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Autore: Water_wolf    24/02/2013    12 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era una giornata normale, la pioggia batteva inesorabile sulle strade di Milano inzuppando tutti i lavoratori e studenti colti senza ombrello e dava parecchio da fare ai tergicristalli delle automobili.
Anche per Chiara era una giorno come tutti gli altri e, come sempre, era in ritardo. Con una mano si teneva al palo rosso e rugginoso dell’autobus mentre con l’altra trastullava il cellulare controllando l’ora ogni due secondi, conscia che non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo.
Merda, dai, ma quanto ci mette questo cavolo di autobus ad arrivare?
L’automezzo sembrò dare ascolto alle preghiere della ragazza che si fiondò giù e imboccò di corsa il sottopassaggio che portava alla metropolitana. Perse minuti indispensabili a cercare nel caos della borsa la tessera ATM arancio vomito di gatto, a patto che i gatti in questione avessero mangiato salmone e scorza d’arancia la sera prima.
Fece i gradini a tre a tre e s’intrufolò tra le porte della metro proprio quando quelle si stavano chiudendo. Chiara tirò un sospiro di sollievo, era diventata un’esperta a scivolare tra le porte come una sottiletta in un toast.
Controllò per l’ennesima volta il telefono; erano le 7.58, se avesse corso sarebbe riuscita ad arrivare nell’atrio circa alle 8.05 e se le fosse rimasto abbastanza fiato in gola per arrampicarsi su quattro rampe di scale sarebbe entrata in classe giusto al suono della campanella, alle 8.10.
La ragazza finì d’elaborare la sua strategia giusto il tempo d’udire il conducente avvertire tutti i passeggieri di scendere dal treno.
E secondo te esistono persone così idiote da salire in metro per poi rimanere in carrozza? Demente, pensò Chiara scocciata.
Imboccò le scale e saltò il casello, tanto aveva già timbrato, a che pro farlo nuovamente? Salutò con un cenno della mano un barbone che campeggiava sempre a quella fermata, si riportò la borsa in spalla e fece uno scatto degno di quel nome e percorse sotto la pioggia la strada che portava al cancello. Pensò di rallentare in vista della facciata della scuola ma bastò uno sguardo al cellullare per farle subito cambiare idea.
Quasi si schiantò contro le porte del liceo con la veemenza con cui era arrivata; le aprì non curante del rumore agghiacciante che fecero quanto si chiusero alle sue spalle e si concesse un secondo per recuperare il fiato. S’impegnò a fondo nel mantenere costante il passo ma già alla seconda rampa collassò.
Scorse la professoressa di fisica prenotare l’ascensore e non poté fare a meno d’imprecare.
Era risaputo che la Rossi sceglieva la sua vittima sacrificale ogni mattina, specialmente se quelle non erano in classe per ora, per poi compiere il rituale sacro agli dei nei pressi dell’altare, comunemente denominato cattedra, davanti a tutti. E Chiara sapeva fin troppo bene cosa sarebbe accaduto se non si fosse data una mossa.
Si appoggiò al corrimano e salì le scale il più velocemente possibile; quel giorno non si sarebbe fatta fregare dalla strega. Giunse al quarto piano col fiatone notò con piacere d’essere arrivata prima della professoressa. Emilia, la sua migliore amica, le andò in soccorso e quasi la trascinò dentro la classe, la 2°B.
La campanella trillò insonnolita.
Chiara lanciò la borsa sul banco e si sedette sulla sedia di plastica marrone.
La Rossi entrò in classe poco dopo, appoggiò la cartelletta nera sulla cattedra, si sedette, aprì il registro con una calma innaturale e con altrettanta tranquillità passò le sue dita adunche sulla pagina del registro che riportava i nomi degli alunni. La donna sorrise maligna, accavallò le gambe fasciate da delle collant nere, reclinò la schiena sulla sedia legnosa, incrociò le braccia e annunciò << Calvaro, interrogato. >>
L’intera classe si lasciò andare in un sospiro di sollievo, erano salvi. La vittima ebbe un attimo di sconcerto poi si alzò, con il capo chino, e strascicò i piedi fino all’altare. Chiara non si disturbò a prendere i libri dalla sua borsa e si strizzò i capelli nocciola. Un fiotto d’acqua scosciò sul pavimento.
Quanto odio la pioggia e quanto odio Milano. Emilia le passò da sotto il banco una spazzola ed un codino per raccogliersi i capelli; lei era sempre pronta per ogni evenienza. Chiara si pettinò il nido d’uccelli che si ritrovava al posto della chioma e si riprese i ciuffi ribelli in uno chignon tutt’altro che ordinato.
La quindicenne sfilò dalla shopper di camoscio il suo blocco di fogli e l’astuccio dove teneva le matite colorate e incominciò a scarabocchiare un viso di donna. Ogni volta che impugnava un qualsiasi oggetto in grado d’imbrattare e colorare si sentiva libera. Ogni qualvolta che dava spazio a quel suo talento innato, il disegno, rimpiangeva di aver dato ascolto a suo padre decidendo di frequentare un liceo scientifico invece d’un artistico. “Con l’arte non si porta il pane a casa ” le ripeteva sempre e alla fine Chiara si era lasciata convincere. Non aveva però rinunciato completamente all’idea di diventare un artista: l’anno precedente si era iscritta a Deviantart dove riceveva numerosi complimenti dagli altri utenti.
<< Vediamo se qualcun altro riesce a rispondere alla domanda… >> incominciò la professoressa << Bianchi può illuminarci. >>
Chiara alzò la testa e fissò la professoressa << Chi? Io? >>
<< Lei si chiama Bianchi Chiara, non è così? >>
La ragazza annuì, sapeva perfettamente dove voleva arrivare la professoressa ma tentava ugualmente di tergiversare. << Allora non faccia la finta tonta e risponda alla questione! Non mi frega con questi trucchetti, non sono mica nata ieri! >>
Chiara trattenne le risate a stento << Lo sappiamo fin troppo bene… >> sussurrò ma era risaputo che la Rossi aveva dei superpoteri quali udito da pipistrello e sonar di delfino.
<< Può ripetere in modo che tutti possano sentire? >>
La quindicenne si alzò in piedi, deglutì più volte e disse ad alta voce << Lo sappiamo fin troppo bene. >>
La classe scoppiò in una sonora risata. Chiara non si poteva definire una burlona, né tanto meno le piaceva ricevere delle note, ma certe battute acide riusciva a formularle anche lei. Le guance della Rossi si tinsero di carminio << Prenda il suo libretto, signorina. >>
Perfetto, oggi è incominciata proprio bene la giornata. La ragazza frugò nelle tasche della borsa, prese il libretto verdognolo, afferrò la borsa e raggiunse la cattedra. Scoccò un’occhiataccia a Calvaro che impallidì, anche per lui si prospettava una brutta giornata. La Rossi sfogliò il libretto e trovò una pagina immacolata su cui scrivere il proprio dissenso. La quindicenne osservò la mano della donna comporre i propri pensieri…Questa mattina, l’alunna Bianchi Chiara…
Chiara sbuffò, non le piaceva il suo nome, mancava d’originalità, dopotutto l’aveva scelto suo padre e per lui la parola fantasia era un arcano mistero. Per questo preferiva farsi chiamare col suo nome d’arte, Lyra.
<< Vada in vicepresidenza a farsi firmare la nota. >>
Chiara non rispose e le voltò le spalle. Oltrepassò la porta e incominciò a scendere i gradini, lentamente. Giunta al terzo piano un’idea folle le balenò nella mente: perché non scappare?
Sorrise maliziosa, non era la prima volta che lo faceva e non era mai stata scoperta. Sfilò il cellulare dalla tasca e inviò un messaggio ad Emilia che recitava “Emy, io me la squaglio, ti aspetto a casa mia alla solita ora ;) tua Lyra”.
Chiuse la schermata e ripose il telefono nella shopper. Si fece piccola piccola per non farsi notare anche se quasi non ce n’era bisogno dal momento che le bidelle erano intente a chiacchierare e a smaltarsi le unghie di colori di dubbio gusto. Chiara raggiunse l’atrio indisturbata, si appoggiò al portone e girò piano la maniglia. La serratura scattò producendo un lieve rumore e la ragazza sgusciò via per poi darsela a gambe. Era indispensabile allontanarsi dall’edifico il prima possibile.
Fuori pioveva ancora; Chiara si strinse nelle spalle e raggiunse velocemente l’entrata della metro. Fece per entrare in un bar per ristorarsi con qualcosa di caldo ma lo trovo vuoto.
Che strano… Scavalcò il casello, non aveva la minima voglia di frugare ancora nella borsa per trovare la tessera. Si accorse subito che qualcosa non andava. Dov’era il via vai di gente di metà mattinata? E gli studenti universitari? In una metropolitana c’era sempre caos ma quel giorno era deserta. Completamente deserta.
Un cigolio sinistro le fece rizzare i capelli. Chiara si fermò nel bel mezzo del corridoio in cerca di ciò che aveva prodotto quel suono. Non era una di quelle ragazze che si spaventano per nulla, al contrario reggeva piuttosto bene la paura; in quel momento però le sembrava la protagonista di un film dell’orrore.
Un tonfo sordo la fece sobbalzare. Si girò nella direzione del suono e rimase pietrificata. Una figura vestita di nero che impugnava una pistola inseguiva un ragazzo dalla cui schiena spuntavano due ali bianche.
<< Che caz… >> provò a dire ma il giovane gridò << Corri! >>
Chiara rimase immobile, gli occhi sgranati. << Ho detto corri! Sei sorda per caso!? >> continuò quello.
La figura in nero si piazzò al casello opposto e sparò un paio di colpi contro il ragazzo. Quest’ultimo aveva scavalcato la linea delle macchinette e stava andando verso Chiara che non capiva assolutamente niente di quella situazione assurda. Il giovane le passò accanto e la prese per un polso << Vieni, forza! >>
La quindicenne si riscosse e incominciò una corsa sfrenata attraverso il corridoio; condusse quel giovane nella zona in cui partivano i treni nella direzione della propria casa. L’uomo in nero stava loro alle calcagna e non aveva perso tempo, nella pistola aveva già inserito un nuovo caricatore. Chiara si fermò a ridosso della linea gialla, sul fondo della galleria s’intravedevano i fari abbaglianti della metro.
La figura fu subito dietro di loro. Emise un ghigno lugubre e puntò la pistola contro il ragazzo. Appena sentì lo sparo Chiara chiuse gli occhi e strillò.
Quando li riaprì si ritrovò abbracciata tra due magnifiche ali arboree. La metro fischiò il suo arrivo alla fermata. La quindicenne fu catapultata dentro e le porte scorrevoli si richiusero poco dopo. La figura in nero scaricò il caricatore contro il vagone, invano. Chiara si accorse d’essere sul pavimento lurido del treno e si alzò di scatto.
A terra c’era ancora il ragazzo. Avrà avuto all’incirca l’età di Chiara, portava i capelli castano scuro leggermente lunghi con un ciuffo ribelle che gli ricadeva sugli occhi, il viso impreziosito da due perle al posto degli occhi, così grigi che parevano nuvole; indossava una maglietta bianca con un leggero scollo a V e dei jeans blu. La parte che però aveva attirato di più l’attenzione di Chiara erano le sue ali: scomposte contro i sedili, le piume bianche sparse un po’ dappertutto nel vagone. La quindicenne non si lasciò impressionare, aveva appena rischiato di morire e l’unica emozione che riusciva a provare era terrore.
<< Ma tu che diavolo sei!? >> sbraitò.
Il giovane sorrise, un sorriso incorniciato da due belle labbra rosee << Un “ciao, grazie” no, eh? >>

*** ANGOLINO DELL'AUTRICE
Salve a tutti popoli di Efp!
Questo è il primo capitolo della mia nuova storia, "Upward" che, chiariamo, in inglese significa "in alto, in su".
Detto ciò volevo avvertirvi. Mi farebbe piacere avere delle recensioni, non per qualche motivo assurdo, solo mi sto dedicando a più ff contemporaneamente. Perciò non m'importa se riceverò 200 visualizzazioni, mi basta anche solo una recensione, anche un "Bella, aggiorna" perché se no io mi fermo qui. Devo capire se questa neonata storia avrà un futuro, se qualcuno se la filerà mai.
Quindi, ripeto, mi basta anche solo una recensione, anche negativa ovvio, altrimenti la finisco qui.
Se davvero vi ho incuriositi, se volete sapere come andrà avanti, o semplicemente che cosa diavolo ci fa un angelo in metro, lasciate un commento.
Detto questo mi dileguo :[)

Water_wolf

  
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