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Autore: Ireth    22/06/2003    0 recensioni
Legolas e Sarah, un elfo e una ragazza umana... La storia di un amore talmente intenso da sfidare il destino scritto dai Valar... Aspetto commenti!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Legolas, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2: Incontro notturno

I giorni continuavano a trascinarsi più lenti che mai, come se l’inverno imperversasse tremendo nel suo cuore, anche se in realtà la primavera era alle porte.
Sarah era sempre più irrequieta, come se qualcosa di tremendo stesse per abbattersi su di lei e la sua coscienza potesse prevederlo; Martina non faceva altro che dirle che aveva i nervi a fior di pelle e Sarah non faceva altro che litigare con chiunque le capitasse sotto tiro. I suoi genitori erano totalmente assenti, come sempre del resto, ma in fin dei conti non era poi un gran male, almeno in casa era sempre sola e stava tranquilla.
Erano buoni i suoi genitori, e a modo loro le volevano bene, ma erano sempre fuori città, sempre al lavoro, sempre lontani da lei e dai suoi problemi; forse anche per questo Sarah era così chiusa e sfuggente con tutti.

A casa non faceva altro che piangere per lo sfacelo della sua vita, soprattutto di sera, e dormiva male di notte.. Sempre osservata da una creatura leggiadra e silenziosa, dai lunghi capelli biondi e dal passo leggero, che ormai trascorreva praticamente tutte le notti in quella camera. A volte sospirando sommessamente, a volte canticchiando, a volte stando in silenzio; sempre seduto accanto a lei, fissandola teneramente oppure in modo sconsolato e meditabondo, capitava che chiudesse gli occhi e si abbandonasse a chissà quali pensieri lontani.

Quella notte prese tra le sue la mano di Sarah, vi appoggio il capo e rimase così per lunghe ore, immobile, come una statua di ghiaccio, quasi senza respirare.
Quando si scostò e si alzò per sparire non si accorse che tra le dita sottili di lei era rimasto impigliato un lungo capello biondo, finissimo ma luccicante.

Sarah si svegliò più disgustata che mai dalla prospettiva di quella nuova giornata, la finestra lasciava intravedere un cielo espressivo quanto un blocco di ghisa e, come se non bastasse, un orribile ragno doveva aver passato la notte sulla sua mano, lasciandole come ricordo una disgustosa ragnatela. No… Forse era un capello, molto chiaro, e anche molto lungo. Mentre indugiava tra le coperte pensò a chi poteva appartenere.
Nessuna tra le sue odiose compagne aveva capelli così belli e anche Martina, sebbene cambiasse taglio, colore e pettinatura almeno venti volte l’anno, capelli così lunghi e così chiari non gli aveva mai avuti.
Perché non lo gettò via? A volte nelle nostre azioni il nostro destino è già scritto, anche se noi non ce ne rendiamo conto.
Con delicatezza il capello fu districato e riposto in un cassetto del suo comodino, poi Sarah affrontò quella nuova giornata.

Per un paio di volte, durante il giorno, il suo pensiero volò a quello strano capello, era perplessa, credeva di essere completamente impazzita, prima di dormire gli lanciò una rapida occhiata, poi cercò di non pensarci e si addormentò.
Se fosse rimasta sveglia avrebbe visto una figura snella e silenziosa appollaiarsi sul bordo del suo letto e guardarla con due occhi incredibilmente azzurri. Una figura luminosa, quasi evanescente, una cascata di capelli dorati, pelle diafana e due orecchie a punta.

Di notte Sarah dormiva sempre peggio, come se il sonno invece di rigenerarla le risucchiasse tutte le sue energie… eppure per tutto il giorno anelava la notte, ai sogni meravigliosi che tanto la prostravano.
E poi c’era quel capello… Non aveva il coraggio di gettarlo e non capiva il perché; ciò la irritava terribilmente perché detestava non capire a fondo le cose.
Si chiedeva spesso da dove provenisse quel filo setoso e dorato, di sera lo osservava; il colore era uniforme, non sembrava tinto, ma di persone dai capelli così incredibilmente chiari non esistono molte e in ogni caso lei non ne conosceva.
Di notte, la creatura eterea e misteriosa continuava ad osservarla sospirando e carezzandole una mano, finché…

L’elfo, perché di un elfo si trattava, comparve come sempre a notte fonda; Sarah era rannicchiata sotto le coperte con gli occhi chiusi, sembrava dormire, il suo volto era illuminato dalla pallida luce della luna piena. In realtà quella notte non dormiva, era capace di rimanere per ore immobile a riflettere , con gli occhi chiusi, come addormentata.
Talmente immobile da ingannare un elfo…
La creatura era silenziosa, i suoi passi leggeri come piume e Sarah non lo sentì avvicinarsi e sedersi a terra, accanto al suo letto, finché lui non le prese la mano.
Terrorizzata rimase immobile, con gli occhi chiusi, per un attimo immaginò un maniaco o un ladro che volesse farle del male, ma si rese immediatamente conto che in quella stretta e in quelle carezze non potevano che esserci affetto e un’immensa dolcezza.
Chi era che le carezzava la mano infondendole un così tale calore? Temeva che se avesse aperto gli occhi tutto sarebbe svanito come un miraggio, un illusione, un sogno… Forse ciò che stava accadendo era solo un sogno o una sua fantasia?
Chiunque le stesse tenendo la mano emanava un profumo fresco, dolcissimo, di fiori, di aria, di acqua, di natura. Decise. Aprì di scatto gli occhi e per qualche breve secondo lei e la creatura si fissarono. Occhi azzurri come il mare, capelli biondi, di un colore talmente bello e puro da sembrare quasi innaturale, pelle chiara, che sembrava quasi sprigionare luce, un arco e una faretra con delle frecce appesa sulle spalle, un personaggio da favola… Orecchie a punta! Sarah, scioccata, si rizzò a sedere improvvisamente, la creatura indietreggiò con passo malfermo ed incerto, poi scomparve rapidamente e silenziosamente. La creatura… un elfo!
Sarah accese una candela che teneva sempre sul comodino e si prese la testa tra le mani. Che diavolo le stava succedendo? No! No! Non era pazza! Lei l’aveva visto!
Ne era sicura…Così come era sicura dei battiti del suo cuore!
No…Non aveva sognato!
Non stava dormendo.. Non poteva, non doveva essere un sogno!
Si coprì il viso con le mani… quel profumo! La sua mano, quella accarezzata dalla creatura, emanava quel profumo dolcissimo, mai sentito prima.
In quel momento fu sicura, non aveva sognato.

Rimase sveglia per tutta la notte a fissare il vuoto, mentre la candela accanto a ei si consumava lentamente, come i minuti che scorrevano placidi.
Mille domande senza risposta affollavano la sua mente. Quell’elfo… Così bello, di una bellezza eterea, irreale, come poteva essere vero?
Come potevano i suoi sogni essere così concreti?
Ecco a chi apparteneva quel lungo capello dorato…
Per quante notti l’aveva osservata, accarezzata?
Per quante notti lei non se n’era accorta?
Sarebbe mai tornato da lei quello splendido elfo?
Perché le faceva visita di notte? Da dove veniva?

Quel mattino entrò in classe stravolta.
“Sarah, cosa ti è successo?”
Come poteva spiegare a Martina tutto quello che le era capitato?
Non poteva, semplicemente; e non lo fece.

Per diverse notti vegliò piangendo, fingendo di dormire, aspettando e sperando di veder riapparire il suo elfo.
Perché non ritornava?
Mille volte maledetta se stessa!
Perché quella notte non aveva continuato a fingere di dormire?
Perché aveva interrotto quella magia? Ora non sarebbe più ritornato… Avrebbe preferito morire piuttosto che continuare a stare così male.

Una notte poi, finalmente, si sentì prendere per mano e, senza aprire gli occhi, seppe che lui era li. Per ore intere le sue dita affusolate la accarezzarono e dalle sue labbra uscì, come un sussurro, un debole lamento melodioso, una canzone elfica.
Sarah non conosceva tale lingua abbastanza bene da comprenderne il senso, ma poteva afferrare il significato di alcune parole. Parole dolci, vellutate e soavi, parole tristi e liete al tempo stesso.
Sarah credeva di impazzire, davvero temeva di essere diventata matta, che diavolo stava succedendo ogni notte nella sua camera? Dopo tanto tempo, sentiva qualcuno davvero vicino, ma non poteva nemmeno guardarlo, per paura che egli scomparisse.
Cosa doveva fare? Come poteva evitare che fuggisse?

Trascorse lunghe notti fingendosi addormentata, con l’elfo accanto, cullandosi tra sentimenti di gioia e paura, tranquillità e angoscia; innamorata di quella magica presenza ma allo stesso tempo terrorizzata che essa potesse svanire.
Doveva fare qualcosa, non poteva continuare a fingere passivamente; se l’elfo avesse smesso di farle visita improvvisamente, non avrebbe mai potuto perdonare a se stessa di non aver fatto nulla, di non averci nemmeno provato. Doveva rischiare, se avesse continuato ad aspettare poteva diventare troppo tardi.

Una notte, mentre la fronte fresca dell’elfo era appoggiato alla sua mano, Sarah mormorò sommessamente:
“Aglareb ùn, avo avv bado!” (splendida creatura, non te ne andare!)
Lo sentì irrigidirsi e scostarsi dalla sua mano, aprì gli occhi. Sembrava ancora più bello e splendente di quando l’aveva visto per la prima volta; così bello da far quasi paura.
Sarah lo guardò negli occhi, poi parlò ancora:
“Dortho go.” (Resta insieme a me.)
Non riusciva a trovare le parole in elfico giuste, voleva mordersi le mani dalla rabbia, parlò nella propria lingua.
“Chi sei?”
Lui la guardava con un’espressione indecifrabile dipinta sul bel viso eburneo. Sembrava rassegnato del fatto di essere ormai stato scoperto, ma anche divertito dalla difficoltà con cui Sarah cercava di esprimersi in Sindarin.
Poi le rispose e parlò nella lingua di Sarah.
“Non riconosci il mio volto Sarah? Eppure per lunghe ore ti sei cullata in letture che narrano anche della mia persona”

Sarah non rispose. La voce di quella creatura racchiudeva qualcosa di magico, era profonda, ma fresca e soave, melodiosa, pareva un canto della natura.
“Davvero fatichi a comprendere chi sono? Guarda il mio volto, guarda i miei occhi.
Cerca nel tuo cuore e nella tua anima la risposta alla mia domanda, essa è già racchiusa dentro di te, solo non riesci a vederla. Spesso voi uomini desiderate ardentemente conoscere cose di cui già avete conoscenza, non sapete comprendere il linguaggio del cuore, questo vi frena.

Sarah lo guardò intensamente in quegli occhi azzurri… Quegli occhi magnetici, quei capelli così chiari, quell’arco e quelle frecce… Poi capi.
I suoi occhi si riempirono di lacrime di gioia e incredulità, l’elfo sorrise mentre lei mormorava sommessamente:
“Legolas…”
  
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