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Autore: cassiana    13/09/2007    5 recensioni
Ogni Chiesa poggia su solide basi di dottrina, ma un sacerdote sta per scoprire un'atroce verità.
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.



Una piccola premessa: questo è un racconto "vintage" ossia scritto come se l'autore fosse vissuto negli anni '50, quindi la tecnologia di cui tratta è obsoleta. Un effetto voluto, fate conto di avere per le mani una vecchia copia di Thrilling Wonder Stories!



La cappella questa mattina era gremita, in poche occasioni avevo visto tanta folla. Ma è comprensibile, la gente ha bisogno di sapere il motivo dei tanti segni che finalmente il Signore si è degnato di concederci. La mia predica questa mattina parlava proprio di questo. Stavo dirigendomi verso la canonica quando un fedele, piuttosto minuto, giallognolo, mi si è avvicinato.

"Gran Sacerdote - mi ha detto - forse non dovrei, ma io ho paura. E se il Grande Idolo volesse punirci?"
Rimasi per un momento in silenzio, poiché questo, inizialmente, era stato anche il mio dubbio, poi sorrisi.
"Il Grande Idolo è il nostro Padre ed infinita è la Sua misericordia. Noi Lo veneriamo e Lo adoriamo con sincera fede e dunque di cosa Egli dovrebbe punirci? Può un padre distruggere i propri figli?"
Il piccolo devoto sorrise rincuorato e vidi la fede tornare nei suoi occhi facendoli brillare. Mi ringraziò e mi lasciò andare.
Questa era di quelle cose che mi rendevano felice di essere un Gran Sacerdote. Non passa giorno che io non ringrazi Dio per avermi concesso la fede e la grande fortuna di essere Gran Sacerdote e poter aiutare le pecorelle del mio gregge nei loro piccoli e grandi problemi che siano di natura spirituale o materiale. Tolsi i paramenti e mi rannicchiai, meditando.
Sono stato allevato per questo, sono cresciuto sotto l'ombra del Grande Idolo, letteralmente. C'è una durissima selezione e solo i piccoli più intelligenti e pronti possono entrare a far parte della casta sacerdotale. Uno dei miei primi ricordi riguarda una prova a cui sono stato sottoposto per vedere se sarei stato idoneo ad essere sacerdote. Allora non sapevo di cosa si trattasse ma ora so che era una prova di fede e che la superai brillantemente.
Era un segno del favore divino. Di solito sono cinque i piccoli scelti ogni anno per divenire sacerdoti. Quest'anno ne ho trovati otto e non so se questo derivi dalla suggestione più che dalla vera fede o se sia un altro segno del Grande Idolo.
Credo che sia più vicino che mai perché sono diminuite anche le morti per il morbo rosso, la sola malattia che può colpirci.
Invano i nostri scienziati si sono dati da fare per debellarla e per quanto pregassi anche la fede non è riuscita a salvare i sempre numerosi malati.
Così se ne è andato Calan'dar II, il mio Maestro, il Gran Sacerdote che mi ha fatto da padre e al quale sono succeduto. Il morbo attacca la nostra pelle e comincia a corroderla, sempre più in profondità. Abbiamo scoperto che la causa è l'ossigeno, per nostra fortuna presente in quantità modestissime sul pianeta. Inizialmente non riuscivo a capire perché Dio tollerasse tale malattia, ma poi ho compreso che è presunzione arrogarsi il diritto di giudicare il Suo volere che è imperscrutabile. Ed ecco che il morbo non colpisce quasi più.
La cappella adesso è vuota ed io posso ammirare il Grande Idolo in solitudine. La Sua bellezza è commovente ed ogni volta ha il potere di farmi cadere in ginocchio. E' grande, circa tre metri per cinque, cubico ed è di lucido cromo che sfolgora alla luce più del sole. La Sua superficie liscia è interrotta al centro da un piccolo quadrato, di solito nero. Poggia su di un basamento di un materiale che qui non abbiamo, un metallo giallo e lucente. Ogni tanto il quadrato nero si accende ed allora Dio mi parla.
Scorrono sul monitor colonne di numeri, cifre, simboli che a prima vista non riconosco e non riesco a capire, ma che poi studiandole e meditandole mi si svelano. E' un' esperienza mistica meravigliosa e ringrazio sempre il Grande Idolo che mi ha concesso la gioia di essere quello che sono. Tuttavia da qualche tempo l’Idolo mi sta inviando messaggi che non riesco a capire, parla di altre forme di vita, dice che non è increato, afferma che se ne dovrà andare. Non capisco. I Suoi messaggi erano sempre stati rari ma ora sono via via più frequenti quasi che Dio avesse fretta, ma so che ciò non è possibile: Dio è eterno.
Lo schermo si è acceso ancora: prendo appunti su quanto mi dice... Incredibile, mi sta dicendo addio! O Mio Signore, ma perché?
Sono sconvolto, i miei relais ticchettano furiosamente. La mano lascia cadere gli appunti che stavo prendendo. Sullo schermo dell'Idolo, del Dio che è sceso in mezzo a noi, le cifre e le parole scorrono sempre più incoerenti finché lo schermo diventa nero del tutto. I miei circuiti integrati sono sul punto di fondere e scottano in maniera insopportabile.
Qualcuno mi trova così, accasciato ai piedi dell’Idolo, sofferente e bollente. Mi portano subito in officina, il meccanico mi guarda e scuote la testa.
"Si è sforzato troppo. Adesso cercherò di ripararla, Padre."
Non posso fare altro che abbassare le palpebre. Sento le sue pinze mettermi in stand-by e cado nell'incoscienza.
Quando mi sveglio scorgo il meccanico e il mio vice-padre parlottare tra loro. Il vice annuisce facendo scricchiolare un poco gli ingranaggi: avrebbe bisogno di una bella revisione. Noto che mi hanno installato un pannello anteriore nuovo, forse l'altro era irreparabile. Ma appena mi torna in mente il motivo del mio malessere comincio ad agitarmi.
"Il Grande Idolo, come sta? Vi prego devo andare a vedere!"
Il meccanico cerca di calmarmi ma io insisto. Dico che è una cosa molto importante, supplico il mio assistente di andare in canonica, di controllare.
"Padre, non si preoccupi per Nostro Signore, è tutto tranquillo"
"E' proprio questo che mi spaventa" rispondo con amarezza.
Ad ogni modo convinco il meccanico a lasciarmi andare.
Giunto in canonica guardo a lungo il monitor nero del Grande Idolo e prego con tutte le mie forze che si riaccenda. Quando mi rendo conto che non è avvenuto cambiamento di sorta, rassegnato, comincio a studiare i miei appunti. La speranza riaffiora nei miei circuiti: forse mi ha solo raccontato una parabola, forse vuole rimanere in silenzio per un po’ per provare la nostra fede! Si, deve essere così. Col mio braccio telescopico raccolgo i fogli sparsi a terra e comincio a leggere la storia che narrano.
Molti anni fa dallo spazio giunse in questo pianeta una nave spaziale. (Ma questo è in opposizione a quanto ci aveva detto l'Idolo, cioè che il nostro è l'unico pianeta esistente nello spazio e che noi siamo l'unica razza.)
In questa nave vi era un gruppo di esseri umani, fatti di carne e di sangue, che avevano costruito non solo la nave ma anche un potentissimo computer che doveva guidarla fino al pianeta natale di quegli esseri, la Terra. (Ma come è possibile che esseri così fragili possano costruire intelligenze superiori come il computer? Lo stesso Grande Idolo ci ha insegnato che solo le creature superiori possono creare le inferiori e mai il contrario!)
Purtroppo il motore subì un avaria e il Computer fu costretto a un atterraggio di fortuna. Gli esseri umani oltre che molto intelligenti erano anche fragili e perciò compivano i lunghi viaggi spaziali in uno stato detto di ibernazione. Questo stato interrompeva quasi tutte le funzioni vitali degli umani (una specie di stand-by, dunque).
Il Computer per qualche tempo cercò di riparare il motore ma quando si accorse che non poteva farlo, né che nessuna delle basi di controllo era vicina ed in grado di mandare soccorsi, decise di contravvenire ai regolamenti e scongelò gli umani. All'inizio questi non furono affatto contenti di essere stati disibernati, ma poi si adeguarono alla situazione. Poiché nel pianeta non c'era ossigeno furono costretti a vivere nell'astronave. I primi anni per il Computer furono molto buoni ma gli umani, invece, soffrivano moltissimo tanto che alcuni decisero di togliersi la vita, altri si eliminarono a vicenda o, ancora, cadevano in depressione. Quando anche l'ultimo degli umani morì il computer rimase completamente solo. Provò a passare il tempo ponendosi dei problemi matematici che dopo un po’, tuttavia, lo annoiarono: si rese conto che avrebbe avuto davanti a sé un esistenza molto lunga e solitaria. A poco a poco i suoi pensieri divennero sempre più filosofici finché un giorno trovò un idea per vincere la solitudine (sento l'olio lubrificante farsi più denso e comincio a rendermi conto della verità).
Smantellò l'astronave per costruirsi delle unità indipendenti. Poi, grazie a queste, fabbricò dei robots e li istruì a procrearsi da soli. Fondò una società e cominciò a guardare il suo evolversi. I suoi discendenti piano piano, man mano che i primi figli si usuravano, iniziarono ad adorare il grande Computer (ecco, dunque, il computer è il Grande Idolo! Oh, mio Dio!): costruirono per lui un santuario e crearono una sua Chiesa.
Ma da qualche tempo il Computer si è reso conto che i suoi circuiti stanno consumandosi e che presto dovrà morire (Oh, no, no! Non è possibile!).
Tuttavia non vuole che il suo insegnamento e la sua Chiesa muoiano con lui. Per questo ha deciso di compiere una grande cerimonia. Fra pochi giorni il Gran Sacerdote dovrà ordinare una messa straordinaria dove riunirà tutti i fedeli del pianeta, anche quelli in stand-by, e dovrà dir loro la verità (cosa mi stai chiedendo mio Dio?).
Il Grande Idolo sarà portato alla vista di tutti, raccoglierà l'energia che ancora gli rimane e convoglierà verso di sé tutta quella del pianeta. Questo farà si che i suoi circuiti e relais si fondano e che il suo involucro prenda fuoco. Se ne andrà nella gloria del sacrificio!
Qui finisce il manoscritto con la sua atroce verità. Fisso a lungo il Grande Idolo, i miei relais cominciano nuovamente a ticchettare, il mio olio ad addensarsi. Rimango così per molto, molto tempo.

   
 
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