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Autore: Fairy_tale    27/02/2013    3 recensioni
Partecipa al contest "Datemi un sogno in cui vivere, perchè la realtà mi sta uccidendo" di Edelvais Verdefoglia.
"...Così, inconsciamente, hai cercato un modo per fuggire dalla crudele realtà della vita vera, rifugiandoti in un mondo tutto tuo, in cui tutti i giorni potessi sentirti felice, in cui ogni ragazza avesse il diritto di poter stare con la persona amata, indipendentemente dalle regole dettate dall’assurda rigidità della tradizione antica.
Quindi, forse anche senza rendertene conto, hai iniziato a sognare."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Titolo: La mia unica realtà, la mia sola fantasia.
Autore:
Fairy_tale ( su EFP ), StellaCadente.EFP ( sul Forum ).

Pairing: Artù/Gwen.
Genere: Romantico, Introspettivo.

Rating: Giallo

Avvertimenti: Nessuno.

Note dell'Autrice: Ho cercato di immaginare quali potessero essere i pensieri di Gwen tra la seconda e la terza serie, poco tempo dopo l'episodio 2x03 e immediatamente prima del 3x10; dopo il bacio di Artù e prima di diventare effettivamente Regina.

Introduzione: Così, inconsciamente, hai cercato un modo per fuggire dalla crudele realtà della vita vera, rifugiandoti in un mondo tutto tuo, in cui tutti i giorni potessi sentirti felice, in cui ogni ragazza avesse il diritto di poter stare con la persona amata, indipendentemente dalle regole dettate dall’assurda rigidità della tradizione antica.
Quindi, forse anche senza rendertene conto, hai iniziato a sognare.

 

LA MIA UNICA REALTA’,

LA MIA SOLA FANTASIA

 

 

 

Silenzio e freddo.

 

Improvvisamente, un leggero tepore, dovuto ai timidi raggi del primo sole che ti colpiscono casualmente il viso.
È l’alba, l’inizio di un nuovo giorno.
E, per un’umile serva, è anche il momento di iniziare a lavorare.
Sai che sei già in ritardo, ma oggi non ti importa.
Hai bisogno di un altro po’ di tempo, prima di tornare alla vita frenetica di tutti i giorni.
Spazzare, lucidare e ancora spazzare.
Lascia che aspettino loro questa mattina, Morgana capirà.
Lentamente, cerchi di riacquistare la mobilità dei tuoi arti, intorpiditi dalla statica immobilità del sonno.
Prima le gambe, partendo dalle punte dei piedi e arrivando fino al ginocchio, poi le braccia, iniziando dalle dita delle mani che continuano a formicolare.

 

È una bella sensazione questa.

Ti è sempre piaciuta.

 

È come tornare a vivere dopo un lungo sonno, dopo un letargo durato secoli.
Continui a muoverti, anche per cercare di stimolare quel calore di cui hai bisogno e che la piccola coperta che hai a disposizione non è riuscita a darti, spostando lentamente le gambe e raccogliendole all’altezza del petto, sfiorando le ginocchia con il labbro inferiore, leggermente dischiuso.
Contemporaneamente, le braccia si uniscono, attorcigliandosi intorno al tuo corpo rannicchiato e si stringono, abbracciandoti come in una morsa salda ma allo stesso tempo delicata.
È una cosa che hai sempre fatto, questa.
Forse anche inconsciamente, ma che non riesci proprio ad evitare.
Ti serve per darti quel coraggio e quella forza che ti servono per affrontare ogni giorno senza crollare, dopo l’ennesimo insulto, dopo l’ennesima umiliazione.
Qualche tempo fa, c’era tuo padre per questo.
Ma adesso non più.

 

Sei sola.

 

Decidi di fare una scommessa con te stessa; scommetti che riuscirai ad aprire gli occhi, nonostante tutto il sonno e la stanchezza che ti porti dietro da così tanto tempo, che ormai ne hai quasi perso il ricordo.
Stringi forte le palpebre, come a voler assaporare questi ultimi secondi di buio, e inizi a contare nella tua mente.

 

Uno. Due. Tre.

 

Spalanchi velocemente gli occhi, per poi pentirtene un secondo dopo, quando la luce del sole, pur non ancora così forte, ti colpisce in pieno viso, costringendoti a richiuderli immediatamente.
Aspetti ancora qualche secondo, e poi li riapri; così piena di quell’infantile fierezza data dalla consapevolezza di essere riusciti a vincere una scommessa – anche se con sé stessi.
Inizi a guardarti attorno, ancora troppo addormentata per alzarti in piedi, e stringi la coperta al petto per riuscire a ricavare più calore possibile.
Prima i muri della tua piccola casetta, che ancora risentono delle fitte piogge della stagione appena trascorsa; poi la porta che scricchiola, ma che non trovi mai il tempo – o la voglia – di sistemare; i piccoli piatti di metallo disposti ordinatamente nella credenza, ed infine il tavolo traballante ancora una volta ricoperto da un leggero strato di polvere, nonostante tutti i tuoi sforzi per eliminarla.
Sbuffi sonoramente sapendo che, una volta tornata dal castello, dovrai provvedere anche alla tua piccola ma accogliente casetta, che trascuri forse da troppo tempo.

 

Sempre lavorare, lavorare, lavorare.

 

A volte, credi davvero di non farcela.
Eppure sei una serva, sei nata per questo.
Non c’è un destino diverso per quelle come te, lo sai bene. Troppo bene, forse.
Quando eri più piccola, quando eri solo una bambina spensierata, ti divertivi spesso a provare ad indovinare come saresti stata, da grande. Lo fanno tutti, no?
Immaginavi di vivere in un castello, con un principe al tuo fianco che ti salvasse dalle creature malvagie e ti portasse con sé, con il classico finale tipico delle tante fiabe che la tua mamma raccontava a te e a tuo fratello nelle notti tempestose, quando il vento ululava tanto forte che sembrava volesse buttar giù la casa e la pioggia scrosciava così violentemente da penetrarne anche il tetto non abbastanza spesso.
Ma crescendo, ti sei scontrata inevitabilmente con la durezza e la meschinità di questo mondo e hai capito che il lieto fine non esiste; o almeno non per le persone di umili origini come te, che non vantano antenati illustri nella propria famiglia né possiedono nomi importanti.

 

Alla fine, hai capito che la realtà è molto diversa dalla fantasia.

 

Almeno in quella, potresti essere felice, libera di esprimere le tue emozioni e soprattutto libera di amare ed essere amata a pieno, senza la costante preoccupazione che ti accompagna.
Perché se il Re venisse a sapere che tu e il principe siete innamorati, ti farebbe uccidere all’istante o, nella migliore delle ipotesi, ti bandirebbe per sempre dal regno, costringendoti ad abbandonare la tua casa, i tuoi amici, la vita che fino ad ora hai conosciuto, e soprattutto ad abbandonare l’unico uomo che tu abbia mai amato; e condannandoti indirettamente ad una lenta e dolorosa agonia.
Eppure, pensandoci, non puoi fare a meno di sorridere.

 

Innamorati.

Tu e lui.

La serva e il principe.

Ginevra e Artù.

 

Ecco, sta succedendo anche adesso. La tua bocca che si arriccia leggermente verso l’alto, anche solo al pensiero di voi due insieme.
Il ricordo del periodo in cui lui si è stabilito proprio a casa tua, nella tua piccola casetta, durante il torneo; il bacio che ti ha dato, l’emozione e la confusione che hai provato di lì in poi.
Il momento in cui hai capito di essere innamorata, e la gioia di scoprire che eri ricambiata con lo stesso ardore - se non più grande.
Eppure, nonostante i sentimenti che provate l’uno per l’altra, sono molto pochi i momenti e le emozioni che riuscite a condividere, pur passando entrambi gran parte del tempo al castello.
Perché lui è pur sempre il principe, e tu solo un’insignificante serva.
Così, inconsciamente, hai cercato un modo per fuggire dalla crudele realtà della vita vera, rifugiandoti in un mondo tutto tuo, in cui tutti i giorni potessi sentirti felice, in cui ogni ragazza avesse il diritto di poter stare con la persona amata, indipendentemente dalle regole dettate dall’assurda rigidità della tradizione antica.

 

Quindi, forse anche senza rendertene conto, hai iniziato a sognare.

 

All’inizio erano i soliti sogni tipici di una ragazza romantica come sei sempre stata; poi, dopo la prima volta in cui le sue labbra hanno sfiorato le tue, hai iniziato a sognare che la cosa si ripetesse ancora e ancora e ancora, con scenari e situazioni sempre diversi.
Ma ultimamente, da un po’ di giorni a questa parte, ti sei trovata a fare spesso un unico sogno, sempre uguale.

 

Inizialmente, ti senti confusa, stranita, non riconosci il luogo in cui ti trovi.
Tutto intorno a te è bianco, di un candore tale che sei costretta a chiudere gli occhi.
Non percepisci alcuna sensazione, è come se tu fossi sospesa in un limbo tra la realtà e la fantasia: non un rumore, non un odore che ti possa ricondurre ad un ricordo, ad un luogo conosciuto.
E ti senti smarrita, impaurita, anche se non sai bene a causa di che cosa.
Poi, inspiegabilmente, senti quasi una leggera pressione e un rassicurante tepore proprio sopra la tua mano, come se qualcuno la stesse stringendo amorevolmente.
Nel frattempo, tutto intorno a te inizia a farsi più nitido e, piano piano, riesci a distinguere ogni elemento del paesaggio che ti circonda.
Prima l’odore dell’erba frasca, poi il canto armonioso degli uccelli, gli alberi, il ruscello.
Infine, ti concentri sui dettagli, e noti che sei distesa su un telo ricamato finemente, forse uno dei più belli che tu abbia mai visto, e anche tu indossi un vestito meraviglioso, assolutamente degno della più nobile delle principesse.
Il leggero tocco sulla tua mano si fa più intenso e, adesso, puoi giurare che quel tocco si sia trasformato in una stretta, salda e sicura, che ti accarezza dolcemente il dorso della mano, mentre un’altra si poggia amorevolmente sulla tua guancia.
Piano piano, riesci infine anche a risalire all’identità della persona alla quale appartengono le mani che ti sfiorano così dolcemente e, come ti aspettavi, sono proprio quelle di Artù.
Improvvisamente, lui si alza di scatto e tu non puoi fare a meno di preoccuparti per quel repentino ed immotivato cambiamento nella sua espressione.
Ti sollevi velocemente, e ti accosti piano a lui, girato di spalle, temendo di aver fatto qualcosa di inopportuno e di aver rovinato tutto quanto.
Poi, tanto velocemente quanto prima si era alzato, si gira verso di te e, con quel suo sorriso malizioso, si avvicina a grandi passi e ti prende il viso tra le mani, baciandoti delicatamente la fronte.
- Non riesco ancora a crederci.
- Credere a cosa?
Chiedi non del tutto rassicurata dal suo gesto.
- A me, a te, a noi. A tutto questo. Ho aspettato così tanto tempo.
E, dicendo così, ti coglie di sorpresa sollevandoti velocemente da terra e prendendoti in braccio, facendoti roteare in aria come quando eri una bambina.
Inizi a ridere, e lui ride con te.

Batti dei leggeri colpi sul suo petto, implorandolo di farti scendere mentre tenti di spaventarlo con qualche assurda minaccia.
Una volta con i piedi di nuovo per terra, iniziate a riprendere fiato mentre lui, non contento, ti ruba un bacio.
- Finalmente non dobbiamo più nasconderci, finalmente possiamo stare insieme come ogni altra coppia. Non ha più importanza chi sono io, o quali sono le tue origini, adesso non contano più nulla.
- Che vuoi dire?
Chiedi ansiosa, non riuscendo a seguire il filo del suo discorso.
- Voglio dire che adesso nessuno può più mettersi tra di noi, perché ora che tu sei mia moglie abbiamo ogni diritto di stare insieme. Non lo credi anche tu, signora Pendragon?
Signora Pendragon? Moglie di Artù? Non ricordi assolutamente niente del genere.
Ma, guardando la faccia meravigliosamente entusiasta di quello che sembra proprio essere tuo marito e notando di sfuggita la coppia di anelli che fascia così perfettamente le vostre dita, mentre ancora una volta le sue labbra incontrano le tue, non trovi proprio la forza di fare le domande che, a questo punto, sarebbero di dovere.
- Ti amo così tanto, Ginevra. Più di ogni altra cosa al mondo.
- Anche io Artù. Con tutto il mio cuore.

 

E, puntualmente, il tuo sogno finisce sempre così, quando hai il cuore così pieno di gioia che accorgerti di aver solo sognato è un dolore simile ad una coltellata.
La delusione è così cocente, che è come se tutto quello che hai vissuto nel sogno fosse stato già tuo e qualcuno te lo avesse portato via violentemente.

 

Eppure sembrava tutto così vivido, così reale.

 

Sbuffi ancora una volta, più sonoramente di prima e, prendendo un piccolo slancio, ti alzi velocemente dal letto, ancora troppo arrabbiata per poterci pensare più di tanto.
Ti vesti, ti pettini, ti prepari per una nuova giornata di faticoso e duro lavoro e inizi anche a sistemare qualcosa in giro, giusto per dare una parvenza d’ordine e di pulizia.
tai per uscire, quando senti dei leggeri colpi alla porta.
Ti avvicini scocciata, pensando ad uno dei soliti scherzi dei bambini della casa di fronte, che di solito ti fanno piacere, ma oggi capitano proprio in una giornata storta.
Invece, apri la porta e non trovi nessuno.
Poi, come colpita da un’intuizione, abbassi lo sguardo: un biglietto e una rosa.

 

Un’inequivocabile rosa rosso Pendragon.

 

Giri in fretta la testa, giusto in tempo per vedere un mantello fin troppo familiare voltare l’angolo; prendi la rosa e la porti in casa.
Sul tavolo, trovi il vaso in cui avevi amorevolmente conservato quella precedente, fino a quando, nonostante tutti i tuoi sforzi, era inevitabilmente appassita; la rimuovi dal contenitore e la appoggi delicatamente sul ripiano legnoso, non ancora del tutto intenzionata a gettarla via, e poni invece l’altra al suo posto.
Ti ritrovi ad ammirarla rapita per qualche minuto, mentre non puoi fare a meno che odorarne il dolce profumo.
Poi ti ricordi del biglietto, che tieni ancora stretto tra le mani come un tesoro prezioso e, cercando di non cedere all’emozione, lo apri e lo leggi lentamente, assaporando ciascuna lettera di ogni singola parola.

 

“All’ unica donna che può

dirsi veramente padrona

 del mio cuore e della mia anima.

 

Tuo per sempre

Artù.”

 

 

E, mentre esci di casa, non puoi fare a meno di sorridere pensando che, forse, non tutti i sogni sono destinati a rimanere tali.

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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