Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Emily Doe    15/09/2007    14 recensioni
I tempi di Hogwarts per i nostri eroi sono terminati, la guerra infuria ed un particolare incontro tra Hermione e qualcuno che non vedeva da molto, molto tempo, potrebbe cambiare le sorti di tutti. Perché nessuno ha mai capito... e non potrà mai esserci qualcosa di più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
 <<  
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo 13° “Niente di più difficile”

MATTINA, ORE 8:32

Un dolore ovattato alla testa la fece gemere sommessamente. Non era pienamente cosciente della situazione in cui si trovava né del suo corpo, eppure sapeva che nessuno avrebbe mai potuto udire quel gemito, frutto di un dolore apparentemente fisico che, tuttavia, sembrava quasi radicato in lei. Un senso di stordimento le pesava addosso e le opprimeva ogni pensiero, impedendole di formularne, almeno per quei primi minuti, qualcuno che effettivamente avesse senso compiuto. Nei primi istanti riusciva a pensare solamente alla neve.
Ed al freddo.
Era la neve ad esser fredda, ovvio, dopotutto fino a qualche istante prima sotto quella candida sostanza si era trovata, sotto ad un cielo puntellato da quegli strani fiocchi che a contatto con la pelle si scioglievano dopo una breve resistenza.
Eppure dopo quei primi istanti di smarrimento, lo sentiva ancora.
Era un freddo particolare, non pungente, ma doloroso. Qualcosa che hai dentro, che non proviene dall’esterno. Non era neve, decisamente.
Provò ad aprire piano gli occhi, ognuna delle due palpebre pareva pesare tonnellate e tremava notevolmente sotto quello che in quell’istante appariva uno sforzo incredibile.
Hermione Granger inspirò profondamente e finalmente riuscì a socchiuderle, muovendo lentamente le lunghe ciglia scure contro la visione appannata della realtà che i suoi occhi le permettevano. L’unica possibile, in quel momento, a dire il vero.
Si mosse appena e si scoprì stesa in un letto, avvolta in un considerevole numero di coperte. Coperte, comunque, del tutto incapaci di fornire una sufficiente barriera contro quel freddo che sentiva e che le sembrava di sentire da sempre, di aver sempre sentito. Era come se partisse direttamente da dentro, da qualche zona del suo corpo – o, molto più probabilmente, del suo animo – che sembrava essere irrimediabilmente collassata. E la cosa strana era che non percepiva quel gelido dolore come un qualcosa di nuovo. Le sembrava di conoscere non bene, ma perfettamente quella sensazione, come se esistesse – forse celata – in lei da parecchio tempo.
Perché quello che la stava lentamente distruggendo – lo sentiva, anche se non lo capiva – partiva proprio da quello che lei era.
Da ciò che era stata, da quello che aveva visto, dalle persone che aveva conosciuto.
Dalle persone che nel bene o nel male, volenti o nolenti, si sono affacciate nella mia vita...anche solo per qualche istante...
Un brivido più lungo, più intenso degli altri.
C’era qualcosa che non aveva colto appieno. C’era qualcosa che le era sfuggito.
O forse qualcuno.
Spostò lo sguardo confuso su tutto ciò che la circondava, in un gesto del tutto insensato, cercando un appiglio, un punto di appoggio o, meglio ancora, un punto di fuga. Sollevò una mano tremante, tentò invano di deglutire. Non poteva essere vero. Non poteva essere.
Non poteva.
Lo rifiutava. Infantilmente, si rifiutava di pensare. Di ricordare.
Come se questa sua futile presa di posizione avesse potuto avere il potere di cambiare qualcosa.
Quel caos.
Ignorò del tutto Ginny che le si avvicinava lentamente, gli occhi lucidi, con un giornale tra le mani. Non aveva bisogno di prove, di testimonianze di alcun tipo. Lei sapeva.
Scosse la testa, dapprima lievemente, poi sempre con maggior impeto; scostò con un gesto febbrile le lenzuola ed ebbe la singolare sensazione di aver abbandonato il proprio corpo. Non era fisicamente lì, ma non era in alcun altro luogo. Senza tregua, si aggirava nel vuoto.
Non poté neppure sorprendersi del fatto di come non avesse provato dolore fisico come conseguenza di quel dolore infinito che l’annientava dentro. Quella mancanza di sofferenza carnale le era sembrata, poco prima, un’ingiustizia, una mancanza di rispetto nei confronti di tutto ciò che la circondava.
Com’era possibile che dentro si sentisse morire e quel dannatissimo corpo non ne risentisse minimamente?

Could it be any harder?

La sua essenza, la sua stessa esistenza le era sfuggita, questa volta in maniera così violenta da risultare lacerante, si sentiva come sospesa in un nulla in cui, paradossalmente, tutto risultava attutito, mentre percepiva chiaramente l’urlo infinito di dolore e le lacrime bollenti che il suo corpo, da qualche parte, in qualche luogo che non riusciva assolutamente a ricordare e che probabilmente non avrebbe mai voluto riconoscere – non in quella situazione, scaraventava violentemente fuori di sé, nell’invano tentativo di allontanare ciò che purtroppo era.
Gridava. Impotente. Da qualche parte, il suo corpo gridava senza fine.
Un suono insopportabile.
Perché racchiudeva in sé quel dolore atroce, quella rabbia rovente e quel senso di perdita infinito che erano la naturale e dannata conseguenza di un addio prepotentemente imposto.
Al quale era arrivata impreparata.
Al quale, in ogni caso, non si sarebbe mai potuta preparare.

Could it be any harder?

*** *** ***

Ginny Weasley distolse lo sguardo dalla sua amica, la vista offuscata da un lieve velo di lacrime, mentre quella che era stata considerata la razionalissima Hermione Granger si teneva le mani premute contro il viso, scuotendo la testa come in preda ad un violento attacco di follia, gli occhi serrati a non voler vedere ciò che sarebbero stati per sempre costretti a vedere.
E quell’urlo disarmante, troppo chiaro in ciò che esprimeva per essere messo a tacere, quell’urlo violento ed atroce che le veniva da dentro, quell’urlo che probabilmente le stava portando via tutto, quell’urlo che era l’urlo di ogni sua singola cellula, quell’urlo disperato che invadeva tutto, non lasciava scampo neppure alla più piccola cosa e faceva tremare le ginocchia, rendeva deboli le gambe per l’infinita disperata ed inascoltata protesta che gridava contro il mondo intero e contro nessuno.
Si morse piano il labbro inferiore sentendosi mancare il respiro e poggiò sul tavolo lì accanto il giornale di quella mattina.
Tenne lo sguardo basso, percependo la presenza di Harry, poco distante, incrinata dal dolore della sua migliore amica.
Quel grido era ferita aperta nella carne.
E sarebbe stato per sempre un’indelebile cicatrice.
Si forzò a fissare quell’insieme ordinato di fogli di carta che aveva appena depositato.
La carta del giornale era giallastra, al tatto sarebbe risultata ruvida e porosa.



ATTACCO A SORPRESA IN UN PARCO DI LONDRA:
TRADIMENTO E RISCATTO

(A cura di Mirabella Sketch)

Questa notte i residenti del quartiere di Petersfield sono stati svegliati all’improvviso da un immenso e fragoroso boato, apparentemente proveniente dal parco della zona, in cui già da mesi andavano manifestandosi episodi sospetti.
A nulla è valsa la sorveglianza degli Auror, incrementata specie dopo un attacco ai danni di un loro collega e di una civile, tempo addietro: un nutrito gruppo di Mangiamorte è riuscito ad infiltrarsi nel fitto del boschetto, probabilmente attratti in una trappola – come sostengono gli esperti della scena del crimine che da quando hanno ricevuto notizia dell’avvenuto stanno portando avanti le proprie indagini – da quello che sembrerebbe essere stato uno di loro.
Un cognome purtroppo ben noto. Un ragazzo di vent’anni, con il marchio di Voi-Sapete-Chi sull’avambraccio destro, ha teso un attacco a sorpresa a quelli che erano stati suoi colleghi, sterminandoli e coinvolgendo perfino suo padre, evaso da Azkaban giusto un anno prima. Draco Malfoy, Mangiamorte sospettato di numerosi omicidi, è deceduto questa stessa notte nella potente esplosione da se stesso provocata, forse in cerca di un riscatto. Ha portato con sé il più forte e persistente nucleo di seguaci del Signore Oscuro, cosa sulla quale si basa il capo della Divisione Auror locale nel sostenere che i Mangiamorte debbano essere stati notevolmente indeboliti da questo avvenimento e che avranno bisogno di tempo per riorganizzarsi. Che questo inaspettato sacrificio potrebbe aver donato una nuova speranza all’esercito degli Auror, ora in grado di cogliere il nemico in un momento delicato, [...]
(Segue a pagina 17)





Ron era immobile contro la parete immacolata, chiuso in un rispettoso e sinceramente addolorato silenzio. Quell’urlo ormai sfiatato sarebbe stato per sempre la sua punizione, testimone ed indicatore di quella macchia nera nella sua coscienza. Nera perché non le aveva dato ascolto. Nera perché nella confusione e nel dolore dei suoi stessi sentimenti, non era riuscito a proteggerla.
La voce le mancava, tuttavia quel grido era ancora presente, vivo e fiammante in tutti loro.
Hermione Jane Granger tacque per una frazione di secondo. Scostò le mani dal viso e guardò davanti a sé un punto, un qualcosa, forse un pensiero, un ricordo o qualcuno che solamente lei sembrava poter vedere. Sconvolta.
Il ricongiungimento con il suo corpo – che credeva di aver ormai perduto - fu violento e doloroso. Questione di un istante, tremò visibilmente da capo a piedi, strinse una coperta tra le mani con violenza tale da sbiancare le nocche.
E l’ombra di un sorriso si fece strada sul suo volto.
Un sorriso distrutto dal dolore, deformato dal ricordo, dalla consapevolezza.
Rovesciò la testa all’indietro e sentì nuove lacrime correrle incandescenti, rapide ma non per questo meno dolorose, sulle sue gote, le sentì valicare l’osso della mandibola, ed avvertì quelle appena fuggite dai suoi occhi scivolare vicine alle tempie ed alle orecchie per la posizione che aveva assunto. Le sentì addirittura spiccare il salto nel vuoto. Quel salto che qualcun altro, quella stessa notte, senza tremare aveva spiccato.
In quel pianto soffocante cominciò a ridere, una risata flebile, disperata, acre e roca.
Batté più volte le palpebre, la visuale andava sfocando sempre di più, ma dentro di lei quel qualcosa che le era sempre sfuggito acquistava mano a mano una sempre maggior chiarezza.
Ed era disarmante.
Disarmante nella sua semplicità.
Perché era vero.
Non c’era nient’altro da dire, qualsiasi parola sarebbe stata un orpello: superficiale, fastidioso.
Era semplicemente così.
Negli occhi la confusione, nelle orecchie la propria patetica risata, nel cuore la chiarezza e nella mente quel ricordo che mai avrebbe perduto.
“Diamine...sei incredibile...” mormorò tra le lacrime, singhiozzi e singulti
Vide chiaramente i suoi occhi di tempesta, poté quasi sentirli su di sé e fu certa di percepirli nel profondo del suo animo.
Sei terribile...
“...avevi ragione tu.” scosse piano il capo, rassegnata, sul volto le lacrime e quel terribile sorriso di dolore “Non c’è niente di più difficile...”
Chiuse gli occhi e lo rivide: immagine talmente nitida da sembrare presente e reale, avvolto in quel mantello nero, con quei finissimi capelli biondi appena scompigliati dal vento.
Con quello sguardo dalle mille emozioni.
E quel mezzo sorriso sul viso.

Perché per due come noi non potrebbe esserci nulla di più duro. Nulla di più arduo.

Il viso di chi non trema.

Perché non c’è niente di più difficile.

Di chi non ha tremato.

It couldn’t be any harder

*** *** ***

QUELLA NOTTE, 03:16 AM

L’aria era fredda e limpida, un lieve soffio di vento notturno diffondeva la fresca fragranza di pini. L’atmosfera tersa e quasi pulita di quell’ora della notte gli era sempre risultata più che gradevole. Abbassò il braccio, rinfoderando – anche se solo per il momento – la bacchetta.
Osservò la ragazza che aveva appena Schiantato giacere tre metri più in là, sull’erba ma lontana dalla neve – non l’avrebbe mai abbandonata nel suo gelo, poiché sapeva quanto potesse essere terribile, nei momenti di sconforto. Lo aveva testato sulla propria carne ed era stata proprio lei, quella volta, a salvarlo -, riversa su di un fianco, i boccoli castani sparsi disordinatamente a terra, gli occhi castani, una volta caldi, ora – e per fortuna, pensò, solo momentaneamente – vitrei, sbarrati sul terrore della consapevolezza che aveva raggiunto pochi istanti prima.
Mosse qualche passo nella sua direzione e sentì le vecchie scarpe da ginnastica produrre un rumore soffocato, affondando appena nella neve. Si chinò piano su di lei, quasi con delicatezza, come temendo di svegliarla da un sonno tranquillo e ristoratore, allungò la mano candida verso il suo viso e le chiuse piano gli occhi. Il suo sguardo scivolò inconsapevole su quelle labbra che aveva baciato, tanto tempo prima, oramai, candidamente; le accarezzò lentamente la fronte e percorse con la punta delle dita la sua gota, sfiorando piano con il pollice il suo zigomo.
Il respiro gli mancò, ma solo per un istante.
Era per il suo bene. Non si sarebbe mai permesso di costituire per lei un pericolo – era ormai chiaro che solamente ciò sarebbe stato per la giovane, da quando suo padre aveva scoperto come lei fosse diventata la sua piccola, giovane luce.
Un ultimo contatto fisico, la sensazione della sua pelle liscia e calda sotto le dita, per l’ultima volta.

To touch you again with life in your hands

E si sentiva come se quello sarebbe stato il suo ultimo vero contatto con il mondo.
Si sfilò il mantello liso e lo distese sopra di lei, con premura.
Fu a fatica che si rialzò e si discostò dalla ragazza, facendo un passo indietro.
Ma quel passo significava tutto.
Lo avrebbe fatto per lei.
Quel passo era un’immensa, impercorribile distanza.
Si voltò e respirando lentamente si avviò in direzione opposta, lì dove avrebbe lanciato nell’aria il segno dei Mangiamorte, là dove avrebbe portato a termine quella che ormai da tempo considerava come la sua unica vera missione. Sapeva che non avrebbe potuto poi molto, contro di loro, ma gli sarebbe bastato intralciarli, rallentarli.
Ed annientare lui.
Quello che in passato aveva avuto il coraggio di definirsi suo padre.
Colui che aveva brutalmente ucciso Narcissa Black Malfoy e che presto si sarebbe scagliato contro lei.
Ecco, quello era il suo obbiettivo. Rallentarli ed impedire loro di raggiungerla.
Nessuno avrebbe mai spento quella luce, anche se tremolante.
Lui non l’avrebbe mai permesso.
Da qualche parte, un cumulo di neve cadde da un alto ramo, provocando un soffice tonfo ed un leggero scricchiolio.
Il buio non sembrava poi così buio quando Draco Malfoy si fermò e si voltò di profilo per lanciarle un’ultima, fugace occhiata.
Per ricevere l’ultima visione, l’ultimo essenziale barlume di luce.
Di quella luce che era diventata la sua speranza.
Il respiro gli si mozzò in gola, ma solo per un secondo.
Ormai era solo una macchia lontana, eppure fu come se la vedesse ancora di fronte a sé, con i suoi occhi caldi e profondi, il suo viso fiero eppure comprensivo. Probabilmente l’unica persona che lo avesse veramente visto e che lui stesso avesse completamente sentito.

To touch you again with life in your hands

La fissò ancora per qualche attimo.
E quello fu l’ultimo suo vero minuto di vita.

Non potrebbe mai essere stato più difficile.
Per due come loro.
Per lui.


Chiuse gli occhi e li riaprì con lentezza tornando a guardare innanzi a sé, con un controllo della situazione e di ogni suo più piccolo movimento che mai avrebbe creduto di possedere in quel momento.

Né lo sarà mai.

Distese le labbra.
Quel sorriso, il primo che le aveva rivolto.
Per lei, quell’ultimo mezzo sorriso.

Perché non c’è niente di più difficile.

E riprese a camminare.

It couldn’t be any harder













Fine










Ringraziamenti: Grazie a chi ha commentato il capitolo precedente…qualcuno che si ricorda ancora di questa storia ;D (grazie) e qualche nuova new entry. Per coloro che mi hanno scritto varie volte per gli aggiornamenti…e per tutti gli altri che attendevano la fine…scusate, è stata colpa mia…è passato così tanto tempo ^^’ spero che prima o poi leggiate queste righe. E mi facciate sapere cosa avete pensato di CIBAH, fino alla fine. Quindi grazie agli ultimi commentatori: Kit_05 (sempre più scarlatta :p grazie per la pazienza, comunque ;D e l’incoraggiamento…posso chiamarlo così? XD Lo sai che ora pretendo un commento coi fiocchi, vero? :p), shizuka (che invece di ringraziarmi per aver scritto questa cosa dovrebbe prendersi i miei, di ringraziamenti, per l’attaccamento sempre dimostrato a questa storia ^^), MartyTorsy e ChibiChibi.


RINGRAZIAMENTI FINALI
Ok, sono pronta al linciaggio generale, ma prima lasciatemi dire che sono emozionata.
Scrivere la parola “Fine” a questa storia...mi ha davvero emozionata.
Effettivamente non so il perché, né mi va di pensarci.
So solo che la prima cosa di questa storia ad essermi venuta in mente era proprio l’immagine finale (accompagnata nella mia mente dalle parole: to touch you again with life in your hands), per cui ho sempre saputo che questa sarebbe stata l’unica fine di “Could it be any harder?”.
(Se vi ho illuso, perdonatemi! ;_;)
(Perdonatemi anche per l’articolo – se così possiamo definirlo – della Gazzetta...io e lo stile giornalistico non andiamo molto d’accordo, temo xD non tanto perché non l’ho mai sperimentato, quanto per il fatto che io tendo ad essere prolissa ^^’...*ride imbarazzata*)
Mi dispiace se qualcuno di voi ne sarà rimasto deluso, ma non riesco a concepire altro epilogo per questa storia, che ho sentito davvero dentro, dalla prima all’ultima parola. Per più di tre anni.
E’ nata così e così è finita.
Così doveva finire.
Ragazzi, mi hanno tremato le mani alle ultime righe! (Anche scrivendo dell’ultima scena di Hermione! Sono pazza, sì! Ma la sua risata mi ha angosciata terribilmente ._. che mente contorta ho...)
Ho iniziato a scrivere CIBAH nell’ormai lontano 8 luglio 2004 (e se leggo i primi capitoli ancora oggi sono sempre più perplessa ;D) e dire che non mi mancherà sarebbe...incredibilmente falso.
Ricordo ancora i commenti ai primi capitoli (quando le Draco/Hermione erano ancora rare xD): “Ti prego, fa' che non sia una Draco/Hermione! Non li posso proprio vedere insieme quei due!” oppure “Hermione è solo di Ron è___é chiaro?!” ^___^...e probabilmente sono legata a questa storia così tanto perché è stata la prima Draco/Hermione che abbia mai scritto (ok, è una Draco/Hermione/Ron...ma alla fine non è neppure questo, visto? ;D CIBAH è questo e niente...sembrerebbe un grosso groviglio di emozioni, spero che alla fine queste emozioni si siano chiarite almeno un po’ ^^), è stata questa mia storia ad introdurmi nel meraviglioso mondo Leather & Library.
E va bene, finisco qui, altrimenti...^^
Vi ringrazio infinitamente, davvero.
Voi che state leggendo queste parole, voi che avete letto questa strana storia da poco, voi che l’avete letta da qualche tempo e specialmente voi che la seguite fin dal principio...grazie.
Spero che questa fanfiction, anche se un po’ particolare, vi sia piaciuta almeno un pochino. Mi farebbe molto piacere che lasciaste un commento (corto, lungo, come volete voi ^^) per farmi sapere cosa ne pensate.
Con questo, possiamo finalmente dire di essere giunti alla Fine. ^_-
E cala il sipario su questa storia strampalata *commossion*
Emily Doe





© La canzone “Could It Be Any Harder” appartiene ai The Calling.
I personaggi qui citati appartengono di diritto a J.K.Rowling ed alle rispettive case editrici. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, non si ritiene infranto alcun copyright.
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Emily Doe