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Autore: Tsu_Chan    02/03/2013    3 recensioni
Ho amato i tuoi occhi dal momento in cui li ho incrociati la prima volta e ora li potrei riconoscere ovunque: nel buio, nel dolore e nel tormento, nello sbaglio e nella gioia... Anche dietro ad una maschera rossa, anche quando tu non ti vuoi far riconoscere da me...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Castiel, Nuovo personaggio, Rosalya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel tragitto per tornare in camera incontrai la mia compagna di classe che, essendo a conoscenza del mio piccolo problema con le direzioni, mi accompagnò fino alla bacheca dove i club appendevano i loro annunci e mi salutò per poi correre in caffetteria per fare colazione e ripassare con una compagna di classe prima dell’inizio delle lezioni. Sbloccando lo schermo del cellulare l’immagine di Castiel addormentato, rimasta aperta da quando l’avevo scattata, mi strappò un sorrisetto. Puntai la sveglia del cellulare alle 15:00, cioè mezz’ora prima dell’inizio delle audizioni per il ruolo di solista nel club di musica, e tornai a guardare la foto poggiandomi con le spalle contro la bacheca degli annunci. Non so cosa mi aspettassi di vedere di nuovo; avevo un’ottima memoria per quanto riguardava i particolari delle foto o dei quadri perciò avevo impresso in mente ogni singolo gioco di ombre tra le ciocche di capelli e ogni singola sfumatura di incarnato. Una cosa nuova però attirò la mia attenzione: fino a quel momento mi ero concentrata su Castiel ma ora, alle sue spalle, appoggiato sul comodino, vidi comparire la curva dolce e levigata del mio violino.
“Chissà come c’è finito li sopra…” mi rimisi il cellulare in tasca e mi massaggiai la nuca sorridendo “Io non mi ricordo di aver…celo… appoggiato.”
Con la lentezza di un bradipo mi portai una mano sulla spalla destra, dove solitamente portavo le borse e le custodie degli strumenti, ma sotto le dita, al posto del cuoio lavorato, sentii solamente il tessuto liscio della maglia.
“Non posso averlo fatto.” Mi rimproverai mentre, tanto per sicurezza, mi controllavo anche l’altra spalla.
Quando non vi trovai nulla compresi, con riluttanza, di essermi dimenticata il violino in camera di Cas, camera nella quale non potevo entrare perché solo Cas aveva la chiave, lo stesso Cas del quale ignoravo la posizione.
“Stai calma…” mi dissi nuovamente strizzando gli occhi e massaggiandomi il setto nasale tra di essi “Sono le sette di mattina. Mangano otto ore alle quindici, sicuramente Cas si farà vivo prima.”
Chissà perché una parte del mio cervello mi stava urlando che, anche se si fosse reso conto in tempo di avere il mio strumento, avrebbe fatto finta di nulla o, nelle peggiore delle ipotesi, lo avrebbe nascosto per ripagarmi dell’averlo trattato male senza motivo al bar. Pensai di chiedere a Lys di fare da intermediario ma il problema era che non avevo il suo numero: non li avevo chiesti a nessuno i numeri di cellulare, avevo quello di Cas solo perché mi aveva mandato dei messaggi in precedenza di sua spontanea volontà.
Cercai il numero nella rubrica e spinsi il tasto di avio della chiamata: per più di mezzo minuto squillò a vuoto ma quando finalmente mi rispose il rumore del traffico lo obbligò ad urlare per farsi sentire.
“Cas!”
“Ah, pensavo mi avessi cancellato dalla tua lista di amici. Cosa ti ha portato a volermi parlare ancora?”
“Che hai detto?!” gli domandai tappandomi l’orecchio libero per poter sentire meglio cosa mi diceva. ”O non importa! Dove sei?
“Sono in taxi. Sto andando all’aeroporto!”
“E per che ora torni?”
“Stasera sul tardi, tornano i miei. Andiamo a mangiare fuori e a fare tutte quelle cose che fanno solitamente le famiglie felici.”
“Diavolo…” mi affloscia a terra e mi strinsi le ginocchia al petto.
“Perché di che hai bisogno?” domandò lui mentre la portiera del taxi veniva chiusa con forza e la macchina si metteva in moto con un rumore gracchiante.
“Ho lasciato il violino in camera tua.” Sbuffai contrariata, il mio orgoglio mi diceva di negare fino allo stremo di aver fatto una cavolata. Per un attimo Cas tacque, conoscendolo molto probabilmente stava trattenendo le risate.
“Sei un’idiota” si limitò invece a dire mentre intorno a lui sembrava imperversare il caos“Io non posso tornare nemmeno per aprirti. Lys però ha una chiave d’emergenza. Chiedi a lui, digli che gli do il permesso.”
“Non è qui con me…” ammisi.”E non ho il suo numero di cellulare.”
“Sei un vero disastro!” sbuffò prima di tacere un attimo.
“Non c’era bisogno di dirmelo. Non so che fare…”
“Ci penso io.” Disse lui spiazzandomi “Chiamo Lys e ti faccio portare la chiave però…”
“Però?”
“Stasera tu vieni a mangiare fuori con me!”
“Cosa!” urlai nel telefono sgranando gli occhi.
“Ci vediamo alle 21:00 davanti al cancello principale della scuola. Vedi di vestirti bene! A dopo!”
Con un –clic- secco e metallico la comunicazione fu chiusa ed io mi trovai a lamentarmi con l’aria dell’impertinenza di Castiel.
 
Per poter passare il tempo in modo costruttivo e non rimanere distesa sul letto a fissare il soffitto in attesa di ricevere una telefonata da Lysandro, mi introdussi, chiedendo il permesso ad uno degli insegnati, nell’aula di musica del secondo piano che sapevo essere libera per tutta la giornata. Le selezioni si sarebbero tenute al piano terra, in aula magna per poter avere più spazio per far entrare tutti gli aspiranti musicisti, per cui non dovevo preoccuparmi nemmeno di intrusioni da parte di organizzatori e professori.
Era un’aula pressoché vuota con sedie impilate da un lato e con muri tappezzati di poster di musicisti famosi e di spartiti, la delicata luce della mattina inondava il pianoforte che campeggiava in un angolo passando dalle grandi finestre coperte da tende color panna.
Entrai socchiudendomi la porta alle spalle e mi andai a sedere al piano dandole le spalle: suonai per tutte le canzoni e le sinfonie che mi passavano per la testa concedendomi anche di canticchiare alcune delle mie preferite.
Non ricordo tutte le canzoni che suonai ma, quando Lysandro mi toccò le spalle, dopo quasi due ore che suonavo stavo accennando sia a voce che con le note la canzone ‘Lulluby’ di Billie Joel. Sobbalzai sorpresa e pestai con forza i tasti del pianoforte creando suoni discordanti e fastidiosi che mi fecero fischiare le orecchie.
“Non ti fermare.” Mi disse afferrando una sedie e sedendosi accanto al pianoforte  “Hai una discreta platea che si aspetta di ascoltare qualcosa di eccezionale.”
Mi indicò con un cenno delle tasta la porta che si doveva essere aperta mentre ero distratta e dove ora era radunato un piccolo drappello di curiosi: dovevano essere studenti lasciati in libertà da un professore assenteista o forse senza sorveglianza durante un cambio dell’ora. Sollevai una mano per salutarli e tornai a voltarmi verso il piano.
“Lo faccio solo perché me lo hai chiesto tu, per ripagarti dell’avermi portato il violino.”
Suonai le prime note con decisione mentre prendevo un profondo respiro e mi preparavo per cantare; adoravo quella canzone perché me la cantava spesso mio nonno prima di andare a letto, stringendomi tra le braccia e facendomi volteggiare come una ballerina quando ero molto piccola. Erano molti anni che lui non c’era più così lasciai che tutto l’affetto che provavo mi gonfiasse la voce come una vela gonfiata dal vento.
Goodnight my angel, time to close your eyes
And save these questions for another day
I think I know what you've been asking me
I think you know what I've been trying to say
I promised I would never leave you
Then you should always know
Wherever you may go, no matter where you are
I never will be far away”

Quando la melodia mi permise una piccola pausa dal canto feci un cenno con le testa a Lys e, allungando un piede come un uncino, tirai la sua sedia verso di me e lo obbligai a sistemarsi accanto a me. Gli afferrai la mano e gli feci suonare gli accordi di base: inizialmente era rigido ma dopo averci preso la mano, e dopo averne sbagliati un paio, iniziò a prenderci la mano.
“Goodnight my angel, now it's time to sleep
And still so many things I want to say
Remember all the songs you sang for me
When we went sailing on an emerald bay
And like a boat out on the ocean
I'm rocking you to sleep
The water's dark and deep, inside this ancient heart
You'll always be a part of me”

Gli diedi una gomitata per spronarlo ad iniziare a cantare così che le nostre voci, la sua bassa e calda come una carezza e la mia più acuta e mielosa si fusero insieme al suono del piano. Non so cosa provarono le persone che ci stavano guardando ma il mio cuore si riempì di gioia quasi fino ad esplodere e mi sentii invadere da un’ondata di adrenalina tale da permettermi di fare qualunque cosa.
“Goodnight my angel, now it's time to dream
And dream how wonderful your life will be
Someday your child may cry, and if you sing this lullaby
Then in your heart there will always be a part of me
Someday we'll all be gone
But lullabies go on and on
They never die
That's how you and I will be“

Quando la melodia principale si fu esaurita mi concessi qualche arpeggio per protrarre più a lungo quel momento ma, anche quando quelle note si furono esaurite, mi lasciai sfuggire una risolino felice.
“Non farmelo fare mai più!” esclamò Lys dandomi una leggera gomitata nelle costole e ridendo a sua volta.
“Ma se è stato divertente.” Lo ripresi spostando il mio sgabello e allungando le braccia verso il soffitto per stiracchiarmi. I ragazzi sulla porta non c’erano più e, lo devo ammettere, mi dispiacque un po’: sono più esibizionista di quello che voglio ammettere.
Girai intorno a Lys e andai a raccogliere la custodia del mio violino che aveva appoggiato a terra, lo spolverai e me lo strinsi al petto sollevata “Non sono mai stata così felice di vedere qualcosa in vita mia…Ehy Lys!”
Gli girai un braccio intorno alle spalle e gli baciai una guancia “Grazie mille! Se non ci fossi stato tu sarebbe stato un casino.”
“è stato un piacere Mira” mentre suonavo non lo avevo notato perché ero troppo concentrata ma aveva un’aria cupa “Ora devo andare però… Ho promesso a mio fratello che lo avrei aiutato in negozio oggi e se non torno presto si arrabbierà parecchio.”
Si alzò dalla sedia facendosi scivolare il mio braccio giù dalle spalle e, con un sorriso tirato, si avviò verso la porta.
“Ma si può sapere che avete tutte e due di recente?!” esclamai mettendomi la custodia del violino a tracolla e correndogli dietro. Quando lui si girò a fissarmi gli tirai un buffetto su una guancia, che doveva essere la sbiadita imitazione di uno schiaffo, che gli fece sgranare gli occhi “Ma vi volete riprendere sembrate due donne incinte in preda agli sbalzi umorali!”
“Sembrate?” domandò sorpreso mentre si portava una mano alla guancia dove lo avevo colpito.
“Sì! Negli ultimi due giorni ogni volta che vi parlate tu e Cas finite per litigare! Scommetto che è successo anche quando ti ha chiamato per dirti del violino.” Quando vidi che apriva la bocca per ribattere gli puntai un dito contro il naso e corrucciai la fronte, come faceva mia madre quando mi riprendeva “E non dire che non è vero! Sono una ragazza, certe cose le so a prescindere. Si può sapere che vi prende? Ieri sera Cas, un secondo prima sembrava pronto per prendermi a pungi e il secondo dopo si è trasformato in agnellino reticente. Ora tu sembri uno uscito dall’oltretomba. Ma insomma!”
Il ragazzo parve spizzato, inarcò la schiena all’indietro e fece girare gli occhi tutt’intorno per capire se qualcuno ci stava guardando “Non fare così… parliamone da un’altra parte.” Mi posò le mani sulle spalle prima di prendermi a braccetto e camminare insieme per i corridoi della scuola prima ci uscire in cortile e andarci a sedere sulla panchina doveva avevo incontrato per la prima volta Cas.
Quando mi sedetti accavallai le gambe e sbadigliai scuotendo la testa come un gatto: all’inizio non mi era sembrato ma, passare la notte con Cas non mi aveva permesso di riposarmi come volevo.
“Allora, donna incinta numero uno, vuoi dirmi che sta succedendo?”
“Partiamo dicendo che non sono io quello in preda alle tempeste ormonali ma lo è Castiel.” Mi si sedette accanto e incrociò le braccia sul petto assumendo un’aria pensosa “Io ci finisco dentro e basta.”
“Va bene. Puoi dirmi allora cosa diavolo prende a Testa di Fuoco?”
“Non so se è il caso: potrebbe prendersela se, malauguratamente, venisse a sapere che te ne ho parlato.” Afflosciò le spalle e sbuffò sconsolato “Ma suppongo che tu ribatterai dicendo che ci sei dentro anche tu ed è scorretto non spiegarti che gli prende.”
“Incominci a capire come la penso, vedo.” Mi tolsi il violino dalle spalle e me lo adagia sulle ginocchia. “Centra il discorso che avete fatto ieri sera, fuori dalla palestra vero? È una ragazza il problema?”
“Sei sveglia e le tue conclusioni non sono errate”
“Allora c’è una ragazza che gli piace…” dissi sconsolata. Facevo fatica ad ammetterlo ma la mai cotta per Castiel cresceva di giorno in giorno e mi infastidiva pensare che a lui potesse piacere un’altra; non speravo di piacergli, anzi, sapevo di stargli vagamente sulle scatole ma pensare che nei suoi pensieri c’era un’altra mi faceva comunque soffrire.
“Da questo punto di vista Castiel è complesso e non sono mai riuscito a capirlo a pieno.” Lysandro si scompiglio i capelli e si voltò a guardarmi “Forse non si rende conto di quello che quella ragazza gli provoca e per questo che ogni tanto da i numeri.”
“Mi piacerebbe tanto sapere che tipo di ragazza piace a Cas…” commentai sovrappensiero mentre alzavo gli occhi per studiare le nuvole che si rincorrevano nel cielo autunnale.
“Piacerebbe saperlo anche a me!” disse sorridendo Lys “Una volta sta con una bionda, la volta dopo con una mora. Una volta si è messo con la rappresentate degli studenti e la volta dopo con la capo cheerleader. Faccio fatica ad intravedere uno schema di base.”
“Però…”  in cielo, una nuvola si contorse e prese la forma di un grosso bignè così pieno di crema che sembrava sul punto di esplodere “Ha fatto strage di cuori il signorino.”
“Già, non riesco a capire cosa ci trovino le ragazze in lui…”
“Oh io sì…” ridacchiai senza rendermene conto. Ero così concentrata sull’immagine di Cas a torso nudo che mi apriva la porta della sua stanza che non ero più nemmeno cosciente di cosa mi stesse succedendo attorno.
“Ah… e cosa ci sarebbe in lui di così speciale che, ad esempio, io non ho?” mi domandò con tono basso e adombrato.
“Beh sai ha un fisico atletico, degli occhi magnetici e un sorriso simile a quello di una volpe. C’è il fatto che sa suonare la chitarra e che è un buon giocatore di basket. Se poi contiamo anche il fatto che è sarcastico e così schietto da risultare brusco il più delle volte il quadro è completo.” Sbuffai ed inclinai la testa di lato “Insomma è il perfetto Bad Boy e, anche se tentano di nasconderlo, tutte le ragazze sono naturalmente attratte dai tipi come Cas. Credo che sia una questione di istinto si sopravvivenza, meglio averlo vicino che come nemico.”
“Non piacerà anche a te, vero?” mi girai a guardare Lys che se ne stava con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la bocca coperta dalle mani in una posa pensierosa. Aveva le guance leggermente arrossate e gli occhi gli brillavano come due lucciole, stringeva così tanto le mani che le nocche erano completamente sbiancate.
“Non direi proprio che mi piace.” In realtà sarebbe meglio dire che mi faceva morire ogni volta che mi parlava, ma mi parve poco educato dirlo ad alta voce “Ma non devi esserne geloso…”
“Non sono geloso!” sbottò voltandosi a guardarmi e aggrottando la fronte e abbassando le mani.
“Tanto meglio, perché non gli devi invidiare niente.” Mi alzai in piedi e mi rimisi in spalla il violino, ne avevo abbastanza di chiacchiere sdolcinate, avevo fatto il pieno per almeno un paio di giorni. “Tu sei un bravo ragazzo, Lys. Hai un fascino e un carattere meraviglioso solo che, al contrario di Castiel, tu sei discreto. Testa di Fuoco assomiglia ad un bambino che urla e strepita per avere attenzioni mentre tu sei più come… un bambino che sorride e domanda con dolcezza di essere abbracciato.”
“Ti ringrazio, sei sempre gentile con me…” mi sorrise e si alzò a sua volta.
“E tu lo sei con me, per ciò siamo pari.”
Riprendemmo a camminare per il cortile dove i ragazzi liberi dalle lezioni si dilettavano in partitelle di calcio o pallavolo oppure si erano ritrovati per studiare insieme sotto gli ultimi raggi caldi del sole prima dell’arrivo dell’inverno.
“Lys, pensavo una cosa.” Dissi improvvisamente interrompendo il momento di silenzio che si era creato “Se Castiel ha tutti questi problemi con questa ragazza, sempre che sia di questa scuola, forse posso aiutarvi. Potrei avvicinarla con una scusa e fare amicizia e scoprire se è interessata al nostro amico. Credo sia meno traumatico essere avvicinata da un’altra ragazza rispetto che da un adolescente in preda alle crisi d’ormoni.”
“Sei fissata con questa storia delle tempeste e delle crisi d’ormoni, vero?” Lys sospirò e chinò il capo verso il terreno come se avesse un grosso peso sulle spalle “Non ti preoccupare. Castiel la conosce già benissimo questa ragazza è solo che… che è…”
“Stupido.”
“Oramai io e te pensiamo con una sola mente.” Ridacchiamo insieme e ci salutammo visto che eravamo arrivati al punto in cui il vialetto si divideva in due dirigendosi da una parte verso i dormitori e dall’altra verso il cancello d’ingresso. Avrei voluto passare un più di tempo con Lysandro perché amavo parlare con lui, sembrava sempre comprendere cosa mi passava per la testa e, cosa più importante, era in grado di sostenere una discussione seria. Ma lui aveva da fare al negozio del fratello e io volevo schiacciare un pisolino prima di pranzo in modo da poter affrontare le selezioni per il club di musica con rilassata e con la mente lucida.
 
Passai le ore che mi separavano dall’inizio delle selezioni rileggendo un vecchio libro che mi ero portata da casa: leggere mi riposava molto di più che dormire e soprattutto mi stuzzicava la fantasia facendomi venire in mente sempre nuove melodie e motivi da suonare. Quando uscii per andare a pranzare mi portai dietro il libro e, una volta che mi fui riempita la pancia con un abbondante piatto della strana brodaglia che la cuoca faceva passare per passato di carote e patate, mi accomodai sotto un albero con il mio violino posato accanto nella sua custodia e ripresi a leggere. Ero così tanto presa dalla lettura che alle tre meno dieci ero ancora seduta sotto l’albero inconsapevole di essere in ritardo. Quando guardai, per caso lo ammetto, il cellulare per poco non mi prese un colpo e saltai in piedi per poi correre come una disperata verso l’aula di musica.
Arrivai davanti all’aula nel momento preciso in cui stavano invitando i violinisti ad accomodarsi per poter essere esaminati. Entrai nella stanza scivolando contro la parte e mi lasciai cadere sulla prima sedia libera che mi capitò a tiro: avevo il fiatone e la coda si era praticamente disfatta lasciando sfuggire ciocche e ciuffi da tutte le parti. Dovevo avere un aspetto orribile visto che i ragazzi e le ragazze sedute accanto a me mi guardavano di traverso e correvano con le mani e con gli occhi a controllare di non avere nulla fuori posto.
“Sei quella nuova, vero?” mi domandò uno di loro, un damerino dai capelli corti castano scuro e con due occhi verdi e cattivi come l’acido. “Non c’è bisogno che rispondi, lo si capisce. Sei… come dire, appariscente. Sicura di non aver sbagliato club?”
In tutta la stanza spiccavo come una fragola in mezzo ad una ciotola di fagioli: i ragazzi avevano camicie e giacche ben stirate, le ragazze capelli ordinati e chiusi in chignon così stretti che doveva essere un dolore portarli. Sentendomi tutti gli occhi addosso raddrizzai la schiena, mi portai la custodia del violino sulle ginocchia e mi sistemai i capelli, riportando tutti le ciocche fuggitive all’ordine ben strette nella coda, e mi schiarii la voce per calmare il respiro.
“Stavo leggendo Shakespeare, giù in cortile, ‘Il Bosco delle Fate’. Non so se lo conoscete…” ero troppo orgogliosa per permettere ad un ragazzino con la cravatta inamidata di prendermi in giro anche se lo faceva in maniera cortese e subdola. “Comunque ero così presa nella lettura che non ho visto l’orario e sono dovuta venire qui di corsa. Cose che capitano quando si leggono capolavori come quello, il tempo sembra fermarsi.”
“Conosco quell’opera.” Disse il ragazzo di prima rivolgendomi un sorriso corrosivo “Io sono Elias e sono stato il violinista solista della scuola negli ultimi 4 anni. Puoi anche tornare al tuo libro perché tanto tutti sanno che verrò scelto anche quest’anno.”
“Se sei così bravo allora rinuncerò alla lettura solo per poterti ascoltare, caro Elias.” Odio le persone che credono di essere dio e pensano che, tutto il resto del mondo, non si altro che spazzatura; è un tipo si superbia odioso e fastidioso. Anche Castiel era superbo ed orgoglioso ma la sua era una superbia differente; era una superbia che ammetteva e rispettava il talento delle altre persone. Quelli come Elias mi fanno incazzare di brutto. Scusate se sono stata poco fine. “Con cosa ci delizierai?”
Senza una parola si alzò in piedi e si andò a sistemare di fronte alla commissione, si appoggiò il violino sulla spalla sinistra ed iniziò a suonare un pezzo di Rossini ma rendendolo così lento e struggente che per poco non mi addormentai per la noia. Per quanto suonassi il violino e il piano forte fin da quando avevo solo quattro anni ed essi siano strumenti principalmente usati per la musica classica, quella era proprio un tipo di musica che non potevo sopportare. Tolsi il mio violino dalla custodia e mi assicurai che fosse accordato pizzicando con la punta delle dita le corde, facendo così piano che solo io riuscivo a sentire quei tintinni anche se l’altro violinista stava ancora suonando.
Quando Elias ebbe finito di esibirsi e si fu inchinato rigidamente alla commissione formata da un paio di professori e dagli studenti incaricati dell’organizzazione del club di musica, mi alzai in piedi e, ignorando gli altri ragazzi il cui turno veniva prima del mio, mi piazzai davanti alla commissione con il sangue che mi scorreva nelle vene ad una velocità allucinante. Ogni parte del mio corpo mi urlava di umiliarlo, di fargli vedere che potevo essere non solo brava come lui, che non se la cavava per niente male, ma anche più brava. Sorrisi ai membri della piccola commissione e presi un profondo respiro prima di iniziare a suonare.
L’unica melodia che mi venne in mente fu quella di Lindsey Stirling 'Elements' così mi lasciai andare e, travolta dal ritmo della musica, mi misi a girare su me stessa e ad accennare alcuni passi di danza: era una melodia diametralmente opposta rispetto a quella suona da Elias. Faceva salire il sangue al cervello, faceva venire voglio di ballare e di tenere il ritmo con il piede: se lui aveva suonato un pezzo tra i più classici della musica classica io volevo far sentire loro come il suono del violino potesse essere anche moderno e giovanile. Ripresi alcune dei crescendo tipici della musica di Rossini, accelerandoli e facendoli seguire da seguire da note acute e taglienti tanto velocemente da far girare la testa. Volevo far comprendere loro quello che per me significava la musica e misi tutta la mia anima in quei pochi minuti di esibizione.
Quando la mia prova fu terminata mi inchinai sorridendo più che soddisfatta di ciò che avevo suonato, andai a recuperare la custodia del violino e ve lo riposi con cura. Quando alzai lo sguardo dal mio strumento notai che molti dei ragazzi, ancora composti sulle loro sedie, mi stavano fissando con la bocca spalancata e che Elias, stringendo con foga il tessuto dei suoi pantaloni, mi stava lanciando occhiatacce d’odio. Quegli sguardi mi bastavano per capire che la mia esibizione li aveva colpiti, non avevo bisogno di altro per sapere di aver fatto bene.
“Che ci volete fare…” sollevai le spalle e scossi la testa “… quando una ha talento non sì può far altro che rimanere a bocca aperta e sospirare d’invidia.”
Mi caricai il violino in spalle ed uscii nel corridoio dove mi lasciai andare in una risata liberatoria attirando le attenzione degli altri ragazzi che si stavano provando per il proprio provino. Non diedi molto retta ai loro sguardi interrogativi e mi avviai, quasi saltellando per gioia, giù per le scale poi fuori in cortile: adoravo sminuire i palloni gonfiati. L’unica cosa che avrebbe potuto migliorare la giornata era potermi buttare sul mio letto e guardarmi un film in santa pace ma ignoravo che la mia giornata non era ancora finita, non solo per via dell’appuntamento con Castiel.
 
Appena misi piede oltre l’uscio della stanza la mai compagna mi saltò al collo in lacrime , sbilanciandomi e facendomi tirare una spallata allo stipite della porta. Piangeva così forte che le orecchie iniziarono a farmi male e inoltre biascicava parole a caso e pezzi di nomi che per me non avevano alcun senso.
“Ehy… ehy.” Le carezzai dolcemente i capelli e me la scostai di dosso per poter almeno chiudere la porta ed evitare che altre ragazze si avvicinassero a curiosare “Che ti è successo?”
“Ish…ishm…” era così tanto scossa che praticamente non riusciva a parlare così la feci sedere sul suo letto e gli passai una bottiglietta d’acqua che tenevo di riserva nella tracolla, non era freschissima ma per non sapeva nemmeno di acqua di stagno.
“Rilassati e dimmi che ti è successo.” Mi sedetti accanto a lei e le massaggiai le spalle con lenti movimenti regolari.
“MI HA PIANTATA!” urlò d’un tratto usando tutto il fiato che aveva nei polmoni dando il colpo di grazia ai miei timpani già doloranti, per alcuni secondi non sentii altro che un basso ronzio come quello dei calabroni.
“Chi ti ha piantata?” domandai quando finalmente le orecchie mi smisero di pulsare.
“Il mio ragazzo mi ha piantata!” riprese a piangere come una fontana e io le passai una scatola di fazzoletti presi dalla sua di scrivania. Quando si parlava di lei la mia memoria faceva proprio cilecca; mi aveva detto più volte il suo nome e mi aveva parlato più volte del suo ultra perfetto ragazzo, ma di entrambe le cose nel mio cervello non vi era traccia.
“Ah…” le mie capacità come consulente sentimentale si fermavano alle pacche sulle spalle e ai fazzoletti di carta, non avevo più idea di cosa dirle o di cosa fare.
“Come ah?! Quel bastardo mi ha piantata perché dice che con me si annoia” soffiò il naso in un fazzoletto e lo buttò appallottolato per terra prima di prenderne uno nuovo ed inondarlo di lacrime “Ma non è colpa mia, io non sono noiosa è lui che è un deficiente!”
Non sapendo cosa fare mi sforzai di pensare a quelle volte in cui mia madre era andata a consolare i miei fratelli dopo una delusione d’amore e, avendo una schiera di fratelli praticamente infinita, mi vennero in mente alcune soluzioni per tirarle su il morale. Dovetti scartare l’idea di portarla allo stadio a vedere la sua squadra del cuore perché non mi pareva affatto un tipo da stadio ma, prendendo spunto dal fatto che spesso dopo le crisi d’amore i miei fratelloni riempivano la casa di oggetti inutile comprati qua e là, decisi che farle fare un giro per negozi non sarebbe stata una cattiva idea. Era una ragazza, cosa avrebbe potuto farla più felice di un pomeriggio di shopping in centro?



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MESSAGGIO DELL'AUTRICE:


Hallo, it's me... no not Mario...
Bene, è un piacere vedere che siete arrivati alla fine di questo nuovo capitolo e che siete ancora vivi anche se (sì di nuovo) non è per niente la fine!
Nel capitolo precedente vi avevo avvertito che, visto che stava venendo più lungo del previsto, avrei diviso in due la narrazione. Bene la verità è che... MENTIVO!
Questo capitolo doveva essere la conclusione del Nono ma come ben notate non sono ancora arrivata da nessuna parte! Secondo i miei calcoli dalla giornata iniziata nel capitolo Nono dovrei riuscire a tirarne fuori altri due... Per l'amor del cielo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto per una fanfiction!
Cooomunque, volevo ringraziare tutti quelli che leggono il mio lavoro e dirvi che leggo sempre volentieri le recensioni anche se non rispondo a tutte (mi sembra di essere ripetitiva rispondendo sempre Grazie mille, Grazie mille.).

Sappiate che vi sono eternamente grata anche solo per aver perso il vostro prezioso tempo a leggere il mio racconto!
Sto straparlando, forse è meglio chiuderla qui...

Un bacio e un abbraccio,
Darky

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DISCOGRAFIA

In questo capitolo sono stati citati:

- Elements, suonata da Lindsey Stirling, brano del 2012 (cercatela su youtube è incantevole)
- Lulluby (Good Night my Angel), canzone del 1993 interpretata da Billie Joel.

Nei capitoli precedenti invece sono state citate le canzoni:
-Black Diamond, settimo singolo rilasciato dagli Stratovarius nel 1997.
- Lucy, singolo tratto dall'album Awake del 2009 degli Skillet.
- Luna, dalla versione italiana del musical Notre Dame de Paris cantata da Matteo Setti.
   
 
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