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Autore: Sbrecks    19/09/2007    9 recensioni
Lucrezia ha diciassette anni, gambe lunghe, e la mente matematica più veloce del west. Il suo obiettivo? L’elezione alla rappresentanza degli studenti, e il raggiungimento del perfetto cento e lode alla maturità. Ma anche Giulio ha diciassette anni, quadricipiti notevoli, e una mente veloce. Un po’ meno, si intende, in matematica. Il suo obiettivo? L’elezione alla rappresentanza degli studenti, unica ancora di salvezza che gli permetterà di venire ammesso agli esami. Complicazioni? Una rivalità vecchia come il mondo a dividerli, e a renderli più agguerriti che mai. Cultura contro notorietà, paparazzi contro fidanzate gelose, geni della matematica contro bulli e pupattole. Tenendo in considerazione, per altro, un’unica regola. Tutto vale. In guerra, come in amore, certo. Ma, soprattutto, in campagna elettorale...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Io dico che dovresti candidarti. Parlo sul serio.

-Mmh. Si vedrà..-

Scansando con aria assorta il foglio di carta appallottolato, scagliato con matematica precisione sulla già di per sé ingombra superficie del suo banco da Ninì, Giulio Astaldi soffia via una ciocca di capelli biondo cenere dal proprio naso, cercando ostinatamente di tenere gli espressivi occhi grigi aperti.

Ore dodici e trenta, anti-meridiane: calcolato che, la soglia d’attenzione media di un diciassettenne normodotato, non vada oltre i venti minuti per materia scolastica, risulta facile immaginare quanti e quali pensieri stiano attraversando la sua giovine testa, di certo ben lontani da metrica e sintassi delle Catilinarie, e da quella stessa aula soffocante e grigia. 

- Oè, Giuli...ci sei?

Domenica Carini, capelli nerissimi trattenuti da una cascata di forcine rosa e sorprendenti occhi viola, dolci ed accorati al pari di quelli dell’indimenticabile Liz Taylor, tenta invano di rianimare il proprio ragazzo con un affettuoso pizzicotto sull’avambraccio, infilando proverbialmente gli artigli fucsia laccati ad arte, nella tenera carne del malcapitato.  Ma Giulio non da apparenti segni di vita, e continua imperterrito a sbadigliare.

La professoressa Pizzi, acida latinista rossa e generalesca, alza rassegnata gli occhi al cielo, nell’incontrare lo sguardo spento del ragazzo; ma decide tuttavia di astenersi dal riprenderlo pesantemente, come di consueto. Picchiettandogli delicatamente sulla testa, anzi, ironizza.

- Vedremo, agli esami di maturità..- Commenta solamente laconica, mentre un sorriso maligno va disegnandosi sulle sue labbra imbrattate di rossetto, e Domenica trattiene il fiato -.. se ci arrivi..-

Nell’esatto istante in cui la Pizzi prorompe in una risata crudele, e l’intera classe sprofonda dietro al proprio banco, la campanella decreta energicamente la fine di quella particolarmente noiosa lezione; e, come da copione, Giulio, sobbalza 

- Ninì..- Biascica quindi il ragazzo, mentre i suoi compagni di sventura si fiondano in massa verso il corridoio, e Domenica estrae scuotendo il capo una multifilter dalla tasca  – cosa dici: sono nei casini?

La mora prende Giulio per mano e lo guarda dritto negli occhi, stringendo le labbra, guidandolo lentamente verso l’uscita.

-Vuoi che sia sincera?- Domanda, scuotendo i ricci capricciosi con gesto misurato, come fa sempre, d’altra parte, quando è nervosa o rassegnata. Giulio piega la testa da un lato, frugando ansioso nei suoi occhi d’ametista. Neanche un brandello di speranza, a cui aggrapparsi. Nisba.

Sospira.

-No..- Decreta infine, estraendo dai jeans il foglio passatogli da Ninì qualche minuto prima e finito, misteriosamente, nelle profondità dei suoi pantaloni – meglio di no.

-Il fatto è che, Giulio, temo proprio che gli esami li vedrai col binocolo, lavativo come sei, se non farai qualcosa per accumulare crediti – Sospira affranta Domenica, volgendosi indispettita verso la luminosa porta a vetri dirimpetto, e alzando le spalle scoraggiata-.. e non parlo di pochi crediti, accidenti. Te ne servono un mucchio. Una caterva. Compris?

-Sì..-

Giulio deglutisce.

Prende fiato. Ha già capito dove la sua sagace ragazza, immancabilmente, voglia andare a parare.

Ma...è più forte di lui, dannazione. Gli riesce difficile, se non impossibile ,credere che a un tipo così estroso, sicuro di sé, e meravigliosamente fico, quale effettivamente è, possa occorrere aggrapparsi ad una soluzione così estrema.

- Ninì..- Giulio stringe le dita sottili di Domenica tra le proprie, guardandola serio negli occhi. Sta per dirlo. E’ incredibile. Non può essere. Chissà come gioirà, quel “maresciallo” antiquato di suo padre, alla funesta notizia. Oh cielo. Respira. Prendi fiato. Sta andando in iper-ventilazione -.. mi sa che..-

Dal canto suo, Domenica gli lancia uno sguardo interrogativo, scuotendo via la cenere in esubero dalla propria sigaretta.

-Ti sa che, COSA?- Ripete quindi, iniziando a spazientirsi, e picchiettando nervosa le sue Moschino numero trentotto sul pavimento di linoleum sbiadito, mentre un campanello di curiosi si raduna velocemente attorno alla celeberrima coppietta .

-Mi sa che...mi sa che...- Giulio tira su e giù, nervoso, la cerniera della propria felpa a strisce, cercando faticosamente di portare a termine la dichiarazione più sofferta dei suoi diciassette anni di vita adolescente. Pare quasi che stia per piangere.

Ma poi, ecco che l’ispirazione ed il coraggio, assieme ad un pizzicotto assassino di Domenica dritto tra le natiche, gli piovono provvidenziali addosso, aiutandolo con dolcezza a concludere il suo enunciato.

-Mi candido..- Dice quindi Giulio in un soffio, mentre grida di giubilo provvedono a coprire i rantoli che sfuggono alle sue provate labbra, e non c’è studente che non sia già pronto a votare lui, l’idolo delle folle, quale rappresentante degli studenti.

Tranne, forse, due...

-Noooo!- Grida infatti qualcuno, facendosi largo tra la folla a spintoni e gomitate, e raggiungendo con espressione stravolta il nuovo, sconvolto candidato, che ancora cerca di riprendere fiato, abbarbicato alla piccola Ninì.

-Schifoso verme del deserto! Come osi metterti contro di me nonostante, al momento della nostra iscrizione qui, avessimo stipulato un patto inviolabile di non belligeranza? Traditore!

Domenica alza di scatto il capino, inviperita, nel tentativo di identificare la mitomane urlante.

-Chi è, si può sapere?- Tossicchia quindi isterica, saltellando come un pupazzo a molla, impedita dalla sua piccola statura.

Giulio scuote la testa, sbuffando. Perché lui, quella pazza isterica, l’ha già riconosciuta.

-Non affannarti, tesoro..- Spiega infatti all’amata tappetta, cingendole la vita con le braccia – chi vuoi che sia, se non lei?

Domenica alza gli occhi al cielo, spazientita.

Ah, già.

Lei.

Ancora...

LEI.

- Banzai!

Senza infrangere le aspettative dell’amato pubblico, i capelli neri raccolti in due lunghe trecce e una gonna a palloncino piroettante indosso,  a valorizzarne le gambette secche da ginnasta, Lucrezia, ovvero “LEI” viene avanti ringhiando, mentre Giulio recita un tacito “Mea culpa”.

-Tu! Come hai potuto! Lo dico a Bea..!

-Fai quello che ti pare. Tanto perderai..-

I due si scambiano uno sguardo pieno d’odio mentre, la folla, abituata al solito alterco tipo, fa ritorno alle proprie occupazioni; c’è chi s’appropinqua, imprecando, alla macchinetta del caffè, e chi ne approfitta per appartarsi in qualche angolo oscuro con la propria fiamma, allo scopo di consumare romantiche effusioni. Qualcuno, addirittura, particolarmente curioso, si sorprende a domandarsi perché Giulio e Lucrezia si detestino tanto; quali siano le cause scatenanti di un astio così sorprendente, quali i sanguinosi retroscena.

A queste buon’anime curiose, io risponderei con un sorriso intenerito. E voi?

Affari di famiglia, d’altra parte.

Si tratta soltanto di questi.

 

 

Ma, perché voi possiate comprendere meglio le vicende che mi appresto a narrare, sarà necessario fare un passo indietro...

 

 

                                                                 ***

 

Una polaroid ormai sbiadita, infilata in una cornice di legno variopinto e posata sull’elegante comò in mogano d’un appartamento milanese a noi ben noto, ritrae del tutto sorprendentemente una scena analoga a quella appena avvenuta.

Due bambini di circa cinque anni, con espressione paurosamente alterata, sono intenti a tirarsi vicendevolmente i capelli, sotto lo sguardo intenerito e vigile di una coppia romanticamente abbracciata. 

La bambina a destra, la pelle scura e i capelli riccissimi raccolti in una miriade di treccine, ha nome Lucrezia, è oggi alta un metro e settantacinque e pesante quarantacinque chili; ginnasta, responsabile della biblioteca scolastica, studentessa di spicco del Liceo Scientifico E. Venn, ha portato una ventata d’aria fresca nella vita d’un eccentrica coppia di Milano, crescendo ad immagine e somiglianza della sua idolatrata “Sorella adottiva”:

Una certa Beatrice..

Mentre il bambino a sinistra, capelli biondi a caschetto, efelidi dorate su un naso dritto ed altero e penetranti occhi grigi, risponde all’appellativo di Giulio Astaldi, oggi diciassette anni; figlio d’un giovane medico che lo vorrebbe chirurgo, e cresciuto a pane e piadine. 

Già dalla tenera età, questi due individui assolutamente opposti, dimostrarono più volte di tollerare a stento la presenza l’uno dell’altra, ricorrendo tal volta ad atti violenti e/o vandalici, per ribadire il tale concetto.

Per ovviare a questa situazione sgradevole, la signora Elena Loppi, di comune accordo con la quieta neo-avvocatessa Alan Maestri in Astaldi, decise di iscrivere i bimbi in differenti scuole medie, essendo più che intenzionata ad evitare altre catastrofi.

Ma dopo tre anni di silenzio stampa; ecco. Avvenire di nuovo l’irreparabile.

Lucrezia, senza deludere le aspettative di mamma e papà, decise infatti di frequentare il Liceo Scientifico Venn, come suggerito dalla sua amata professoressa di matematica, e, soprattutto, dalla sbalorditiva passione nutrita dalla fanciulla, nei confronti di logaritmi ed equazioni quadratiche.

Ma, sorprese delle sorprese, perfino il lavativo Giulio, che dalla medie ci era uscito a calci e minacce (ovviamente provenienti dallo scoraggiato padre), optò per il medesimo liceo frequentato in passato dal comprensivo genitore, forse spinto dalla passione per un paio di occhi viola che avevano nome Domenica.

Ovviamente, non appena i due esemplari scoprirono di essere, nuovamente, dopo anni di pace, costretti a dividere lo stesso tetto, scoppiò il Kaos. Ma Lucrezia, da brava pragmatica, decise di risolvere la situazione.

“Tu non ti metterai sulla mia strada. Ed io, eviterò accuratamente la tua.”

“Affare fatto”.

E si era arrivati, pressoché indenni, all’ultimo anno di scuola superiore.

L’anno della maturità.

Ma mentre Lucrezia, tronfia di successi scolastici, si avviava tra una sforbiciata e l’altra verso un brillante e sicuro cento e lode, lo stesso, non si poteva dire d’altra canto, di Giulio.

Idolo delle folle, pieno di ragazze, amato dai compagni. Sì. Ma, sul piano del rendimento scolastico, decisamente al più infimo dei livelli già di per sé bassi

La sua ormai storica ragazza, Domenica Carini, la femme fatale della scuola, che invidiata da tutte le comprimarie riusciva, inspiegabilmente, a mantenere intensissima vita sociale e la più che dignitosa media dell’otto  e sessantacinque in contemporanea, si era così affannata per trovare una soluzione che salvasse il suo amato, dal baratro della bocciatura.

E, apparentemente, ci era riuscita.

L’unica cosa che avrebbe fornito a Giulio abbastanza crediti, da aprire per lui uno spiraglio di salvezza, sarebbe stata infatti la candidatura alla rappresentanza degli studenti, con conseguente ed ovvia vittoria. Piccolo particolare?

Lo sciagurato non ne voleva sapere.

Almeno fino a quella mattina...

Sapeva infatti, il malcapitato, a quali rischi sarebbe andato incontro, candidandosi. E soprattutto, a CHI, sarebbe andato incontro, candidandosi.

A Lucrezia.

Che oggi, più morta che viva, torna a casa sbattendo la porta, e grida.

A voce MOLTO alta.

- Mamma, me l’ha fatto!

-E cosa?

-Sì è candidato!

-Chi?

- Giulio..!

- Ah..-

Mescolando compassata il suo celeberrimo sugo all’amatriciana, Elena Loppi, the mother, alza le spalle, e lancia uno sguardo sconsolato in direzione di Cif, l’europeo tigrato di casa.

D’altro canto non la stupisce più, da un po’ di tempo a quella parte, ritrovarsi una figlia urlante e iper-nervosa, in giro per casa. L’anno della maturità, si sa, è chiaramente critico. Già Filippo e Beatrice hanno vissuto le stesse esperienze, e non erano meno intrattabili e scontrosi di Lucrezia.

Eppure- sarà che lei è l’ultima arrivata; sarà che ad Elena sembra che, gli ultimi anni, siano trascorsi particolarmente in fretta-, la signora Loppi, non riesce ad abituarsi a pieno all’idea che, la sua piccola, si stia avvicinando a tutta birra alla maggiore età, che compirà per l’esattezza il giorno 31 dicembre, Capodanno. Pare ieri che le trotterellava per casa con l’orsacchiotto in mano, Lucrezia, già dilettandosi nel risolvere addizioni elementari.

Bei tempi, quelli. 

Ma si sa; il tempo di crescere arriva per tutti, prima o poi. E lei non è quel tipo di mamma apprensiva e lamentosa, che spera di potersi tenere i figli attaccati alla sottana, per il resto dell’eternità. Anzi. Tale ruolo, che Dio l’abbia in gloria, spetta già a quel bambinone di suo marito Alberto; che, con i suoi musi lunghi e le sue talvolta sciocche pretese, basta e avanza da solo a creare dei problemi. 

Quindi, mamma Loppi, ascolta attenta come sempre, e le sue piccole grandi paure, le tiene per sé, al sicuro. Segrete.

Eppure, in quelle quattro parole piene di stizza, proferite da un’indiavolata Lucrezia, una in particolare, attira la sua attenzione. Un nome. Giulio.

-Erano anni, che non te ne lamentavi..- Borbotta la signora, aggiungendo un po’ di dado al suo sughetto, mentre Lucrezia piomba a sedere in cucina, con un grugnito rabbioso – dì un po’...che è successo?

-Mi vuole rubare il mestiere. Ecco cosa c’è...- La ragazza incrocia le braccia sul petto, stringendo i denti -.. lui e quella stupida di Domenica, la sua fidanzatina. Ha deciso di candidarsi rappresentante degli studenti, su suo consiglio. Non è per niente giusto.

 - Oh...- Elena Loppi aggrotta la fronte, cercando di visualizzare per un istante l’immagine di Giulio Astaldi acclamato dalla folla, intento a tenere un discorso elettorale. Sorride.

- Giulio..- Sospira quindi, accarezzando la testolina riccioluta della figlia-  Che tipo. Bel ragazzo, però. Ha proprio la faccia da presidente..-

Ma poi, dall’espressione decisamente assassina di Lucrezia, la povera casalinga, capisce che non è decisamente aria di facili umorismi...

- Forse non ti rendi conto della gravità della situazione, mamma..- Lucrezia, gli occhi azzurri ridotti a due fessure, che contrastano splendidamente con la sua pelle scura, gesticola con aria drammatica, sotto lo sguardo perplesso di Cif il felino -.. io ho il cervello, e il rendimento scolastico; ma Giulio ha la notorietà, gli amici, il carisma. Mi schiaccerà come una formica..!

-Non se ti impegni a fondo..- E’ l’enigmatica risposta di Elena Loppi che, come sempre, sa colpire nel segno.

La ragazza piega la testa da un lato, improvvisamente acquietatasi. L’incredibile prodigio si è forse compiuto?

- Spiegati meglio..- La esorta con un fil di voce Lucrezia, di lì a poco. Elena Loppi esulta, tacitamente.

Forse, finalmente, dopo anni ed anni di suggerimenti ascoltati con educazione, ma sempre velatamente rifiutati, Lucrezia si deciderà una buona volta, a seguire i consigli della sua cara mamma..

- Dico solo che, Giulio, conoscerà anche i suoi mezzi, per accaparrarsi i favori degli elettori ..- La donna rivolge alla figlia un malizioso occhiolino mentre scola i tagliolini nel lavabo, e Alberto Loppi rincasa con gran frastuono, e imprecazioni in dialetto milanese – ma tu sei una ragazza intelligente. E, di certo, disponi di molte altre strategie. O no?

Lucrezia resta qualche istante a riflettere, torturandosi con le lunghe e curatissime dita le trecce spiritose.

Sembra che stia valutando seriamente la proposta.

- Ma certo!- Schiacciando fragorosamente la mano destra, stretta a pungo, sulla linda superficie del tavolo della cucina, la ragazza esulta, assumendo un cipiglio vittorioso – diffamazione, ci vuole! Troverò i suoi scheletri dell’armadio! Rivangherò il suo torbido passato! Lo screditerò di fronte agli elettori..-

Elena Loppi rischia di soffocarsi, cercando di decidere se aggiungere o meno altro dado al suo sughetto.

-Come? Ma non era questo che avevo in ment..-

- Pronto?  - senza neanche ascoltarla, Lucrezia, abbranca con mano veloce lo scassatissimo motorola nero, scrostato dalle troppe cadute, e compone altrettanto rapida un recapito telefonico – Redazione dell’”Ops?” Il giornale scandalistico della scuola? Passami Patroclo Paparazzo, perfavore. Si tratta di una questione urgente..-

La donna scuote la testa, mentre la figlia raggiunge a passo di carica la propria stanza, e vi si barrica all’interno.

Siamo alle solite.

Mai che, quel terremoto di Lucrezia, le lasci finire di parlare.

Proprio in quell’istante, Alberto Loppi, masticando a bocca semi aperta un grissino, intelligentemente trafugato dal pensile della cucina, scruta la pentola con sguardo interrogativo, rivolgendo alla moglie l’abituale quesito:-

-Che c’è per cena?

Elena sbuffa, rifiutandosi di rispondere. Come se non fosse già abbastanza impensierita, dall’assetto poco pulito che la sua Lucrezia ha deciso di adottare, accidentaccio. Ma perché quell’uomo non si sveglia, una buona volta?

- Siamo diventati muti, eh? E va bene..-

Con un mugugno tutt’altro che appagato, Alberto Loppi si trascina sino alla stanza della figlia, evidentemente intenzionato a riproporre a lei lo stesso interrogativo. Perfetto.

Con tutta probabilità, pensa Elena, Lucrezia lo manderà a qual paese; tuttavia, a dispetto delle sue previsioni, il buon Alberto, non  riemerge dalla cameretta della politicante in erba, se non dopo una buona mezz’ora.

-Amatriciana, eh?- Sorride, entrando balzandoso nel cucinotto.

Elena Loppi annuisce, e china preoccupata il capo. Ha paura che la sua bimba si cacci in pasticci più grandi di lei. E’ l’ineludibile istinto materno.

Ma dopo anni ed anni di matrimonio, Alberto Loppi, non solo ha imparato che sua moglie detesta i grattini sotto i piedi, ed è intrattabile nei giorni immediatamente prima, o immediatamente dopo, il ciclo mestruale.

Sa come prenderla. Come ammansirla.

E, soprattutto, ha imparato che, per far sì che Elena si metta il cuore in pace, basta una frase ad effetto.

Studiata.

Esauriente.

Sicchè il buon ingegnere, si avvicina alla moglie, e le batte affettuosamente sulla spalla.

-Non preoccuparti..- le sussurra lezioso all’orecchio, accarezzandola il capo – che la political, da sempre, è tutto, fuorché correct.-

Elena Loppi lo guarda stupita per qualche istante. Quindi, annuisce.

-Hai ragione..- Ammette alzando le spalle, ringalluzzita. Come recita un antico proverbio milanese, d’altra parte Gata inguantada la ciapa minga i ratt “. E la sua Lucrezia, oltrettutto, è una ragazza riflessiva ed intelligente. Si può stare tranquilli.

- Grazie, Alberto..- Fa quindi Elena, sorridendo, riconoscente al consorte per averla in tal modo illuminata. E Alberto già pregusta la frase che verrà dopo, proferita dalle accomodanti labbra di sua moglie, e mai più dolce da udirsi.  D’altra parte, si sa. Dopo ‘anta anni di matrimonio...si diventa inevitabilmente anche un po’ prevedibili.

-Stasera, per te, doppia razione di carbonara..- Alberto sobbalza, sorpreso.

Non se lo aspettava, accidenti.  

Credeva che sua moglie stesse per dire, come fa ogni volta dopo che si è reso meritevole di qualcosa, che poteva astenersi dall’apparecchiare la tavola.

- Che c’è, Alberto?- Mentre Lucrezia esce trionfante dalla propria stanza, e la pasta diviene finalmente pronta per essere servita, Elena lancia al consorte uno sguardo interrogativo, al quale questi risponde con una scrollata di spalle.

- Niente..- Alberto Loppi sorride, disponendo un po’ a casaccio le forchette sulla tavola; quindi si avvicina alla moglie, e le stampa un affettuoso bacetto sulla guancia destra -.. pensavo solo che, dopo tanti anni di matrimonio, è bello stupirsi ancora..-

Elena invita Lucrezia a sedersi, arrossendo leggermente di piacere.

E può ammetterlo tra sé e sé, se non dirlo ad alta voce, frenata da quell’orgoglio di lei così tipico.

E’ una donna fortunata.

Perché, comunque vada, le resterà sempre qualcosa, su cui fare affidamento.

Una famiglia meravigliosa.

 

- E’ bollente!..- Lucrezia e Alberto alzano la testa dai loro piatti, rivolgendo alla cuoca di casa sguardi rancorosi.

In un baleno, Elena Loppi abbandona il suo radioso sorriso, e torna a vestire spoglie generalesche.

-  Zitti, e mangiate..-

E in un attimo, il silenzio, torna a regnare, nel cheto appartamento milanese...

 

 

                                                            ***

 

 

 

 

- Pina! Hai sentito la lieta novella?- Il dottor Matteo Astaldi, George Clooney del reparto pediatria, brizzolato con stile e sogno proibito delle sue più giovani colleghe, rincasa canticchiando, appendendo con abile gesto il soprabito all’attaccapanni nell’androne.

Pina Mazzi, la tata di casa, impegnata a cucinare una cenetta prelibata su imposizione telefonica dello stesso, lo saluta con un sorriso sibillino, mescolando il suo ragù alla bolognese.

- Eccome, Matte’. Circa mezz’ora fa. Quasi non ci credevo, e me lo sono fatto ripetere tre volte – esclama ancora estatica, mentre la signora Alan Maestri in Astaldi fa il suo ingresso in cucina. 

- Il nostro Giulio ha finalmente deciso di optare per una retta via! Non è meraviglioso?- Cinguetta l’avvocatessa a sua volta, imbandendo la tavola con il servizio migliore, e ringraziando tra sé e sé il proprio santo protettore – finalmente, il suo rendimento scolastico, assumerà un profilo soddisfacente..-

Dello stesso parere, tuttavia, non è il diretto interessato: che, nella sua stanza, fissa il soffitto ricoperto di poster, e si domanda con ostinazione che cosa gli sia saltato in testa.

Rappresentante degli studenti? Oh cielo. Troppo impegno.

E poi è da secchie! Gli rovinerà l’immagine, santo cielo. Non si può. Non è producente. Non conviene.

-Domenica, quasi quasi annullo tutto!- 

Lo sguardo assassino della mora Ninì, accovacciata ai piedi del letto che legge assorta i trentatre segreti più succulenti di Brad Pitt, gli impedisce tuttavia di insistere.

- Giulio, non hai scelta..- Gli fa infatti notare la ragazza, prendendo posto accanto a lui, sulla sponda destra del materasso – o ti candidi, o vieni bocciato. Non c’è storia. Se non volevi correre ai ripari, caro mio, dovevi pensarci prima.

Touchè. Giulio incassa con grazia, attirando a sé la sua adorabile fidanzata. E’ anche per questo che gli piace, d’altra parte, Ninì. Cosi franca. Così pratica. Semplicemente irresistibile.

-E va bene, e va bene..- Giulio si specchia sorridendo negli occhi viola di Domenica, accarezzandole con delicatezza i morbidi ricci scuri - ..mi candiderò, scema. A mio rischio e pericolo. Però..-

-Però?- Continua sorniona lei, attorcigliando leziosa una ciocca boccolosa attorno all’indice.

-Però, in cambio dell’assunzione di questo onere, pretendo immediatamente  un piccolo extra..- Domenica arrossisce, lasciandosi stringere forte.

-Quanto sei scemo..-

Ma proprio mentre, rassegnata, sta per concedere all’amato un bacio ricco di passione, la porta della stanza si apre, con uno scricchiolio decisamente cacofonico, seguita da una musichetta spagnoleggiante che si fa via via sempre più forte...

Ed ecco che papi Matteo, mamma Alan, e tata Pina, entrano a passo di danza nell’alcova, sculettando a ritmo di salsa: e ci manca poco che si mettano a cantare l’inno della nazione, accorati e commossi come sono, così assorti da non accorgersi di aver interrotto la giovane coppia.

Domenica arrossisce, rimettendosi istantaneamente in posizione eretta: e Giulio, azzannandosi le labbra nel vano tentativo di controllare la sua furia, pure.

- Che diavolo volete?- Domanda, inarcando le sopracciglia, mentre dottor Astaldi gli rivolge un’occhiata inorgoglita.

- Che domande, figlio!- Replica il patriarca, pronunciando con particolare enfasi l’ultima parola – congratularci con te! Il futuro rappresentante degli studenti del Venn..-

Giulio alza gli occhi al cielo, subito imitato da mamma Alan: papà Matteo assume invece uno sguardo colpevole, come domandandosi che cos’abbia detto di così sbagliato.

La Pina, dal canto suo, resta discretamente per i fatti suoi..

E, catturata da un titolo in grassetto, rapisce una rivista abbandonata sul pavimento  e fugge rapida in cucina, a leggersi i segreti del biondo Brad, seguita a ruota da Domenica.

Diatriba famigliare in vista...

- Non caricarlo di troppe responsabilità, Matteo! Sei sempre il solito!- Protesta la signora Astaldi, agitando minacciosa l’indice a pochi centimetri dal naso del marito -.. il nostro piccolo Giulio, sarà già sufficientemente agitato..! Non ti ci mettere, come al solito..-

- Ma tesoro..-

-Niente ma..!-

Giulio guarda prima il padre e poi la madre, schierati l’uno davanti all’altra. Sembrano due adolescenti capricciosi.

Un pensiero rapido, e decisamente ricorrente, attraversa per un istante la sua giovane testa.

“Ma si può sapere chi me l’ha fatto fare?”

- Figlio, ti devo delle scuse..- Cede infine il signor Astaldi, appioppando una sonora pacca sulla spalla del pargolo degenere - ...ci tengo anzi, a farti sapere che sono decisamente fiero di te, e che ti voglio fare i migliori auguri per la tua campagna elettorale..-

Un attimo di silenzio, subito seguito da un discreto colpo di tosse.

Giulio si prepara alla temibile domanda.

-Ma dì un po’, sangue del mio sangue: contro chi ti candidi?

Il ragazzo abbassa gli occhioni grigi, per un attimo riempitisi nuovamente di terrore, allo stato più puro reperibile in natura.

Il colpo di tosse si ripete, stavolta emesso  dalla fazione avversaria.

- Lucrezia.

Mamma e papà Astaldi non ci mettono molto a realizzare; e, immediatamente, il silenzio ritorna a regnare sovrano anche lì, in quella stanza, sovraffollata e caotica.

- Ah, capisco.

Il signor Astaldi si riavvicina al figlio, stavolta con sguardo comprensivo. Gli batte di nuovo sulla spalla.

-Buona fortuna, Giulio. Ne avrai bisogno...-

Ed è solo allora, in quel preciso momento; quando la porta si richiude dietro le spalle dei signori Astaldi con l’abituale e sgradevole scricchiolio, che Giulio realizza a pieno, e viene preso dal panico.

Oh cielo.

E’ un disastro.

Lucrezia lo mangerà vivo.

Il ragazzo deglutisce, rovistando meccanicamente al di sotto di una ben nutrita  pila di giornali.

E’ poco pulita, per la verità, come contromisura.

Ma è anche l’unica possibile..

Componendo un recapito telefonico sul suo samsung nuovo di zecca, Giulio si schiarisce la voce, deciso ad appianare un antico dissapore. E’ necessario, suo malgrado.

-Pronto?- Scandisce quindi, coprendo il ricevitore con la mano..- redazione dell’Ops? Passatemi Patroclo. E’ urgente..-

 

 

 

 

 

 

Salve a tutte! ^_^ Come molte di voi avranno compreso, questa storia costituisce in parte un seguito di “Help! Regole di sopravvivenza”. In parte, perché riprenderò solo alcune figure e perché la storia si evolverà in modo totalmente diverso! Diciamo che l’unica cosa simile è l’impostazione, poiché anche Giulio e Lucrezia, sono due personaggi in antitesi, accomunati tuttavia da un obiettivo in comune. L’unica cosa che ci tengo a precisare è che so benissimo che l’elezione quale rappresentante non basta ad appianare un reddito scolastico estremamente basso. Ma cercate di capirmi.. uno spunto mi serviva e poi, quel povero ragazzo di Giulio, è pur sempre disperato e a rischio bocciatura. Detto ciò, spero che questa storia vi piaccia, esattamente quanto vi è piaciuta “Help!”. Leggete, se vi va: e come sempre, siate clementi! ^_^

  
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