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Autore: DazedAndConfused    05/03/2013    4 recensioni
"Interno 2 di un edificio.
C’è un uomo che suona una chitarra. Al contrario."
Omaggio a John Frusciante, in occasione del compimento dei suoi 43 anni.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Life shouldn’t be a struggle, you know, life should be a flowing smooth thing.

This isn’t a hard world to live in, this isn’t a hard dimension to live in.

If you surround yourself with the right people, and if you do the right things, and if you’re as good of a person as you’re capable of being to other people,

you’ll find that the world will make a space for you.

What happens to you is dictated by the things you think about, and you should always think of good things, and always look for the good in the world.

If you look for the bad in the world you’ll always find something bad,

but if you look for the good in the world, you’ll find it.

It’s there.”

 

— John Frusciante

 

The will to usually collide with water

from the sounds of emptiness you hold in the heart of silence

{Estrus, Curtains, Empyrean and Lefr-Intaglio EP}



[tipo d’inquadratura: “particolare”; mani che emergono dal buio e che fanno scorrere cartelli con varie scritte]

 

Sabam.

FM.

Dieci dal burro sangue voodoo.

Uprane.

666.

Senza titolo

Senza titolo.

[Senza titolo]

Senza titolo!

“Senza titolo”

Senza titolo;

{Senza titolo}

Senza titolo…

Senza titolo?

:Senza titolo

Senza titolo,

(Senza titolo)

Senza titolo

 

[tipo d’inquadratura: “particolare”; soggetto ripreso: mani che sfiorano le corde di uno strumento]

 

Interno 2 di un edificio.

C’è un uomo che suona una chitarra. Al contrario.

Non lo fa per scimmiottare un dio mancino e di colore, né per un improvviso moto egocentrico.

Suona e basta.

 

[tipo d’inquadratura: “figura intera”; soggetto ripreso: uomo che suona]

 

A vederlo così, seduto sullo sgabello, la cassa armonica che non poggia sulle cosce ma che gli sfiora lo zigomo sinistro, pare quasi di stare al cospetto di una figura irreale.

Eppure lui è qui, un po’ etereo e perso, con gli occhi socchiusi e i capelli che gli incorniciano il viso, donandogli l’ormai nota aria naïve che lo contraddistingue.

Eppure lui non è qui, nonostante i muscoli tesi e i contorni definiti della sua figura testimonino il contrario.

È uno -00Fantasma27.

Canta una canzone che solo lui conosce, e le parole gli sfuggono irriverenti dalle labbra.

Canta una canzone perché è mercoledì ed è solo, canta una canzone perché vorrebbe farsi rapire da quella sirena, ma lei non è ancora arrivata.

E lui l’aspetta, cantando una canzone nera, una canzone della prostituzione, una canzone moribonda.

 

[tipo d’inquadratura: “dettaglio”; soggetto ripreso: corde di una chitarra]

 

Poco importa se sia un blues della pelle o se dietro l’angolo ci sia un Fallimento33 Oggetto ad attenderlo: farlo è essenziale.

Perché, quando quest’uomo suona, il tempo sembra andare indietro, si accartoccia fino ad assumere una forma elicoidale, ed i giorni si voltano ad osservare quello che, a prima vista, è solo un semplice esercizio, ma che in realtà è speranza.

Le corde pizzicate non sono altro che fortificazioni erette intorno a sé per proteggersi dalla battaglia del tempo, dagli assassini nascosti dietro le tende, dal macello monotono conosciuto con il nome di “vita”.

 

[tipo d’inquadratura: “dettaglio”; soggetto ripreso: tavolino da tè su cui sono sparse varie polaroid raffiguranti un ragazzo]

 

C’era un ragazzo il cui sorriso era un fucile e che aveva fatto del sesso interstatale uno degli scopi più importanti della propria vita, oltre ovviamente al fare musica (ed era riuscito ad unire questi due concetti cruciali declamando qualcosa riguardo una vagina che andava a fuoco).

Viveva i giorni come gli capitavano, e il suo motto era “la vita è un bagno: entri, pisci su quel che ti capita e poi te ne esci, pregando di non finire nella traiettoria di quello che c’è andato dopo di te… e in tutto questo il sesso ovviamente interpreta il ruolo dell’acqua”.

Ma più il tempo passava e più il successo gli faceva colare sangue lungo la linea del collo, la vita ormai ridotta ad un circuito terribilmente uguale e la consapevolezza di non poterne fare parola con nessuno.

 

[soggetto ripreso: fronde di alberi mosse dal vento]

 

Fu così che la prima stagione della sua vita si concluse.

Così, senza alcun preavviso.

Il ragazzo privo di preoccupazioni aveva ceduto il passo all’altro, quello che sembrava essere lontano ma che in realtà se n’era rimasto in sordina per tutto quel tempo, in attesa di poter vomitare ogni rimorso al momento più opportuno.

Lo specchio si era rotto, mostrando a tutti com’era il reale, e la verità piaceva gran poco.

Qualcuno rivoleva indietro quello di prima, pur sapendo che una richiesta del genere fosse impossibile da soddisfare: una volta giù dall’altezza su cui era stato fino a quel momento, per lui risalire sarebbe risultato difficile.

… E comunque non rientrava tra le sue priorità, né tantomeno fra gli interessi che voleva coltivare.

 

[tipo d’inquadratura: “mezza figura”;

soggetto ripreso: sequenza veloce di scatti aventi come soggetto un giovane pallido e dal volto scavato, fatti tra il ‘94 e il ‘97]

 

Ma tra il mascara colato e una femminilità ostentata un po’ per scherzo e un po’ per provocazione, l’involucro di pelle si ricordava perfino di respirare.

Talvolta gli capitava di svegliarsi ansante, pregando per un po’ d’aria, e lo assaliva una voglia disperata di buttar giù muri e porte, convinto che così si sarebbe liberato delle costrizioni che lo assalivano ancora, nonostante da tempo si fosse sbarazzato di una moltitudine di –a suo dire- orpelli fastidiosi.

Non potendolo fare, si limitava a borbottare “non c’è tempo, stanotte…”.

Poi, a fatica, cambiava fianco con una lentezza esasperante e abbassava le palpebre stanche, saracinesche di un viso smunto.

 

[tipo d’inquadratura: “dettaglio”; soggetto ripreso: animazione di un fiore che si secca e si accartoccia su se stesso]

 

Sto morendo? Non m’importa

 

L’essere finito dentro una crepa l’aveva portato a convincersi di poter raggiungere il limite del mondo a proprio piacimento, di poter dissolvere qualunque problema, di riuscire ad avere il controllo di ogni situazione.

Ma dapprima vennero le occasioni perse, e poi l’entusiasmo sempre più in discesa, lo stress sempre più opprimente…

Non era saturazione. Era vacuità.

Gli ci volle un po’ per capirlo, data la grande presa di potere che l’orgoglio esercitava su di lui, ma ce la fece.

Era stata solamente una rovinosa caduta per terra, dettata dall’esigenza di poter avere qualcuno al proprio fianco sempre pronto a dirgli “certo che si può, avevi forse qualche dubbio?” e dal bisogno di avere un posto in cui guidare la propria immaginazione, a bordo di una bicicletta sgangherata o di una caravella ormai ammuffita dal tempo.

 

[soggetto ripreso: breve filmato datato 1999, in cui quattro musicisti ridono e scherzano;

la telecamera indugia spesso su quello con i capelli lunghi e un accenno di barba]

 

Prima dell’inizio del successo (e del conseguente baratro) auspicava che ogni persona trovasse in lui un modello di riferimento, o perlomeno che questi lo invidiassero per il colpo di fortuna che aveva avuto: non capitava tutti i giorni di poter suonare con i musicisti venerati per mesi e mesi…

Ora voleva soltanto poter avere qualcuno disposto a guidarlo, qualcuno con cui potersi sentire in sintonia o, come diceva lui, in rima.

Il suo desiderio venne esaudito.

Loro tornarono, tornarono per lui e non lo lasciarono solo, accogliendolo con amore e supportandolo, e fu come se non se ne fosse mai andato.

Certo, era cambiato, ma in positivo; sotto tutti i graffi era rimasto comunque qualcosa della persona di un tempo, e ogni esperienza lo aveva plasmato come l’acqua leviga il sasso.

E andando dentro, scavando, ci si poteva persino imbattere in una sensazione piacevole che egli non provava da troppo tempo, che forse non aveva provato mai: aveva finalmente trovato il proprio posto nel mondo.

Era bastato assestare un calcio deciso alla merda che lo aveva circondato fino ad allora, smetterla di ostinarsi a chiudere gli occhi davanti alla cruda verità e ogni pezzo aveva iniziato ad incastrarsi perfettamente nello spazio.

Ad averlo saputo prima…

Ora non c’erano più pareti soffocanti come prigioni o gli ammiratori deficienti fino al midollo che erano soliti farsi in sua compagnia, troppo impegnati a idolatrarlo o a succhiargli dosi di ero per potergli rivelare quanto in realtà la sua vita facesse schifo.

Ed era meglio così. Infinitamente meglio.

 

[tipo d’inquadratura: figura intera; soggetto ripreso: giovane che gira su se stesso con le braccia tese]

 

“Idiota? Beh, lo sono stato.

Ma ognuno di noi fa degli sbagli o delle scelte che non tutti comprendono… e questo forse significa che siamo tutti degli idioti?”

 

C’è un uomo che non ha mai frenato né tirato la leva: si è sempre tuffato a capofitto nella propria vita e non rimpiange gli errori commessi, grandi o piccoli che questi siano.

 

“Se sarò sempre demoralizzato?

Guardami: me ne vado attraverso queste mura, mi sono lasciato indietro tutti quei giorni e non ho avuto nessuna ricaduta

Credo di non essere mai stato più in pace di così.

Ho trovato il mio totale.”

 

L’essere stato folle lo ha portato a valutare con lucidità ogni evento accadutogli, senza incappare in nessuna dimenticanza.

 

Sono sempre io.

Semplicemente, mi sono guardato e quel che ho visto non mi è piaciuto.

Non c’è stato alcun comunicato ufficiale da parte del mio cervello o altre diavolerie…

Me ne sono accorto e basta. Ho voluto provare a cambiare, trovare un’altra strada da percorrere…

Il risultato è questo, e non mi dispiace.”

 

Può essere definito un delinquente? Un junkie? Un poppy man?

 

La volontà di morte è un processo creativo ma, allo stesso tempo, un ingranaggio infernale: una volta lì è difficile uscirne indenni.

La mia fortuna è stata quella di rendermene conto prima che il prezzo da pagare diventasse troppo grande…

L’insuccesso, la sconfitta sono tutti dimensioni della mia vita.

Ignorarli non porta nulla di buono, ma accettarli aiuta a penetrare il tempo…”

 

È veramente questa l’etichetta che vogliamo appiccicargli addosso?

 

[soggetto ripreso: stesso paesaggio filmato durante le quattro stagioni]

 

La natura cade, ma ogni anno la vediamo rialzarsi con maggiore ostinazione…

E quanto bello è vederla rinascere?

Così ho fatto io: sono crollato per terra ma ho iniziato a strisciare fino a quando non mi sono ritrovato nuovamente in piedi.

… una volta intorno a me c’era solo il nulla: ora questo freddo è scomparso.”

 

C’è un uomo che, quando parla, soppesa attentamente ogni parola, non lasciandone nemmeno una al Caso; ogni tanto si lascia sfuggire un “uh” perché la mente è già lontana, diretta verso altri orizzonti, mentre la labbra stanno ancora annaspando per concretizzare la matassa di pensieri.

Non si può mai sapere cosa gli frulli per la testa (Anthony era solito dire che il suo cervello fosse come una spiaggia araba: affascinante ma con probabili insidie nascoste), e sono più i momenti in cui chi lo circonda finge di capire tutti i suoi ragionamenti contorti che non quelli in cui li si comprende sul serio.

 

“Ti senti soffocare? Salta la tua sbarra, esci dalla gabbia e spogliati di ogni pregiudizio.”

 

Ciononostante, la gente ha presto imparato ad apprezzare la sua rinnovata saggezza, quel suo essere pacato e lontano dai riflettori come non lo è mai stato in vita sua: è la sua personalissima rinascita o, com’è solito dire lui, una seconda passeggiata lungo il percorso che qualcuno ha disegnato per ogni uomo.

 

Ascoltare e dire, buio e luce… Sono tutte facce della stessa medaglia. Movimento univoco ed invisibile.”

 

La filosofia di vita che lo guida si può riassumere in tre pensieri:

 

“Non devi serbare alcun tipo di rancore né augurare il male ai tuoi avversari perché, prima che tu te ne possa accorgere, il tempo sarà già finito.

E allora cosa ti potrà rimanere?”

 

“Non importa quanto alto sia il piedistallo su cui sei stato posto o quanto stupefacente sia stata la tua ascesa:

altrettanto rapida potrebbe essere l’uscita di scena.”

 

“Non si deve vivere all’ombra dei ricordi, perché il passato svanisce sempre troppo in fretta.

Allo stesso tempo, si deve avere la forza di non trascorrere una vita intera a ripetersi:

per cambiare ci vuole coraggio, questo è vero, ma prima o poi si finisce sempre con l’averne abbastanza di se stessi.

Ecco, quello è il giorno 909, e non lo raccomando a nessuno.”

 

[tipo d’inquadratura: “campo lungo”; soggetto ripreso: uomo che d’inverno cammina sulla spiaggia]

 

C’è un uomo che ha spiegato a Sam che prima dell’alba l’oscurità non ha alcuna chance, ha incitato Ricky ad essere qualunque persona volesse essere e insegnato ad Anne a non nascondersi, perché ci sarà sempre qualcuno che la troverà.

A volte lo si può vedere mentre si lascia trasportare dalla creatività tanto nominata, navigando cartelloni stradali o ricominciando un insieme d’azioni già compiute. È come se stesse raffigurando in musica la propria esistenza ma, per farlo, dovesse ripeterla daccapo.

Altre volte resta invece nei paraggi, ma chi lo conosce sa bene che la sua mente sarà via per sempre, via e dappertutto, nonostante l’apparente attenzione che egli sembra prestare al proprio interlocutore o a ciò che lo circonda.

 

“C’è un universo completamente differente, nello spazio là fuori.

Lì, la frenesia. Qui, aria.”

 

C’è un uomo che dalla vita ha avuto molto, e i segni sul suo corpo possono comunicarcelo meglio di quanto possano fare le sue labbra.

Sa quanto sia stato fortunato ma, allo stesso tempo, può vantare la capacità di essere riuscito a forgiare un po’ della propria esistenza con le sue stesse mani e l’incrollabile forza di volontà che da sempre lo anima.

Di sé lo si può sentir dire “D’altronde il mio è solo un nome, no?”, anche se lui stesso sa quanto quella manciata di lettere possa condizionare il ciclo vitale dell’essere umano.

Il suo per primo.

 

[tipo d’inquadratura: “primissimo piano”; soggetto ripreso: volto dell’uomo visto al caleidoscopio]

 

C’è un uomo che sta fuggendo incrociandosi, con la paura di avere un padrone, con la paura di essere di qualcuno che lo insegue ancora come un fantasma ostinatamente vivido, nonostante gli anni siano passati e le rughe abbiano fatto la loro comparsa.

Ogni tanto lo assale ancora il terrore di essere circondato solamente da persone sostitute e di appartenere ad una sfera di gente convinta di essere libera ma che in realtà non lo è affatto.

Per questo motivo ha ricominciato ad essere irraggiungibile, mettendo nuovamente in risalto l’altro sé e optando per questa soluzione un po’ drastica ma indubbiamente efficace.

Gli amici dicono che era nell’aria da un po’ di tempo, che l’ansia di concludere lo spazio e di rimanere schiavo delle stesse cose la stava facendo da padrona, e lui non poteva sopportarlo.

Prima che gli istanti lo avessero, lui ha agito.

Alcuni affermano che tutto sia iniziato da quando qualcuno gli ha detto “Nei tuoi occhi vedo il nulla e il tutto”, altri invece sostengono che siano state le circostanze a convincerlo che fosse arrivato il momento di rallentare per l’ennesima volta.

Noi non lo sapremo mai.

Sappiamo soltanto che il suo avvertimento è stato di monito a molti, e che non ha avuto bisogno di morire per raggiungere il proprio Paradiso.

Ed è vero che dopo la fine ci sarà sicuramente qualcosa, ma se le persone preziose come lui non sono affatto preoccupate di andarvi incontro, qualunque sia il destino che le attende, questo non può far altro che rincuorarci.

 

[voce fuori campo: “23 secondi entrano nella fine”]

 

Ok, ok, ce la posso fare.

La verità è che forse anch’io l’avrei fatto, forse anch’io al posto suo avrei avuto la forza di mandare all’aria anni e anni di piani e ambizioni, ma sicuramente non nella sua maniera.

La verità è che nella sua luce, nella voce ormai ridotta ad un sussurro con cui sembra quasi accarezzare tutto ciò che lo circonda, in un suo sorriso sfuggito dalle strade che sta percorrendo e quasi abbracciando, lui la pace è riuscito a raggiungerla.

La verità è che potrei ancora conoscere John.

 

[tipo d’inquadratura: “campo lungo”;

soggetto ripreso: figura che suona in una stanza, colpita dalla luce che filtra dalla finestra]

 

C’è un uomo che suona una chitarra. Al contrario.

Lasciandolo si prova un immediato vuoto che disorienta la mente, ma se ci voltassimo ancora una volta e lo vedessimo risplendere tra la polvere in controluce e il buio di questa stanza, capiremmo che questo è forse l’ultimo inno, che oggi è Ah Yom, il giorno, e che tanta purezza non merita affatto di essere sporcata dalle nostre pretese.

 

(La verità è che non posso vedere finché non vedo i tuoi occhi.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

but I know I’m somewhere else, where the words on this page are better than the scribbling nonsense they are;

Inauguro quest’angolo dedicato alle note precisando che, quando mi è balenata in mente l’idea che fa da fulcro all’intera storia, ho pensato inizialmente di utilizzarla per il cinquantesimo compleanno di John.

Ma è sorto subito un problema: quando Frusciante compirà cinquant’anni, io ne avrò già ventisette.

Avrò ancora voglia di scrivere sui Red Hot Chili Peppers? Ma soprattutto: avrò ancora voglia di scrivere e basta?

Questa paranoia mi ha talmente angosciato che, onde evitare d’incorrere in futuri rimpianti del tipo “ommioddio quell’idea era meravigliosa e io sono stata così paraculo da voler aspettare e adesso guarda qua, Frusci festeggia mezzo secolo di prodezza e figaggine e io non ho nessunissima voglia di onorarlo come si deve”, ho deciso di scriverla con sette anni d’anticipo.

So che è una storia senza senso ma, ora come ora, probabilmente è la “creatura” da me concepita a cui sono più affezionata: dietro ci sono un sacco di lavoro febbrile, ricerche estenuanti e ansie a bizzeffe, ma scrivendola è probabile che io stessa sia cresciuta.

So che è tutta farina del mio sacco, invenzione del mio cervello malato, ma mi è quasi sembrato di riuscire a capire qualcosa in più di John, delle sfaccettature che negli altri scritti non erano ancora emerse e che invece ora sono riuscita a riportare in forma scritta, e questo non può che farmi un immenso piacere.

Due note veloci (altrimenti ci capite ancora meno di quel che riuscireste a fare grazie al mio aiuto) e poi passo ai ringraziamenti.

1)       Poppy man: non sono riuscita a tradurre perfettamente questa definizione (“uomo poppettaro, fissato con il pop”?), e quindi mi sono affidata alla mia consueta inventiva LOL Se “poppy” significa “papavero”, perché “poppy man” non dovrebbe significare “dipendente dall’oppio (estratto dal papavero)”? :D Gente, prendetela come capita, io non mi spingo più in là come livello di pazzia, comprendetemi LOL

2)      Giorno 909: “909 is a derogatory reference to the California Inland Empire, taken from its area code. It generally means "far away and not worth going to." It has been popularized in slang by the radio deejays Kevin and Bean, who constantly dis on the 909 and all its residents as unsavory.” Spero sia comprensibile :D Nella storia, con questo termine John si riferisce al giorno in cui qualunque essere umano ne abbia abbastanza di se stesso: un giorno lontano ma che non merita di essere raggiunto, per l’appunto.

3)      Ah Yom in ebraico significa “il giorno”.

 

Ora posso passare finalmente ai ringraziamenti: ringrazio innanzitutto mio fratello Daniel, perché continua a sopportare la mia ossessione per John e i miei continui scleri su qualunque cosa e, cosa ancor più importante, per l’aiuto decisamente non indifferente che mi ha dato nel tradurre un sacco di termini. Se questa storia è riuscita a materializzarsi in tempo per il compleanno del Frusciante, è anche merito suo.

Inoltre ringrazio Cath, che mi è stata vicina/mi ha sostenuto psicologicamente/ha ascoltato i miei vari scleri sul parto di questa faticosissima fanfiction e, nonostante tutto, non si è mai dimostrata scocciata. Nemmeno una volta piccina. Mi auguro di farti diventare membro del fandom dei RHCP al più presto, che le premesse ci sono tutte!

 

Altre precisazioni?

No. (Izzy Stradlin, vedi di uscire all’istante da questa stramaledetta storia altrimenti faccio una strage, vade retro!)

Yes, ce ne sono altre.

Teoricamente la storia è scritta come se si stesse girando un documentario dedicato a John (gli appunti sparsi della sceneggiatura lo dimostrano), narrato da un punto di vista esterno e con citazioni (assolutamente inventate di sana pianta, badate bene) del soggetto del filmato; presenta però dei punti in cui la forma originale lascia spazio ad un altro tipo di narrazione (nel penultimo paragrafo la narrazione non è più impersonale, e la frase finale potrebbe benissimo essere stata estrapolata da una lettera diretta a Frusciante).

Sinceramente, a me piace così.

Mi piace che sia sconclusionata, a tratti perfino nonsense e che qualche volta ricordi forse un pochino anche la poesia, perché credo che queste tre definizioni rappresentino bene delle sfumature di John: sarà stato sconclusionato e anche un filino senza senso, ma la poesia celata nella sua anima è innegabile.

Ultimo punto, e non meno importante: penso che tutti voi abbiate capito perché molti termini nella storia siano in corsivo, vero?

Per i più tordi: evidenziate il testo racchiuso tra l’inizio e la fine dello spoiler, plz.

[SPOILER] I termini in corsivo sono titoli e (più raramente) citazioni dei testi delle canzoni di John Frusciante. Ebbene sì, questa storia racchiude tutta la sua discografia. Almeno, fino al 5 marzo 2013 :D [/SPOILER]

Contenti?

Adesso la pianto, seriamente.

Che altro dire? Auguro dei radiosi 43 anni all’uomo che mi ha praticamente sconvolto la vita e che, nonostante io non approvi molte delle sue discutibili scelte, può vantarsi d’incarnare alla perfezione il modello del mio uomo ideale. :’)

Happy birthday, John Anthony Frusciante.

 

Grazie a chiunque recensirà, apprezzerà o si limiterà semplicemente a leggere: grazie davvero di cuore.

 

Dazed;

   
 
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