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Autore: Laica    24/09/2007    15 recensioni
Lei ha perso tutto da poco.
Lui non ha mai avuto niente.
Lei cerca qualcuno
Lui non vuole nessuno
Tuttavia lui si prende cura di lei, mentre un solo pensiero lo assillerà sempre e comunque :chi glielo ha fatto fare?
( La storia al momento è in ristrutturazione, tornerà a breve.)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Apollo, Silvia de Alisia
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: Nella foresta

Prologo: Nella foresta

Nessuno l’avrebbe aiutata e, sopratutto, nessuno sarebbe venuto a cercarla, oramai erano tre giorni che si trovava in quella foresta, smarrita, stanca e soprattutto sola.

Si guardò il vestito: in diversi punti la stoffa era stata stracciata dagli arbusti incontrati per strada e, sull’orlo della gonna, spiccavano diverse tracce di fango, segno che non era cambiato da molto tempo.

Quel vestito era stato, in quei giorni, il suo letto e la sua coperta, ma con il passare di questi il clima si era fatto più rigido e, oramai, non sarebbe più bastato a riscaldarla in quelle sempre più fredde notti di novembre.

Quanto poteva durare, prima di morire assiderata?

Un gorgoglio improvviso le fece capire che quello era solo l’ultimo dei suoi problemi: le sembravano passati degli anni dall’ultima volta che aveva messo qualcosa sotto i denti. Come se non bastasse, il suo naso gli giocava brutti scherzi, oramai sentiva odore di cibo da tutte le parti.

Silvia sospirò triste e riprese a camminare, anche se la debolezza cominciava a farsi sentire, ma lei continuò.

Doveva arrivare assolutamente al villaggio, oramai era sicuramente vicina, mancava poco…

I suoi piedi però sembravano essere di un’altra idea e si rifiutarono di avanzare ancora.

Cadde a terra, sfinita, e scoppiò a piangere.

Se continuava così, sarebbe morta, prima di poter compiere la sua vendetta.

- dannazione! Perché sono così debole?- singhiozzò mesta.

Alzò la testa, facendo appello all’ultimo briciolo di dignità che gli rimaneva in corpo, e cercò disperatamente di scorgere il villaggio, ma il suo sguardo non incontrò nient’altro che alberi.

E una piccola fiammella a pochi metri da lei.

Scosse la testa, convinta che fosse un’illusione: che cosa ci poteva fare una luce in mezzo alla foresta?

Strizzò nuovamente gli occhi ma la visione sembrava non sparire.

Incredula, la ragazza si alzò e prese a correre, con rinnovata energia, verso quella direzione.

Forse avrebbe trovato qualcuno che, se fosse stata fortunata, l’avrebbe soccorsa.

O, molto più facilmente, sarebbe finita in mano a qualche gruppo di tagliagole, ma tutto andava bene, purché non morire in un modo così assurdo.

Non dopotutto quello che aveva passato.

Si arrestò a pochi passi dalla fonte di luce, incredula di tanta fortuna: davanti a lei, era posto un piccolo fuocherello e, su di esso, giaceva incustodita una bella coscia di cinghiale.

Il grasso sfrigolava allegro, diffondendo il suo profumo invitante nelle narici della ragazza che ondeggiò, stordita dalle sue stesse emozioni, ma capì di doversi riprendere la prima possibile: qualcuno doveva averlo posto in quel luogo e di sicuro non poteva essere andato molto lontano.

Se voleva mangiare, doveva sbrigarsi.

Si guardò intorno e, dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, allungò la mano per afferrarla.

Fu in quel momento che sentì il gelo del metallo contro la sua gola.

- posa immediatamente le mani da quel cibo - ordinò una voce maschile alle sue spalle - Avanti!-.

Terrorizzata, lasciò andare la carne.

-mi -mi dispiace! Non credevo che…-

-Voltati!- le ordinò nuovamente lo sconosciuto, incurante delle sue scuse.

La ragazza si voltò docilmente ma quando si trovò faccia a faccia con l’uomo, desiderò ardentemente di non averlo mai fatto: il mantello rosso scuro (*) che gli copriva le spalle, non lasciava dubbi sulla sua identità poiché esisteva solo un ristretto gruppo di persone che lo indossavano.

E quelle persone erano i soldati di ventura.

Ne aveva visti parecchi al castello, dato che molti prestavano servizio a suo padre durante le sue campagne militari, ma gli era sempre stato vietato in ogni modo di avvicinarsi a loro, e il motivo era validissimo: la loro fama era pessima e, spesso, durante le guerre, saccheggiavano villaggi, uccidevano anziani e bambini, per non parlare di quello che facevano alle donne. E poi erano loro che…

Un brivido le attraversò la schiena.

Era sola, in un bosco isolalo, di notte e con un mercenario.

Era veramente finita.

L’uomo la scrutò attentamente, sollevandole i resti di quella che era stata la sua acconciatura con la spada.

Di fronte a quello sguardo indagatore la ragazza tremò, terrorizzata dagli occhi di quello sconosciuto e da quello strano silenzio che si era creato.

Cosa avrebbe fatto ora?

L’avrebbe uccisa? O forse aveva altre intenzioni?

Abbassò lo sguardo, incapace di reggere ancora quel gioco di sguardi e si fissò ossessivamente i piedi.

Fu allora che sentì la spada allontanarsi da lei e lo sconosciuto grugnire e sedersi poco distante da lei.

Sollevò nuovamente lo sguardo, allibita, e lo vide afferrare il cosciotto di cinghiale e cominciare a divorarlo, ignorandola beatamente.

Silvia rimase immobile, paralizzata dal dubbio: lo sconosciuto continuava a ignorarla e sembrava non avere il benché minimo interesse verso di lei, ma se avesse provato a scappare cosa sarebbe successo? Magari voleva pensare a cosa farne di lei dopo aver mangiato, e un suo tentativo di fuga lo avrebbe solo fatto infuriare di più. Sarebbe riuscita a seminare un tipo più in forze di lei, se mai l’avesse inseguita?

Lo osservò attentamente: era palesemente un guerriero, abituato alla fatica e alle guerre, gli sarebbe bastato un attimo per raggiungerla e rompergli l’osso del collo.

Rischiare sarebbe stato inutile.

Proprio in quel momento, forse ignorato per troppo tempo a causa dello shock, il suo stomaco tornò a farsi sentire, e in maniera piuttosto rumorosa oltretutto, tanto da attirare l’attenzione del soldato, che si bloccò dal mangiare e tornò a fissarla.

Tradita dal proprio stomaco, questa cosa non l’aveva mai sentita prima.

- tieni.- disse improvvisamente lo sconosciuto, porgendogli quello che restava della sua cena e distogliendola dai suoi pensieri.

Lei lo fissò, confusa e incredula.

- hai fame, no?- continuò questo, brusco – forza, mangialo.-

La ragazza annuì e prese la carne dalle mani del soldato: non ne era rimasta molta, ma quel che c’era le sembrava più di quanto avesse potuto sperare in vita sua e ci si fiondò con malagrazia.

Con talmente malagrazia che rischiò di soffocarsi tra un boccone e l’altro.

- vedi di non morire strozzata, principessa – disse allora quello, passandogli la sua bisaccia.

- g- coff -grazie.- mormorò allora la ragazza, bevendo lunghe sorsate.

Si fece coraggio – m-ma come fai a sapere che…- domandò, confusa.

- che sei una principessa?- la interruppe lui.

Silvia annuì.

- per i vestiti. – spiegò allora - Dubito che una popolana possa permettersi simili stoffe. Anche se non sembra che tu te la passi molto bene.-

La giovane abbassò la testa, mesta – è una storia lunga.-

- e un nome ce l’hai?- continuò lo sconosciuto, per niente interessato alla sua triste vicenda.

- S-Silvia.-

- Bene Silvia, credo sia ora di riposarsi. Domani partiremo all’alba.- disse l’uomo, tranquillo, cominciando a rovistare nella sua bisaccia.

- p-partiamo?- chiese lei, confusa.

Era una prigioniera, quindi?

- il villaggio più vicino è a un giorno di cammino da qui. Posso condurti lì- spiegò lui, continuando a darle le spalle – a meno che tu non creda di riuscirci da sola.-

Silvia non riuscì a credere alle sue orecchie: le stava offrendo un aiuto? Un soldato di ventura?

- Vi sarei debitrice a vita.- disse alla fine, accettando il suo invito. Che altro poteva fare?

- bene, allora credo sia il caso di andare a riposarsi. Come vi ho già detto dobbiamo svegliarci all’alba.-

Silvia annuì.

Non voleva approfittare della sospetta gentilezza dello sconosciuto, ma…

- avreste per caso qualcosa per coprirmi?- domandò, accorgendosi solo in quel momento del freddo pungente presente nella radura.

- Apollo.-

- Come?-

- il mio nome è Apollo, smettila di darmi del voi.- spiegò, tirando fuori dalla bisaccia una coperta dall’aria rozza ma resistente – e comunque io possiedo solo questa. Se la vuoi usare, prego...- aggiunse, sdraiandosi e comprendoni con questa.

- cioè dovrei dormire con vo…cioè con te?- domandò scandalizzata Silvia. Mai in tutta la sua vita aveva dormito con un uomo e non aveva intenzione di iniziare ora, con un soldato di ventura poi.

- come vuoi. Io di certo non dormirò all’addiaccio.- rispose Apollo, con un’alzata di spalle – buonanotte milady, spero di trovarla viva domani mattina.-

- va bene, va bene.-

- come scusa?-

-dormo con te. Ma tieni le mani a posto!- esclamò Silvia, sorpresa del coraggio tirato fuori. Pochi minuti prima era convinta che quello strano soldato, Apollo, l’avrebbe uccisa, ma ora che si era mostrato così gentile, riusciva addirittura a rispondergli.

- e chi le muove!- rispose lui, con la voce già insonnolita - Ah, un’ultima cosa! Vedi di non muoverti troppo stanotte, dato che non profumi di certo di rose!-.

Ok, ritirava tutto quello che aveva detto su di lui.

 

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Angolo autrice

Allora, premetto che questa fic nasce da una scommessa. Recentemente una certa persona (il mio ex) mi ha accusato di essere senza cuore e che ho un’idea di romanticismo pari a zero.

Per dimostrargli il contrario ho deciso di scrivere una fan fiction interamente romantica (anche se dal primo capitolo non sembra!^^).

Ora però, rileggendola non mi pare una gran cosa, quindi non so se la continuerò. Se vedrò che piace continuerò ma se così non fosse, fa niente!

Vuol dire che mi prenderò la pezza di cuordipietra e mi darò all’ippica!

   
 
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