Il giovane ninja sospirò.
Era da più di
un’ora che aspettava.
La pioggia scendeva, fitta e
implacabile
ma lui non poteva ripararsi in alcun modo e così sentiva le
gocce scendergli
lungo i vestiti ed il viso.
No, le gocce sul viso non erano
lacrime.
Non aveva più forza per
piangere. Aveva
pianto troppo in passato.
Eppure avrebbe voluto ancora
piangere, a
volte. Quando sentiva crescere nel petto un dolore soffocante, una
solitudine
atroce, che lo straziava senza pietà.
Quando vedeva il riflesso dei
propri occhi.
Occhi gelidi, crudeli.
Quando sentiva la voce di quello.
Ma non ci riusciva.
Non riusciva a far sgorgare dagli
occhi
di ghiaccio quelle lacrime tanto desiderate e il dolore rimaneva
lì, annidato nel
suo petto.
Allora uccideva.
In quei momenti il liquido che
bagnava
il suo viso era color cremisi.
Era il sangue delle sue vittime.
Ma quel giorno non aveva il volto
rigato
da lacrime né imbrattato di sangue.
Semplicemente si stava bagnando.
Ma ormai non sentiva più
neanche il
freddo pungente, non rabbrividiva più nei vestiti fradici.
L’attesa leniva la
sofferenza.
Le orecchie erano tese a captare
ogni
singolo suono proveniente dalla casa.
Gli occhi erano persi nel vuoto, ma
continuavano a fissare quella porta chiusa, sperando che si aprisse.
La sua mente era tesa e impaziente.
Persino quello
si era zittito.
Sospirò ancora.
Tentò di pensare ad
altro, cercando di
ingannare il tempo che sembrava non passare mai.
“Piove”
Questa affermazione
scontata lo tranquillizzò un poco.
Era piacevole la sensazione
dell’acqua
che correva lungo il viso.
Il paesaggio circostante era
avvolto in
una fitta coltre di nebbia. Le nuvole grigie avevano oscurato il sole.
Sotto la pioggia si perdeva la
concezione del tempo e dello spazio.
Sembrava quasi una purificazione.
“A Suna non piove quasi
mai.”
Ti
sei mai chiesto perché?
La voce di quello
cominciava a farsi sentire. Il ragazzo si premette le mani
sulle tempie, tentando di farla cessare.
Perché
Suna è come te: arida e inospitale.
Un sussurro terrificante aleggiava
nella
sua testa.
“Stai zitto!”
Quello si ritirò nella parte
più remota della sua testa,
ghignando compiaciuto. Tra non molto sarebbe tornato a tormentarlo.
Non c’era nulla da fare.
Per quanto fosse forte e temuto, il
ninja non riusciva a far tacere la voce assassina che lo perseguitava.
La forza di quello
era di gran lunga superiore a lui.
Il ragazzo cominciava a essere
sempre
più impaziente. L’attesa lo stava snervando.
“Accidenti...”
Erano ore che aspettava.
Ore passate sotto la pioggia.
Pioggia che continuava a cadere dal
cielo.
Cielo nero e privo di sole.
Sole che a Suna brucia.
Brucia come la solitudine.
Tu
non sei solo; non lo sei mai stato: ci sono io qui con te.
Oh, no. Non ancora.
Ma
perché aspettare sotto la pioggia? Perché non
entriamo adesso?
No, deve essere lui ad aprirmi.
Deve
essere lui ad accogliermi e ad accettarmi. Se non lo farà,
io non lo cercherò
mai più.
Ho
fame...
Il sussurro stava gradualmente
prendendo
un tono più deciso.
“Non
ora...no...zitto...”
Ho
fame...fame...
“Ti
prego...no...”
Ho
fame...DI SANGUE!
“ZITTO!”
La voce si ritirò ancora
una volta.
Il ragazzo ora respirava
affannosamente.
Aveva gli occhi spalancati e le mani sulle tempie.
“Non ora...”
Dalla casa provennero alcuni
rumori.
Probabilmente aveva sentito l’urlo.
Dei passi affrettati.
Una chiave che gira nella toppa.
La porta si aprì
cigolando.
“Ma che
diavol...Gaara?”
La voce aveva un tono acuto di
stupore.
Rock Lee era in piedi davanti al
Kazekage.
Quest’ultimo lo fissava
con gli occhi
sbarrati.
Per qualche istante i due non si
rivolsero la parola.
Dopo quella che sembro
un’eternità, Lee
fece cenno a Gaara di entrare.
“Cavolo, sei tutto
bagnato! Cosa ci
facevi lì fuori?”
L’altro non rispose.
“Ti prenderai un
raffreddore! Non devi
sciupare la tua giovinezza in un modo così futile! Aspetta
ti prendo qualcosa
di asciutto!”
Appena Lee fu uscito dalla stanza,
Gaara
sorrise debolmente.
Ne
sei ancora capace?
“Non
cominciare...”
Ma prima che quello
potesse replicare, Lee era tornato con una pila di vestiti
asciutti.
“Ecco...forse ti andranno
un po’ grandi,
però è sempre meglio che una tunica fradicia,
no?”
Il ninja di Konoha sorrise
amichevole.
Si poteva essere amichevoli con uno
che
ti ha quasi ucciso?
Si poteva riconoscere come un amico
un
assassino?
Per Gaara quel ragazzo continuava
ad
essere un mistero.
*********************
Gaara aveva indossato i vestiti
asciutti
e ora era seduto sul letto accanto a Lee.
Non si guardavano.
Nessuno dei due parlava.
Lee avrebbe voluto chiedergli
perché era
rimasto fuori a bagnarsi, ma temeva di essere indiscreto.
Gaara avrebbe voluto riuscire a
parlare,
ma non trovava la forza.
All’improvviso il giovane
Kazekage si
voltò verso l’altro.
“Perché...?”
Il ninja di Konoha lo
guardò
incuriosito. Era contento che avesse finalmente deciso di rivolgergli
la
parola.
“Perché cosa,
Gaara?”
“Perché mi
accogli in casa tua, perché
sei così gentile con me quando io ho tentato di
ucciderti?”
Lee sorrise. Un sorriso dolce,
comprensivo.
“Perché mi hai
anche salvato la vita,
ricordi?”
“Solo per
questo?”
“Ti sembra
poco?”
Gaara lo guardò senza
capire. Era vero;
gli aveva salvato la vita contro Kimimaro, ma solo perché
era ciò in cui
consisteva la sua missione. Tutto ciò bastava a fargli
espiare la sua colpa?
“L’ho fatto
perché mi
era stato detto di farlo.”
“Però
l’hai fatto.”
“Dove vuoi
arrivare?”
“Beh, tu hai cercato di
togliermi la
vita, però poi me l’hai salvata: diciamo che il
conto è pari.”
Il ragionamento non faceva una
grinza.
Però Gaara non era ancora sicuro di aver capito. Era davvero così
semplice essere gentili e
disponibili? Poteva davvero essere accettato per quello che era? E
allora
perché continuava a sentirsi il petto oppresso da una
sensazione di
inadeguatezza?
“Ehi, Gaara?”
All’improvviso il giovane
Kazekage capì
cos’era quell’inquietudine che lo tormentava: il
senso di colpa.
Gli dispiaceva
aver provocato tutte quelle sofferenze a quel ragazzo.
“Perdonami...”
“Cosa?”
“Perdonami per i guai che
ti ho
provocato...mi dispiace molt...”
La frase rimase sospesa a
mezz’aria.
Mentre Gaara stava parlando, Lee si
era
avvicinato a lui.
Adesso i loro visi quasi si
toccavano.
Quella vicinanza metteva a disagio
Gaara.
Lui aveva sempre odiato i contatti
umani, odiava essere toccato.
Eppure non si sottraeva alla
vicinanza
di Lee.
L’altro intanto
continuava a fissare i
suoi imperscrutabili occhi azzurri.
Non gli erano mai sembrati tanto
belli.
All’improvviso Lee
avvicinò ancora di
più il suo viso a quello di Gaara, chiuse gli occhi e lo
baciò.
Il Kazekage rimase paralizzato.
Nella sua testa vorticavano i
pensieri e
le emozioni più disparate.
Da un lato voleva uccidere Lee per
il
semplice fatto di averlo toccato.
Da un altro voleva che lui
continuasse a
parlargli, a toccarlo, a baciarlo.
Da un lato pensava che tutto
ciò era
sbagliato, impossibile, impuro.
Dall’altro non gliene
importava niente e
voleva solo abbandonarsi tra le braccia del ragazzo.
Alla fine il lato umano di Gaara
ebbe la
meglio e il ragazzo cinse le braccia attorno al collo di Lee.
L’altro gli prese il viso
tra le mani e
lo baciò con rinnovato ardore.
Poi, con grande dispiacere di
Gaara, si
staccarono.
Rimasero a fissarsi negli occhi,
senza
parlare.
Le parole non servivano.
I loro respiri erano affannosi.
Il battito dei loro cuori
accelerato.
Lee passò una mano sui
capelli
dell’altro.
Pensò al loro colore.
Rosso.
Rosso come il sangue.
No.
Rosso come le foglie
d’autunno.
Rosso come una mela.
Rosso come il fuoco.
Rosso come...l’amore.
“Io...credo di essermi
innamorato di te,
Gaara.”
Gaara rimase stupito
dell’affermazione.
Non solo Lee lo aveva accettato e perdonato, ma diceva persino di
amarlo. Non
stava mentendo, era serio e deciso. Lo amava veramente.
E
io?
Io
lo amo?
Chiuse gli occhi. Ripensando alle
parole
dell’altro si sentiva pervadere da una sensazione di dolcezza
e felicità.
Avrebbe voluto che continuasse a
carezzargli i capelli per sempre.
La consapevolezza che, aprendo gli
occhi, lui sarebbe stato lì lo rassicurava.
“Anch’io...credo
di amarti.”
Lee sorrise, felice. Subito dopo
però si
rabbuiò.
“Non è una
cosa normale. Cosa diranno
gli altri?”
“E chi se ne frega degli
altri! Dicano
pure quello che vogliono!”
A
me basta avere te...
“Gaara...”
“Che
c’è?”
“Dormiresti qui,
stasera?”
“Io non posso
dormire.”
“Non ne avevo
l’intenzione.”
******************************
Gaara si alzò a sedere
sul letto.
Lee dormiva al suo fianco. Sembrava
così
innocente, così innocuo, così...
Vulnerabile.
Gaara tentò di non dare
ascolto alla
voce di quello che gli echeggiava
nella testa.
Cercò la sua tunica da
Kazekage. Bene,
si era asciutta.
La indossò.
La voce cominciava ad essere sempre
più
insistente.
Povero
Gaara...povero ingenuo...
Cosa stava dicendo, poi? Frasi
ancora
più insensate del solito.
Gaara...non
te ne sei accorto?
Accorto? E di cosa?
Sei
stato raggirato ancora una volta.
No, adesso sei tu che hai
sbagliato. Sei
tu che stai cercando di confondermi, di ingannarmi.
Credi
davvero che qualcuno possa amarti?
Certo! Lee ne è la prova!
Illuso!
Quel ragazzo ha solo terrore di te! L’ha fatto per salvarsi
la pelle! Hai già
cercato di ucciderlo una volta...
Non è vero! Lui mi vuole
davvero bene! Stai
mentendo!
Io
sono l’unico a non averti mai mentito! Ti ho protetto come
una madre, ti ho
tenuto compagnia come un amico e ti ho rassicurato come un amante!
È lui quello
che ti ha preso in giro!
No, no, no! Tu mi hai portato solo
dolore e solitudine! Nessuno mi ha mai amato, perché nel mio
corpo c’era un
mostro come te!
Chi
c’era quando tuo zio ha cercato di ucciderti? Io. Chi ti ha
protetto dai
sicari? Io. Chi non ti ha mai lasciato solo, neanche un istante? Io,
io,
solamente io!
Lasciami in pace!
Nessuno
ti ama!
No...
Sei solo!
Non è vero...
Il
tuo nome stesso significa un essere che ama solo se stesso!
Il mio nome...
Tu
ami solo te stesso!
Solo me stesso...
E
combatti solo per te stesso!
Sono solo...
L’amore
fasullo non servirà a sentirti in vita!
Io...uccido per sentirmi vivo...
Finché
sulla terra ci saranno uomini da uccidere...
...la mia esistenza non
scomparirà.
Bravo
Gaara. Adesso io ho fame, tu hai fame, tutti e due abbiamo fame...
...fame di sangue.
Uccidilo.
Ma...lui...
Uccidilo.
Non posso...non dopo che...
Uccidilo
ora!
Non...
UCCIDILO!
Gli occhi di Gaara erano dilatati
dalla
sofferenza e dalla paura. Il suo corpo prese a muoversi contro la sua
volontà.
Era stato sopraffatto da quello ancora una volta.
Alzò una mano.
La sabbia iniziò a
volteggiargli
intorno.
Tese la il braccio verso Rock Lee.
La sabbia circondò il
ragazzo.
Tentò di chiudere il
pugno.
Non ci riuscì.
“Gaara cos...”
Lee si stava svegliando.
Ora
o mai più.
Non ce la faccio.
“Che sta
succedendo?”
Muoviti!
Io...
“Perdonami,
Lee...”
Gaara strinse il pugno.
La sabbia si strinse violentemente
intorno al ragazzo.
La morte fu immediata.
Non si accorse neanche di quello
che gli
stava accadendo.
Intorno al letto c’era
una pozza color
cremisi.
La sabbia era impregnata
dall’odore del
sangue.
Quello rideva dentro la testa di Gaara.
Quello gioiva.
Quello si era saziato.
Lentamente, Gaara lasciò
la stanza.
******************************
Gaara è fuori dalla casa.
Le sue mani sono rosse.
La sabbia volteggia ancora intorno
a
lui.
Sembra un’aura malvagia.
Il sole splende nel cielo terso.
Ma sta ancora piovendo.
Sul viso del Kazekage.
Primo
tentativo di shounen ai ^.^” ihih (risatina nervosa)... ho
visto troppe
immagini GaaraLee. A proposito, scusate,
ma mi era preso un’irrefrenabile attacco di
sadismo e...e...BUAAAAAAAH!!!!!!!!
T.T mi sono messa a piangere da sola mentre scrivevo questa fic...
povero Lee!
Beh, d’altra parte è tutta colpa dello Shukaku
(era lui il quello per chi non
l’avesse capito NdAutrice) (Io non l’avevo
capito! NdLee) (Che ci fai qui? Non eri morto? Aiuto, un fantasmaaaaaa!
O.O
NdAutrice), non odiate Gaara per cortesia...
Comunque,
spero che vi sia piaciuta! Ho in programma di scrivere una specie di
seguito
(Speriamo! Non mi lasciare così...dopo sembro un crudele
assassino! NdGaara)
(Ma scusa, non è esattamente quello che sei? NdAutrice)...ma
vorrei sentire
prima i vostri commenti: sia quelli
positivi che quelli negativi! ^.^
Un baci8 a tutti da Cecia chan
P.S.Il rating forse è un
po' troppo alto... ma avevo paura di metterlo troppo basso ^.^