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Autore: thehurtlocker    09/03/2013    6 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/Jake_Bugg]
[http://it.wikipedia.org/wiki/Jake_Bugg]Ero in un pub. Un normalissimo pub. Frequentato da alcuni anziani e giovani ubriachi. Uno di quelli di periferia. Un classico pub britannico.
Poi lui arrivò. E lo vidi cantare, e suonare, e il mio cuore farsi catturare.
FF sul mio cantante preferito Jacob Edwin Kennedy, aka Jake Bugg.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Camminammo per dieci minuti parlando del più e del meno, facendoci domande stupide per conoscerci meglio, finché le nostre sigarette divennero minuscole e inutilizzabili.
Arrivammo davanti a questo piccolo palazzetto più in stile statunitense che britannico, dove egli viveva.
La porta d'ingresso era di un rosso scuro, quasi bordeaux, e sembrava proveniente da un'epoca passata con quelle rifiniture stile anni '40 - possibile mai che questo ragazzo non avesse niente di moderno a parte le scarpe??
Jake tirò fuori dalla tasca del jeans un paio di chiavi; cercava quella di casa, scartando le altre accuratamente etichettate 'box', 'mamma', 'studio' ecc ecc..
Quando le trovò, le chiavi di casa, - le uniche senza nome - le girò accuratamente nella serratura e la porta si aprì con un scatto veloce e poco rumoroso.
Entrammo e mi sentii catapultata in un mondo completamente diverso.
 
Sì, questo ragazzo non aveva nulla di moderno a parte le sue grigie Adidas.
 
Era tutto in disordine, un ''casino'' se posso permettermi certe parole.
Notai imbarazzo sparso per tutto il suo viso; si portò una mano dietro la nuca ed esclamò con un finto sorrisetto 'Scusa il disordine..', e io, ovviamente, risposi con un altrettanto sforzato 'Figurati'.
Ma in fondo, era tutto ok. Non si aspettava certo l'arrivo di una sconosciuta a casa - anche se aveva insistito lui.
Non mi fece fare il 'Tour Around The House', - anche perché l'avrei fatto io senza il suo aiuto, poi - ma mi indicò direttamente la stanza dove avrei dovuto alloggiare.
 
Per un momento mi sentii come Mr. Bean a casa della vecchia acida Julia Wicket.
 
Mi lasciò lì, in quella stanza che puzzava di chiuso e polvere, e poi se ne andò in cucina.
Lo sentii aprire il frigo e esclamare a bassa voce un 'Dannazione'; all'improvviso mi urlò qualcosa che compresi e realizzai soltanto dopo che udii la porta d'ingresso chiudersi.
 
«Il frigo è vuoto.. Vado a fare la spesa! Se succede qualcosa le chiavi sono sul tavolo all'ingresso vicino un biglietto col mio numero di telefono».
Non so perché ma risi.
 
Poggiai la mia sacca sul letto, il quale cigolò un pochino e sbuffò polvere dal copriletto arancione e mi fece pensare al tramonto autunnale per le strade di Parigi - città meravigliosa che avevo visitato intorno gli otto anni.
 
Mi guardai attorno, un poco spaesata: la mia stanza era forse la più ordinata - sporca - della casa, e anche la più vuota. Vi era solo il letto, un comodino di legno scuro, una cassettiera e un armadio dello stessa manifattura del comodino e un'appendi abiti/cappelli di legno chiaro.
Ovviamente vi era anche una finestra, grande e in quel momento chiusa dalla taparella che lasciava entrare pochi barlumi di luce.
Tutto sapeva così di vecchio.
 
Diedi una pulita, giusto per sentirmi meglio con me stessa e evitare al povero cantautore altre figuracce.
Dio, quanta polvere invase le mie narici! Di fatti, decisi di farmi una doccia dopo aver pulito tutto. A Jake non avrebbe dato fastidio, no? Speravo solo che non tornasse proprio in quel momento - cosa che infatti non avvenne.

Il bagno si trovava in fondo al corridoio, appena uscita dalla mia stanza.
Lo percorsi lentamente, sbirciando qua e là tra le stanze che sorpassavo; quando raggiunsi il bagno notai che questo era il locale più pulito e in ordine - dopo la mia camera ovviamente. Ci si poteva specchiare, tanto era lucido. Forse era anche l'unica stanza non old style della casa.
 
Il soffitto e le pareti erano bianchi, mentre il pavimento era fatto di piastrelle azzurrine; c'erano solo la doccia, il water, una vasca e il lavandino con uno specchio di forma ovale, incastrato in un mobiletto bianco con cassettini.
Prima di svestirmi sbirciai tra quei ripiani, e trovai le solite cose che un uomo possiede: rasoio, schiuma da barba, dentifricio, alcuni spazzolini ancora impacchettati, deodorante, colluttorio e medicine varie. Nulla di interessante, insomma.
Poi, mi volsi verso la cabina della doccia, che non era trasparente come quella che vi era a casa mia, ma di un azzurro simile a quello delle piastrelle; aprii l'acqua per lasciarla riscaldare - un gesto che eseguivo da sempre prima di lavarmi - e mi spogliai completamente.
Aspettai due o tre minuti e poi entrai, facendomi avvolgere completamente da quel fiume d'acqua industriale, l'unica disponibile nelle case d'ognidove.
Chiusi gli occhi e mi rilassai quei pochi secondi che potevo permettermi; mi lavai nell'ordine che mi era stato insegnato: Shampoo, balsamo e doccia schiuma.
Non ci misi molto, cinque minuti direi, anche se in un'altra realtà o luogo avrei potuto impiegare anche un'ora.

Sì gente, sono una sprecona di prima categoria.

Strizzai i miei lunghi capelli in una stretta delle mani e poi uscì.
E l'accappatoio?
Ok. Lo ammetto: non ci avevo pensato.
Davanti a me ce n'era solo uno, e senza neanche tirare a indovinare, sapevo per certo che era quello di Jake.
Mi guardai intorno imbarazzata.
Se Jake fosse tornato in quel momento, mi avrebbe trovata nuda nel suo bagno e senza niente con cui coprirmi.
Sarebbe stato troppo umiliante.
Chiusi il bagno a chiave, e mi asciugai i capelli giusto dieci minuti, stando attenta nel caso Jake tornasse.
Poi, agguantai lo stesso il suo accappatoio e lo usai soltanto per raggiungere la mia stanza; una volta arrivata, chiusi la porta a chiave e mi asciugai il corpo con un'asciugamano che, grazie al cielo, mi ero portata da casa mia.
Mi sentivo così impacciata!
Feci tutto di fretta: agguantai delle mutandine semplici blu abbinate ad un reggiseno push up; poi un paio di pantaloni stretti con un motivo a quadri giallo e verde scuro, che arrivavano poco sopra la caviglia. I miei preferiti.
Misi una canotta di un verde più acceso, non troppo lunga, su cui era presente la scritta di una delle mie canzoni preferite.
 
«Because maybe, you're gonna be the one that saves me
 And after all, you're my wonderwall»
 
Già. 'Wonderwall', Oasis, Ottobre 1995.
Meravigliosa.
Indossai, infine, delle calzine sotto le mie Vans marrone scuro - quelle classiche, non sportive e una giacca di pelle del medesimo colore, che arrivava poco sotto il mio seno.
Un seno neanche tanto prosperoso. Seconda abbondante.
Comunque, raccolsi i miei capelli color biondo cenere spento in una coda alta e resistente, usando un elastico verde militare.
Presi la mia collana porta fortuna dalla taschina interna della sacca: era il simbolo di Batman. Il mio ero da quando ero piccina.
Sopra vi avevo fatto incidere il nome del regista - inglese, ovviamente - della saga di questo uomo-pipistrello: Christopher Nolan.
Ah! E, guarda caso, l'attore che interpretava Batman era il mio inglesino preferito Christian Bale.. Dio mio, lo adoro!
Peccato sia già sposato e abbia anche una figlia..
 
Tirai fuori, inoltre, dalla sacca anche una boccetta di profumo Penhaligon's. Il mio preferito.
Non so se l'avete presente, ma è quella storica boccetta impreziosita da un piccolo fiocco in tessuto..
In ogni caso, quel profumo è uno tra i sovrani indiscussi nel regno dei profumi inglesi.
Ogni volta che lo spruzzavo sul mio tenero collo, chiudevo gli occhi e immaginavo di trovarmi in un grande bosco affollato da alberi e fiori.
Un autentico paradiso.
Vi consiglio di comprarlo.
 
Insomma, ero pronta. Ma per cosa? 
Non lo so. 
 
Tornai in bagno e rimisi l'accappatoio al suo posto, così che Jake non avrebbe sospettato di nulla.
Girovagai per la casa, passando per la sala, e la cucina, e lo studio. Finché non raggiunsi camera sua, di Jake. Jake Bugg.
Era disordinatissima. Un disastro unico.
Vi era il letto, coperto da una moltitudine di capi d'abbigliamento - tutti old style ovviamente: calzini, jeans, tute, maglie, camicie, canottiere, cravatte, giacche, e anche delle mutande.
L'armadio era vecchio, rovinato e quasi vuoto - ci credo, i vestiti erano tutti sul letto!
C'era una grande cassettiera che non osai aprire; tre o quattro chitarre qua e là; molte paia di Adidas - l'unica cosa contemporanea che amava, probabilmente; fogli di spartiti e canzoni incomplete sparsi ovunque sul pavimento; e una foto.
Esclamai un versetto stupefatto - non so dirvi se positivo o negativo - nel vederla, quella foto.

C'erano lui, Jake, e una ragazza.

Lui era decisamente più giovane; non so quanti anni avesse in quel momento, ma ipotizzai sui quindici o sedici.
Lei era davvero una bella ragazza: capelli rossi e mossi; occhi piccoli e azzurri; sorriso grande e contagioso.
Sembravano entrambi così felici..
 
In quel momento la porta d'ingresso si aprì col suo scatto veloce, e la luce del Sole inondò la buia casa.
Uscii immediatamente dalla stanza e corsi in salotto.
Jake era in cucina a sistemare la spesa.
 
- Eccoti.- mi sorrise con quelle labbra, e io volevo svenire.
- Eccomi. 
- Ti sei cambiata, vedo.
- Si!- non mi passò neanche per l'anticamera del cervello di dirgli della doccia.
- Stai molto bene.. - arrossii e abbassai la testa - Ti piacciono gli Oasis?- chiese indicando probabilmente la scritta sulla maglia.
- Si, li adoro. Poi la canzone è scritta da Noel che è il mio preferito tra i due.
- Ahah, anche il mio! Liam ha il mono ciglio e quell'espressione da perennemente incazzato! - e cercò di imitare il più vecchio dei fratelli Gallagher. 
- Cosa cucinerai?- mi avvicinai con passo curioso.
- Una mia specialità.- ammise compiaciuto.
- Davvero? Voglio sapere cos'è.- dissi quasi come fosse un ordine.
- 'Filetto di bue in crosta di sale'.- a sentirlo così, pronunciato dalla sua voce assuefante.. sembrava squisito - E' una ricetta che ho imparato in Francia due anni fa.
- Sei stato in Francia?
- Ho vissuto lì per tre anni, ospitato da una gentilissima signora che mi ha fatto lavorare nel suo ristorantino. E' lì che ho imparato a cucinare, e cose non per niente di cattivo gusto.
E' stata la cuoca del presidente.
- Wow..! Quindi, oltre che cantautore e musicista, sei anche cuoco!- il tono in cui lo dissi era forse un po' troppo scherzoso.
- Sì, una specie.- ridacchiò.
- Come si prepara questo.. filetto?
- Allora, servono 650 grammi di filetto di bue; 2 kili di sale grosso; prezzemolo, salvia e alloro. Poi, si fa una salsa particolare, con yogurt greco, senape e pepe verde in salamoia.- annuii - Ma io faccio sempre una salsa diversa, più semplice, che non ti svelerò perché è il mio segreto.- rise spudoratamente.
- Sembra molto difficile preparare questo piatto, ma credimi non lo è. Sul fondo di una teglia bisogna mettere una parte di sale e adagiarci sopra il filetto, tagliato in due metà. Poi, si ricopre la carne coi vari aromi e la si ricopre col sale, aggiungendo qualche goccia d'acqua perché si solidifichi. Infine, si mette nel forno a 180° per un'ora circa.
Si prepara poi la magica salsa, e il tutto è pronto!
Rimasi scioccata e meravigliata di quel suo discorso così culinariamente dettagliato; mi invitò a lasciarlo lavorare e, se non mi dispiaceva, di preparare la tavola.
Eseguì tutto con diligenza e silenzio, abbandonandolo a quella che sembrava essere la sua seconda passione oltre la musica.
 
Passò il tempo, e a l'una e mezza circa mi ritrovai seduta a tavola con quella prelibatezza di filetto davanti ai miei occhi.
L'odore era ottimo e saliva su per le mie narici, andando ad espandersi per tutte le vie del mio sistema.
Ne tagliai un pezzo e lo assaggiai; Jake mi seguiva con lo sguardo, ansimante di sapere cosa ne pensavo.
- Allora?? Ti piace??
- Se mi piace?!- indugiai - E' PERFETTO!- quasi lo vidi lacrimare dalla soddisfazione.
Era buonissimo, non saprei nemmeno come descriverlo.
Mangiammo tutto con benevolenza e Jake mi raccontò della sua esperienza in Francia più dettagliatamente.
Ci fu un momento in cui mi ritornò in mente la foto con la ragazza.. Magari l'aveva conosciuta lì! Ma decisi di non aprire l'argomento.
 
Alle due e mezzo del pomeriggio - sempre di questo fatidico giorno che sembrava riservarmi mille sorprese - Jake mi propose di andare con lui in un posto che gli piaceva molto.
Accettai senza fare domande. 
Prese la macchina dal retro- era una vecchia americana Chevy Impala nera del '67 - e guidò fino al Colwick Park, una incredibile distesa verde con alberi, piante e animali di ogni tipo dove ero stata alcune volte.
Mi portò in una zona desolata e tranquilla.
Ah! Dimentico di dire che Jake aveva portato con sè la sua chitarra, la stessa che aveva al locale di Bo.
 
Ci sedemmo sul prato e mentre Jake tirava fuori lo strumento dalla sua custodia, io mi guardavo intorno e ammiravo le miriadi di piante che si stagliavano in quel luogo e i tanti animali che furtivi passavano da un albero all'altro.
 
- Ti ho portata qui perché voglio cantarti una canzone che ho scritto mentre ero a fare la spesa.
- Mentre facevi la spesa?!- chiesi spaesata - E dove diavolo l'hai scritta???
- Su dei fazzoletti.. Ma me la ricordo a memoria, accordi e parole.
 
Iniziò a suonare e provai di nuovo gli stessi brividi che sentii quando lo avevo ascoltato per la prima volta, quella mattina.
Prima accordo di Sol, poi di Do..
 
«Gonna sing you and old country song
  From the heart
  So I can cry your name and call you when I'm sad
  When you have gone and run so far
  From me in the trees 
  So far
 
  Walking down that old country lane
  Drops of rain
  Call upon the ones who call your name
  Will I see you again? And please come back home
  To me
  So I'm not all alone
 
  Gonna sing you an old country song
  From the heart
  From the strings of this old rusty guitar»  
 
Finì con gli accordi di Re, Sol, Do, Si, La e Sol.
 
Mi guardò col suo dolce faccino sfrontato e mi sorrise pienamente, chiedendo con lo sguardo per un commento.
-Jake.. - ero ammaliata dal suo talento, e da quella voce.. - Jake è.. wow. E' bellissima. - dissi infine - Come hai fatto a.. inventarla lì, sul momento??
- Be', stavo pensando a te e al fatto che fai molte cose artistiche e.. allora ho pensato 'ehi, perché non le scrivo una canzone?' E così.. l'ho fatto!

Stavo per piangere. Di nuovo. Di nuovo per colpa sua. Tutto in una sola giornata.
Lo abbracciai forte e con un gesto improvviso.
Lui ricambiò l'abbraccio e sentì le sue braccia calde e forti avvolgermi; chiusi gli occhi e immortalai quel momento nel mio cuore per sempre.
 
Questo è stato il primo giorno che lo conobbi, Jake.
Il giorno in cui la mia vita cambiò di peggio in meglio, senza passare per il 'bene'.
Il giorno in cui mi innamorai per la prima volta e per sempre.
 
Il giorno in cui io, Candice Mills detta 'Sol', conobbi la felicità.
 
Vorrei raccontarvi di come passammo il resto di quella giornata così particolare, ma ci sono cose ben più importanti che accaddero lì a Clifton, in quel magico periodo della mia vita.
 
Cose che scoprirete.
Presto.
O tardi.


  
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