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Autore: pandamito    16/03/2013    0 recensioni
« Non ti sei mai sentito come se il tuo destino appartenesse a qualcosa di più grande? Come se la tua presenza - seppur insignificante e sconosciuta a miliardi di persone - fosse fondamentale per qualcosa che deve ancora avvenire e che ti renderà... completo, soddisfatto, realizzato... insomma ti porterà finalmente al tuo posto, quello per cui sei stato creato per stare, mentre la tua vita ti sembra come una lunga e straziante prigione in attesa che arrivi quel giorno? »
Lily non è bella, non è comune e non possiede i soliti poteri, ma la vita di Rafe è cambiata dal giorno in cui l'ha salvata, perché lei era l'unica che lo capiva. Loro erano destinati a qualcosa di più grande ed avevano bisogno l'uno dell'altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Rafe, Rafe
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Si sentì un tonfo, poi un mucchio di foglie dalle sfumature rosse e gialle si sollevò da terra, seguito da risa innocenti. Sdraiata a terra poteva vedere le sfumature di grigio intenso nel cielo di New York, segno che stava per venire un temporale, ma comunque lei sapeva già che sarebbe arrivato.
« Dai, Rafe, vieni anche tu! » cercò di convincerlo, mentre si rotolava divertita nelle foglie.
Il maggiore scosse la testa, ma lei lo tirò a forza ed in men che non si dica entrambi furono ricoperti dal fogliame. Il ragazzo dovette ammettere che era divertente e quella fu la prima volta che Lily lo vide ridere.
Ben presto, però, Rafe si accorse che lui e le sue risate erano l'unica causa del rumore provocato lì attorno, così si voltò verso l'amica e notò che era seduta e lo fissava in silenzio, con una nota di stupore nella sua espressione.
« Che c'è? » chiese preoccupato, tirandosi su.
« E'... la prima volta che ti vedo ridere » gli fece notare e Rafe dovette darle ragione perché era la prima volta che non rideva da... anni, forse.
« Non sono un tipo che mostra la sua felicità, vero? » sorrise, un po' per sbeffeggiarsi.
« Già. »
Il ragazzo dagli occhi verdi alzò il volto verso l'alto e vide nuvoloni neri che avanzavano velocemente; dovevano rientrare al Covo al più presto se non volevano bagnarsi, ma gli dispiaceva lasciare il parco visto che si stava divertendo. Un ricordo così felice non lo aveva da quando viveva ancora con sua madre ed un'ondata di malinconia e di calore avvolse il cuore di Rafe, che sospirò un po' nostalgico, ma sollevando le estremità delle labbra.
Lily si alzò in piedi per poi mugugnare un « Oh, no! » contrariata e sbuffare, notando la macchia di fango sui pantaloni.
L'amico la seguì, alzandosi anche lui, storcendo il muso. « Che stupida » biascicò, ma la mora lo sentì comunque e lo guardò torvo. « Dai, se ne va » la consolò, mentre passava una mano sulla macchia e quando la ritrasse quella era sparita. « Certo, però, che potevi coprirti meglio. »
Mentre pronunciava quello che sarebbe dovuto essere una sorta di rimprovero, si sfilò la giacca abbastanza leggera, porgendogliela, ma la ragazza rifiutò, scostando la mano.
« Non la voglio. »
« Non puoi continuare ad andare in giro solo coi tuoi soliti abiti da spazzacamino » obiettò, ma quella lo respinse di nuovo. « Dannazione, siamo in pieno autunno! »
Lily sbuffò. « Vedi? Finiamo sempre col litigare. »
« Non stiamo litigando. »
« Sì, invece. »
« No, è solo che non vuoi metterti la giacca anche se senti freddo. »
Il rombo di un tuono riempì il silenzio autunnale di quella giornata, riecheggiando in tutta New York.
Un brivido percorse la schiena della giovane, ma non era l'aria fresca di stagione, bensì una strana nota di paura infantile.
« Non sento freddo. »
« Lily » la chiamò, esasperato, « le tue mani stanno diventando viola. »
Lei le guardò di sfuggita. « Si saranno colorate con le foglie » si inventò una scusa.
Lui alzò un sopracciglio, aprendo la bocca, di certo non credeva che dicesse sul serio, non era così stupida, anzi.
« Sta' zitto! » lo ammutolì prontamente ancor prima che potesse parlare. « Se mi metto la tua giacca tu non l'avrai e ti ammalerai. »
« Che ti frega di me, tu ti ammalerai al posto mio! »
« Mi frega eccome di te, invece! »
Il silenzio calò, Rafe strabuzzò gli occhi e l'altra si rese conto che forse aveva detto quella frase con troppa grinta e con un tono troppo alto, tanto che al pensiero le si tinsero le guance di rosso. 
Nessuno parlava, nessuno si muoveva, nessuno li guardava.
Solo un altro tuono ruppe quella tensione, seguito da un lampo che squarciò il cielo grigio, illuminandolo.
Un altro brivido risalì su per la schiena della mora, che strinse gli occhi e accorciò il collo in modo infantile, per poi uscire dal suo guscio di tartaruga ed osservare il cielo.
Improvvisamente un piccolo tocco sfiorò il braccio di Rafe, che sussultò e si voltò di scatto. Che riflessi, pensò Lily. Appena si accorse che era solamente l'amica, si rilassò mentre quella gli sfilava la giacca e fu felice che finalmente gli aveva dato ascolto. Ma la brunetta mise la giacca attorno alle spalle del maggiore e poi si infilò all'interno di essa, stringendosi a lui.
« Contento? » chiese, affondando il viso nel suo petto.
Rafe infilò le braccia nelle maniche, come prima, ma stavolta l'indumento si allargò appena lo fece e diventò grande abbastanza da coprire entrambi, ma lui, come se non fosse ancora sicuro che l'altra stesse al caldo, la strinse forte nelle sue braccia.
In un attimo la preoccupazione di perderla invase la mente del giovane stregone e capì che era l'ultima cosa che avrebbe voluto, si disse che aveva sofferto abbastanza e perdere Lily era come perdere di nuovo sua madre. Non che la paragonasse a lei, solo che da quando l'aveva conosciuta aveva capito che lei era l'unica persona che avesse mai capito come si sentiva, provava le stesse sue emozioni anche se non aveva la minima idea di ciò che lei aveva passato. In effetti... cos'aveva passato Lily? Non sapeva un bel nulla di lei, tranne che prima veniva picchiata da alcuni uomini-senza-magia, era costretta a lavorare per loro e che, stranamente, non sapesse fare le magie più banali, se non addirittura non saper usare per niente il suo potere.
Il cielo si illuminò di nuovo a causa di un fulmine e di nuovo quella strinse gli occhi, aggrappandosi con le mani alla maglia logora del ragazzo a cui era stretta.
« Hai paura? » si accorse il giovane.
Lei non rispose, imbarazzata e Rafe la lasciò stare, aveva capito che ignorava le domande volontariamente quando non voleva affrontare la questione. Prese le mani della minore e si rese conto che erano molto più piccole delle sue, benché non avessero tanta differenza d'età, era evidente che lui era più alto di cinque o dieci centimetri, ma trovava estremamente buffo questo piccolo dettaglio. Portò quelle dita vicino alla sua bocca, racchiudendole in entrambe le sue mani e poi vi alitò sopra per riscaldarle. Il tepore pian piano migliorava la temperatura dell'altra, anche se per poco, visto che una leggera pioggerellina iniziò a calare dalle nubi. Entrambi alzarono il volto quasi all'unisono; una goccia finì in un occhio verde smeraldo di Rafe, che subito lo chiuse, distogliendo la testa, quando riaprì gli occhi vide la piccola Lily con la lingua da fuori ed il collo sporgente per bere un po' e la scena fece sorridere teneramente il ragazzo. Lasciò le sue mani e sollevò la giacca fin sopra le loro teste, per coprirsi, prese un braccio della mora e lo passò attorno alla sua vita, ma quando cercò di sollevare il suo braccio, sentì una presa che lo riportò giù. Le dita di Lily salirono leggere fino a stringere saldamente la sua mano, mentre con l'altra reggeva la giacca che ora sembrava storta visto che Rafe la teneva più in alto, mentre lei non arrivava a quell'altezza. Lui scosse la testa, circondandola con un braccio per convincerla a lasciar la presa.
« Sei troppo bassa, lascia perdere. »
Il broncio paffuto e la fronte corrugata non erano buon segno, ma stavolta lui non cedette, la tenne stretta e poggiò la giacca sopra la sua testa, in modo che scendesse tranquillamente su entrambi per coprirli.
« Dove stiamo andando? » domandò lei ad un tratto, non riconoscendo più la strada.
« Ti porto in un posto » rimase lui sul vago.
Addentrati in piccole vie della periferia, arrivarono ad una casa e si fermarono di fronte al piccolo ingresso malandato di un palazzo non molto alto. Il moro frugò nella tasca dei pantaloni e trovò quasi immediatamente un piccolo mazzo di chiavi e con una di esse aprì il portone; la ragazza non si fidava molto, quel posto non ispirava per niente fiducia, ma la mano tesa dell'amico verso di lei la rassicurò e così, prendendola, entrò e salì le scale con meno fatica, addossando un po' del peso sul ragazzo. Salite non si sa quante scale - non era sua intenzione contarle - Rafe aprì la porta di un appartamento e la invitò ad entrare. Una volta dentro notò che era solo una stanza e neanche molto grande: ci si trovava subito di fronte ad un piccolo tavolo a due posti, sulla destra una piccola stufa e sulla parete affianco, sotto la finestra, vi era un qualcosa molto simile ad un materasso lercio buttato a terra, mentre sulla sinistra c'era una piccola porticina, probabilmente per il bagno. 
« Siediti pure » disse Rafe, posando la giacca su una delle sedie.
Lily avanzò lentamente, optando per andare a sedersi a gambe incrociate sul materasso ed osservando che l'altro la stava raggiungendo, sedendosi proprio davanti a lei; sembrava il gioco degli specchi.
« Questa era la mia casa prima che mia madre morisse e andassi a vivere nel Covo » spiegò. « Per il momento continuo a pagare io l'affitto, anche se non ci entro quasi mai. »
« E così fuggi ogni notte a guardare questa stanza da lontano? » chiese, come se già sapesse.
Lui assottigliò lo sguardo ed alzò un sopracciglio. « Sì, ma... »
« Oh, lascia perdere » lo azzittì con un sorriso, « intuito femminile. »
Ma il ragazzo sapeva bene che non era stato l'intuito femminile, bensì era l'intuito-di-Lily, più potente, più speciale, più io-riesco-a-capire-Rafe-e-gli-altri-no, insomma.
Si fece coraggio e fissò le pupille quasi indistinguibili dal nero delle iridi della riccia, mentre sentiva il loro peso addosso.
« Cos'è successo ai tuoi genitori? » chiese.
« Non lo so » rispose.
« Com'eri finita a lavorare per quei senza-magia? »
« Non lo so. »
Di certo non era la risposta che si aspettava. Che diavolo starebbe a significare 'non lo so'? Non è di certo una risposta concreta e stavolta, anche se avesse voluto evitare il discorso, lui glielo avrebbe impedito, si sentiva quasi in diritto di venire a conoscenza del suo passato, visto che lei sapeva il suo.
« Perché non me lo vuoi dire? » il suo tono stavolta era più duro.
Lei sapeva che non le avrebbe creduto, solo sperava che lui potesse capirla, non voleva nascondere nulla a Rafe, ma lei gli aveva detto la pura verità: non se lo ricordava, non ricordava nulla ed il solo pensiero fece inumidire i suoi piccoli occhi a mandorla.
« Te l'ho detto, io... io non lo so » insistette. Che diavolo aveva fatto?, si domandò il maggiore un po' impaurito, odiava far soffrire le persone perché in passato lui era quello che aveva sofferto per primo, ma non capiva che cosa avesse fatto quella piccola amica di fronte a lui per stare sull'orlo di una crisi emotiva. 
« Ve bene » cercò di risolvere la situazione, « ti credo. Ma perché non lo sai? »
Ed ora? Che gli avrebbe detto? La verità? Era disposta a farlo, almeno a lui, un solo tentativo per vedere se veramente riusciva a capirla pienamente, anche se aveva paura. Ma di cosa? Sapeva come sarebbe andata, lui le avrebbe creduto, certo. Il problema è che era spaventata da ciò che sarebbe successo in seguito. E se non dirglielo avrebbe cambiato le cose? Magari tutto sarebbe andato per il verso giusto. E se invece non dicendoglielo andasse peggio? Peggio di così poi, pensò la bruna, come potrebbe andare?
« Io non ricordo nulla, non ho ricordi su ieri, l'altro ieri, una settimana fa, la mia infanzia, nulla » iniziò a spiegare, anche se ciò non tranquillizzò affatto il ragazzo, anzi, lo confuse ancor di più, « bensì io ricordo solamente il futuro. Ogni notte sogno cosa accadrà nel futuro, di solito ciò che succederà il giorno dopo, altre volte sogni molto più lontani nel tempo, ma comunque sono gli unici ricordi che tengo, finché non li vivo ed appena passano, io li dimentico. » continuò, con un velo i tristezza. « Fino a quando non ho incontrato te. » I suoi occhi fissavano Rafe, lo scavavano nel profondo e lui - benché in soggezione e col nodo alla gola - corrispose allo sguardo, incitandola a continuare; voleva altre risposte. Che significava? Che c'entrava lui? « Io... io non lo so il perché, ma quando sono con te io riesco a ricordare, da quando ti conosco riesco ad avere un minimo di ricordi duraturi, poi però se ti allontani ricomincia tutto da capo, ogni cosa che vivo viene dimenticata, tranne i ricordi in cui ci sei tu, quelli durano... per sempre » concluse. « O almeno fino ad ora sono ancora vivi nella mia mente. »
Rafe non capiva pienamente cosa stesse dicendo, più volte gli balenò nella mente l'idea che la ragazza lo stesse prendendo in giro, ma la conosceva bene e gli occhi di Lily non mentivano mai. Il cuore gli martellava nel petto, i battiti acceleravano sempre di più, doveva calmarsi, doveva ragionare.
« In che senso? » domandò, confuso.
« Te l'ho appena spiegato » affermò, con gli occhi pieni di tristezza e timore. « Ti prego, non avere paura di me, non tu. »
La sua era quasi una preghiera; Rafe non aveva mai pensato di aver paura di lei, ma proprio in quel momento si accorse che stava tremando. Che avesse veramente paura? E di cosa, poi? Gli aveva detto che vedeva il futuro, forse anche il suo ed il desiderio di placare ogni suo dubbio arse in lui come non mai, finalmente poteva scoprire cosa cercava di dirgli sua madre prima di morire, o cosa gli nascondeva la signorina B., ciò che avrebbe dovuto decidere un giorno, proprio come gli aveva confessato di sentirsi Lily.
Non avere paura di me, non tu.
Prese un bel respiro e si calmò, smise addirittura di tremare. Lily gli aveva detto che da quando l'aveva incontrato, lei aveva incominciato ad avere dei ricordi, per la prima volta, solo con lui. Per la prima volta nella sua vita, Rafe si sentì legato a qualcuno, capì che non poteva abbandonarla, che lei aveva bisogno di lui, ma capì anche che allo stesso tempo lui aveva bisogno di lei.
Non tu.
E se qualcuno aveva avuto realmente paura di lei? Se l'avevano abbandonata precedentemente? Se l'avevano picchiata proprio per questo motivo? Si domandò come qualcuno potesse aver fatto una cosa del genere ad una creatura così piccola e fragile. Un senso di tristezza lo avvolse, il suo cuore si frantumò in mille pezzi, ma poi questa sensazione fu sostituita dalla rabbia che cresceva sempre più ardente nel suo animo. Il solo pensiero che qualcuno avesse potuto anche solamente toccarla solo perché aveva della magia in sé, solo perché era diversa, faceva scoppiare quella scintilla di fuoco in lui. 
« No » affermò con la solita calma che lo aveva sempre caratterizzato, « non avrò mai paura di te. »
In realtà, a dirla così sembrava più una minaccia, la sua, ma Lily sapeva cosa significava realmente e gli era grata. Un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra e Rafe colse l'occasione per estrarre un piccolo oggetto dalla tasca dei suoi pantaloni, che la mora riconobbe subito: era il rossetto che aveva rubato e lasciato in Chiesa giorni e giorni prima. Il ragazzo tolse il tappo, ruotò la manovella in basso e fece uscire un poco del cremoso composto rosso, avvicinandolo alle labbra dell'altra. Lo passò delicatamente sul labbro inferiore, ma poi si bloccò, prendendo automaticamente il viso della giovane fra le mani ed accarezzandole le gote coi pollici: osservava ancora quelle labbra ed il rossore solo sulla parte inferiore, capì che non erano un bene, gli facevano decisamente male, erano troppo carnose per un viso così piccolo e quella buffa forma a cuoricino gli piaceva così tanto da far accelerare i battiti del suo cuore. Si avvicinò al suo viso e poggiò la sua fronte su quella dell'altra, continuando ancora ad accarezzarla. Basta Rafe, si disse da solo, ora smettila. E si costrinse ad allontanarsi subito, sperando di riprendere lucidità, ma quando frettolosamente passò il rossetto sul labbro superiore, quello sbafò fuori, rigando tutta la guancia di rosso. 
Rimasero a guardarsi l'un l'altro con gli occhi spalancati, consapevoli del danno che aveva fatto il ragazzo, che con un flebile « Scusa » utilizzò la manica della sua maglia per togliere la sbavatura. 
« Lascia stare » lo interruppe, allontanando la sua mano ed utilizzando la manica della sua camicia per pulirsi. 
Quell'innocenza nei suoi piccoli gesti, i tratti infantili, gli occhi sinceri, quel piccolo dettaglio di non esser bella fuori ma allo stesso tempo essere la persona più bella d'animo che Rafe avesse mai incontrato, l'unica che era riuscita a farlo sorridere, l'unica che l'aveva finalmente capito. No! Si alzò di scatto dal materasso, ansimando silenziosamente, dando le spalle alla giovane. Doveva placare quella voglia di abbracciarla e stringerla il più forte possibile, la voglia di sussurrarle che sarebbe andato tutto bene, che lui non avrebbe mai abbandonata, la voglia di.... No, Rafe non era tipo da cose del genere, tutti lo sapevano, anche lei. 
Frugò nella tasca dei pantaloni ed estrasse un pacchetto di fiammiferi, poi si voltò e sorrise fintamente - forse il sorriso più finto e mal interpretato della storia, a parere della bruna - avvicinandosi al mucchietto di legna ai piedi del materasso, sulla destra, prese qualche tronchetto e lo mise nella parte sottostante della stufa.
« Le tasche grandi sono la cosa più comoda al mondo, a parer mio » affermò
Cacciò un fiammifero dal suo pacchetto e lo buttò dentro, andando ad ardere pian piano la legna, poi chiuse lo sportelletto della stufa.
« Oh, sì! » gli diede ragione l'altra, estraendo un piccolo quadernino dalla sua. « Lo tengo sempre con me. »
Aspettando che la fiamma divampasse ed il calore si diffondesse per tutta la stanza, spostò la sedia con sopra la giacca vicino alla stufa e si sedette di nuovo accanto alla ragazza. Presto anche loro si sarebbero asciugati.
« Ce cos'è? » chiese, curioso, osservando il piccolo taccuino nero.
La riccia lo aprì, sfogliandolo, e per un attimo sorrise, ma solo per un attimo. « Scrivo tutto ciò che faccio, ogni giorno da... da... » provò a ricordare, senza successo, « ...da non so quando, per non dimenticare. »
Rafe allungò la mano verso di esso, ma quella lo ritrasse, stringendolo a lei, imbarazzata per il suo gesto.
« Volevo... solo vederlo » azzardo lui.
« No, io... mi vergogno » risposte l'altra.
« Ti vergogni di me? » domandò, per farla cedere, anche se si sentì un po' in colpa per aver usato una domanda così bastarda per leggere ciò che scriveva in quel taccuino.
La riccia esitò per qualche istante, per poi pronunciare un timido « Sì » che spiazzò il ragazzo, ammutolendolo.
Estrasse un altro fiammifero dal pacchetto e dalla testa rossa spuntò subito una fiammella appena passò velocemente a contatto con la parte ruvida della piccola scatola. Tese il bastoncino verticalmente di fronte a sé e di fronte alla minore.
« Reggi » le ordinò e quella ubbidì, anche se un po' confusa e timorosa. 
Rafe si alzò, andando di nuovo verso la stufa ed aprendola, si voltò verso la giovane, assicurandosi che lei lo stesse guardando, subito dopo la mano dello stregone era avvolta dalle fiamme che bruciavano pian piano la legna. Lily si bloccò, spalancando gli occhi e ricevendo un colpo al cuore, non aveva nemmeno avuto il tempo di comprendere che cosa stesse realmente facendo l'amico ed ora vedere la sua mano tra le fiamme la faceva sussultare. L'altro tolse la mano, era integra, senza ustioni, poi andò verso la ragazza e strinse la testina rossa del fiammifero, che al contatto con le sue dita s'infuocò. L'altra ritirò subito la mano, spaventata, ma Rafe prese al volo il fiammifero e, soffiandovi sopra, lo spense. 
« Prova » la incitò, ma quella scosse subito la testa. Le prese la mano destra, facendola alzare di forza, mentre il taccuino nero le scivolò dalle mani e cadde sul materasso. « Su, prova! » insistette, trascinandola verso la stufa.
« No! » gridò, cercando di opporre resistenza. « Non posso! »
« Sì che puoi » provò a convincerla. « Tu hai la magia! Tu sei come me! »
Ci aveva pensato giorni e notti, forse era uno dei pensieri principali che occupavano la mente del ragazzo negli ultimi tempi. L'aveva osservata ed ormai era certo che non sapesse usare la magia, benché quella risiedesse in lei, inoltre ne aveva avuto anche la conferma giorni fa. Non aveva investigato poi molto, voleva darle tempo, ma sapeva che quella magia era potente dentro di lei e si decise che l'avrebbe aiutata a liberarla, era convinto che potesse farcela. In fondo loro due erano molto più simili di chiunque altro... Vero?
« Ti prego, no! » gridò lei, impuntandosi.
Rafe si chiese perché lo fece, perché non l'aveva ascoltata, perché era stato tanto testardo, ma quando mise la mano di Lily sul fuoco decretò che certamente il suo urlo agghiacciante era il più terribile che avesse mai sentito, gli perforò l'anima fino a provare lui stesso dolore e le sue orecchie gridarono pietà. Quella manciata di millesimi di secondo gli sembrarono un'eternità e ritirò subito la mano della giovane appena la vide arrossarsi e bruciarsi, sentendo chiaramente un'odore nauseante di carne affumicata nelle narici. Strinse i denti, provando improvvisamente un dolore insopportabile che lo percosse in tutto il corpo.
Che diavolo aveva combinato?
 
Sotto la coperta, la piccola testolina bruna schiacciata contro il suo petto non aveva fatto altro che singhiozzare e piangere tutta la notte; Rafe l'aveva stretta così forte che oramai si era dimenticato com'era stare senza di lei ed il suo calore, mentre proteggeva la fasciatura sulla mano destra che le aveva fatto e le accarezzava i capelli. Ma ciò che - forse - Lily non sapeva era che anche Rafe aveva pianto tutta la notte assieme a lei, per lei.
   
 
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