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Autore: Emily Kingston    17/03/2013    10 recensioni
Non potete capire quanti amori vengono dimenticati sulle metropolitane! E nessuno li reclama, o li va a ricercare, o si accorge di averli persi. Vedete? Capite adesso perché le cose nel mondo stanno andando tutte male? Se ci si dimentica l’amore in metropolitana come si fa ad innamorarsi davvero?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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London Tube 


Comincia sempre tutto con le mani. Mani che giocano tra i raggi di sole, mani che scivolano sotto la pioggia, mani che stringono durante un temporale, mani che tremano e si mancano.
Anche noi siamo cominciati con le mani. Eravamo mani timide che si cercavano nel buio senza trovarsi, finché un giorno un penny smarrito non ci ha dato una mano, facendoci incontrare.
Be’, penso che prima di tutto dobbiate sapere che io adoro le metropolitane. Mi piace sedermi alla stazione e osservare il via vai, soffermandomi su chi sale e scende dai treni, cercando d’immaginare chi siano quelle persone, quali siano le loro vite e dove stiano andando o da dove vengano. E poi mi piace salirci sulle metropolitane. Mi piace sedermi dove capita e osservare chi mi sta intorno, provando a indovinare come mai quelle persone si trovino lì. Il signore in giacca e cravatta che si allenta il colletto della camicia sta andando a un colloquio di lavoro, la ragazza con le cuffie nelle orecchie, i capelli a treccine e i pantaloni larghi probabilmente sta raggiungendo degli amici per fumare una sigaretta e ascoltare musica sui bordi della pista da skateboard. Poi c’è un signore di mezza età che legge un quotidiano: porta un paio di occhiali grandi e ha le dita sporche di tabacco. Lui usa la metro per leggere il giornale. È buffo, ma c’è un sacco di gente che lo fa. Io credo sia perché sono persone sole che vogliono fingere di non esserlo, e leggere in mezzo alla gente dà loro l’illusione di essere parte di qualcosa. Di solito c’è sempre anche qualche mamma con un bambino o qualche turista con il naso infilato in una cartina. Su di loro mi soffermo di rado, però, sono così sfuggenti che non si riesce a leggerli facilmente.
Però, più di ogni altra cosa, mi piacciono le metropolitane perché non sai mai chi puoi incontrare e chi incrocerà il tuo sguardo. E puoi innamorarti innumerevoli volte di amori che durano quanto un battito di ciglia. Non potete capire quanti amori vengono dimenticati sulle metropolitane! E nessuno li reclama, o li va a ricercare, o si accorge di averli persi. Vedete? Capite adesso perché le cose nel mondo stanno andando tutte male? Se ci si dimentica l’amore in metropolitana come si fa ad innamorarsi davvero?
È per questo che io ci sto sempre attento all’amore quando prendo la metro. È per questo che quando ho trovato gli occhi cerulei di Kara quell’amore l’ho afferrato al volo, vietandogli categoricamente di andare via.
Kara l’ho incontrata sulla metropolitana qualche settimana fa. È salita a Victoria Station e si è messa a sedere tra una signora anziana col bastone e un bambino che giocava ai videogiochi. Portava un paio di jeans stretti e una camicia bianca, aperta sul davanti, che lasciava intravedere la canottiera grigio-blu che aveva sotto. Teneva i lunghi capelli castani raccolti in una treccia e tra le mani stringeva dei libri e un blocco di fogli a quadretti.
Io ero in piedi, tra due signori che erano sicuramente diretti al distretto delle banche, considerando che parlavano di borsa e conti correnti come se stessero discutendo del tempo. Mi reggevo alla sbarra gialla e tenevo lo sguardo fisso sulle porte. Poi il treno si è fermato e tra la folla che entrava e quella che usciva i miei occhi hanno trovato quelli di Kara, e io ho finalmente visto l’amore in faccia.
Cavoli, più la guardavo e più mi veniva voglia di dirle che l’amavo. Ovviamente non l’ho fatto, perché neanche ci avevo mai parlato, e probabilmente mi avrebbe preso per pazzo e sarebbe scesa alla stazione successiva, anche se non era la sua, però ho continuato a pensarci per tutto il tempo. Avevo il cervello che si era trasformato in un’antenna televisiva e trasmetteva solo ‘ti amo’, senza interruzioni pubblicitarie.
Il fatto è che quando ami una ragazza glielo devi dire sempre; anche se lo sa, tu glielo devi dire comunque. Perché le ragazze sono paranoiche e se non gli dici che le ami, anche se a loro sembra di saperlo, crederanno di essersi sbagliate e ingoieranno tutti i ‘ti amo’ che invece vorrebbero dire.
È stato un penny a darmi la possibilità di dire a Kara i ‘ti amo’ che non era sicura di sapere. È scivolato dalla sua mano mentre tirava fuori degli spiccioli dalla tasca ed è rotolato fino a me.
Me ne sono accorto dopo un bel po’, in effetti, e quando mi sono chinato a raccattarlo me la sono ritrovata in piedi davanti a me.
“Salve,” ha sorriso, con quel suo sorriso sconvolgente come un temporale.
“Ciao.”
“Hai salvato il mio penny,” ha continuato, abbassando lo sguardo sulla moneta nel palmo della mia mano.
“Così pare.”
“Già, così pare.”
Il treno si è fermato, i due bancari sono scesi in tutta fretta e un gruppo di ragazzini è salito facendo un gran baccano. Nel frattempo io e Kara siamo rimasti in silenzio. Un silenzio bellissimo, di quelli leggeri come un alito di vento. Un silenzio di quelli che non senti il bisogno di spezzare ad ogni costo, uno di quelli che condividi solo con le persone che sono speciali.
“Lo rivuoi indietro?”
“In realtà non mi serve.”
“E allora perché lo stavi cercando? È solo un penny.”
“E allora perché tu l’hai raccattato? È solo un penny.”
 Non faceva una piega.
Le ho sorriso timidamente e ho avvicinato la mia mano a quella di lei, facendo scivolare la moneta dalle mie dita alle sue. Aveva delle mani morbide e calde, che mi hanno fatto provare una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Farfalle, forse?
“Grazie.”
“Non te l’ho mica ridato gratis, sai?”
Le sue sopracciglia sono schizzate verso l’alto, esprimendo scetticismo. Ma i suoi occhi grandi ridevano come matti, segno che quella conversazione bizzarra, per qualche ragione, la divertiva.
“Ah no?”
“Già. Un penny per il tuo nome.”
“Kara. Mi chiamo Kara.”
Ho fatto un gesto d’assenso con la testa e poi le ho porto la mano. Questa volta le sue dita hanno stretto le mie ed io le ho accarezzate.  
“Ciao Kara,” ho detto. “Io sono Will.”
“Ciao Will.”
“Ti va di prendere un caffè con me alla prossima fermata?”
E’ cominciato tutto con le mani, come in ogni storia che si rispetti. Erano mani che avevano atteso nel buio per anni altre mani. Mani che si erano sentite vuote tra un dito e l’altro e che adesso non lo erano più. Mani decise che avevano afferrato l’amore in metropolitana. Mani. Solo mani che avevano trovato altre mani.
“Sì, mi va di prendere un caffè con te alla prossima fermata.”

 
 
 
   
 
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