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Autore: elsie    06/10/2007    0 recensioni
Seguto di "Into the Fire". John e Meredith si sono ormai lasciati alle spalle i loro nomi e il loro passato e sono diventati Pyro e Medusa, soldati di Magneto nella Confraternita. Ma insieme alla guerra tra umani e mutanti, i due ragazzi dovranno combattere una battaglia molto, molto più importante, e che riguarda loro due soli. AVVISO: in questo racconto si parlerà di aborto. Se non vi sentite di affrontare questo argomento, allora per favore non leggete.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Confraternita, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: tutti i personaggi presenti in questo racconto, ad eccezione di Meredith St.Clair/Medusa, che è una mia creazione, appartengono a Stan Lee e Jack Kirby, alla Marvel Comics e alla Twentieth Century Fox.

Bentornati! Ecco il nuovo capitolo di questo racconto. Mi auguro con tutto il cuore che vi possa piacere.

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La baia di San Francisco luccicava di mille riflessi dorati, illuminata dal sole del tardo pomeriggio.

Era una splendida giornata di fine primavera, e perfino in città era possibile sentire il profumo mellifluo che si sprigionava dai fiori e dalle piante di oleandro che crescevano sulle colline attorno alla baia. Un leggero vento tiepido e salmastro soffiava dal mare, increspandone la superficie con migliaia e migliaia di piccole onde che andavano ad infrangersi dolcemente contro i piloni di cemento armato che sostenevano il Golden Gate, percorso come ogni giorno da decine di auto che procedevano in fila, sia in un senso che nell’altro. Di tanto in tanto dalla colonna di macchine si alzava la strombazzata di un clacson, ma per la maggior parte del tempo il traffico scorreva senza intoppi, dato che l’ora di punta era ormai passata da un pezzo.

Improvvisamente, una Subaru nera sbandò e andò a tamponare una delle auto che provenivano dal senso opposto. Ci fu uno stridore di freni, e poi altre due auto cozzarono l’una contro l’altra, e ben presto tutto il Golden Gate si trasformò da un capo all’altro in un’enorme pista d’autoscontro, con le auto che inchiodavano facendo stridere i pneumatici e andavano a sbattere tra di loro e contro i parapetti d’acciaio del ponte. Gli occupanti delle macchine, terrorizzati, aprirono gli sportelli e si misero a correre in preda al panico verso la terraferma, mentre i cavi d’acciaio che assicuravano la parte calpestabile del Golden Gate ai piloni si strappavano e frustavano l’aria minacciosi, e grossi bulloni di ferro piovevano dall’alto e si schiantavano sulle macchine ferme e sull’asfalto.

La Confraternita avanzò sul ponte, Magneto in testa. Alla sua sinistra, indietro di non più di un passo, seguivano Medusa e Pyro, l’uno a fianco all’altra. A destra di Magneto camminava Jean Grey, rigida e trattenuta come se ogni singolo passo le costasse un’immane fatica. Poco più indietro c’erano Kid Omega, Callisto, Archlight e il Fenomeno, e poi tutto il resto dell’armata, truce e nerovestita. Le auto ferme si spostavano a destra e sinistra al loro passaggio, andando a sbattere contro le pareti del ponte. Medusa pensò che era un po’ inquietante vederle muoversi senza nessuno a bordo, lanciate come giocattoli qui e là dal potere di Magneto. Fissò lo sguardo sul comandante della Confraternita, che camminava con le mani alzate all’altezza del petto e i palmi rivolti in avanti, il viso completamente rilassato e tranquillo, come se si trovasse a passeggiare sul lungomare invece che in mezzo a quel disastro di lamiere contorte e di vetri infranti.

Per qualche istante, le venne in mente l’immagine di quei santi benedicenti all’ingresso delle chiese, ma poi cambiò idea. No, più che altro sembra Mosè che guida il suo popolo attraverso il Mar Rosso, si corresse, e subito quel pensiero la fece sentire vagamente a disagio. Non era mai stata molto religiosa, ma le sembrò che quella riflessione suonasse un po’ blasfema.

Quando furono più o meno nel centro del ponte, Magneto si fermò e lasciò che tutto il suo esercito lo sorpassasse e si sistemasse alle sue spalle. Quando anche l’ultimo uomo fu passato, Magneto fece qualche passo in avanti, si sistemò meglio i guanti di pelle nera che gli coprivano le mani e tese un braccio davanti a sé. Medusa sentì l’intero ponte tremare e gemere, come se una forza invisibile lo stesse stritolando, poi ci fu una sorta di esplosione, anzi, una serie di esplosioni, davanti e dietro di loro, e anche sotto di loro. Si guardò attorno spaventata, ma poi si rese conto che era il rumore del cemento e dell’acciaio dei piloni che si frantumavano e cadevano in acqua. Vide, da lontano, della polvere densa e pesante alzarsi dal punto in cui il Golden Gate si congiungeva con la terraferma e poi, con una specie di ruggito che sembrava provenire dal ponte stesso e che fece tremare il terreno sotto i loro piedi, il Golden Gate si librò in aria.

Medusa fu quasi sul punto di cadere quando Magneto fece lentamente piroettare il ponte e lo diresse verso l’isola di Alcatraz, che spuntava dal mare a qualche miglia dal punto in cui si trovavano loro in quel momento. Medusa la guardò perplessa: si era aspettata una sorta di scoglio nero e fosco su cui sorgeva un lugubre edificio simile al castello del conte Dracula, invece l’isola era coperta di vegetazione verde e rigogliosa da cui spuntava un palazzo dalle mura bianche. E’ davvero bella, pensò piena di ammirazione. Peccato che abbiano rovinato un posto tanto incantevole mettendoci un carcere prima e poi la sede della Worthington Pharmaceutics.

La brezza del mare le spostò sul viso quelle sottili ciocche di capelli ricci che non era riuscita ad infilare nella treccia, e lei se li sistemò dietro le orecchie con un movimento noncurante, anche se sapeva benissimo che erano troppo corte per stare al loro posto e ben presto sarebbero tornate a caderle sulla fronte. Si voltò a guardare gli altri, strizzando gli occhi per proteggerli dal sole. A parte Jean Grey, che aveva la stessa espressione stanca e sofferente di sempre, il resto della Confraternita si stava guardando in giro con la medesima espressione di sbigottimento misto a timore reverenziale. Il Fenomeno aveva addirittura la bocca spalancata, e Medusa trattenne a stento una risatina. Il suo sguardo incrociò quello di Pyro, in piedi a qualche metro da lei, e per un istante anche il volto di John fu attraversato da un sorriso. E’ un sollievo aver sistemato le cose, si disse Medusa mentre il suo cuore accelerava leggermente i suoi battiti. Non credo che sarei riuscita ad affrontare tutto questo se lui non fosse stato al mio fianco.

In quel momento il ponte si abbassò bruscamente, e Medusa barcollò cercando di non perdere l’equilibrio. Sentì Magneto mormorare qualcosa rivolto a qualcuno che lei non potè vedere, e poi la parte anteriore del Golden Gate, o quel che ne rimaneva, atterrò con fragore sulle mura che proteggevano l’edificio dell’ex prigione sull’isola di Alcatraz, sbriciolandole come pane secco, mentre la parte posteriore si schiantava da qualche parte sulla terraferma. L’urto fu talmente violento che Kid Omega e Archlight, insieme a molti altri della Confraternita, caddero a terra, e lo stesso sarebbe successo a Medusa se Pyro non l’avesse afferrata per il polso e non l’avesse attirata a sé, cingendole fugacemente la vita con un braccio prima di lasciarla andare. I loro sguardi si incrociarono di nuovo, e Medusa fece scivolare la mano sinistra in quella di lui e ne accarezzò il palmo con la punta delle dita. Lo sentì trattenere brevemente il respiro.

Magneto si voltò e tornò verso i suoi uomini con un’espressione compiaciuta che gli aleggiava sul viso. Kid Omega e Archlight si rialzarono e cominciarono a scrollarsi la polvere dai vestiti, imbarazzati, mentre il resto dei luogotenenti, inclusi Pyro e Medusa, si avvicinavano al loro comandante attendendo di ricevere ordini.

“Sferreremo il nostro attacco quando farà buio.” disse Magneto. “Fino ad allora manterremo le postazioni. Non credo che qualcuno sarà così temerario da avventurarsi sul ponte, ma meglio non rischiare. Non si può mai sapere fin dove può spingersi la stupidità umana.” Dai luogotenenti si sollevò una risatina, e Magneto sembrò compiacersene.

“Pyro.” chiamò il capo della Confraternita, di nuovo serio. Lui fece un passo in avanti. “Con me. Medusa, tu occupati della sicurezza del lato est.” ordinò Magneto, indicando con un movimento della testa l’estremità del ponte che poggiava sulla terraferma.

Medusa annuì e fece cenno a Callisto di seguirla. La ragazza le obbedì ed insieme si incamminarono verso la direzione opposta a quella in cui si trovava l’isola di Alcatraz. Mentre attraversavano il ponte, Medusa radunò tutti i mutanti i cui poteri l’avrebbero aiutata a creare una barriera tra la loro postazione e la terraferma e ordinò loro di seguirla. Anche se credo proprio che Magneto abbia ragione, si disse. Se ci saranno guai, verranno dall’isola. Il pensiero non le piacque per niente.

“Non capisco.” disse improvvisamente Callisto mentre camminavano. “Tu sei in grado di ipnotizzare le persone, no?”

Medusa annuì. “Sì, si può dire così.”

“E allora perché andare tutti? Perché fare a pezzi il Golden Gate?” domandò Callisto. “Sarebbe bastato che tu ti infiltrassi sull’isola e saresti riuscita a prendere il ragazzino in un baleno.”

Medusa scoppiò a ridere. “Sì, ma io non avrei fatto la millesima parte del rumore che ha fatto il Golden Gate librandosi in aria e schiantandosi su Alcatraz.”

Callisto la guardò aggrottando la fronte.

“Qui non si parla solo di distruggere la Cura.” le spiegò Medusa. “Se vogliamo costringere il mondo intero a prestarci attenzione, allora dobbiamo agire in modo che nessuno possa ignorarci.”

Callisto sollevò una sopracciglio, ancora dubbiosa. “Vuoi dire che tutto questo macello è solo pubblicità?”

Medusa alzò le spalle. “Sì, in parte è così. Come avrai certamente notato, Magneto sa come farsi notare.”

“Dire così mi sembra sminuirlo.” replicò Callisto e Medusa sorrise, ma dentro di sé sospettava che la ragione principale fosse un'altra. Magneto non si fida più di te, ecco perché non ti ha mandato a distruggere la Cura. Ai suoi occhi i tuoi privilegi sono terminati. Scoprì che questo pensiero la preoccupava più di quanto si sarebbe aspettata.

“Ehi, scusami!”

Medusa si voltò in direzione della voce, e vide che a chiamarla era un uomo sulla quarantina con i capelli lunghi fino alle spalle e la pelle scura. Lo riconobbe come l’uomo del falò, il tizio che possedeva il rosario di Danielle e che l’aveva indirizzata sulle sue tracce. Si voltò a guardare Callisto.

“Porta gli altri alla nostra postazione.” le disse. “Io arrivo subito.”

Guardò la ragazza e il resto della loro guardia allontanarsi in direzione della terraferma, poi i suoi occhi tornarono sull’uomo che le stava di fronte. Lui le rivolse un vago sorriso intimidito.

“So che non è il momento migliore, ma non ho ancora avuto occasione di dartelo.” disse frugando nella tasca del suo giubbotto militare. “Credo che questo dovresti tenerlo tu.”

Allungò la mano a coppa verso di lei, e Medusa vide che nell’incavo del palmo teneva il rosario di pietre nere, con il crocefisso d’argento che scintillava sotto il sole del tardo pomeriggio. Si sentì improvvisamente in colpa per non aver reclamato prima quell’oggetto che in passato era appartenuto a sua madre.
Ricordò quello che le aveva detto l’infermiera dell’ospedale psichiatrico: “Solo perché non ti guarda, non significa che non ti vede.” Le tornò in mente che era corsa via senza salutare, e il pensiero la fece vergognare come una ladra.

“No, non posso.” disse senza staccare gli occhi dal rosario nella mano dell’uomo. “E’ tuo.”

Lui le sorrise di nuovo, questa volta con maggiore convinzione. “Non conosco le tue motivazioni, ma credo che per te significhi molto, molto più di quello che significa per me.” rispose. “Avanti, prendilo.”

Quasi senza rendersene conto, Medusa allungò la mano destra e l’uomo fece scivolare il rosario nel suo palmo. Si accorse che il crocefisso era graffiato e qui e là aveva perso la cromatura, e che alcune delle pietre nere erano scheggiate. “Grazie.” mormorò infilandoselo nella tasca dei jeans.

“Di niente.” rispose l’uomo, poi si voltò e tornò tra gli altri mutanti della Confraternita, seduti a gambe incrociate sull’asfalto e sui cofani delle auto in attesa che calasse la notte. Medusa riprese a camminare verso la sua postazione, dove Callisto e gli altri la stavano aspettando in attesa dei suoi ordini. Mentre marciava, fece scivolare una mano nella tasca dei jeans e si mise a giocherellare distrattamente con i grani del rosario.

****

Esattamente come Magneto aveva previsto, le barriere erette per proteggere il ponte si rivelarono totalmente inutili: nessuno, né dall’isola né dalla terraferma, tentò di sfondare le linee della Confraternita e scatenare una battaglia per il possesso del Golden Gate. Probabilmente vogliono aspettare la nostra prima mossa, e poi reagire di conseguenza, si disse Medusa mentre, seduta sul cofano di una Ford Fiesta grigia, osservava gli ultimi raggi del sole morente riflettersi debolmente sulle onde dell’oceano.

Si infilò una mano in tasca e le sue dita accarezzarono le pietre lisce e fredde del rosario, e provò un vago senso di inquietudine stringerle lo stomaco. Non va bene. Anche un bambino si accorgerebbe che la nostra posizione è indifendibile. Un drappello di un centinaio di uomini sarebbe riuscito a buttarci in mare in non più di un’ora. Il polpastrello dell’indice tracciò il contorno di una spaccatura su uno dei grani del rosario, mentre un grosso uccello bianco, probabilmente un albatro, scese in picchiata e planò con grazia sulla superficie dell’acqua, a circa una cinquantina di metri da dove si trovava lei in quel momento.

Come sarebbe bello essere come lui, pensò Medusa mentre l’albatro riprendeva quota e spariva nel cielo, dove avevano cominciato ad apparire, ancora offuscate dall’estrema luce del tramonto, le primissime stelle. Nessuna guerra da affrontare, nessuna lotta da portare avanti, solo il cielo sopra le mie ali e l’oceano su cui scivolare. Si ricordò di aver letto da qualche parte che in spagnolo la parola “alcatraz” significa proprio “albatro”, e la cosa le sembrò di buon auspicio.

Callisto le si avvicinò e si sedette accanto a lei sul cofano della Ford. “Ho fatto ancora un giro.” disse. “Non sembra che qualcuno abbia intenzione di avvicinarsi, ma ho ordinato a Puck e Dustgirl di rafforzare la barriera ogni mezz’ora, tanto per stare sicuri.”

Medusa annuì. “Molto bene.” Osservò il cielo, percorso dagli ultimi riflessi dorati e rosei del tramonto. “Non ne avremo ancora per molto. Appena cala la notte ci spostiamo tutti dall’altro lato del ponte.”

Callisto sembrò perplessa. “Ma non sarebbe meglio lasciare qualcuno di guardia?” chiese.

Medusa non rispose subito. Anche lei aveva pensato la stessa cosa, ma Magneto era stato categorico: tutti i mutanti della Confraternita, che avessero o non avessero esperienza sul campo di battaglia, dovevano partecipare all’assedio dell’isola. “La nostra potenza d’impatto dovrà essere tremenda.” aveva spiegato il capo della Confraternita.

“Gli ordini sono ordini.” disse infine, sperando che Callisto non notasse la sfumatura diffidente nella sua voce.

Rimasero ancora per qualche istante in silenzio mentre il cielo si faceva scuro. Ora che il sole se ne era andato le stelle si ereno fatte più temerarie, stagliandosi con le loro luci tremolanti nel blu profondo del firmamento. Chissà che stella è, si chiese Medusa fissando il puntino più luminoso di tutti. Sirio, forse. O forse Orione. Cavolo, come vorrei essere stata attenta mentre il professor McCoy spiegava il sistema solare.

La voce di Callisto la riportò alla realtà. “Medusa?”

“Sì?”

“Ci saranno guai?”

Medusa si voltò a guardare la ragazza seduta al suo fianco, non sapendo bene cosa dirle. Sapeva che il suo dovere era quello di sostenere sempre e comunque Magneto, e se lui aveva detto che la Confraternita avrebbe raso al suolo la sede dei laboratori Worthington e distrutto la Cura lei non avrebbe dovuto mai e poi mai contraddirlo. Però Callisto le piaceva, e non voleva insultare le sua intelligenza mentendole e dicendole che sarebbe andato tutto benissimo.

Annuì lentamente. “Sì, Callisto. Credo che ci saranno guai.”

Callisto abbassò lo sguardo e non disse niente, e Medusa guardò un’ultima volta la stella senza nome prima di balzare giù dal cofano dell’auto.

“Vieni.” disse. “E’ ora.”

Cominciarono a radunare la loro squadra di mutanti e, armati di torce elettriche e lampade tascabili, si misero in cammino per raggiungere l’altra parte del ponte. Le auto fracassate e abbandonate che costellavano il Golden Gate avevano un aspetto ancora più spettrale illuminate fugacemente dai deboli fasci di luce delle pile, e Medusa si mise di nuovo la mano in tasca e strinse brevemente il rosario mentre guidava il suo gruppo attraverso quel disastro di vetri infranti e lamiere contorte. Ancora più inquietante fu il fatto che non incontrarono anima viva finché non raggiunsero la metà ovest del ponte: tutti i membri della Confraternita, infatti, si erano raggruppati vicino all’estremità più vicina all’isola di Alcatraz, aspettando che venisse dato l’ordine di attaccare. Medusa congedò la sua squadra e, insieme a Callisto, si avvicinò a Pyro, che, appoggiato ad un furgone, giocherellava pensieroso con il suo amato lanciafiamme. Quando vide arrivare le due ragazze spense immediatamente la vampata che aveva appena lanciato e sorrise all’espressione corrucciata di Medusa, che stava osservando il lanciafiamme con un vago sguardo di odio.

“Tutto bene dall’altra parte?” domandò.

“Non si è fatto vedere nessuno.” rispose Medusa alzando le spalle. “E qui?”

Pyro si infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans. “Stessa cosa. Sono rimasti rintanati là dentro per tutto il giorno.” disse indicando con un cenno della testa l’edificio bianco sull’isola, il cui cortile era illuminato da numerosi fari elettrici. Era tutto talmente pacifico da sembrare che non ci fosse anima viva in tutta Alcatraz.

Di nuovo Medusa sentì l’inquietudine morderle le viscere. Non mi piace, non mi piace per niente, si disse osservando il cortile deserto dell’ex prigione. Pyro si accorse del suo turbamento e fece per parlare, ma Callisto lo precedette.

“E il capo?” domandò.

Pyro indicò la figura alta e distinta di Magneto che si stagliava contro le luci artificiali dei fari, a pochi passi dall’estremità del ponte. Qualche metro dietro di lui c’erano Kid Omega e il Fenomeno.

“Credo che sia arrivato il momento.” disse Medusa osservando il capo della Confraternita scrutare meditabondo il profilo chiaro del palazzo.

Pyro annuì e si staccò dal furgone. “Archlight!” chiamò rivolto alla ragazza che stava seduta sul parapetto del ponte a qualche passo da loro. Appena sentì la voce di Pyro scattò immediatamente in piedi.

“Va ad avvisare gli altri.” le ordinò Pyro. “Si comincia.”

Archlight si affrettò ad obbedire e sparì in mezzo alla massa anonima degli altri mutanti della Confraternita. Pyro, Callisto e Medusa, invece, si diressero verso l’estremità del ponte, dove Magneto era in attesa.

Ci furono delle voci, e il rumore di portelloni di ferro che venivano spalancati. In pochi istanti un gruppo di soldati uscì dall’edificio e si riversò nel cortile, piazzandosi sulle torrette e davanti alle entrate con i loro inutili fucili spianati, mentre i comandanti correvano qua e là urlando cose come “Ai posti di combattimento!” e “Caricate le armi!”.

Medusa sorrise. Che razza di imbecilli, pensò. Dureranno sì e no quaranta secondi, con Magneto.

Callisto camminava spedita verso il capo della Confraternita, che ancora osservava assorto il palazzo dell’ex prigione e gli uomini con le uniformi verdi che si affannavano nel suo cortile, e Medusa fece per accelerare il passo e raggiungerla. Pyro, però, le prese la mano e la tirò leggermente verso di sé, facendola rallentare. Medusa si girò a guardarlo.

“Finirà presto.” disse Pyro mentre camminavano. Medusa abbassò lo sguardo.

“Finirà presto.” ripeté lui dandole una stretta alla mano, come aveva fatto quella notte ad Alkali Lake, quando Meredith aveva gettato via il suo nome ed il suo passato e aveva detto a Magneto di chiamarsi Medusa.

Lei non disse niente. Esattamente come aveva fatto allora, intrecciò le dita con quelle di John.

Pyro esitò un istante, come se fosse indeciso se pronunciare a no le sue prossime parole. “E quando sarà finita, voglio portarti via di qui. Almeno per un po’.” disse cautamente. Cercò gli occhi di Medusa e fece una breve pausa. “Verrai con me?” le chiese, la sua voce piena di timore e di speranza insieme.

Lei annuì. “Sì, John, certo.” rispose. Improvvisamente ripensò a quello che le aveva detto l’infermiera il giorno in cui aveva fatto la visita al consultorio: “Puoi cambiare idea quando vuoi. Se non ti presenterai all’appuntamento, nessuno ti verrà a cercare.” Scacciò quella voce dalla sua testa. Non adesso. Davvero questo non è il momento adatto.

Erano ormai vicini all’estremità del ponte, e la mano di Pyro scivolò via da quella di Medusa. Le sembrò che qualcosa dentro di lei avesse sussultato quando le dita di lui si erano staccate dalle sue, e Medusa spalancò gli occhi per la sorpresa. No, no, devo essermelo immaginato, si disse. E’ troppo piccolo perché io possa sentirlo muoversi.

“John?” chiamò improvvisamente.

Lui la guardò. “Cosa c’è?”

In quel momento Magneto si voltò e lanciò un breve sguardo verso i suoi due più vecchi luogotenenti, che ancora si attardavano ad un paio di metri da lui.

Medusa scosse la testa. “Niente.” rispose. “Te lo dico quando sarà finita.”

Si avvicinarono a Magneto e si piazzarono alla sua destra. I soldati nel cortile correvano qui e là come formichine impazzite, e Medusa sentì il Fenomeno ridacchiare, ma quando scrutò il volto di Magneto vide che era serio e impassibile.

“Il ragazzo è nel lato sud-est dell’edificio.” disse Callisto, che se ne stava in piedi qualche metro a sinistra di Magneto.

Il capo della Confraternita annuì. “Bene, allora.” disse guardando Pyro.

Lui si voltò verso i mutanti in attesa dietro di loro. “Buttiamolo giù!” gridò.

Dalle schiere della Confraternita si levò un grido di battaglia che assomigliava ad un ruggito, poi Medusa vide una folla di persone correre in avanti e balzare dal ponte al cortile della prigione. In qual momento le porte dei laboratori Worthington si spalancarono e decine e decine di soldati uscirono dall’edificio in pieno assetto da battaglia. Medusa li vide accucciarsi dietro i camini dell’impianto di ventilazione che spuntavano qui e là nel cortile, puntando i loro fucili verso le persone che ora correvano verso di loro con l’intenzione di sfondare le loro file e fare irruzione nel palazzo.

Il Fenomeno fece per scendere dal ponte e prendere parte alla battaglia, ma Magneto lo bloccò.

“Negli scacchi vanno avanti i pedoni.” disse con un tono neutrale, senza staccare gli occhi dalla scena che si svolgeva nel cortile davanti a lui. A Medusa tornò in mente la figura di Mistica sdraiata nuda sul pavimento del container, ferita e terrorizzata, e ad un tratto ebbe una rivelazione.

La canzone che le era venuta in mente quando si trovava nella radura delle rose selvatiche, la canzone che suo padre ascoltava sempre quando era bambina, non era affatto una canzone d’amore. Raccontava di un omicidio. Ricordò improvvisamente l’angoscia che l’assaliva quando la voce della donna cantava il ritornello, e lei se ne stava seduta al tavolo della cucina con gli occhi sbarrati, presagendo l’orrore che stava per essere narrato ma incapace di smettere di ascoltare.

…They call me The Wild Rose
But my name was Elisa Day.
Why they call me it I do not know
For my name was Elisa Day…

Il vento portò fino a loro il rumore dei proiettili che venivano messi in canna, e Magneto scosse la testa beffardamente. “Gli umani e le loro armi.” disse, e alzò una mano per strappare i fucili dalle mani dei soldati.

Non successe niente.

Medusa vide il volto di Magneto impallidire, poi si sentì il rumore di uno sparo, e un grido. Uno dei mutanti della Confraternita cadde a terra scosso dalle convulsioni, mentre la sua pelle passava da rosso acceso ad un colorito olivastro. Qualcosa di argentato luccicò sul suo petto, e per un secondo Medusa pensò che si trattasse di un crocefisso simile a quello che ornava il rosario di Danielle. Ma poi si rese conto che non era sul suo petto, ma nel suo petto. Una fialetta uguale a quella che il poliziotto aveva sparato contro a Mistica nel container era conficcata nella sua carne. Ecco perché non ci hanno attaccati prima, si disse. Ci stavano aspettando.

Ci furono altri spari e altri corpi che cadevano sulla ghiaia del cortile. Magneto tentò di nuovo di usare i suoi poteri su quelle armi, e di nuovo le armi rimasero al loro posto.

“Plastica.” disse il capo della Confraternita. Il suo tono era a metà fra il casuale e l’ammirato, e a Medusa venne voglia di gridare. “Hanno imparato.”

Si sentì una serie di esplosioni che coprirono il rumore degli spari, e Medusa vide che alcuni soldati ora brandivano dei lanciagranate. Migliaia e migliaia di dardi contenenti la Cura piovevano sui mutanti che si trovavano nel cortile, e molti di loro cominciarono a arretrare, pazzi di terrore, e a camminare gli uni sugli altri. La maggior parte delle persone che avevano preso parte alla battaglia erano dei dormienti che non avevano la minima esperienza di combattimento.

“Per questo motivo vanno avanti i pedoni.” disse Magneto rivolto ai suoi luogotenenti.

Medusa si voltò a guardarlo ammutolita dalla sorpresa, dicendosi che di certo aveva capito male. Kid Omega e Callisto stavano osservando la scena con la stessa espressione orripilata sul volto, ma il viso di Pyro era tranquillo e impassibile come quello di Magneto.

Ci fu un grido acuto e Medusa vide Lizard, un mutante che aveva la capacità di arrampicarsi sui muri, precipitare dalla torretta che aveva scalato e schiantarsi al suolo una decina di metri più in basso. Il suo corpo rimbalzò con un tonfo raccapricciante sulla ghiaia, e poi rimase immobile.

“Questa è follia.” mormorò Medusa, e senza nemmeno rendersene conto fece un passo avanti. Vide un soldato puntare il fucile contro una ragazza bionda che riconobbe come Kharmaleon, e usando la telecinesi strappò l’arma dalle mani dell’uomo con una violenza tale che il soldato perse l’equilibrio e cadde a terra, disorientato. Le parve che Magneto le gridasse qualcosa, ma lei non si prese il disturbo di dargli retta. Continuò ad usare la telecinesi sui soldati e i loro fucili, ma erano davvero troppi, e ogni volta che riusciva a disarmarne uno un altro prendeva il suo posto.

Improvvisamente dal campo di battaglia si levò il grido “Fuoco!” e qualcosa esplose sopra la sua testa. Le lamiere di ferro su cui stava in piedi si sfilarono da sotto di lei e Medusa perse l’equilibrio, cadendo all’indietro. Pyro l’afferrò per un braccio e la tirò verso di sè, mentre migliaia e migliaia di dardi si infrangevano contro le lastre di ferro che Magneto faceva fluttuare a mezz’aria di fronte a loro come scudo.

Mentre Pyro l’aiutava ad alzarsi in piedi, Medusa vide il capo della Confraternita rivolgerle uno sguardo pieno di astio e di rimprovero prima di girarsi verso Archlight.

“Usa le onde d’urto.” le ordinò. “Devi mirare a quelle armi!”

La ragazza avanzò verso l’estremità del ponte sfilandosi i guanti viola. Non appena fu pronta, Magneto fece cadere a terra le lamiere e Archlight picchiò insieme i palmi delle mani, generando un’ondata di energia che investì tutto il cortile della prigione. Le armi di plastica e gli scudi esplosero come giocattoli nelle mani dei soldati, e Medusa si ricordò con una punta di gelosia che quella era la tecnica che un tempo Magneto usava con lei. Era lei che si piazzava davanti alle porte d’acciaio e si scagliava nelle stanze non appena il capo della Confraternita faceva saltare via i cardini, pronta ad affrontare chiunque si trovasse al loro interno. Davvero le cose sono cambiate, si disse, e accarezzò il profilo del rosario che teneva in tasca attraverso il tessuto dei jeans.

Ormai liberi di attaccare, una seconda ondata di mutanti della Confraternita si riversò dal ponte al cortile dell’isola, desiderosi di vendicare i compagni feriti e uccisi. Medusa vide i soldati gettare a terra quello che restava delle loro armi e guardarsi attorno terrorizzati, mentre la fiumana di persone avanzava verso di loro e li travolgeva. Alcuni militari vennero investiti da una vampa di fuoco sputata da uno dei mutanti e si rotolarono per terra cercando di spegnere le fiamme, e dalla parte opposta del cortile un gruppo di soldati strisciava a terra tossendo e cercando invano di ripararsi gli occhi dalla nube di sabbia in Dustgirl li aveva avvolti.

In quel momento il rumore di un motore a turbina si diffuse sopra il campo di battaglia. Medusa, insieme alle altre persone che erano con lei sul ponte, alzò la testa cercando di individuare l’origine di quel rumore, ma non riuscì a scorgere nient’altro che le stelle, ricamate nella seta del cielo, e la luna piena spuntata chissà quando. Per un momento le sembrò di scorgere una luce posarsi sul tetto dei laboratori, ma poi ritornò a guardare il cortile, dove le forze della Confraternita stavano ormai per avere la meglio. Ancora qualche minuto e sarebbe finito tutto.

Ad un tratto un lampo si scaricò sul campo di battaglia, e Medusa sobbalzò. Non c’è una nuvola in cielo, pensò. Ma da dove diavolo... Poi un altro fulmine e un altro ancora colpirono le file della Confraternita, diffondendo il panico, e a Medusa bastò alzare la testa per vedere la fonte di quello strano fenomeno. Ororo Munroe, la sua ex insegnante di storia e membro degli X Men, volteggiava a mezz’aria sopra il cortile, scagliando fulmini dalle mani. Hank McCoy, abbigliato con una tuta di pelle e lattice troppo stretta per lui, saltò giù dal tetto e ruggì in direzione del ponte. Probabilmente farebbe paura, pensò Medusa, se quella cosa fosse una taglia o due più grande.

Due figure abbracciate si lanciarono nel cortile e sparirono inghiottite dal terreno, mentre quello che Medusa riconobbe come Piotr Rasputin atterrò sulla ghiaia scavando un piccolo cratere. Infine ci fu una cascata di scintille che si sprigionarono in uno degli angoli del tetto, e Wolverine balzò nel cortile, cominciando a dare ordini ai soldati perché mantenessero le posizioni e si schierassero dietro di loro. Gli X Men si misero in fila nel centro del campo di battaglia, separando i militari dalle orde della Confraternita, pronti a difendere i laboratori Worthington. Medusa sentì un’onda di disgusto e di disprezzo verso di loro. Infami codardi, traditori del loro stesso sangue. Si trincerano dietro i loro bei discorsi di fratellanza e di pace, ma la realtà è che sono semplicemente troppo vigliacchi per battersi contro gli umani.

Fece correre un’occhiata piena di disdegno su di loro, e riconobbe Bobby, in piedi di fianco ad una ragazzina bassa e bruna che di certo non era Rogue. Al centro della fila stava Wolverine, gli artigli di adamantio sguainati e un’espressione di collera ferina sul viso. Medusa ripensò al giorno in cui Logan era andato a prenderla all’aeroporto, quando lei tornava dal funerale di Evie, e si era sforzato di trovare alla radio una canzone che non fosse troppo allegra, per non urtare i suoi sentimenti in quello che per lei era un giorno di lutto e di dolore.

Le tornò improvvisamente alla mente tutta la sofferenza e la rabbia che aveva provato per la morte della sua sorellina, e come l’aveva straziata sentire da Daniel, il fidanzato di Evie, il messaggio di addio che lei aveva lasciato: “La guerra è finita.”

Nel cortile, McCoy ruggì di nuovo e la Confraternita, ripresasi dal primo istante di spiazzamento, si lanciò all’attacco dei nuovi arrivati.

Ti sbagli, Evie, pensò Medusa mentre osservava la battaglia infuriare nel cortile. La guerra è appena cominciata, e sopravvivere è un dovere per ognuno di noi. Quello che facciamo qui stanotte è proprio questo, sopravvivere, e non c’è niente di buono, o di bello, o di nobile nella sopravvivenza, d’accordo. Facciamo quello che facciamo perché quelli che verranno dopo di noi vedano riconosciuto il loro diritto all’esistenza, e non debbano più lottare con le unghie e con i denti per ogni misero centimetro di sole che riescono ad accaparrarsi. Ma finché non arriverà quel giorno, Evie, il nostro dovere è quello di lottare, e io credo, anzi, sono sicura, che sarà esattamente la volontà di sopravvivere che alla fine ci permetterà di sopravvivere.

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Finito anche questo. Spero vi sia piaciuto.

Ecco la traduzione della parte di canzone (ovviamente è sempre "Where the Wild Roses Grow") che appare nel testo:

[...]"Mi chiamano La Rosa Selvaggia
ma il mio nome era Elisa Day.
Non so perchè mi chiamino così.
Il mio nome era Elisa Day."[..]

Mi rendo conto che adesso è un po' criptico, ma vi posso assicurare che andrà meglio nel prossimo capitolo.

Per Lia: non ci posso credere! Hai scritto una recensione per ogni singolo capitolo... Io non so che dire, se non che sei straordinaria!!!!! Poche persone avrebbero avuto la pazienza, e il buon cuore, di andare a recuperare i capitoi "vecchi" e scrivere un commento per ognuno di loro invece che scrivere un'unica recensione "riassuntiva" nel capitolo più recente. Davvero, quando ho visto la mia pagina delle recensioni mi sono commossa!! Volevo rispondere ad alcuni dei tuoi commenti:

1. Per il capitolo 13 di "Into the Fire": Immagino che la scena a cui ti riferisci sia quella della "furia incendiaria" sul portico dei Drake. Ho recuperato e visto X Men 2 qualche giorno fa, e devo dire che quella scena è davvero splendida. Per la musica, le inquadrature, la straordinaria interpretazione di Aaron Stanford (chapeau, ragazzo mio). Senza voler togliere nulla al bravissimo regista o agli sceneggiatori, io quella scena l'avrei scritta così anche se avessi visto il film prima di iniziare a scrivere il racconto; mi serviva Wolverine in piedi, e soprattutto mi serviva che John stesse molto male per innescare l'attacco di rabbia di Meredith (quel "Ma si può sapere da che parte stai?" che serviva a far scattare un campanello d'allarme). Senza contare che un bello svenimento, beh, fa scena.

2. Per il capitolo 1 di "Winning...": Ho cercato di trattare il tema dell'aborto più delicatamente possibile, sapendo bene che non è un argomento da usare per fare melodramma a buon mercato. Mi sono sforzata di immaginare le emozioni che una giovane donna può provare in una situazione simile, senza giudicare quello che Meredith pensa o fa. Sono felice e anche molto sollevata di aver raggiunto questo risultato. Grazie per avermi rassicurata!

3. Per il capitolo 2 di "Winning...": Sono felice di dividere con te la passione per quel figo (pardon, l'ho fatto di nuovo!) di Eric Dane! Per quanto riguarda la scena sul container e la reazione di Magneto, lasciami dire che Mistica è il personaggio per me più "indigesto" (a parte Kitty Pride, che è una fuoriclasse) dei tre film. Non la sopporto, non ci posso fare niente, e non è un caso che lei è Meredith proprio non si piglino. Ma il modo in cui Magneto la scarica quando non gli è più utile, e la scena in cui lei se ne sta nuda,tremante e umiliata sotto lo sguardo di tre uomini mi ha fatto davvero pena. Per me Magneto è molto simile a molti capi di movimenti politici e sociali nella Storia: una volta che hanno raggiunto un certo potere, diventano ingrati, crudeli e presuntuosi. Meredith se ne accorge e la sua fede in lui vacilla, anche se rimane fedele agli ideali della Confraternita in sè.

4. Per il capitolo 6 di "Winning...": Che vuoi che ti dica? Forse un taglio netto era molto meglio, ma proprio non ce l'ho fatta! Si vogliono troppo bene... Però quando Meredith dice "ti prego, John" non intende "ti prego non mi lasciare". E' talmente convinta che John voglia chiudere con lei che lo implora di sferrarle il colpo di grazia il più velocemente possibile, perchè la seppur lontana speranza che la loro storia esista ancora la sta distruggendo. Quello che intende suona più meno come "ti prego, uccidimi" (Jean Grey: "ehi, qualcuno mi ha chiamato?"), o meglio, come "ti prego, lasciami e basta".

In conclusione, voglio solo dirti che ti ringrazio per ognuna delle parole meravigliose che hai scritto sul mio stile, i miei personaggi e le mie storie. Sai che mi sono un po' commossa leggendole? E' un piacere scrivere per persone come te. Va beh, adesso basta sennò faccio la figura della leccaculo, ma ti assicuro che mi viene davvero dal cuore! Un affettuosissimo saluto, Lia, e spero che vorrai leggere anche il proseguimento di questa storia.

Come probabilmente avrete capito, ormai siamo agli s
goccioli. Il capitolo 8 sarà il capitolo finale. Se fino ad ora "Winning a Battle, Losing the War" vi è piaciuto, vi invito ad aspettare ancora un paio di giorni e scoprire come si concluderà. Sarò puntuale questa volta, ve lo giuro. Ho già quasi finito la stesura definitiva.

Un bacione a tutti e a presto!
  
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