Durch die Augen von einem Kind
-Beh, chiedete a Tom, è
lui l’esperto in queste cose!-
-Beh si, effettivamente Bill
non ha nulla a che fare con questa domanda- sorrise il ragazzo sistemandosi il
cappellino -…Diciamo che dopo una dura giornata di
lavoro è lecito volersi divertire un po’…-
Click.
-Stronzo-
La ragazza lanciò con
rabbia il telecomando sulla poltrona, alzandosi dal divano e dirigendosi verso
la cucina con passo veloce.
-Bastardo…- ripetè mentre il rumore dei tacchi sul parquet riempiva le
pareti della casa.
-Che ti cada
in testa un meteorite e ti faccia morire tra atroci torture!- continuò
imperterrita sistemando sulle mensole le confezioni di pasta che aveva comprato
quella mattina.
-Che tu sia maledetto!- sbattè
con violenza la confezione di zucchero sul ripiano, facendola rovesciare.
-Mamma…- una nocetta
flebile la fece voltare verso la porta, dove un bambino di circa tre anni era
appoggiato allo stipite con addosso un piagiamino
azzurro con degli orsetti.
-Amore, non stavi giocando
con la batteria?- la ragazza si inginocchiò di fronte
a lui, prendendolo in braccio.
-Shi… ma poi Bob ha voluto fare la nanna…- si stropicciò gli occhietti stanchi.
-Oh, capisco…e tu non vuoi
dormire ancora un po’?-
-No… voglio la pappa…-
-E va bene, pappa sia!-
-Voglio quella cosa che sa
di mela…-
-La mela grattugiata…-
sorrise lei materna appoggiando il bambino sul seggiolone.
-Shi…- bisbigliò lui continuando a stropicciarsi gli
occhi.
-Però dopo vai un po’ a
dormire, perché mi sembri molto stanco!- gli spostò da
un lato la frangetta bionda, dandogli un bacio sulla fronte.
Lui annuì col capo.
-Perché prima dicevi
quelle brutte parole?-
-Niente tesoro, mamma era
un po’ arrabbiata…- disse mentre preparava da mangiare
per suo figlio.
-Perché?-
-Perché si era dimenticata
di prendere il cioccolato al supermercato…-
-Ci vado io se vuoi…- le
sorrise stringendo a se l’orsacchiotto di peluches.
-Oh, grazie amore… ma
penso di fare prima io con la macchina, no?- sorrise mettendogli davanti il
piattino di plastica e un cucchiaino.
Il telefonò
che squillò, costrinse la ragazza ad andare in salotto.
-Tu mangia tutto!-
Respirò profondamente
prima di rispondere, poi cliccò il tasto verde, con
il terrore di sentire quella voce.
-Pronto?-
-Lis, sei libera questo
pomeriggio?-
Tirò un respiro di sollievo quando udì dall’altro capo la vivace e un po’ acuta
voce della sua amica Helen.
-Un “Hallo” come inizio potrebbe
andare bene…- commentò Liesel ironica.
-Su, non stiamo qui a
discutere su cose futili, allora, ci sei o no?-
-Non lo so… non saprei
dove lasciare Christopher…-
-Lascialo da tua mamma! Solo un’oretta…- la pregò.
-Facciamo che la chiamo e
sento se papà sta al lavoro fino a tardi…-
-Ok, poi richiamami. Ciao!- Helen
le diede un bacio dalla cornetta.
Liesel guardò nervosa il telefono che aveva in mano.
Provare a chiamare o no?
Sua mamma sarebbe stata
contenta di avere a casa sua il nipote…ma suo padre…
Lui non voleva saperne
niente.
Gliel’aveva detto chiaro e
tondo quando aveva saputo del bambino.
“Scordati di tornare in questa casa! Mi hai
profondamente deluso!”
Aveva preso un
appartamentino e faceva la cassiera al supermercato cinque giorni alla settimana, ma i suoi genitori continuavano a pagarle
l’affitto e gli alimentari.
“E non sai neppure chi è
il padre? Lis, esci da questa casa, subito!”
In realtà lei sapeva
benissimo di chi fosse, ma non aveva intenzione di
sbandierare ai quattro venti di quella notte di tre anni fa, quando aveva
ancora 17 anni, e lui 18…
La voce poderosa di suo
padre le era entrata nelle membra e le aveva sconquassate tutte, da cima a
fondo.
Non avrebbe mai
dimenticato i suoi occhi pini d’ira, la piega severa delle labbra, le folte
sopracciglia grigie inarcate quasi fino a toccarsi
l’un l’altra…
E quel braccio teso, l’indice puntato verso la
porta, la sua valigia sbattuta con furia dall’uomo per terra, i pianti di sua
madre che si copriva gli occhi…
E Helen,
la sua amica del liceo dai ricci capelli rossi, che l’aveva
consolata ed aveva promesso di aiutarla.
Con riluttanza schiacciò
lentamente i tasti e composto il numero aspettò che qualcuno rispondesse.
-Hallo?-
Per fortuna era lei, sua
madre, Hanna.
-Ciao mamma!-
-Oh, ciao Liesel, è da una settimana che non ti sento…- disse la donna commossa.
-Lo so…
papà è a casa?-
-No, rimane in azienda tutto il giorno, torna stasera verso le 9…-
-Ok, posso lasciarti Christopher
per un’oretta… che ne so… dalle 3 alle 4?-
-Certo… sarei contenta di
vederlo… cosa devi fare tu?-
-Helen mi ha chiesto di vederci…-
-Fai
bene ad uscire un po’ cara…- la sua voce era triste.
-Sai che ogni tanto esco… ma non voglio riattaccare con quel discorso! Te lo
porto io e poi ripasso a prenderlo, ok?-
-Va
bene… posso dargli le merendine?-
chiese la donna riluttante.
-Si dai,
una può andar bene!- sorrise la ragazza.
-Ok, allora a dopo!- salutò la signora ora un po’ più
serena.
Grattandosi la nuca
pensierosa, Liesel ricompose il numero della sua
amica.
-Perfetto! Allora passa da me verso le 3… si va a fare un po’ di shopping!-
concluse entusiasta.
-Ricordati
che ho i soldi contati!-
-Si si! È un mercatino, ma
ha della roba davvero niente male!-
-Basta che il tuo “niente
male” non significhi cinquanta euro a maglietta…-
-No, fidati…- rispose
mogia, poi riprese ancora più cupa. –Ma lo sai…io rimango sempre dell’idea che
tu debba chiedere gli alimenti almeno!-
-Helen, piantala…- sospirò
passandosi una mano sulla fronte.
-Ascolta, so che tu non
vuoi combinare casini…ma quello è pieno di soldi! È un
tuo diritto!- si infervorò. –E in più dovrebbe
prendersi anche lui qualche responsabilità… a partire dal
fatto che dovrebbe venire a conoscenza di avere un bambino!
-Io quello non lo voglio
più vedere! Passo dopo! Ciao Helen- e chiuse così la
conversazione, ritornando in cucina da Christopher.
-Ehi ehi
ehi! Aspetta!- lo prese
appena in tempo, prima che lui potesse combinare danni cercando di scendere dal
seggiolone.
-Vado a
letto…- sbadigliò lui.
-Vieni che ti porto io!-
lo prese in braccio, portandolo nella loro camera da
letto.
-Pomeriggio vado dalla nonna?- chiese il bambino mettendosi sotto le
coperte.
-Come fai
a saperlo?- sorrise la ragazza.
-Ho sentito che parlavate
al telefono…- si mise il dito in bocca, prontamente
schiaffeggiato dalla mamma.
-Non si fa…
-lo rimproverò dolcemente.
Era inutile, voleva fare
la dura, ma quando aveva davanti quel faccino con quegli occhioni color nocciola, non riusciva a farsi
valere.
-Ora dormi…ti sveglio io
per farti un bel bagnetto!- gli diede un bacio leggero sulle labbra e spense la
luce della camera, dato che non aveva ancora tirato su
le persiane.
-Ti voglio
bene, mamma…- bisbigliò il bambino ormai nel mondo dei sogni.
Lei
sorrise nel buio, accarezzandogli con delicatezza una guancia e passando
pensierosa il pollice sul piccolo neo del bambino… lì, proprio nel mezzo della gota destra.
-Notte tesoro…-
Ciaoooo!!!! Devo dire
la verità..è da mesi che ho in testa una storia del
genere (fidatevi che non ho copiato nessuno e non ho intenzione di farlo!) solo
che tra un impegno e l’altro non sono mai riuscita…e mi mancava l’ispirazione
per iniziarla….
Spero vi piaccia!!!!^___^
che ne pensate?
Ps: i Tokio
Hotel purtroppo non mi appartengono…. E scusate errori di tedesco o altro…per
ora non lo studio!!^^
Il titolo è: ATTRAVERSO GLI OCCHI DI UN BAMBINO (se
la traduzione fatta da un’amica che saluto caldamente “grazie
Francesca!” è giusta!^_^)
Baci!
*ruka88*