Distretto 1 - Yellow
like… a
banana?
Shamyra
—
Benvenuti,
abitanti
del Distretto 1! —
squittì una capitolina dalla parrucca dai boccoli biondi, o
meglio,
gialli, dall’immenso palco montato in occasione della
Mietitura. — Quanta
meravigliosa gente! Così mi piacete, belli carichi,
— continuò la riccia,
agitando i fianchi qua e là, infagottata in un tubino color
porpora, — voglio
un grande sorriso collettivo prima dell’annuncio della nostra
signora! Su,
coraggio!
Sarebbe stata una
cosa ridicola in qualsiasi distretto, o, addirittura, in qualsiasi
luogo del
mondo sorridere per qualcuno che sta andando a morire, ma non nel
Distretto 1.
Nella regione più lussuosa e ricca di Panem i Giochi della
Fame erano un
momento per festeggiare. Ne godevano, gli abitanti, quasi quanto i
capitolini.
Quasi, perché due famiglie comunque sarebbero state private
dei loro figli, due
ragazzi dei loro fidanzati, tanti, invece, avrebbero perso un amico.
Eppure,
ancora una volta, come succedeva da ben 36 anni, il popolo
dell’1 sorrise, per
la gioia della buffa donna sul palco, degli infami capitolini
spaparanzati sui
loro divani di pelle di coccodrillo,
ma,
soprattutto, per quella del presidente Snow; per fargli provare
nuovamente il piacevole brivido di detenere il potere, di avere tutto
in pugno,
come un dio.
Quando la donna,
che più che tale sembrava, invece, un ibrido tra una banana
e una bambola,
inserì la mano nella boccia di vetro contenente i nomi delle
ragazze tra i 12 e
i 18 anni del distretto, però, l’aria si fece
elettrica e i sorrisi scomparvero
anche dalla bocca dei più sprezzanti. Se mentre la
capitolina stava per leggere
il nome della malcapitata - o fortunata, a seconda del colore di
capelli degli
spettatori in quel momento - si sentiva solo il ronzio del microfono,
quando
dalla fila delle tredicenni una testa biondo pallido, quasi come la
luce
sprigionata dalla luna, che superava tutte quelle delle sue coetanee,
lanciò un
urlo, il tempo si fermò. Non che i volontari non ci fossero
nel Distretto 1,
anzi, sarebbe stato strano il contrario. La particolarità
stava proprio nella
volontaria, però, quell’anno. Mentre la ragazzina
saliva sul palco, quasi
eterea, con passo fiero e sguardo truce, neanche la capitolina
parlò. Quegli
occhi non ammettevano parole, non mentre colei che li possedeva si
prendeva il
suo momento di gloria, non mentre si avvicinava alla vendetta.
Solo quando la
ragazzina salì sul palco, posizionandosi di fianco alla
capitolina,
quest’ultima si riscosse, chiudendo il più
velocemente possibile la bocca,
ancora incantata dagli occhi ipnotici di quella - se così si
può considerare
un’assassina – bambina.
— Una volontaria!
Magnifico, davvero magnifico. Come ti chiami tesoro?
Come se quella
parola fosse stata un coltello, sulla bocca della biondina si
formò una
smorfia. Chiamarla tesoro, come osava, una stupida, brutta, infame
capitolina
chiamarla in quel modo. Mentre i suoi occhi si iniettavano di sangue,
la
tredicenne girò lievemente il capo verso la forestiera,
senza rispondere alla
sua domanda. Non serviva rispondere, in effetti. I suoi occhi
è come se la
stessero uccidendo e non solo la capitolina sembrò
accorgersene, ma anche tutto
il pubblico, che cominciò a creare un seccante brusio di
sottofondo. La
fanciulla dai capelli color della luna, infastidita, di scatto
tornò a guardare
fisso davanti a sé, con gli occhi vitrei. Doveva resistere
per pochi minuti,
per la sorella, la sua Zoe.
— Shamyra, —
sussurrò la tredicenne.
— Shamyra, che
splendido nome! Bene Shamyra, perché ti sei offerta
volontaria? Cosa ti aspetti
dal risultato di questi giochi? — blaterò la
capitolina, finalmente
tranquillizzata dopo lo sguardo assassino e leggermente,
pensò, instabile, che
le aveva riservato la concorrente.
— Vincerò.
A tutti sembrò un
sintomo di sicurezza, forza, convinzione. Quello che non sapeva la
capitolina,
né la gente che tanto osservava terrorizzata quella bambina
- che tutti
inevitabilmente conoscevano, almeno per aver sentito il suo nome in
giro - era
che quella era una promessa. Una promessa tra lei e Zoe. E lei era
lì per
mantenerla.
Shamyra
si era svegliata presto quel giorno. Era
il suo giorno; il suo e quello di Zoe. Andava festeggiato, e quale modo
migliore se non un omicidio?
La biondina si preparò con più cura del dovuto,
voleva conquistare qualcuno di nuovo e invitante, qualcuno che non
sapesse
ancora del “ponte del terrore”.
Camminava tra le strade del distretto, Shamyra,
col suo solito alone fascinoso e al contempo angosciante, che si
rifletteva
chiaramente negli occhi dei suoi concittadini. Erano terrorizzati da
lei, la
evitavano, ma ogni volta che la vedevano, come una droga, si fermavano
a fissarla.
A sole quattro ore dal raduno in piazza, il tempo stringeva e bisognava
trovare
una vittima. Le imprecazioni provenienti da un vicolo, urlate con un
accento
straniero, diverso da quello cupo e chiuso del Distretto 1, irradiarono
il
corpo di Shamyra di una sensazione di benessere indicibile; forse la
sua
ricerca, anche per quel giorno, era finita. Un uomo sulla quarantina
d’anni
smanettava con cavi e viti, cercando forse un modo per sistemare una
telecamera
o qualcosa di simile.
Si vestì di un sorriso d’angelo, la bambina
bionda, e si avventò sull’uomo che ancora non
immaginava cosa l’aspettasse.
— Serve una mano, signore?
L’uomo sembrò sorpreso nel vedere quella giovane
donna dal viso angelico sbucare in quel vicolo, ma aveva davvero
bisogno d’aiuto,
e chiedere non poteva nuocere a nessuno. O almeno credeva.
— Oh, grazie piccola. Conosci per caso qualcuno
che venda o che abbia cavi elettrici? Ho preso quelli sbagliati, e se
torno al
treno rischio una strigliata.
— Certo signore, mio nonno faceva l’elettricista,
ne ha un bel po’! Purtroppo però non cammina,
quindi deve venirli a prendere da
solo, — mentì la ragazzina.
Bugiarde come Shamyra ne esistevano poche, di
persone. Negli anni aveva affinato talmente tanto la tecnica da rendere
quasi
impossibile capire che mentisse. Solo una cosa poteva incastrarla, i
suoi occhi
perennemente desiderosi di sangue. Ma nessuno sembrava farci caso,
nascosti
sotto la morbida chioma bionda e il sorriso angelico.
Non ci volle poi molto a
convincere l’uomo, originario probabilmente
del Distretto 3, a seguirla sotto il “suo” ponte.
Se n’era accorto troppo tardi
che la via che stavano percorrendo era quasi impraticabile, troppo
lontana dal
centro abitato. Il
terrore prese vita
nei suoi occhi solo quando vide il sorriso dell’angelo biondo
divenire un
ghigno malvagio. I riflessi dello straniero non erano stati abbastanza
pronti,
svegli, così, non appena provò
a
scappare, si ritrovò con un tendine calcaneale reciso.
E finalmente Shamyra poté iniziare i
festeggiamenti.
Solo dopo tre ore e mezza di agonia, la ragazzina
si decise a recidere l’aorta dell’uomo e porre fine
alla sua vita; la cosa,
inoltre, scocciò non poco la biondina, che avrebbe voluto
continuare con
piacere a scuoiare l’uomo. Aveva lasciato il lavoro a
metà, mancavano ancora il
petto e il viso, le parti migliori, tra l’altro. Amava
guardare la disperazione
negli occhi delle sue vittime, Shamyra, mentre toglieva loro pian piano
lembi
di pelle, la faceva sentire indistruttibile, potente. Non appena il
segnale
dalla piazza arrivò, però, il suo sorriso
svanì dal perfetto visino sporco di
sangue, e l’uomo dovette essere finito in un modo banalmente
“normale”. Prima
di togliersi il sangue dal corpo e dal viso, però,
l’assassina, assaporò bene
quell’odore acre e metallico, quel profumo che la mandava in
trance. Avrebbe
dovuto resistere per qualche giorno, e poi avrebbe potuto risentirlo,
più e più
volte e finalmente l’avrebbero ammirata per la sua sete.
L’avrebbero acclamata, e sua sorella avrebbe
vinto finalmente, insieme a lei.
L’angelo biondo camminava verso il centro del
luogo che le aveva portato via la sorella, i genitori,
l’infanzia. Ora voleva
riprendere tutto ciò che le spettava.
Il sorriso insolitamente disarmante con cui la
spietata assassina si incamminava nella città
riuscì quasi a far credere alla
gente, che conosceva bene le sue abitudini sanguinarie, che fosse
davvero un
angelo. Ma cos’è un demonio, se non un angelo con
due ali di scorta?
Nadel
—Bene,
bene, Distretto 1, è il turno dei signori!
Vediamo insieme quale coraggioso giovane affiancherà la
nostra Shamyra.
A quelle parole la
ragazzina ebbe un fremito, ma ben presto si rasserenò,
tornando a guardare il
vuoto dinanzi a sé, impassibile.
Quella stupida
capitolina, che si scoprì chiamarsi Sioux, doveva misurare
meglio i termini che
usava, soprattutto in un distretto come l’1, dove il
più delle volte i ragazzi
erano violenti e per nulla inclini a parole affettuose. Certo, cosa ci
si
poteva aspettare da una donna con una parrucca gialla, probabilmente
più
pesante di lei? Nulla. E infatti il sorriso demenziale con cui pescava
all’interno
dell’enorme urna di vetro con i nomi maschili era la prova
che nella testa di
quella donna non vi fosse granché, a parte vestiti dai
colori bizzarri o nuovi
interventi chirurgici per deformare – o abbellire, che dir si
voglia – il proprio
corpo. Dopo due minuti buoni di ricerca all’interno del
calderone, la strega si
decise a estrarre uno dei migliaia di bigliettini bianchi, annunciando
estasiata, col solito accento stridulo e insopportabile, proprio dei
capitolini: —
Il nostro lui è
Nadel Des Giftes. Nadel, caro, vieni sul palco!
Nella voce della
donna era palpabile l’emozione, spesso, in quel distretto,
non riusciva neanche
a leggere i nomi dell’estratto, che qualcuno si offriva. Era
così meravigliosamente
toccante guardare un tributo incredulo essere invaso dalla disperazione
e dalla
presa di coscienza. Cercò, quindi, con lo sguardo il
ragazzo, magari un
dodicenne…
E invece dalla
fila dei diciassettenni, dopo un misero attimo di titubanza, dato
più che altro
dalla sorpresa, si
staccò un giovane di
bell’aspetto, dalla corporatura asciutta ma allenata, a
giudicare dalle spalle
larghe più del bacino.
Mentre
attraversava il corridoio di persone che lo avrebbe condotto al palco,
un
vociare sommesso si innalzò dalla fila delle ragazze, e non
era difficile da
capire il motivo. Nadel era di una bellezza particolare, a primo
impatto
sarebbe potuto sembrare il classico ragazzo snob, di famiglia
prestigiosa,
troppo viziato e riverito - e in effetti era così - ma ad un
più attento
sguardo si sarebbe potuto capire cosa lo rendeva così
dannatamente affascinante;
sotto una scompigliata capigliatura riccia e ramata,
vi erano due occhi impenetrabili; come se
avessero vita propria, le due iridi cremisi scrutavano quello intorno a
loro
con attenzione e avidità. Nadel capiva le persone solo
guardandole, ma si
asteneva dal dirlo; l’unico a saperlo era suo fratello,
Tolstoj. Mentre si
dirigeva verso il palco con la sua tipica camminata rigorosa, quasi
come un
marcia, Nadel aveva già capito chi aveva di fronte. Shamyra
aveva un non so che
di strano; il suo corpo non tradiva emozioni, ma era di fattezze
così angeliche
da risultare inquietante. Quella bambina doveva avere un passato
particolare
alle spalle, poiché tutto in lei era un chiaro segno che non
era da
sottovalutare. Una tredicenne volontaria o è una suicida, o
un’assassina; e gli
occhi, la freddezza della biondina comunicavano solo una cosa, sangue.
Quando si sistemò
di fianco a Sioux, Nadel la superava di un bel po’ in altezza
e la donna,
ancora scontenta per l’estrazione di un diciassettenne, ma
decisamente sedotta
dalla bellezza del giovane, dovette alzare il braccio il più
possibile per
consentire al ragazzo di parlare.
— Allora, Nadel,
vuoi dirci qualcosa?
— Oh, beh Sioux, —
cominciò il tributo, con un particolare bagliore negli
occhi, quasi
intraducibile a parole; vi si poteva intravedere determinazione,
arroganza,
invulnerabilità, — ne vedrai, anzi, ne vedrete
delle belle, stanne certa.
Un ghigno
sprezzante, conferente un’espressione dannatamente sardonica
al suo viso,
concluse la brevissima risposta, e quasi costrinse Sioux ad abbassare
il
microfono e a riportarselo alla bocca.
— Distretto 1,
ecco i tributi che vi faranno onore nella trentaseiesima edizione degli
Hunger
Games! Incoraggiamoli con un applauso! — concluse la
capitolina squittendo. Non
erano due tributi spauriti - ma del resto era ovvio nel Distretto 1
– però quando
i due si strinsero la mano, la donna, con ormai quindici anni di
carriera alle
spalle, riuscì a scorgere nei loro sguardi altezzosi una
caratteristica
fondamentale, quasi quanto la forza fisica o l’astuzia: la
fiducia in se
stessi.
E mentre Sioux
bramava una nuova vittoria per il distretto alla quale era assegnata, e
quindi
un’altra ventata di successo, Nadel pensò che
sarebbe tornato, in fondo
uccidere un ragazzino era come bere un bicchiere d’acqua per
lui, un sicario.
Il
sole si intravedeva appena nascosto ancora
dietro le montagne del Distretto 1. Nadel amava l’alba,
c’era lui, solo con il
sole e il silenzio. Aspettava, il ragazzo, il giorno della sua sesta
Mietitura,
appostato come un avvoltoio, su un tetto, che un certo Jhon Trends
passasse di
lì, in quella stretta viuzza, dove si trovava il suo negozio
di antiquariato;
per cosa? Per ucciderlo, naturalmente. Il sindaco aveva pagato lui e
Poe una
discreta sommetta per eliminare quest’uomo, doveva essere
qualcuno davvero
sconveniente, per il primo cittadino, che nel distretto quasi sembrava
un
tiranno; credeva gli fosse tutto dovuto, che tutti dovessero
sottostargli; ora,
per esempio, quest’uomo stava per morire e probabilmente un
vero motivo neanche c’era…
Quando il rumore di una camminata rapida sull’asfalto,
seguita dal tintinnare di un mazzo di chiavi si avvicinò,
Nadel si riscosse dai
suoi pensieri; il lavoro andava portato a termine, sempre.
Non ci mise poi molto, il diciassettenne, a
scendere dal tetto, il suo corpo snello ma forte era l’ideale
per movimenti che
necessitavano di una sorta di preparazione ginnica e, silenzioso come
un
fantasma, si parò dietro l’uomo che smanettava con
la saracinesca del suo
negozio. Una mano sulla bocca a impedirgli di urlare e a spingerlo
contro la
spalla di Nadel bastò a non far muovere il signor Trends e a
offrire il
meraviglioso spettacolo del suo collo nudo al ragazzo. Un solo istante
e tutto
finì; la lama del coltello recise precisamente la gola
dell’uomo, che vide la
sua ultima speranza di vita svanire negli occhi gelidi, rosso rubino di
quel
giovane bello e dannato.
Anche per oggi il lavoro era stato compiuto e
Nadel non doveva più niente a nessuno. Era libero.
Avrebbe voluto riposarsi, Nadel, tornato a casa
per lavarsi del sangue della sua ultima vittima, ma non fu possibile.
Casa Des
Giftes era tutt’altro che tranquilla, o meglio, lo era
troppo. Quel troppo che
ti fa pensare che c’è qualcosa che non va.
Difatti, intento ad abbuffarsi, prima di scendere
in piazza per la Mietitura, fu raggiunto dai gemelli, meglio conosciuti
come “guai”.
Agatha e Christie avevano preso il suo posto come sicario interno del
distretto. L’uno era la mente, l’altro il braccio.
Era una squadra perfetta,
una macchina da morte.
— Ehi, Naddy, vuoi sapere Agatha che ha creato? E’
un genietto, nostra sorella.
—No, non mi interessa, Christie, — rispose
svogliatamente il maggiore, addentando un grosso panino.
— Beh, ha praticamente piazzato un filo, il tizio
di oggi ci è inciampato e si è tagliuzzato in due
parti. E’ stato incredibile,
incredibile davvero! Ma io non ho potuto fare niente, dannazione.
Nadel ancora si sorprendeva come due bambini di
soli tredici anni potessero essere così desiderosi di sangue
e così contenti
nell’uccidere. Probabilmente erano incoscienti, o
probabilmente avevano solo
preso dalla sua famiglia; in fondo, anche per lui uccidere non era
questo gran
problema.
— Complimenti Agatha, ora però levatevi dai
coglioni che siete ancora sporchi di sangue e io starei mangiando, okay?
I due gemelli, sbuffarono e se ne andarono scherzando
tra loro, complici come al solito. Erano due facce della stessa
medaglia, un po’
come lui e Tolstoj. Certo, quest’ultimo era più
piccolo di lui, ma lo
completava, solo lui riusciva a far emergere la sua parte peggiore,
quella
sensibile, permalosa, ribelle.
Mancava poco meno di un’ora alla Mietitura,
quando Poe si degnò di dare al fratello la sua paga;
ovviamente, però, non
desiderava solo quello, non si sarebbe scomodato, se così
fosse stato.
— Nadel, la figlia del sindaco vuole vederti.
Per il diciassettenne poteva significare solo una
cosa, e, in quel momento, poco prima di partecipare nuovamente alla
Mietitura,
non ne aveva minimamente voglia.
— Quale? Christal o Diamond? — chiese Nadel, con
il guizzo negli occhi tipico di quando riceveva un ordine.
— Christal, e ti vuole ora, vedi di sbrigarti e
non dimenticare il compenso. Ci vediamo a casa dopo la Mietitura,
— rispose
Poe, rigido, tornando nel suo studio e lasciando lì il
fratello senza
aggiungere altro.
Era stato fortunato, Nadel. Christal era una
ragazza carina, gentile e decisamente meno ninfomane della sorella, che
era,
come dire, insaziabile. A diciassette anni odiava vendersi. Non che non
gli
piacesse avere rapporti, ma per una volta avrebbe voluto qualcuno che
lo
facesse con lui non solo per il bel culo che si ritrovava.
Avrebbe voluto… ma non era successo. Così,
mezz’ora
dopo era nel letto di Christal, a fare quello che aveva fatto altre
decine di
volte. In fondo capiva la figlia del sindaco, era una ragazza che non
aveva mai
visto un’arma, una palestra, almeno così, se fosse
andata in arena, prima di morire avrebbe
ricordato qualcosa di positivo; insomma, lui era Nadel Des Giftes, uno
dei più
fighi del distretto!
Non avrebbe voluto compenso, stavolta, quasi compassionevole per quella
ragazzina, ma Poe
aveva detto chiaramente di portare i soldi a casa, e così
avrebbe fatto.
— Sì, ehm, grazie Nadel, buona fortuna per la
Mietitura,
— disse la ragazza, porgendo il denaro all’amante,
con ancora le gote rosse e
gli occhi lucidi.
— Già, ci si vede Christal, — concluse
il ragazzo,
guardandola seccato, con gli stessi occhi che fino a poco prima
scrutavano il
suo corpo e bruciavano di passione. Aveva portato a termine il suo
dovere, era
ora di andare in piazza, e, francamente, trovava insulso augurare buona
fortuna
a una sconosciuta; il suo lavoro non era la sua vita, e, quindi, quella
ragazzina non lo riguardava più.
Si incamminò da solo verso la piazza, il
diciassettenne, con i soldi in tasca, pensando che forse, avrebbe
potuto
comprare un regalo a Tolstoj. Pensava a cosa avrebbe potuto acquistare
quando
fu estratto. Beh, era chiaro, ormai,quando gli si formò quel
sorrisetto sadico,
che gli avrebbe regalato la sua vittoria.
Donne! Non ci
credo ancora che ho scritto la
prima mietitura, piango, o meglio, come dico io, piangio C’: Bene, che
c’è da dire, Arianna mi sta
stalkerizzando per pubblicare, quindi ringraziate lei. Pooooi, siccome
ho visto
che l’idea dei colori è piaciuta, ogni distretto
ne avrà uno e come vedete, all’1
è toccato il giallo. (amate Sioux, che è una
tenerella). Spero di aver reso
bene i baldi giovani, se così non fosse vi chiedo di
perdonarmi ç_ç INVITO CHI
NON MI HA CONSEGNATO LA SCHEDA, O CHI DEVE COMUNICARMI QUALCOSA A FARLO
IL PIU’
PRESTO POSSIBILE. Ancora,
chiariamo il
concetto di sponsorizzazione. In QUESTA interattiva ogni recensione
(prologo
incluso) vale 50 punti. Con i punti che riuscirete ad accumulare potete
aiutare
O il vostro tributo O il tributo di un altro (o prima il vostro, poi in
caso
muoia aiutare un altro). I punti sono i vostri e decidete voi come
sfruttarli,
insomma. PERO' nel bagno di sangue terrò conto del
punteggio, quindi se tutti i
concorrenti hanno ad esempio 500 punti, e poi ce n'è uno che
ne ha solo 50,
significa che quest'ultimo non ha partecipato granché alla
storia, quindi c'è
un'alta probabilità che muoia. Tutto chiaro? Se avete dubbi
non esitate a
chiedere. ^^
Vi
bacio e vi taglio una vena,
Martina :*
Shamyra Lopez