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Autore: _Maisha_    20/03/2013    14 recensioni
Ventiquattro ragazzi, ventitre morti, un solo vincitore.
Ma è meglio morire felice di aver vissuto o vivere sperando di morire?
La 36esima edizione degli Hunger Games abbia inizio.
[interattiva]
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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mietitura distretto 1

Distretto 1 - Yellow like… a banana?

 

 

Shamyra

— Benvenuti, abitanti del Distretto 1! — squittì una capitolina dalla parrucca dai boccoli biondi, o meglio, gialli, dall’immenso palco montato in occasione della Mietitura. — Quanta meravigliosa gente! Così mi piacete, belli carichi, — continuò la riccia, agitando i fianchi qua e là, infagottata in un tubino color porpora, — voglio un grande sorriso collettivo prima dell’annuncio della nostra signora!  Su, coraggio!
Sarebbe stata una cosa ridicola in qualsiasi distretto, o, addirittura, in qualsiasi luogo del mondo sorridere per qualcuno che sta andando a morire, ma non nel Distretto 1. Nella regione più lussuosa e ricca di Panem i Giochi della Fame erano un momento per festeggiare. Ne godevano, gli abitanti, quasi quanto i capitolini. Quasi, perché due famiglie comunque sarebbero state private dei loro figli, due ragazzi dei loro fidanzati, tanti, invece, avrebbero perso un amico. Eppure, ancora una volta, come succedeva da ben 36 anni, il popolo dell’1 sorrise, per la gioia della buffa donna sul palco, degli infami capitolini spaparanzati sui loro divani di pelle di coccodrillo,  ma, soprattutto, per quella del presidente Snow; per fargli provare nuovamente il piacevole brivido di detenere il potere, di avere tutto in pugno, come un dio.
Quando la donna, che più che tale sembrava, invece, un ibrido tra una banana e una bambola, inserì la mano nella boccia di vetro contenente i nomi delle ragazze tra i 12 e i 18 anni del distretto, però, l’aria si fece elettrica e i sorrisi scomparvero anche dalla bocca dei più sprezzanti. Se mentre la capitolina stava per leggere il nome della malcapitata - o fortunata, a seconda del colore di capelli degli spettatori in quel momento - si sentiva solo il ronzio del microfono, quando dalla fila delle tredicenni una testa biondo pallido, quasi come la luce sprigionata dalla luna, che superava tutte quelle delle sue coetanee, lanciò un urlo, il tempo si fermò. Non che i volontari non ci fossero nel Distretto 1, anzi, sarebbe stato strano il contrario. La particolarità stava proprio nella volontaria, però, quell’anno. Mentre la ragazzina saliva sul palco, quasi eterea, con passo fiero e sguardo truce, neanche la capitolina parlò. Quegli occhi non ammettevano parole, non mentre colei che li possedeva si prendeva il suo momento di gloria, non mentre si avvicinava alla vendetta.
Solo quando la ragazzina salì sul palco, posizionandosi di fianco alla capitolina, quest’ultima si riscosse, chiudendo il più velocemente possibile la bocca, ancora incantata dagli occhi ipnotici di quella - se così si può considerare un’assassina – bambina.
— Una volontaria! Magnifico, davvero magnifico. Come ti chiami tesoro?
Come se quella parola fosse stata un coltello, sulla bocca della biondina si formò una smorfia. Chiamarla tesoro, come osava, una stupida, brutta, infame capitolina chiamarla in quel modo. Mentre i suoi occhi si iniettavano di sangue, la tredicenne girò lievemente il capo verso la forestiera, senza rispondere alla sua domanda. Non serviva rispondere, in effetti. I suoi occhi è come se la stessero uccidendo e non solo la capitolina sembrò accorgersene, ma anche tutto il pubblico, che cominciò a creare un seccante brusio di sottofondo. La fanciulla dai capelli color della luna, infastidita, di scatto tornò a guardare fisso davanti a sé, con gli occhi vitrei. Doveva resistere per pochi minuti, per la sorella, la sua Zoe.
— Shamyra, — sussurrò la tredicenne.
— Shamyra, che splendido nome! Bene Shamyra, perché ti sei offerta volontaria? Cosa ti aspetti dal risultato di questi giochi? — blaterò la capitolina, finalmente tranquillizzata dopo lo sguardo assassino e leggermente, pensò, instabile, che le aveva riservato la concorrente.
— Vincerò.
A tutti sembrò un sintomo di sicurezza, forza, convinzione. Quello che non sapeva la capitolina, né la gente che tanto osservava terrorizzata quella bambina - che tutti inevitabilmente conoscevano, almeno per aver sentito il suo nome in giro - era che quella era una promessa. Una promessa tra lei e Zoe. E lei era lì per mantenerla.

 

 

Shamyra si era svegliata presto quel giorno. Era il suo giorno; il suo e quello di Zoe. Andava festeggiato, e quale modo migliore se non un omicidio?
La biondina si preparò con più cura del dovuto, voleva conquistare qualcuno di nuovo e invitante, qualcuno che non sapesse ancora del “ponte del terrore”.
Camminava tra le strade del distretto, Shamyra, col suo solito alone fascinoso e al contempo angosciante, che si rifletteva chiaramente negli occhi dei suoi concittadini. Erano terrorizzati da lei, la evitavano, ma ogni volta che la vedevano, come una droga, si fermavano a fissarla. A sole quattro ore dal raduno in piazza, il tempo stringeva e bisognava trovare una vittima. Le imprecazioni provenienti da un vicolo, urlate con un accento straniero, diverso da quello cupo e chiuso del Distretto 1, irradiarono il corpo di Shamyra di una sensazione di benessere indicibile; forse la sua ricerca, anche per quel giorno, era finita. Un uomo sulla quarantina d’anni smanettava con cavi e viti, cercando forse un modo per sistemare una telecamera o qualcosa di simile.
Si vestì di un sorriso d’angelo, la bambina bionda, e si avventò sull’uomo che ancora non immaginava cosa l’aspettasse.
— Serve una mano, signore?
L’uomo sembrò sorpreso nel vedere quella giovane donna dal viso angelico sbucare in quel vicolo, ma aveva davvero bisogno d’aiuto, e chiedere non poteva nuocere a nessuno. O almeno credeva.
— Oh, grazie piccola. Conosci per caso qualcuno che venda o che abbia cavi elettrici? Ho preso quelli sbagliati, e se torno al treno rischio una strigliata.
— Certo signore, mio nonno faceva l’elettricista, ne ha un bel po’! Purtroppo però non cammina, quindi deve venirli a prendere da solo, — mentì la ragazzina.
Bugiarde come Shamyra ne esistevano poche, di persone. Negli anni aveva affinato talmente tanto la tecnica da rendere quasi impossibile capire che mentisse. Solo una cosa poteva incastrarla, i suoi occhi perennemente desiderosi di sangue. Ma nessuno sembrava farci caso, nascosti sotto la morbida chioma bionda e il sorriso angelico.
Non ci volle poi molto  a convincere l’uomo, originario probabilmente del Distretto 3, a seguirla sotto il “suo” ponte. Se n’era accorto troppo tardi che la via che stavano percorrendo era quasi impraticabile, troppo lontana dal centro abitato.  Il terrore prese vita nei suoi occhi solo quando vide il sorriso dell’angelo biondo divenire un ghigno malvagio. I riflessi dello straniero non erano stati abbastanza pronti, svegli, così, non appena  provò a scappare, si ritrovò con un tendine calcaneale reciso.
E finalmente Shamyra poté iniziare i festeggiamenti.
Solo dopo tre ore e mezza di agonia, la ragazzina si decise a recidere l’aorta dell’uomo e porre fine alla sua vita; la cosa, inoltre, scocciò non poco la biondina, che avrebbe voluto continuare con piacere a scuoiare l’uomo. Aveva lasciato il lavoro a metà, mancavano ancora il petto e il viso, le parti migliori, tra l’altro. Amava guardare la disperazione negli occhi delle sue vittime, Shamyra, mentre toglieva loro pian piano lembi di pelle, la faceva sentire indistruttibile, potente. Non appena il segnale dalla piazza arrivò, però, il suo sorriso svanì dal perfetto visino sporco di sangue, e l’uomo dovette essere finito in un modo banalmente “normale”. Prima di togliersi il sangue dal corpo e dal viso, però, l’assassina, assaporò bene quell’odore acre e metallico, quel profumo che la mandava in trance. Avrebbe dovuto resistere per qualche giorno, e poi avrebbe potuto risentirlo, più e più volte e finalmente l’avrebbero ammirata per la sua sete.
L’avrebbero acclamata, e sua sorella avrebbe vinto finalmente, insieme a lei.
L’angelo biondo camminava verso il centro del luogo che le aveva portato via la sorella, i genitori, l’infanzia. Ora voleva riprendere tutto ciò che le spettava.
Il sorriso insolitamente disarmante con cui la spietata assassina si incamminava nella città riuscì quasi a far credere alla gente, che conosceva bene le sue abitudini sanguinarie, che fosse davvero un angelo. Ma cos’è un demonio, se non un angelo con due ali di scorta?

 

 

 

Nadel

—Bene, bene, Distretto 1, è il turno dei signori! Vediamo insieme quale coraggioso giovane affiancherà la nostra Shamyra.
A quelle parole la ragazzina ebbe un fremito, ma ben presto si rasserenò, tornando a guardare il vuoto dinanzi a sé, impassibile.
Quella stupida capitolina, che si scoprì chiamarsi Sioux, doveva misurare meglio i termini che usava, soprattutto in un distretto come l’1, dove il più delle volte i ragazzi erano violenti e per nulla inclini a parole affettuose. Certo, cosa ci si poteva aspettare da una donna con una parrucca gialla, probabilmente più pesante di lei? Nulla. E infatti il sorriso demenziale con cui pescava all’interno dell’enorme urna di vetro con i nomi maschili era la prova che nella testa di quella donna non vi fosse granché, a parte vestiti dai colori bizzarri o nuovi interventi chirurgici per deformare – o abbellire, che dir si voglia – il proprio corpo. Dopo due minuti buoni di ricerca all’interno del calderone, la strega si decise a estrarre uno dei migliaia di bigliettini bianchi, annunciando estasiata, col solito accento stridulo e insopportabile, proprio dei capitolini: —
Il nostro lui è Nadel Des Giftes. Nadel, caro, vieni sul palco!
Nella voce della donna era palpabile l’emozione, spesso, in quel distretto, non riusciva neanche a leggere i nomi dell’estratto, che qualcuno si offriva. Era così meravigliosamente toccante guardare un tributo incredulo essere invaso dalla disperazione e dalla presa di coscienza. Cercò, quindi, con lo sguardo il ragazzo, magari un dodicenne…
E invece dalla fila dei diciassettenni, dopo un misero attimo di titubanza, dato più che altro dalla sorpresa,  si staccò un giovane di bell’aspetto, dalla corporatura asciutta ma allenata, a giudicare dalle spalle larghe più del bacino.
Mentre attraversava il corridoio di persone che lo avrebbe condotto al palco, un vociare sommesso si innalzò dalla fila delle ragazze, e non era difficile da capire il motivo. Nadel era di una bellezza particolare, a primo impatto sarebbe potuto sembrare il classico ragazzo snob, di famiglia prestigiosa, troppo viziato e riverito - e in effetti era così - ma ad un più attento sguardo si sarebbe potuto capire cosa lo rendeva così dannatamente affascinante; sotto una scompigliata capigliatura riccia e ramata,  vi erano due occhi impenetrabili; come se avessero vita propria, le due iridi cremisi scrutavano quello intorno a loro con attenzione e avidità. Nadel capiva le persone solo guardandole, ma si asteneva dal dirlo; l’unico a saperlo era suo fratello, Tolstoj. Mentre si dirigeva verso il palco con la sua tipica camminata rigorosa, quasi come un marcia, Nadel aveva già capito chi aveva di fronte. Shamyra aveva un non so che di strano; il suo corpo non tradiva emozioni, ma era di fattezze così angeliche da risultare inquietante. Quella bambina doveva avere un passato particolare alle spalle, poiché tutto in lei era un chiaro segno che non era da sottovalutare. Una tredicenne volontaria o è una suicida, o un’assassina; e gli occhi, la freddezza della biondina comunicavano solo una cosa, sangue.
Quando si sistemò di fianco a Sioux, Nadel la superava di un bel po’ in altezza e la donna, ancora scontenta per l’estrazione di un diciassettenne, ma decisamente sedotta dalla bellezza del giovane, dovette alzare il braccio il più possibile per consentire al ragazzo di parlare.
— Allora, Nadel, vuoi dirci qualcosa?
— Oh, beh Sioux, — cominciò il tributo, con un particolare bagliore negli occhi, quasi intraducibile a parole; vi si poteva intravedere determinazione, arroganza, invulnerabilità, — ne vedrai, anzi, ne vedrete delle belle, stanne certa.
Un ghigno sprezzante, conferente un’espressione dannatamente sardonica al suo viso, concluse la brevissima risposta, e quasi costrinse Sioux ad abbassare il microfono e a riportarselo alla bocca.
— Distretto 1, ecco i tributi che vi faranno onore nella trentaseiesima edizione degli Hunger Games! Incoraggiamoli con un applauso! — concluse la capitolina squittendo. Non erano due tributi spauriti - ma del resto era ovvio nel Distretto 1 – però quando i due si strinsero la mano, la donna, con ormai quindici anni di carriera alle spalle, riuscì a scorgere nei loro sguardi altezzosi una caratteristica fondamentale, quasi quanto la forza fisica o l’astuzia: la fiducia in se stessi.
E mentre Sioux bramava una nuova vittoria per il distretto alla quale era assegnata, e quindi un’altra ventata di successo, Nadel pensò che sarebbe tornato, in fondo uccidere un ragazzino era come bere un bicchiere d’acqua per lui, un sicario.

 

 

Il sole si intravedeva appena nascosto ancora dietro le montagne del Distretto 1. Nadel amava l’alba, c’era lui, solo con il sole e il silenzio. Aspettava, il ragazzo, il giorno della sua sesta Mietitura, appostato come un avvoltoio, su un tetto, che un certo Jhon Trends passasse di lì, in quella stretta viuzza, dove si trovava il suo negozio di antiquariato; per cosa? Per ucciderlo, naturalmente. Il sindaco aveva pagato lui e Poe una discreta sommetta per eliminare quest’uomo, doveva essere qualcuno davvero sconveniente, per il primo cittadino, che nel distretto quasi sembrava un tiranno; credeva gli fosse tutto dovuto, che tutti dovessero sottostargli; ora, per esempio, quest’uomo stava per morire e probabilmente un vero motivo neanche c’era… 
Quando il rumore di una camminata rapida sull’asfalto, seguita dal tintinnare di un mazzo di chiavi si avvicinò, Nadel si riscosse dai suoi pensieri; il lavoro andava portato a termine, sempre.

Non ci mise poi molto, il diciassettenne, a scendere dal tetto, il suo corpo snello ma forte era l’ideale per movimenti che necessitavano di una sorta di preparazione ginnica e, silenzioso come un fantasma, si parò dietro l’uomo che smanettava con la saracinesca del suo negozio. Una mano sulla bocca a impedirgli di urlare e a spingerlo contro la spalla di Nadel bastò a non far muovere il signor Trends e a offrire il meraviglioso spettacolo del suo collo nudo al ragazzo. Un solo istante e tutto finì; la lama del coltello recise precisamente la gola dell’uomo, che vide la sua ultima speranza di vita svanire negli occhi gelidi, rosso rubino di quel giovane bello e dannato.
Anche per oggi il lavoro era stato compiuto e Nadel non doveva più niente a nessuno. Era libero.
Avrebbe voluto riposarsi, Nadel, tornato a casa per lavarsi del sangue della sua ultima vittima, ma non fu possibile. Casa Des Giftes era tutt’altro che tranquilla, o meglio, lo era troppo. Quel troppo che ti fa pensare che c’è qualcosa che non va.
Difatti, intento ad abbuffarsi, prima di scendere in piazza per la Mietitura, fu raggiunto dai gemelli, meglio conosciuti come “guai”. Agatha e Christie avevano preso il suo posto come sicario interno del distretto. L’uno era la mente, l’altro il braccio. Era una squadra perfetta, una macchina da morte.
— Ehi, Naddy, vuoi sapere Agatha che ha creato? E’ un genietto, nostra sorella.
—No, non mi interessa, Christie, — rispose svogliatamente il maggiore, addentando un grosso panino.
— Beh, ha praticamente piazzato un filo, il tizio di oggi ci è inciampato e si è tagliuzzato in due parti. E’ stato incredibile, incredibile davvero! Ma io non ho potuto fare niente, dannazione.
Nadel ancora si sorprendeva come due bambini di soli tredici anni potessero essere così desiderosi di sangue e così contenti nell’uccidere. Probabilmente erano incoscienti, o probabilmente avevano solo preso dalla sua famiglia; in fondo, anche per lui uccidere non era questo gran problema.
— Complimenti Agatha, ora però levatevi dai coglioni che siete ancora sporchi di sangue e io starei mangiando, okay?
I due gemelli, sbuffarono e se ne andarono scherzando tra loro, complici come al solito. Erano due facce della stessa medaglia, un po’ come lui e Tolstoj. Certo, quest’ultimo era più piccolo di lui, ma lo completava, solo lui riusciva a far emergere la sua parte peggiore, quella sensibile, permalosa, ribelle.
Mancava poco meno di un’ora alla Mietitura, quando Poe si degnò di dare al fratello la sua paga; ovviamente, però, non desiderava solo quello, non si sarebbe scomodato, se così fosse stato.
— Nadel, la figlia del sindaco vuole vederti.
Per il diciassettenne poteva significare solo una cosa, e, in quel momento, poco prima di partecipare nuovamente alla Mietitura, non ne aveva minimamente voglia.
— Quale? Christal o Diamond? — chiese Nadel, con il guizzo negli occhi tipico di quando riceveva un ordine.
— Christal, e ti vuole ora, vedi di sbrigarti e non dimenticare il compenso. Ci vediamo a casa dopo la Mietitura, — rispose Poe, rigido, tornando nel suo studio e lasciando lì il fratello senza aggiungere altro.
Era stato fortunato, Nadel. Christal era una ragazza carina, gentile e decisamente meno ninfomane della sorella, che era, come dire, insaziabile. A diciassette anni odiava vendersi. Non che non gli piacesse avere rapporti, ma per una volta avrebbe voluto qualcuno che lo facesse con lui non solo per il bel culo che si ritrovava.
Avrebbe voluto… ma non era successo. Così, mezz’ora dopo era nel letto di Christal, a fare quello che aveva fatto altre decine di volte. In fondo capiva la figlia del sindaco, era una ragazza che non aveva mai visto un’arma, una palestra, almeno così, se fosse andata in arena, prima di morire avrebbe ricordato qualcosa di positivo; insomma, lui era Nadel Des Giftes, uno dei più fighi del distretto!
Non avrebbe voluto compenso, stavolta, quasi compassionevole per quella ragazzina, ma Poe aveva detto chiaramente di portare i soldi a casa, e così avrebbe fatto.
— Sì, ehm, grazie Nadel, buona fortuna per la Mietitura, — disse la ragazza, porgendo il denaro all’amante, con ancora le gote rosse e gli occhi lucidi.
— Già, ci si vede Christal, — concluse il ragazzo, guardandola seccato, con gli stessi occhi che fino a poco prima scrutavano il suo corpo e bruciavano di passione. Aveva portato a termine il suo dovere, era ora di andare in piazza, e, francamente, trovava insulso augurare buona fortuna a una sconosciuta; il suo lavoro non era la sua vita, e, quindi, quella ragazzina non lo riguardava più.
Si incamminò da solo verso la piazza, il diciassettenne, con i soldi in tasca, pensando che forse, avrebbe potuto comprare un regalo a Tolstoj. Pensava a cosa avrebbe potuto acquistare quando fu estratto. Beh, era chiaro, ormai,quando gli si formò quel sorrisetto sadico, che gli avrebbe regalato la sua vittoria.

 

 

 

 

 

 

 


Martina’s yellow corner:

Donne! Non ci credo ancora che ho scritto la prima mietitura, piango, o meglio, come dico io, piangio C’:  Bene, che c’è da dire, Arianna mi sta stalkerizzando per pubblicare, quindi ringraziate lei. Pooooi, siccome ho visto che l’idea dei colori è piaciuta, ogni distretto ne avrà uno e come vedete, all’1 è toccato il giallo. (amate Sioux, che è una tenerella). Spero di aver reso bene i baldi giovani, se così non fosse vi chiedo di perdonarmi ç_ç INVITO CHI NON MI HA CONSEGNATO LA SCHEDA, O CHI DEVE COMUNICARMI QUALCOSA A FARLO IL PIU’ PRESTO POSSIBILE. Ancora, chiariamo il concetto di sponsorizzazione. In QUESTA interattiva ogni recensione (prologo incluso) vale 50 punti. Con i punti che riuscirete ad accumulare potete aiutare O il vostro tributo O il tributo di un altro (o prima il vostro, poi in caso muoia aiutare un altro). I punti sono i vostri e decidete voi come sfruttarli, insomma. PERO' nel bagno di sangue terrò conto del punteggio, quindi se tutti i concorrenti hanno ad esempio 500 punti, e poi ce n'è uno che ne ha solo 50, significa che quest'ultimo non ha partecipato granché alla storia, quindi c'è un'alta probabilità che muoia. Tutto chiaro? Se avete dubbi non esitate a chiedere. ^^
Vi bacio e vi taglio una vena,

Martina :*

Shamyra Lopez

              


Nadel Des Giftes
 

  
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