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Autore: Rei Hino    22/03/2013    2 recensioni
William Shatner/Leonard Nimoy.
2008, piccola scenetta tra i due, a seguito dell'operazione di Bill.
...
Bastava poco per vederle ancora giovani e forti, morbide e rosee, nella stessa identica posizione, poteva tracciarne la storia, la loro storia…
Era bello osservarle, due mani che erano invecchiate insieme, strette l’una all’altra.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Slice of life, ovvero scenetta inutile, ma oggi è il compleanno di Bill quindi è scritta con tanto amore! (Perché di solito no? XD)
E' il 2008, William Shatner ha subito un intervento all'anca, i medici hanno poi dichiarato che è stato in pericolo di vita a causa di un'aritmia ma Bill ha sempre smentito. L'unica cosa che conta è che stia bene <3


Fingers Embrace

 
La prima cosa che videro gli occhi assonati di Bill, quando l’uomo aprì appena le stanche palpebre, fu una lieve luce rossastra alla sua sinistra, proveniente dalla grande finestra della sua stanza privata.
Doveva essere il tramonto, aveva quindi dormito diverse ore, ma a più riprese, non riusciva a riposare perfettamente in quel letto, il materasso era troppo duro, l’ambiente troppo asettico, il vociare proveniente dai corridoi bianchi quasi continuo, tutto lo disturbava.
Forse era semplicemente il fatto di trovarsi in un maledetto ospedale a disturbarlo.
A nessuno piacciono gli ospedali, a nessuno piace essere ricoverato, ma William Shatner ne era oltremodo insofferente e non vedeva l’ora di tornarsene a casa.
La bocca era leggermente secca, e un lieve mal di testa non rinunciava, da giorni, a perseguitarlo, che fossero ancora gli strascichi dell’anestesia o semplice somatizzazione non sapeva dirlo, probabilmente entrambe le cose.
 
Più gli occhi si aprivano, più i contorni della stanza apparivano meno sfocati, da prima gli parve solo un’ombra, poi la figura si materializzò pian piano, rivelando un noto profilo impegnato a scrutare fuori dalla finestra, con le lunghe braccia dietro la schiena.
“Che cosa banale”
Mormorò Bill con le labbra ancora un po’ impastate dal sonno ma sorridenti, mentre i suoi occhi si posavano sul viso dell’amico, apparendo finalmente sereni, dopo giorni.
Len prima sorrise, poi si voltò verso di lui, anche lui appariva spossato, o almeno più del solito, i capelli erano più corti di quando l’aveva visto l’ultima volta e c’era una leggerissima barba incolta sul suo viso.
“Cosa?”
Mormorò a sua volta Leonard Nimoy, avvicinandosi al letto
“Il protagonista che si sveglia in un letto d’ospedale e si ritrova accanto l’amore di una vita che ha attraversato mezzo paese solo per lui”
Bofonchiò Bill alzando le spalle, con leggerezza, cercando di tirare su la schiena per mettersi seduto, strappando una risatina all’altro
“Ero di passaggio in realtà, e perché dovresti essere tu il protagonista?”
Rispose Len, ironico, allungando le braccia verso di lui, per aiutarlo a raggiungere la postura desiderata
“Sono più bello, più bravo e più giovane”
Leonard alzò le sopracciglia
“Veramente sei più vecchio”
“Ma dimostro dieci anni meno di te”
Nimoy sorrise e annuì, sollevò i cuscini del letto e aiutò Bill ad adagiare la schiena su di essi
“Sono autosufficiente Len, mi fai sentire anziano!”
Sbuffò il canadese, allontanandogli la mano
Sei anziano, e non autosufficiente al momento”
Replicò Len con noncuranza, sentendo perfettamente lo sguardo storto che Bill gli aveva lanciato al suono di quelle parole.
“Allora passami un bicchiere d’acqua”
Bill indicò la bottiglia e il bicchiere accanto al letto, se proprio voleva servirlo, perché non approfittarne, Len obbedì, divertito da quel tono capriccioso.
“Ho detto a Liz di andare a risposare, era molto stanca”
Mormorò sedendosi poi sul materasso, di fronte all’amico.
“Lo so, hai fatto bene”
Elizabeth era rimasta al suo capezzale per giorni, da quando si era svegliato dall’operazione, neanche stesse per morire, ed era indubbio che gli avesse fatto piacere in realtà, nonostante le continue lamentale, ma era più che felice che Len le avesse dato il cambio.
Non sapeva da chi avesse saputo la notizia, forse proprio da sua moglie, improbabile che Leonard avesse acceso la televisione o letto un giornale di gossip, o tanto meno aperto internet, o comunque Bill sperò che i giornalisti non avessero ancora ricamato su quanto accaduto. In ogni caso, la morale della favola era che Leonard si era precipitato a Los Angeles, con tutta la preoccupazione e l’agitazione che ancora si vedevano sul suo anziano viso, ed era bello che Len fosse lì.
“Sono contento che tu sia qui”
E glielo disse, con un dolce sorriso sul volto pieno, allungando un braccio verso di lui e uno verso il comodino per posare il bicchiere vuoto. Nimoy sorrise
“Potevo non venire?”
Domandò ironicamente, avvicinandosi
“Assolutamente no, sei anche in ritardo!”
Rispose ancora ironico Bill, stringendosi nel suo abbraccio affettuoso.
 
Le mani di Len si stringevano forte al camice azzurro e sentiva il suo respiro accelerato sul collo e il cuore che batteva forte. Forse era davvero visibile o più probabilmente era solo l’assoluta conoscenza che avevano l’uno dell’altro, fin nei più reconditi particolari, ma Bill sapeva perfettamente ciò che Leonard stava pensando, ciò che stava provando. Lo sentiva nelle sue dita, lo sentiva nel suo respiro, lo sentiva nella sua mente.
“Sto bene”
Mormorò allora, allontanandosi appena, per poterlo guardare negli occhi. Occhi scuri e preoccupati, occhi rasserenati che non potevano nascondergli quella paura che ancora era lì, palpabile.
“C’è stata una complicazione…”
Bofonchiò Len, quasi gli costasse fatica, con le mani che non allentavano minimamente la loro presa sulle spalle dell’amico
“…hanno detto che sei quasi mort…”
“Sciocchezze”
Lo interruppe Bill, immediatamente.
A quanto sembrava, nonostante l’intervento fosse di routine e fosse riuscito perfettamente, aveva avuto complicazioni al cuore e aveva rischiato di passare da un tavolo operatorio a un tavolo di autopsia, o almeno questo gli avevano detto.
Ma Bill non gli dava molto peso, stava benissimo, non avrebbe accettato di passare il resto della sua vita come un malato da tenere d’occhio, non avrebbe accettato di essere considerato così dai medici, da Elizabeth, tanto meno da Leonard.
“Sto bene”
Ripeté, seriamente, continuando a guardarlo negli occhi
“Non avevo alcuna intenzione di andarmene, Len”
Ed era la verità.
Leonard annuì, avvicinò il volto al suo ma Bill scosse la testa
“Dovrei lavarmi i denti…”
Mormorò sorridendo, probabilmente Len nemmeno lo sentì, o comunque non gli importò affatto, gli portò una mano al viso e lo alzò verso di sé, gli carezzò le labbra e poi le catturò con le proprie.
E se non dispiaceva a lui, tanto meno dispiaceva a Bill.
Il canadese lo tirò a sé per la maglia scura e lo baciò con forza, assaporandogli le labbra sottili, rispondendo alla sua passione, quella passione che da più di quarant’anni sempre accedevano l’uno nell’altro e che non era mai venuta meno.
Poi rallentarono, lambendosi appena, accarezzandosi lievemente, muovendosi all’unisono, anticipando ognuno i movimenti dell’altro, conoscendosi alla perfezione, in ogni dettaglio.
 
“Dovrai fare la fisioterapia?”
Domandò Len, togliendosi gli occhiali appannati
“Sì, devo anche re-imparare a salire e scendere le scale, a salire su un’auto…”
Sbuffò Bill cercando di mettersi nuovamente sdraiato, c’erano molti movimenti che ora doveva imparare a fare in modo diverso, il tutto acuiva la sua insofferenza per l’intera situazione.
Leonard lo aiutò con i cuscini
“Dovrei usare anche un bastone!”
“Il bastone può essere affascinante”
“No, è solo da vecchio…”
Mugugnò Bill sdraiandosi vicino al bordo del materasso, facendo posto all’amico. Leonard gli si poggiò accanto, tenendo le gambe fuori dal letto.
“E’ anche giusto presumo… diventare vecchio…”
Sospirò Bill adagiando la testa sulla sua spalla
“E’ giusto essere diventati vecchi insieme”
Rispose prontamente Len, prendendogli una mano. Le loro dita si intrecciarono come sempre e, come sempre, era bello osservarle.
 
Era sempre curioso osservare quante cose trasmettesse quel semplice gesto, quelle dita strette le une alle altre, quei pollici che si muovevano appena, in modo casuale, era strano sentire così chiaramente il messaggio che comunicavano, più di mille altri gesti o parole.
Quella serenità, quel calore, quell’amore… quell’incredibile pace che li scaldava in quel momento, solo per mezzo di quel semplice contatto… non era qualcosa di spiegabile, nemmeno a se stessi.
Si incantava spesso a guardare quell’intreccio, quasi un simbolo che esplicava quella specie di inestricabile trama che si era tessuta tra le loro due esistenze, avvolgendole, indissolubilmente.
Ed erano invecchiate, erano mani di due uomini sulla soglia degli ottant’anni, con le loro vene e legature, con la pelle sottile e i dorsi macchiati. Bastava poco per vederle ancora giovani e forti, morbide e rosee, nella stessa identica posizione, poteva tracciarne la storia, la loro storia…
Era bello osservarle, due mani che erano invecchiate insieme, strette l’una all’altra.
 
“Non parlare al passato, non siamo ancora arrivati!”
Borbottò Bill, Len alzò le sopracciglia
“Beh, abbiamo molta più strada alle spalle che innanzi…”
Sentì Bill sbuffare sonoramente e sorrise
“E’ la vita, Billy, anche se fa paura”
William alzò il viso, sorrise
“Non fa paura, fa rabbia, fa incazzare da morire!”
Portò la mano destra sulle loro
“Ma non ho paura…”
Mormorò, dolcemente.
La vecchiaia, la fine, il tramonto, a volte faceva rabbia, c’erano ancora così tante cose da fare, così tante cose che avrebbe voluto vedere, tante cose di cui avrebbe voluto osservare l’evoluzione, tante persone con cui rimanere…
C’erano i ricordi, le vecchie fotografie e le vecchie pellicole, e c’era lo specchio, c’era la propria immagine di sé e la realtà, c’era il tempo che continuava inesorabilmente a scorrere in avanti, senza fermarsi o rallentare nemmeno un istante…
Una cosa che tutte le persone prima o poi accettano… tutte le persone tranne lui probabilmente. Ma c’era anche Len, c’era soprattutto Len, sempre, per tutto il tramonto e anche dopo, per tutta la notte.
E non c’era nessuna paura.
 
Len lo baciò ancora e lo circondò con un braccio
“Rimettiti in fretta”
Si raccomandò, sorridendo, continuando a carezzargli le labbra
“Il piano è quello”
Nimoy annuì
“Voglio starmene due giorni interi a letto a fare sesso”
Disse, senza alcuna inflessione, come stesse comunicando un qualsiasi fatto e Bill trattenne a stento una risata
“Interessante, posso venire anch’io?”
Chiese con un tono altrettanto neutro
“Comunque indosso un camice al momento…”
Mormorò, con noncuranza, accarezzandogli il braccio che lo cingeva
“…l’accesso è libero, a titolo informativo…”
Len ridacchiò divertito
“Non ho alcuna intenzione di saltare addosso a un uomo convalescente in un letto d’ospedale!”
Disse, all’espressione contrariata di Bill rise ancora di più
“Prendilo come un incentivo per una pronta guarigione”
Consigliò, Shatner alzò le sopracciglia
“Mh, motiva in effetti…”
“Bene…”
Len soffocò uno sbadiglio sulla spalla del compagno e socchiuse gli occhi stanchi. Bill sorrise dolcemente, non era il solo a non aver dormito bene negli ultimi giorni… Lo strinse a sé e inspirò profondamente, godendo quella serenità che solo la vicinanza di Leonard sapeva portargli.
 
“Nemmeno i preliminari?”
Domandò dopo qualche minuto di assoluto silenzio, Len sospirò
“Vedremo…”
E non era difficile riuscire a vederne il sorriso, anche solo attraverso la sua voce.
Da fuori non proveniva alcun rumore, non c’era più nulla che lo disturbasse in quel momento, non c’era più nulla.
Si ritrovò a pensare persino che i letti d’ospedale non fossero poi così scomodi in realtà, con Len lì, tra le sue braccia, col suo respiro pesante sincronizzato al proprio, avrebbe trovato comodo anche uno scoglio appuntito probabilmente.
“Grazie…”
Sussurrò appena, chiudendo gli occhi, e dopo giorni finalmente riuscirono, entrambi, a riposare serenamente.

 

 

   
 
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