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Autore: Daifha    22/03/2013    2 recensioni
Izaya sospirò, distrutto, sentendo fin nelle viscere il dispiacere, la delusione e la paura disperdersi come un virus che andava ad infettargli cuore e mente “Perché ci fanno mentire in questo modo? Non è…” quasi un singhiozzo, quello che spezzò le sue parole “…giusto.”
Shizuo strinse l’abbraccio, affondando il viso nell’incavo della spalla di Izaya, senza rispondere, senza pensare, senza più forza di piangere e disperarsi per quella situazione assurda. Perché era vero quello che diceva Izaya, che non era giusto e che non aveva senso. Era terribilmente vero quanto doloroso.
Ma non poteva più rispondere a quei suoi sentimenti, non voleva più lamentarsi e piangere come invece Izaya riusciva a fare spesso, voleva cercare la felicità almeno in quei pochi momenti che riuscivano a concedersi, settimana dopo settimana.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente!
Qualche piccola premessa prima di lasciarvi alla shot… Questa cosa non ha senso. L’ho scritta solo perché mi andava di mettere Shizuo e Izaya in un contesto che permettesse loro di parlare civilmente, e mi è venuto fuori questo, che boh, non ha una conclusione e non sono intenzionata a dargliela.
Però devo dire che l’idea alla fine non mi dispiace, anche se ho parecchio da ridire su come l’ho buttata giù… La parte finale soprattutto è molto affrettata mi sa, un po’ perché comunque quello è l’effetto che volevo dare, e un po’ di più perché questa era nata come una shot davvero molto shot, e quando mi sono accorta che aveva già superato le mille parole, mi son detta “Urcaccia!” e l’ho fatta finita. 
Questo è il risultato che sì, poteva essere migliore, ma ci si adegua!
Ah, altra piccola cosetta: lo so che Ikebukuro è solo un quartiere e non una città, ma qui mi suonava molto meglio chiamarlo città quindi l’ho fatto :D
Detto questo, spero che la shot abbia un minimo di senso logico e che, ovviamente, vi piaccia!
Buona lettura ^^
 
 
 
White chessboard
 
Mille piccoli quadratini di luce si erano adagiati sul profilo dormiente di Izaya nel momento in cui Shizuo aveva aperto la tenda, facendola scivolare lentamente di lato. La grata di ferro che sbarrava la finestra, ormai completamente arrugginita e rotta in più punti spezzava i raggi solari lasciando che si riversassero nella stanza divisi in una miriade di piccoli segmenti luminosi, creando sulle lenzuola vecchie e sbiadite e sul pavimento polveroso dei giochi di luce che, per poco, catturarono la sua attenzione. Sospirò, poi, osservando il profilo del corpo di Izaya, quella linea pura e inondata di luce inframmezzata che delimitava la sua guancia, scendendo poi lungo il collo chiaro, tornando verso l’altro, fiera, sulla spalla e perdendosi infine sul braccio. Il resto era coperto dalle coperte leggere e grigiastre, che lasciavano intuire come il corso di quella linea potesse procedere, la curva del fianco e infine la discesa lungo il profilo delle gambe bianche. Gli volgeva la schiena, tranquillo nella sua nudità e nel sapere affianco a lui una persona di cui si fidava ciecamente, ed era stupendo nella sua semplicità, in quei capelli corvini spinti verso il basso dalla forza di gravità, che si ammassavo sul cuscino leggeri, dando l’impressione di non pesare affatto, ci essere parte dell’aria che li circondava. Perfetto in quei riflessi d’orati che lo circondavano completamente, nel tranquillo alzarsi e abbassarsi del petto che appena poteva intuire nonostante ne scorgesse solo la schiena. Perfetto per quei colori così sbiaditi, morti prima di poter essere ammirati, in quel timore di risplendere e di farsi valere, di tornare a vivere prima che fosse Ikebukuro stessa a distruggerlo.
Fece un passo verso di lui, Shizuo, avvicinandosi in silenzio al materasso buttato per terra dove riposava Izaya. Si chinò, andando ad appoggiare una mano sulla sua spalla.
“Izaya.” lo chiamò, con voce ferma e bassa, senza bisogno di scuoterlo. Lasciò che si raggomitolasse un po’ su se stesso, portandosi dietro le coperte e infine lo abbracciò, passando un braccio tra l’incavo della suo collo e il materasso e circondando la spalla scoperta con l’altro, poggiando le mani sul suo petto, avvicinando la bocca all’orecchio “E’ ora.” 
Era sempre un sussurro, leggero, quasi soffiato e timoroso, come se temesse anche lui quel risveglio, quel duro ritorno ad un realtà completamente distorta. E infatti l’abbraccio si stringeva sempre un po’ di più quando lui finalmente apriva gli occhi e sussultava leggermente, forse triste, forse ancora troppo assonnato per capire. 
“Shizuo…” lo chiamò piano Izaya, voltandosi nell’abbraccio, lasciando da parte le coperte sgualcite per rifugiarsi in un calore ben più confortante. Si sistemò con la schiena sul materasso, calmo, con alcuni ciuffi di capelli corvini a coprirgli gli occhi arrossati - perché, inevitabilmente, gli veniva da piangere e saper finito il sogno - e aspettò che Shizuo tornasse ad abbracciarlo. “Restiamo qui, solo oggi, nessuno se ne accorgerà.” 
Era sempre la solita richiesta, impossibile anche solo da concepire, inutile e dolorosa, perché impossibile da mettere in pratica. Una richiesta egoistica, perché era un divieto categorico, una crudeltà verso i loro animi già a brandelli, per cui a volte a Shizuo veniva da chiedersi se non fosse l’Izaya convenzionale a parlare, in quei momenti.
Chiuse gli occhi, Shizuo, ignorando la luce che minacciava di infastidire i loro ultimi momenti di verità “Non possiamo, lo sai.” rispose, quasi categorico, mentre il suo cuore quasi si rifiutava di battere, come una muta richiesta ad essere ascoltato, una ribellione verso quella crudeltà a cui loro stessi si stavano sottoponendo.
Izaya sospirò, distrutto, sentendo fin nelle viscere il dispiacere, la delusione e la paura disperdersi come un virus che andava ad infettargli cuore e mente “Perché ci fanno mentire in questo modo? Non è…” quasi un singhiozzo, quello che spezzò le sue parole “…giusto.”
Shizuo strinse l’abbraccio, affondando il viso nell’incavo della spalla di Izaya, senza rispondere, senza pensare, senza più forza di piangere e disperarsi per quella situazione assurda. Perché era vero quello che diceva Izaya, che non era giusto e che non aveva senso. Era terribilmente vero quanto doloroso.
Ma non poteva più rispondere a quei suoi sentimenti, non voleva più lamentarsi e piangere come invece Izaya riusciva a fare spesso, voleva cercare la felicità almeno in quei pochi momenti che riuscivano a concedersi, settimana dopo settimana.
Per questo, nonostante sentisse il petto bruciare di dolore, ardere di frustrazione ad ogni sua parola, non disse nulla, limitandosi ad ascoltarlo, ancora, mentre piangeva e si disperava, mentre cercava una risposta nel silenzio di Shizuo.
“Non voglio odiarti, Shizuo! Non posso!” alcune gocce salate gli percorsero le guancie, scivolando leggere sulla pelle e infrangendosi in due chiazzette più scure sul cuscino, ai lati del suo viso “Perché vogliono per forza che ci odiamo? E Ikebukuro ad odiarci!” 
Sempre le stesse parole, cariche di tutta la disperazione e la paura, del desiderio di poter rimanere tra le braccia della persona amata e di poter smettere di indossare una maschera non adatta a lui.
Voleva essere libero di amare la vera parte di Shizuo. Voleva ribellarsi a quell’insensato gioco di pedine rosse e bianche su una scacchiera senza colori. Voleva gettare la facciata di mostro cui era costretto per mostrare a tutti la propria umanità.
Era sempre quello, il suo desiderio, quelle le parole che usava per mostrasi, fintanto che poteva, debole e indifeso come si sentiva sempre, quando lontano dalla persona che amava.
Cercò di nuovo l’abbraccio di Shizuo, ma stavolta non lo trovò. Lo osservò invece nel controluce abbagliante, mentre lui si vestiva e gli diceva che nonostante tutto, nonostante anche lui credesse in quelle parole, non c’era nulla da fare se non portare a termine il gioco seguendo le regole inventate al momento di chi dirigeva tutto. Perché era l’unica soluzione, l’unico modo per poter un giorno smettere di nascondersi fuori dai confini della città per consumare un amore breve e non soddisfacente. L’unico modo per mostrarsi alla luce del sole, quella vera e calda, senza dover più combattere, ferirsi, guardarsi con un odio che non era il loro.
Parlava mentre si vestiva, Shizuo, senza guardarlo negli occhi, solo passandogli la maglia nera e i pantaloni perché Izaya seguisse il suo esempio.
Non lo fece. Rimase a fissarlo, per poco, con gli occhi ancora lucidi dal pianto e l’espressione triste di chi non si sente pronto ad affrontare un mondo completamente avverso. Fu solo ad un certo punto che allungò una mano, prendendo Shizuo per un polso, convincendolo con quel semplice gesto a guardarlo negli occhi.
“E se Ikebukuro ti ordinasse di uccidermi? Lo faresti?” 
Shizuo sgranò gli occhi, colpito dalla fermezza dello sguardo di Izaya insieme a quella domanda, terrificante e a cui, in fondo, stava cercando una risposta già tempo… 
Seguirai per sempre Ikebukuro? Sei disposto a perdere tutto, pur di rimanerle fedele? Qualsiasi cosa ti chieda… Il gioco è più importante.
Ingoiò a vuoto, Shizuo, senza il coraggio di rispondere. La sveglia sul comodino cominciò a suonare, segno che non c’era più tempo. La maschera affianco all’apparecchio elettronico aspettava di essere indossata, finalmente, di nuovo. 
Non puoi fare attendere la città.
La stretta sul suo polso si fece più ferrea, Izaya attendeva una risposta, mentre ignorava, sull’altro comodino, il richiamo del suo finto ghigno.
La città ti rivuole. Ikebukuro freme. Sta aspettando, è impaziente.
E’ ora di prendere una decisione.
“Scapperò con te Izaya. Se dovesse mai chiedermi una cosa del genere, scapperemo insieme da Ikebukuro.”
Lo disse e lasciò che la luce gli illuminasse il volto, quando si voltò verso la finestra, osservando la città risvegliarsi con una calma quasi irreale. Il disprezzo per quel posto, l’amore per il vero Izaya, la paura di vederselo portare via. Era una decisione che doveva prendere. “Adesso andiamo”
Lasciò la presa, Izaya. Si vestì, prese la maschera.
Sul confine della città, insieme la indossarono.
“Ti conviene correre, Izaya!”
“E’ una minaccia, Shizu-chan?”
 
 
- Fine -
  
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