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Autore: HypnosBT    24/03/2013    5 recensioni
Cecilia è una nobile ragazza fiorentina che, costretta dall’amore incondizionato per la madre, si trasferisce a Roma. È completamente ignara della guerra che da centinaia d’anni si consuma tra Templari ed Assassini. Il caso colloca la sua nuova vita all’interno de “La Volpe Addormentata”, in quel periodo storico ricco di veli e sussurri che è il ‘500.  
 
  Dal prologo:
 
  Si chiamava Gilberto, ma tutti lo conoscevano come “La Volpe”. 

  Si chiamava Gilberto, e mia madre avrebbe voluto che mi rivolgessi a lui come “Padre”.
Genere: Azione, Generale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niccolò Machiavelli, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Volpe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'È la vita che ci sceglie'
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È la vita che ti sceglie



 

Prologo



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“Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
ché 'l velo è ora ben tanto sottile,
certo che 'l trapassar dentro è leggero.”
 
Dante Alighieri
 

 
 
 Giacomo Catalano
 
 
  Pico Dalla Mirandola era finalmente morto. Giacomo non aveva più retto la situazione: rischiava troppo stando a contatto con quel vecchio. Dopo anni passati ad accudirlo con costanza e dedizione stava iniziando a rivalutarlo, gli si stava affezionando, andando contro ogni principio. Prima che fosse troppo tardi l’aveva capito, e così l’aveva avvelenato. Non aveva sopportato la vista del suo corpo che franava sulla scrivania. Aveva distolto gli occhi dalle iridi azzurre che conosceva fin troppo bene, facendoli virare verso gli scritti fondamentali, quelli riguardanti i Templari. Aveva afferrato il porta documenti in legno e aveva ignorato il suo falso padrone, lasciandolo solo a contorcersi sopra ad un prezioso tappeto persiano. Aveva chiuso la porta dell’uscio dietro di se, e aveva imboccato immediatamente la strada per Roma. Aveva svolto egregiamente il suo dovere.
 
 
 
 Donato Bramante
 
 
  L’aveva rincorso, quel bastardo. Stava scappando da tutta la merda che si era tirato addosso quando aveva ucciso Pico. Sapeva dell’Ordine, sapeva che gli avrebbero dato la caccia in ogni angolo per vederlo crepare, sapeva di non avere scampo. Eppure, l’aveva avvelenato lo stesso. Perché? Si credeva superiore a loro. Pensava di avere le capacità per farla franca, quel bastardo. Credeva di avere il culo parato, in qualche modo, come se avesse un arma segreta che loro non conoscevano. Che fosse furbo l’aveva capito, ma era anche abbastanza veloce? A quanto pareva sì. Il fisico ingombrante del Bramante non era in grado di reggere l’inseguimento. Nessun altro poteva aiutarlo. La mente accecata da un’ira omicida si sentiva prigioniera in un corpo inadeguato, votato al lusso e alla pigrizia mondana. Basta, non era più in grado di muovere un passo. Stramazzò a terra ansimando e piangendo. Contrariamente agli usi dell’Ordine non si mise a pregare per l’anima del suo Magister.
  «Corri quanto vuoi, ma ricorda che i Templari non dimenticano, bastardo» sussurrò infine, stremato.
 
 
 
 Cecilia
 

 
  La marcia funebre verso la città Eterna era finita.
  Uno dei servitori aiutò mia madre a scendere dal cocchio senza inciampare sul terreno fangoso. Io, rendendomi conto della lentezza della scena e senza riuscire a trattenermi un istante di più, aprii stizzita la porta opposta e mi fiondai in strada, senza preoccuparmi di rovinare il bel vestito celeste. “Al bando le carrozze!”, pensai sfinita. Chiazze di lerciume scuro e acre impregnarono l’orlo del raffinato abito senese, mentre mi chinavo ai lati della strada, in preda ad angoscianti conati di vomito.
  Niente di più e nulla di meno di ciò che mi aspettavo dall’immediato futuro a Roma.
  Inquietanti nubi nere promettevano un altro carico di pioggia, quindi approfittammo degli ultimi labili raggi di luce per intrufolarci in una bettola, indicata da un’insegna come “La Volpe Addormentata”.
  La porta si spalancò in un cigolio che era tutto un programma. Il silenzio calò con un fruscio sulla taverna, spezzato solamente da qualche fischio rivolto verso mia madre, che mi precedeva. Era bella, per carità, ma un altro rumore da parte di quei quattro ubriaconi e io…
  «Vi invito alla calma, gentiluomini, poiché siete in presenza della mia meravigliosa donna» disse un uomo dalla voce profonda, ammaliante, sottolineando il possessivo.
  Stava scivolando elegantemente verso di noi, tramite una scala in legno che univa il primo e il secondo piano. Colei che tempo addietro ebbe il coraggio di regalarmi la vita fremette tutta, felice per la divina apparizione; io, d’altro canto, avrei preferito essere ancora fuori a piegarmi tra lo scrosciare della pioggia e il pantano.
  Si chiamava Gilberto, ma tutti lo conoscevano come “La Volpe”.
  Si chiamava Gilberto, e mia madre avrebbe voluto che mi rivolgessi a lui come “Padre”.
 
 
 
 

Vaneggi dell’autrice

 
  Torno su efp con questa storia, che mi ha preso cuore e mente.
Innanzitutto volevo spiegarvi che questa ff, pur riguardando principalmente Cecilia, conterrà brevissimi punti di vista di altri personaggi, così da farvi partecipi anche del contesto.
In secondo luogo sappiate che vi ringrazio perché siete qui, e che mi impegno a postare immediampresto il primo capitolo!
Se avete tempo vi chiedo di lasciare una mini recensione tanto per gonfiare o bucare il mio ego (accetto volentieri anche un “ma torna a studiare!” oppure un “fatti una vita!”).
Buona giornataseratanottata a voi tutti,
 Bea.
 
  
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