Da quando era stato
trasformato in vampiro, Damon aveva avvertito una rabbia incontrollata
nei
confronti del fratello. Continuava a ripetersi che era colpa sua se ora
lui era
così, che era colpa sua se ora era rimasto solo, che era colpa sua se
aveva
perso per sempre la sua amata Katherine. Katherine, la vampira di cui
si era
invaghito sin dal loro primo incontro. La vampira che gli aveva rapito
il
cuore. La vampira che gli aveva fatto bere il suo sangue e che gli
aveva
promesso di trascorrere l’eternità assieme a lui.
Quando Katherine venne
presa
dal consiglio e rinchiusa nella cripta assieme agli altri vampiri della
città,
Damon iniziò a pensare ad un modo per tirarla fuori. Sapeva che serviva
l’incantesimo di una strega potente e che più precisamente gli serviva
un
incantesimo che solo una discendente della strega Bennett poteva
conoscere, per
far uscire la donna che amava da quella prigione che la teneva
rinchiusa da
oltre un secolo ormai. Più passava il tempo però e più Damon si rendeva
conto
di quanto fosse difficile trovarne una. Sembrava che la morte di Emily
Bennett
avesse segnato la fine di quella famiglia, ma in cuor suo sperava che
questo
non fosse vero perché non poteva vivere senza di lei.
Vagò per l’America per
anni
senza trovarne una, poi si trasferì in Australia ma anche lì non trovò
nulla.
Provò persino ad andare in Africa sapendo che Emily aveva degli
antenati che
provenivano da quel continente ma a parte qualche stregone di basso
livello non
trovò niente che gli potesse davvero essere utile. Alla fine si diresse
in
Europa. Vagò in lungo e in largo e quando capì che stava solo sprecando
tempo,
iniziò ad affogare i suoi dispiaceri nel alcol e nel sesso. Conobbe
molte
ragazze europee con le quali passò dei momenti divertenti, prima di
abbandonarle
al loro destino, dopo aver bevuto il loro sangue e questo accadeva
sempre perché
nessuna di loro riusciva a fargli dimenticare Katherine.
Damon era stanco. Stanco
di
divertirsi, stanco di bere, stanco di fare sesso, stanco persino di
vivere
eppure non riusciva a lasciarsi andare. Non riusciva a togliersi la
vita e per
questo si sentiva un codardo fallito.
Quando quel giorno si
risvegliò in una camere d’hotel in Italia, si rese conto che ormai non
sapeva
nemmeno più chi era e nemmeno dove si trovava. Sapeva di essere ancora
in
Italia ma non sapeva esattamente dove. Ormai era solito bere whisky da
quando
si svegliava fino a quando si coricava per fare un pisolino e questa
sua
costante ubriachezza non lo rendeva certo libero, ne tantomeno felice
ma non
sapeva davvero come fare per cambiare le cose e forse non voleva
nemmeno farlo.
Si alzò dal letto
lentamente e
si mise una mano sulla testa per cercare di calmare quel dolore causato
dal
aver alzato troppo il gomito, ma visto che non poteva di certo farselo
passare
con così poco decise di alzarsi e di andarsi a fare una doccia. Forse,
pensò
Damon, una doccia gelata lo avrebbe aiutato a rimettersi in sesto prima
del
ennesima giornata dedicata alle bevute in compagnia di qualche bella
ragazza.
Dopo essersi asciugato il
corpo e i capelli con un piccolo asciugamano che gettò sopra al letto,
andò
verso l’armadio dove tirò fuori un paio di slip, dei pantaloni e una
camicia di
seta, il tutto rigorosamente di colore nero. Infondo anche se non gli
importava
molto delle ragazze con cui giocava, non voleva comunque attirare
l’attenzione
su di sé.
Si abbottonò la camicia e
la
infilò dentro ai suoi pantaloni neri. Tornò al armadio e tirò fuori
anche dei
calzini dello stesso colore che si mise subito ai piedi, saltellando da
una
parte all’altra della camera perché non riusciva a stare fermo in un
punto a
causa della sbornia della sera prima. Imprecò qualche cosa contro un
demone
invisibile e dopo essersi messo anche delle scarpe comode corse fuori
dalla
porta della sua stanza e uscì dal albergo alla ricerca di un bar
tranquillo in
cui ubriacarsi per qualche ora. Dopo un centinaio di metri vide un
piccolo bar in
una via laterale alla sua destra che sembrava fare proprio al caso suo.
Si
avvicinò con passo felpato e guardò velocemente dentro al bar. Il
barista era
un vecchio con dei capelli bianchi e degli occhiali spessi e stava
guardando
con attenzione il telegiornale sportivo sulla televisione appesa al
muro. Non
sembravano esserci clienti e Damon decise quindi di entrare. Il vecchio
lo
squadrò dalla testa ai piedi molto velocemente e poi sorprese Damon
parlandogli
in inglese.
-cosa posso offrirle?-
-come ha capito che sono
straniero?- Il barista rise a quella domanda e poi mostrò a Damon un
tatuaggio
che aveva sul polso. C’era una fenice nera disegnata con una data
scritta
sotto: 04-06-1944.
-è la data della
liberazione
di Roma?- chiese Damon. Il vecchio annuì di nuovo.
-Io ho combattuto assieme
a
molti soldati italiani e americani per liberare la mia città di
nascita, per
cui, so riconoscere un americano quando lo vedo.- Damon parve
felicemente
sorpreso nello scoprire che quel vecchio altri non era che un veterano
di
guerra.
-Allora, cosa posso
offrirti?-
-Vorrei bere del buon
whisky.-
-Ti posso offrire il
migliore
in circolazione.- Damon guardò il veterano andare verso lo scafale
infondo e
prendere in mano, con un po’ di fatica, una bottiglia piuttosto pensate
e
polverosa. Il vecchio ci soffiò sopra e in un secondo tutta la polvere
fu
spazzata via. La mostrò a Damon che dopo aver letto la scritta “Whisky
Bowmore”
guardò l’uomo
con uno sguardo d’ammirazione.
-Sai, la tenevo da parte
per
un occasione speciale e cosa ci può essere di più speciale che bere in
compagnia di un uomo con degli antenati che hanno aiutato il mio paese
nel suo
periodo più buio? – Damon gli sorrise mentre lo guardava riempire due
bicchieri
con quel liquore così pregiato. I due brindarono insieme alla
liberazione
dell’Italia con grande trasporto.
-Dannazione, sta per
arrivare
un acquazzone! … Beh, sentiti libero di berti anche tutta la bottiglia,
offre
la casa. - Detto questo il vecchio si allontanò dal bancone per andare
a
chiudere le finestre. Damon prese il bicchiere in mano e si avvicinò ad
una
delle finestre per vedere con i propri occhi che il vecchio aveva
ragione, il
cielo era davvero cambiato. In pochi minuti il sole era sparito e ora
stava
scendendo un acquazzone di dimensione bibliche. L’Italia era davvero un
posto
incantevole, capace di sorprenderti anche riguardo al clima ma nemmeno
quel
paese riusciva a fargli passare quella sensazione di solitudine che
ormai lo
accompagnava da oltre cent’anni. Damon sospirò e tornò a sedersi al
bancone.
Prese la bottiglia di whisky in mano e dopo aver bevuto il prezioso
liquido
alcolico, se ne versò un altro po’ sul bicchiere. Un rumore forte alla
sue
spalle attirò la sua attenzione. Una ragazza dai capelli neri e ricci e
dalla
carnagione olivastra era appena entrata nel bar. Damon la guardò
incuriosito.
Era stato con molte ragazze italiane ma lei sembrava diversa dalle
altre anche
se non ne capiva il motivo.
-Dannazione, sono
completamente bagnata!- la ragazza si avvicinò al bancone e chiese al
vecchio
se poteva usare il bagno. Damon la guardò andare verso la toilette e un
sorriso
sghembo gli si affacciò sulle labbra. Bevette un altro po’ di whisky e
poi lasciò
il bicchiere sul bancone, si assicurò che il vecchio non lo guardasse e
andò
anche lui verso il bagno. Quando aprì la porta trovò la ragazza in
reggiseno
che, nel vederlo, emise uno strillo acuto. Damon alzò le mani in segno
di resa
e finse di voler uscire di lì.
-Mi dispiace, non pensavo
ci
fosse qualcuno. – La ragazza si girò, dandogli le spalle e velocemente
si mise
la maglietta.
-Non si preoccupi, è colpa
mia, sarei dovuta entrare in bagno a cambiarmi.- Uscì di corsa da lì e
si
diresse verso il bancone del bar. Damon la seguì.
-Posso offrirti qualcosa?-
Lei
gli lanciò un’occhiata diffidente, poi guardò la bottiglia di Whisky e
si girò
nuovamente verso il vecchio. Damon iniziava a sentirsi infastidito ma
aveva
ormai compreso che le ragazze italiane bevevano meno rispetto a quelle
americane, soprattutto durante il giorno, così non demorse e ritentò.
-Guarda che non mordo
mica.-
Le fece l’occhiolino e le sorrise con quel suo modo semplice ma da
sornione con
il quale era solito conquistare le ragazze ed infatti la ragazza non
riuscì ad
esimersi dal sorridere a sua volta. Damon prese la palla al balzo e la
invitò a
sedersi con lui in un tavolino li vicino.
-Allora, che cosa posso
offrirti?-
-Del tè verde andrà
benissimo.-
-Va bene, che tè sia.- Si
girò
e fece segno al veterano di portare del tè per la sua compagna di
bevute,
mentre lui recuperava da solo il bicchiere e la bottiglia alla quale si
era
affezionato.
-Allora, come ti chiami?-
chiese alla ragazza bevendo l’ennesimo sorso di whisky.
-Emma. -
-Ciao Emma, io sono Damon.
–
le fece un enorme sorriso e la ragazza abbassò gli occhi sul bicchiere
di tè
che nel frattempo le aveva portato il vecchio barista. Damon vedendo
che la
ragazza era ancora un po’ imbarazzata dalla situazione di prima cercò
di smorzare
un po’ la tensione parlando di argomenti banali, non voleva soggiogarla
fin da
subito. Infondo la metà del divertimento stava proprio nel riuscire a
convincere le ragazze a lasciarsi andare con lui quando ancora potevano
rifiutarsi.
-sta piovendo a dirotto e
io
che pensavo che qua in Italia ci fosse sempre il sole.-
-qui? No, in Italia
abbiamo un
tempo veramente strano. Passiamo da un freddo atroce ad un caldo
insopportabile
nel giro di un giorno. Una volta era molto diverso il clima, ma negli
ultimi
anni è diventato un vero incubo.- “perfetto” pensò Damon, vedendo che
la
ragazza stava finalmente parlando.
-Ma tu di dove sei?- le
chiese
improvvisamente lei.
-Io? Io sono americano.
Vengo
da una piccola cittadina non molto conosciuta e piuttosto tranquilla.-
-Beh, nemmeno questa è
molto
conosciuta al estero … - Damon la guardò confuso. – Sto parlando di
Brescia.
Insomma, mi chiedevo come mai sei venuto a visitare questa città … di
solito i
turisti visitano Venezia, Roma o Firenze. Brescia, anche se è una bella città non è di sicuro una delle mete
più ambite dagli stranieri.-
-Beh, che ci vuoi fare, io
non
sono come gli altri … - le lanciò l’ennesimo sorriso sghembo, mentre
beveva
l’ultimo bicchiere di whisky rimasto. Emma arrossì e lui si chiese se
non fosse
già il momento di provarci, ma sentiva che lei non era una ragazza così
facile
da aggirare. – In realtà sto girando un po’ tutta l’Europa e da un paio
di
settimane sto visitando l’Italia e le sue … Bellezze.
– Emma lo guardò poco convinta di quella risposta e lui pensò che il
gioco si
stava facendo interessante. Di solito a quel punto della conversazione
le
ragazze cadevano letteralmente ai suoi piedi ma lei non dava segni di
cedimento. Questo lo rendeva felice e divertito.
-Insomma, sei in vacanza
da
molto? Non lavori?-
- No. Non amo molto
lavorare.
Penso che sia uno spreco di tempo quando si hanno soldi a palate. –
Emma
sembrava essere infastidita da quella affermazione, per nulla
affascinata e
Damon cercò ancora una volta di cambiare approccio con lei. – E va
bene, ti
dirò la verità. Sono in giro da parecchio tempo perché sto cercando una
persona
... – Lo sguardo della ragazza si fece finalmente fatto più vivo e
curioso.
- chi? Cioè, se si può
dire …
- Damon sorrise mestamente. Non sapeva se dire tutta la verità o
mentire e
provare ad inventare una storia, ma alla fine decise che la verità era
la cosa
migliore, visto che quella ragazza sembrava non credere alle sue
fandonie.
- Beh, diciamo che sto
cercando una persona che mi aiuti a salvare una ragazza che molto tempo
fa mi
aveva rapito il cuore. –
-Non capisco, in che senso
salvare la ragazza? È malata? – Damon sembrava infastidito da quella
domanda e
la ragazza se ne accorse. – Scusa, questi non sono di sicuro affari
miei. –
- Non ti scusare, non hai
detto nulla di male, infondo hai fatto solo una giusta domanda. Diciamo
che non
è proprio malata ma è imprigionata in un luogo dal quale non riesce ad
uscire.
– Emma sembrava incantata da quelle parole ed era curiosa di saperne di
più ma
Damon non voleva parlare di Katherine, ne con lei, ne con nessun altro.
- Insomma è … impazzita? –
Damon sbatté il bicchiere sul tavolo ed Emma sussultò, saltando per lo
spavento
sulla sedia.
-Non è pazza! – Emma era
ormai
spaventata. Quel ragazzo dai capelli corvino e dagli occhi blu mare era
tanto
bello quanto pericoloso e lei se ne voleva andare, ma aveva paura ad
abbandonare il bar, non solo perché fuori l’acquazzone continuava a
peggiorare
ma anche perché temeva che quel ragazzo così carino potesse essere un
pazzo
psicopatico capace di farle del male. Damon se ne accorse e cercò di
rimediare
subito al pasticcio. – Scusa, non volevo essere così irruento. È solo
che … -
ci rifletté un attimo e poi capì che forse non era il caso di dire
proprio
tutta la verità. – Io devo salvarla! Non posso lasciarla chiusa lì, ma
per
farlo ho bisogno del aiuto di qualcuno difficile da rintracciare.- Emma
non
stava capendo più nulla. Un secondo prima quel ragazzo la stava
spaventando e
il secondo dopo sembrava semplicemente un ragazzo triste che cercava di
salvare
la ragazza che amava e che probabilmente era impazzita. Lo guardò
dritto negli
occhi e in un attimo ogni suo dubbio sparì. Lui non le avrebbe mai
fatto del
male, aveva solo bisogno di aiuto, tutto qui. Emma mise una mano sopra
quella
del ragazzo e guardandolo dritto negli occhi cercò di trasmettergli un
po’ di
conforto. Damon si stava sciogliendo, sentiva dentro di se il cuore che
si
spezzava. Sentiva le lacrime sopraggiungere nei suoi occhi e tutto
questo non
poteva sopportarlo. Quella ragazza lo stava distruggendo ed era ora di
finire
di giocare con lei. Stava per soggiogarla per bere il suo sangue quando
Emma lo
sorprese nuovamente.
-Se per te quella ragazza
è
così importante, non arrenderti. Non ancora, almeno fin che non
riuscirai a
trovare la persona giusta che ti saprà aiutare. - Damon la guardò negli
occhi e
capì che non avrebbe mai potuto fare del male a lei. Emma lo stava solo
aiutando ed era da molto tempo che qualcuno non si comportava in
maniera così
gentile con lui, senza chiedergli nulla in cambio. Come poteva avercela
con
lei? Sorrise amaramente e si alzò in piedi per andarsene. Emma lo
guardò
confusa, non sapeva se aveva detto qualcosa di male ma era pronta a
scusarsi.
-Sai, vorrei tanto avere
ancora quel sentimento di speranza che vedo dipinto nei tuoi occhi ma
ormai
l’ho perso tanto tempo fa … ho girato in lungo e in largo per trovare
qualcuno
che mi aiutasse e ora credo che l’unica cosa da fare sia ricominciare
da capo.
–
- Forse no. Forse, se è
vero
che hai girato il Mondo per così tanto tempo, l’unica cosa che puoi
fare è
tornare al punto di partenza. A volte le soluzioni che cerchiamo sono
proprio
davanti ai nostri occhi è solo che noi non riusciamo a vederle. – Damon
rifletté
un attimo e poi guardò Emma con uno sguardo carico di gratitudine.
Forse quella
ragazza aveva ragione. Pensò che anche se le discendenti di Emily si
erano
spostate da Mystic Falls, ma dopo tutte quelle decadi, potrebbero anche
essere
ritornate in quei luoghi. Non era una cosa certa, questo era logico, ma
se
c’era ancora una possibilità di riportare indietro Katherine quella era
proprio
a Mystic Falls. Damon stava per uscire dalla porta ma ci ripensò e
sorridendo
tornò dalla sua compagna di bevute che lo guardava con uno sguardo
perplesso.
Damon le prese la mano e gliela baciò. Emma diventò rossa in volto e
Damon le
sorrise felice.
-Grazie per avermi
aiutato.
Non lo dimenticherò e se un giorno ci rivedremo, saprò come sdebitarmi.
– la
ragazza annuì con la testa. Non sapeva cosa dirgli perché la sua mente
era
ormai completamente rapita da quel misterioso ragazzo straniero e non
riusciva
più a formulare un pensiero coerente. Damon ringraziò anche il vecchio
veterano
per la gentilezza dimostratagli e poi corse in hotel a fare le valigie.
Avrebbe
preso il primo aereo che lo avrebbe portato in America e da lì sarebbe
in
qualche modo tornato a casa.
Dopo qualche giorno di viaggio Damon rimise piedi nella sua cittadina d’origine, Mystic Falls. Si sentiva stanco e spossato per il viaggio lunghissimo che aveva appena fatto e decise così di riposare stendendosi sul cemento della strada. Non aveva idea che da lì a pochi istanti avrebbe incontrato Elena, la doppelganger della sua amata Katherine e che da quel momento la sua vita sarebbe stata diversa. Di li a poco sui sarebbe innamorato nuovamente. Di li a poco sarebbe riuscito a ricucire il rapporto con il fratello, distrutto ormai da tempo. Di li a poco si sarebbe fatto una nuova vita, ricca di amici e di persone da proteggere. No, Damon non sapeva nulla di tutto ciò ma sapeva che in quel istante era carico di speranza e che quella speranza gliela aveva data una bellissima ragazza dai capelli ricci e dal accento italiano e della quale avrebbe sempre avuto un bellissimo ricordo.