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Autore: Strawberry88    25/03/2013    2 recensioni
La vita di una semplice ragazza divertente e sempre sorridente si è trasformata, da un giorno all’altro, quella di una semplice ragazza che non parla, se non ai suoi parenti stretti, e alla quale è sparito il sorriso.
I suoi fratelli e altri cinque ragazzi saranno in grado di farla ornare quella di prima?
*ZIALL*
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Sabato 17 Luglio 2010
San Francisco, California
 
La vita di una semplice ragazza divertente e sempre sorridente si è trasformata, da un giorno all’altro, quella di una semplice ragazza che non parla, se non ai suoi parenti stretti, e alla quale è sparito il sorriso. 
È tutto iniziato quando un qualsiasi giorno di luglio la famiglia Malik si è recata al mare. L’acqua era calda e stranamente calma. Il motivo di tutta quella tranquillità era l’imminente onda anomala che colpì la spiaggia. Sfortunatamente, però, non tutti riuscirono a mettersi in salvo, anzi, solo una non sopravvisse. Quella persona era Kitty Malik, la più piccola della famiglia.
Sulla spiaggia, completamente evacuata, e ricoperta di sabbia e alghe, giaceva il corpo morto della quindicenne e, mentre stava inerme sulla riva del mare, la famiglia la cercava disperatamente.
Oramai era arrivato il tramonto, perciò le ricerche non sarebbero potute continuare.

 
Domenica 18 Luglio 2010
San Francisco, California
 
«Meow.» si udì sfocato il verso di un gatto.
Dopo quello un altro e un altro ancora. Una ventina di gatti si riunì sulla sabbia e accerchiarono il corpo della ragazza.
Il gatto più anziano, anzi, la gatta più anziana, camminò sulla pancia della ragazza. Si fermò con le zampe sul petto dell’umana e la fissò incessantemente, quasi ad ipnotizzarla. 
Allo scoccare della mezzanotte, gli occhi della quindicenne si aprirono di scatto.
Kitty provava un senso di smarrimento. Non ricordava come ci fosse arrivata sulla spiaggia, non ricordava niente di quella giornata. Chiuse per un momento le palpebre e vide i visi dei suoi genitori e quelli dei fratelli maggiori. Si portò una mano sulla fronte e se la massaggiò. Quando riaprì gli occhi, mosse lentamente la testa a sinistra e poi a destra, notando quei venti gatti attorno a lei. Allungò la braccia e accarezzò la sabbia umida e distese la gamba destra, la quale era piegata verso l’esterno. Si mise a sedere e incontrò le iridi gialle e le pupille sottili di quella gatta che l’aveva risvegliata, in un certo senso. 
Continuando a guardarsi intorno, Kitty si alzò dalla sabbia, traballando, e rimase ferma di fronte a quella massa d’acqua che poche ore prima l’aveva affogata.
«Meow.» pronunciò nuovamente la gatta. Sembrava quasi un tono isterico.
Kitty la guardò inclinando, prima da una parte e poi dall‘altra, la testa. Pareva che la ragazzina fosse appena atterrata su un pianeta tutto nuovo. 
Il suo sguardo era curioso e spaventato. Le mani volevano toccare tutto quello che lei vedeva, dagli scogli poco lontani da lei alle alghe sparse sulla spiaggia e sul suo corpo. Le gambe volevano avanzare ma non ci riusciva proprio a muoversi.
Si piegò sulle gambe e accarezzò la piccola testa della gatta, andando a sfiorare un sottile collarino nero e argentato. Con le dita lo percorse tutto fino ad arrivare alla medaglietta attaccataci.
“Weekly” citava la targhetta. Il nome della gatta era Weekly. 
Quando questa miagolò nuovamente, sembrava che Kitty riuscisse a capire ogni suo versetto, quasi come se parlasse la sua lingua. La micetta prese a camminare in direzione della strada, essendo cosciente che la ragazza l’avrebbe seguita, e fu così. Lentamente, la piccola Malik incominciò a camminare al seguito di quel branco di felini da compagnia.
La famiglia Malik non abitava proprio sulla riva del mare ma, più precisamente, nel quartiere di Haight-Ashbury, praticamente dall’altra parte del Golden Gate Park e dalla spiaggia a casa sua ci voleva minimo un ora, a piedi. 
I gatti la scortarono fino davanti a casa sua e lei non si sentiva nemmeno un po‘ stanca dopo quella camminata. Kitty si portò nuovamente una mano alla fronte e prima di poter bussare, la porta si spalancò e una donna le si parò davanti.
«Kitty!» urlò, con le lacrime agli occhi, dopo aver riconosciuto la figlia.
Subito dopo che la madre l’abbracciò, lei ricordò tutto del suo incidente. Voleva comunicare ma non si sentiva sicura, come se temesse parlare alla madre.
 
Tutta la famiglia si ritrovò seduta sul divano, a riscaldare e coccolare la più piccola, che ancora non parlava. Questa si alzò dal suo posto e vagò per il salone, osservando una ad una le foto esposte sulle mensole, sui mobili, sui muri e sul ripiano del camino. 
Sorrise vedendone una in cui erano ritratti tutti e cinque. Si ricordò immediatamente del giorno nel quale la scattarono. Erano andati a fare un picnic in campagna e assisterono al volo di due aquile particolarmente grandi. Sua sorella maggiore, Donna, si perse nell’erba alta e quando la ritrovarono lei disse di aver visto schiudersi due uova appartenenti a quei due grandi volatili. Kitty però si era accorta che mentiva e che sul dorso della mano della sorella, dove si incontravano il pollice e l’indice, le si era formata una voglia a forma di ali. Da quel pensiero, rifletté anche sugli altri componenti della famiglia. Suo padre ne aveva una, nella medesima posizione, ma a forma di elefante, quella di  sua madre raffigurava il muso di una volpe mentre quella del fratello maggiore, Zayn,  si presentava come un ragno. 
Era piuttosto strano. Tutti nella sua famiglia avevano una voglia a forma di animale, o una parte di esso, tranne lei.
«Kit, ti senti bene?» le chiese il fratello, posandole le mani sulle spalle.
Lei riuscì solamente a scuotere leggermente la testa.
«Forse è meglio se vai a farti una doccia. Hai ancora la sabbia attaccata ai vestiti. Poi è tardi e credo tu stia male. Domani ti portiamo da un dottore.» continuò il maggiore.
Donna si avvicinò alla sorellina e le prese la mano dolcemente, portandola nel bagno al piano superiore. Chiuse la porta dietro a Kitty, così che lei potesse lavarsi per togliersi la sabbia da dosso. La maggiore restò dietro la porta, aspettando di sentire l’acqua scrosciare ma anche dopo che udì quel suono fastidioso per lei non si mosse da lì.
«Ehi, Don, secondo te dov’è stata?» le chiese Zayn accarezzandole la spalla.
Lei sospirò e scosse la testa.
«Sulla spiaggia sicuramente, ma non saprei dove altro potrebbe essere stata. Domani la portiamo da un dottore: deve aver subito una specie di trauma. Hai visto come si guardava intorno, sembrava persa.»
«Già, per adesso non diciamolo a mamma e papà.»
Donna bussò alla porta del bagno dopo dieci minuti, però, molto probabilmente a causa della doccia, Kitty, da dentro, non sentì. 
«Don, va’ a dormire. L’aspetto io.» le consigliò Zayn.
«Vacci tu a dormire. È una ragazza ed è tua sorella e sarà nuda sotto l’accappatoio. Resto io qui.» disse autoritaria.
«Okey. Non ti scaldare. ‘Notte.» le diede un bacio sulla guancia e se ne andò in camera sua.
«Buonanotte … - disse prima che la porta si chiudesse - scemo.» concluse, appena fu sicura che il gemello non sentisse.
La ragazza aspettò qualche atro minuto poi una nuvola di vapore la investì in pieno e sua sorella uscì con già il pigiama indosso. Donna aggrottò le ciglia e la guardò con la testa inclinata.
«Da dove lo hai preso quello?» chiese indicandola.
Kitty si limitò a stendere il braccio e puntare l’indice verso il mobiletto rosa che c’era vicino al box doccia. 
«Beh, buonanotte.» Donna abbracciò Kitty e le diede un bacio sulla fronte, andando poi a dormire pure lei.
La più piccola si passò una mano tra i capelli arrivando ad accarezzare la nuca. Girò la testa a destra e a sinistra e poi percorse il corridoio alla sua destra, la parte opposta di quella presa dai fratelli maggiori.
 
Donna e Zayn, anche se più grandi di Kitty di soli undici mesi e due settimane esatte, erano molto protettivi nei confronti della più piccola. Loro due, a confronto, erano più espansivi e socievoli; anche se la minore non si faceva problemi a parlare con gli amici dei fratelli. Ovvio, prima di avere quell’incidente.

 
Lunedì 19 Luglio 2010
San Francisco, California
 
Zayn e Donna, decisero di andare a svegliare Kitty. I loro genitori erano andati al lavoro, la madre era una stilista locale mentre il padre era il direttore di una catena di centri commerciali e negozi.
«Kit? Dai, svegliati. Tra un po’ dobbiamo andare in ospedale per delle visite.» la richiamò dolcemente Zayn.
«Gatto.» mugugnò lei.
«Cosa?» domandarono all’unisono i due gemelli, dopo essersi cambiarsi un’occhiata.
La ragazza aprì gli occhi e fissò i fratelli. Si mise a sedere sotto le coperte e guardò l’orologio appeso alla parete di fronte al letto. Segnava le nove del mattino. Si sentiva stanca e aveva lo stomaco vuoto.
«Ho fame.» disse.
«Kitty, cosa centra il gatto.»
«Era una gatta.» lo corresse lei.
Scivolò giù dal letto e, sempre molto lentamente, si guardò intorno prima di cominciare a camminare ma Zayn l’afferrò e la ributtò sul letto.
«Cosa significa?»
«Ieri notte. Una gatta.»
«E poi?» la incitò a proseguire Donna.
«Ha detto che sono morta.» rispose normalmente.
«Sei qui e stai parlando con noi, come fai ad essere morta?» chiese Zayn divertito.
«Perché lei … mi ha risvegliata.»
I maggiori si guardarono nuovamente. Il ragazzo prese il polso destro della quindicenne e le fissò la mano. Si scorgeva una macchietta color caffelatte offuscato a forma di micio, un elegante micio, con la coda attorcigliata su sé stessa e le due zampe anteriori stese in lungo mentre quelle posteriori dritte. Era raffigurato mentre si stiracchiava. 
«Don, credi quello che sto pensando?» domandò stupito.
«Non saprei. Potremo andare da mamma e papà. Chissà cos‘è successo ieri notte.» consigliò Donna.
«Ho una macchia sulla mano. - osservò Kitty, squadrando la sua mano - Anche voi ne avete una. Dobbiamo andare in ospedale o da mamma e papà?»
«Non volevi fare colazione?» chiese dolcemente Zayn.
«Ho fame.»
Kitty si alzò dal letto per la seconda volta e si avviò al piano di sotto, mentre i fratelli la seguivano.
«Possiamo coccolarla ancora di più adesso. Non è tenerissima?» parlò Donna con gli occhi che le brillavano.
«Sai che cosa tenera. È morta!» 
«Sì … ma la gatta la risvegliata. - finirono di scendere le scale e Donna si bloccò, facendo fare la stessa cosa anche al fratello - Credi che possa diventare come noi?»
«Possibile.» disse vago.
«Tra due giorni le potremo dire tutto, che favola. Tu un ragazzo che spara ragnatele dai polsi, io posso volare, mamma è super intelligente e papà ha una forza bruta. Kitty … credo possieda un’agilità felina.» aprì lentamente gli occhi, rendendogli grandi e lucidi.
«Ho fame!» urlò Kitty.
Zayn, dopo aver sorriso alla più piccola, le andò incontro. Donna li raggiunse subito ed entrò in cucina, vide la sorella arrampicarsi sul piano di lavoro per riuscire a prendere la scatola di biscotti che si trovava sul terzo ripiano della dispensa. Dopo averla presa, fece un salto e atterrò sull’isola nella cucina e poi sul pavimento, tutto molto elegantemente. Come se fosse un gatto a tutti gli effetti.
«Sai, Don, Kitty è molto più sveglia di te quando eri nella sua stessa situazione. Sembravi una bimba si cinque anni.»
Donna gli fece la linguaccia e si sedette al tavolo per fare colazione assieme ai fratelli.
«Allora, prima andiamo da mamma e poi lei ci dirà cosa fare.»
Zayn sospirò guardando la sorella più piccola inzuppare il primo biscotto nel latte, le accarezzò i capelli e sentì Kitty miagolare.
«Oh, che dolce! Ti ha fatto una fusa.» 
«Sei particolarmente eccitata da questa situazione, eh?- le chiese, in seguito lei annuì - Mi ricordo la mia trasformazione e per questo motivo odio le rupi. Menomale che quel ragno mi ha punto giusto tre giorni prima, altrimenti sarei morto.»

 
Zayn Malik aveva all’incirca undici anni. Era andato in montagna con i nonni, da solo, senza né sorelle né genitori. Nella baita, vecchia ma accogliente, non aveva molto da fare. Non c’era la televisione né il lettore cd né un videogame. Insieme ai due adulti aveva deciso di passare la prima serata giocando ai mimi. Lui impersonò un serpente, strisciando a terra e non si accorse che sulla spalla gli era salito un ragnetto delle dimensioni di un ditale. Mentre il bambino si alzava dal pavimento di legno, la creatura percorse tutto il braccio destro del piccolo Zayn fino ad arrivare al dorso della mano. In un attimo affondò le zanne avvelenate nella pelle, facendo svenire, e perciò cadere a terra. I nonni chiamarono un dottore, il quale, gentilmente, arrivò il più in fretta possibile. Fece una visita approfondita al ragazzo e gli consigliò di assumere zuccheri e acqua, non capendo il vero motivo di quello svenimento. Fortunatamente, non lo capì. Per due giorni restò in pieno rintontimento, non comprendendo niente di quello che succedeva intorno a lui. Dopo quarant’otto ore dalla puntura, i nonni decisero di andare a fare una passeggiata nel bosco, per arrivare al dirupo che si affacciava a un canyon profondissimo. Entrambi gli adulti si distrassero qualche minuto, intenti a montare una tenda. Zayn cadde, precipitando nel canyon e mentre agitava le braccia, dal suo polso fuoriuscì un filo bianco che si attaccò alla parete della montagna. Guardò per due minuti il suo braccio, passando gli occhi dal gomito fino al punto dov’era appiccicato il filo di ragnatela. Provò a fare la stessa cosa con il polso opposto e così facendo risalì. Arrivò in cime giusto in tempo per non far preoccupare i suoi nonni, che appena si girarono, lo vedere sorridente (ovviamente era finto come sorriso) che guardava il paesaggio. Di ritorno a casa, i suoi genitori si accorsero di qualcosa di strano e ne ebbero conferma quando lo videro scalare la parete di camera sua, così lui fu costretto a raccontare tutto. Inoltre si accorse di una macchia marroncina sulla mano.

 
«Come?! È morta?!» esclamò stupita Jane Malik, scattando in piedi dalla sedia imbottita del suo ufficio.
«È quello che ci ha raccontato lei. Dice che una gatta l’ha risvegliata e riesce a comunicare con lei. Non ti sembra …» parlò Zayn.
«Fantascientifico e stupefacente?» continuò Donna.
«Fatemi pensare. La mia terzogenita è morta affogata, una gatta l’ha rianimata, con un semplice “miao”, e ora è praticamente un micio?»
«Sì. Non è fantastico?» domandò ancora eccitata Donna.
«Mia figlia è morta!» esclamò nuovamente.
«Ma ora è viva! Vedi il lato positivo.» disse la figlia maggiore.
«Noi due potevamo morire, fortunatamente non è successo ma forse qualcuno doveva farlo nella nostra famiglia ed è capitato a lei. Donna ha ragione, ora Kitty è viva e vegeta e tra due giorni si approprierà dell’agilità di un gatto.»
«Possiamo diventare i paladini della città. Faremo arrestare criminali e impediremo rapine in banca e salveremo bambini. Non è una super figiata?»
«Al massimo figata, non figiata.» la corresse Zayn.
«A me mi piace di più figiata.»
«A me piace.»
«Oh, anche a te? E allora perché mi correggi.»
Zayn era sconvolto da quella discussione mentre la loro mamma gli guardava ancora sotto shock per la notizia appena ricevuta.
«Dov’è ora la mia Kitty?» domandò la donna.
«Di là con la tua segretaria.»
Jane si alzò dalla sedia dove si era riseduta e uscì dal suo ufficio per andare dalla sua figlia più piccola. Apparentemente stava bene ma era comunque necessaria una visita da uno specialista. La stilista disse alla sua assistente che si recava all’ospedale per far fare delle visite alla figlia. Tutti e quattro scesero nel parcheggio e si misero in macchina, poi Jane partì. 
«Zayn, telefona a tuo padre e digli di raggiungerci all’ospedale.»
Il ragazzo in pochi minuti fece quella telefonata, riferendo le parole della madre, aggiungendo che gli avrebbero spiegato tutto lì.
 
Il dottore visitò per tre quarti d’ora Kitty poi fece entrare i familiari nel suo studio.
«Da quello che mi avete detto prima, ovvero che è stata investita da quell’onda a Cam-Beach, direi che si è ripresa. Ha alcuni tratti di smarrimento, normale per questa esperienza. I suoi riflessi sono ottimi. Direi quasi …» cominciò il dottore.
«Felini.» lo aiutò Zayn sorridente, ma con ovvietà nella voce.
«Esatto. Riflessi felini. La vista è perfetta. Non riporta lesioni gravi. E con “gravi” intendo “mortali”. Sulla schiena ha un lungo e, fortunatamente, poco profondo graffio. Gliel’ho disinfettato e le ho applicato sopra un bendaggio da tenere per qualche giorno. Un altro taglio si ritrova sulla coscia sinistra e un taglietto sulla caviglia destra. Per il resto sta bene. Qualche giorno di riposo. Ah, un’ultima cosa. Signora Malik, le consiglio di far frequentare a sua figlia uno psicologo. Il trauma potrebbe portarselo dietro per tutta la vita se non viene affrontato correttamente.» concluse con un sorriso.
«Grazie, dottore. È stato gentilissimo, soprattutto per aver visitato mia figlia senza un appuntamento.»
«Di niente. Inoltre sua figlia non voleva saperne di rispondere o parlare, credo che sia una conseguenza dell’incidente.»
«Sì. Beh, ora togliamo il disturbo. Grazie ancora.»
Tutta la famiglia si avviò all’uscita.
«Quando avete scoperto questa cosa? Cioè che è morta.» disse il padre appena fuori.
«Stamattina. L’abbiamo svegliata e ce l’ha detto subito. Abbiamo fatto colazione e siamo andati da mamma in pullman, poi ti abbiamo chiamato e siamo venuti qui in ospedale.» fece il riassunto Zayn.
Per il resto del viaggio dal pronto soccorso a casa ci fu silenzio nell’auto dov’erano Jane, Zayn e Kitty; non che in quella che ospitava Luke e Donna fosse molto diverso.
Loro erano una famiglia che parlava tra di loro, tranne in macchina. Era considerato un luogo sacro, dove ognuno poteva perdersi nei propri pensieri, subito prima del giardino della loro casa, dove tutte le sere si ritrovavano sulle poltroncine e sul divano a dondolo nel loro giardinetto a guardare le stelle e rilassarsi, bevendo thè o latte, poi dopo i vari saluti andavano a letto, scambiandosi solo la “buonanotte”.



 
E come promesso sono ritornata.
Spero che vi piaccia come prologo.
Qui sotto la foto della voglia che è venuta sulla mano di Kitty.



  
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