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Autore: Edelvais    28/03/2013    8 recensioni
«Tornerai, vero?», riformulai la domanda.
«Se è questo che desideri», rispose salendo sul balcone della finestra aperta.
«Lo desidero», affermai decisa.
Jareth annuì, lasciando che l’ennesimo sorrisetto compiaciuto solcasse il suo viso marmoreo.
«A presto, dunque».
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Sarah
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Underground'
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Wanna live underground

 

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«Toby, non piangere! Mamma e papà sono usciti di nuovo, ma torneranno presto, vedrai».
Emisi un sospiro scocciato. Ancora la stessa storia.
Evidentemente a lui non era bastata la pericolosa avventura per il Labirinto, dato che non accennava a smettere di frignare. Alzai gli occhi al cielo, cercando di cullare mio fratello.
Era passato esattamente un anno da quando avevo desiderato che Toby fosse catturato e rapito dai Goblin.
«Guarda che se non la smetti ti rispedisco nel castello dei Goblin! E questa volta non verrò a recuperarti», minacciai sedendomi sul letto con lui tra le braccia.
Indubbiamente non gli sarebbe dispiaciuto, vista la quantità di lacrime che ancora sgorgavano dai suoi occhi azzurri come un fiume in piena. Per un attimo fui tentata di ripetere il pasticcio dell’anno prima, solo per salvaguardare i miei timpani. Sul serio, non gli si seccava mai la gola?
«Ti prego Toby, smettila! Non ti sopporto più!», mi lamentai appoggiandolo per terra.
Lo osservai mentre si dirigeva con passo malfermo verso la finestra, attirato da qualcosa che si muoveva dietro i vetri. Il mio cuore perse un battito, quando riuscii a distinguere il barbagianni bianco.
Prima che potessi reagire, le imposte si spalancarono, lasciando entrare una folata di vento gelido e pungente; ma la mia attenzione era rivolta verso la figura alta che si sovrapponeva al buio della notte.
«Jareth», sussurrai sgranando gli occhi.
Cosa ci faceva lì? Avevo di nuovo combinato qualcosa di cui mi sarei pentita?
Eppure, nonostante una parte del mio cuore scalpitasse di angoscia e inquietudine, l’altra era stranamente felice di quella visita inaspettata.
Non era cambiato per niente: i suoi stravaganti capelli biondi incorniciavano ancora il suo viso pallido, mentre i suoi occhi splendevano nell’oscurità.
Stiracchiò le labbra in un sorriso sornione, scendendo lentamente dal balcone.
«Ciao, Jareth», esordì prendendo gentilmente in braccio mio fratello. Sapevo che se non avessi vinto la sfida nel Labirinto, il Re dei Goblin gli avrebbe affibbiato il suo stesso nome.
«Toby», lo corressi io.
Jareth alzò lo sguardo, posandolo su di me.
«Sarah», disse non appena ebbe terminato di osservarmi. «Ti trovo cresciuta».
«Non mi sembra di aver pronunciato le parole magiche».
La sua presenza mi metteva a disagio.
Lui scoppiò in una risata forzata. «No, infatti».
«E allora, di grazia, vorresti spiegarmi cosa ci fai qui?».
Jareth cominciò a cullare mio fratello, sussurrandogli qualcosa all’orecchio che lo fece sghignazzare.
«Per vedere come stava Toby».
La mia sorpresa aumentò quando improvvisamente Toby smise di piangere, accoccolandosi al Re dei Goblin. Assunsi un’espressione indispettita. Perché con me faceva tutte quelle storie, mentre con il primo sconosciuto chiudeva il becco e si decideva a dormire? Non lo trovavo giusto.
«Non è giusto», borbottai.
Jareth si avvicinò a me. «Non fai altro che ripeterlo. Pensavo avessi imparato la lezione, Sarah».
Incrociai le braccia, aggrottando le sopracciglia. «Be’, in ogni caso Toby sta benissimo. Ora puoi anche andartene per non tornare mai più».
«Non dire sciocchezze», ribatté con l’espressione di chi sa di essere preso in giro. «So benissimo che vorresti che stessi qui con te».
Gli lanciai un’occhiataccia sprezzante. «Non credo proprio».
In quel preciso istante un pensiero sfrecciò nella mia mente, riconoscendo una parte di ragione a Jareth, poi scossi la testa con decisione, scacciandolo via.
Improvvisamente la sua risata risuonò nell’aria, come se avesse appena letto la mia mente.
«Inoltre, da come ho sentito frignare il tuo fratellino, penso che stia molto meglio con me».
«Non ci contare, non lascerò mai che Toby venga con te», sibilai assottigliando lo sguardo. «E poi non hai alcun diritto di portarlo via di nuovo; questa volta non ho formulato quelle parole».
«Lo so benissimo. Però potresti cederlo di tua spontanea volontà».
«Mi dispiace sgretolare le tue speranze, ma non succederà mai».
Jareth si voltò, posando Toby nella sua culla. Poi tornò sui propri passi, incatenando il suo sguardo al mio.
«Allora potresti venire con me, se non vuoi separarti da lui», sussurrò persuasivo.
«C-come?», balbettai confusa.
«Posso darti tutto ciò che desideri, Sarah», continuò prendendomi la mano.
Sei tu ciò che desidero, gli avrei risposto, incantata dalle sue meravigliose iridi; ma la parte razionale e ragionevole del mio cervello s’impose su quella che era stata presa in ostaggio dal Re dei Goblin.
«No, mi dispiace. Il mio posto è qui», affermai cercando di sembrare più convinta possibile.
Quella situazione mi ricordò quando, poco prima di sconfiggerlo, mi aveva proposto di diventare la sua regina. Ovviamente avevo rifiutato.
Jareth scosse impercettibilmente la testa, prendendo tra le sue dita una ciocca dei miei capelli neri.
«Non ti credo».
In effetti non ero mai stata brava a mentire.
«Non posso andarmene», ribattei.
Senza rispondermi, si avviò verso la mia scrivania, e aprì il primo cassetto. Prese tra le mani un libro dalla copertina rossa, sfogliando le sue pagine; era la storia di “Labyrinth”.
«Lo faresti, se ne avessi la possibilità?».
La sua domanda mi colse impreparata: dovevo ascoltare il mio cervello, o seguire il mio cuore?
Come potevo scegliere, se non conoscevo alla perfezione i miei sentimenti?
La mia espressione combattuta dall’indecisione funse da risposta.
«Lo immaginavo».
Si voltò, dirigendosi verso la finestra ancora spalancata. Fino a quel momento non mi ero accorta del freddo invernale. Un brivido corse per la mia spina dorsale.
No, non andare!, lo avrei implorato.
«Aspetta», fu tutto ciò che mi uscì di bocca.
Jareth si fermò a quelle parole, indugiando. Avrei scommesso la testa che stesse sorridendo compiaciuto.
«Tornerai?», domandai con voce smorzata dall’agitazione.
Si girò di nuovo verso di me, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto.
Deglutii rumorosamente, mentre lui posava il palmo della sua mano sulla mia guancia.
«Pensavo mi avessi ordinato di non farmi più vedere», sussurrò a pochi centimetri da me.
Sentivo il suo respiro pungente pizzicare il mio collo.
«N-non dicevo sul serio», farfugliai.
Un ghigno soddisfatto sconfisse quella smorfia impassibile di poco prima. «Lo sapevo».
Il suo solito tono sfacciato m’ innervosì a tal punto da stringere convulsamente i pugni; ma il suo sguardo indagatore mi rapì per l’ennesima volta, lasciandomi affogare in quelle iridi cristalline.
Mi chiesi se si potesse odiare e amare una persona allo stesso tempo.
«Se potessi scegliere, verrei con te».
Quelle parole evasero dalla mia bocca, disubbidienti, ribellandosi alla mia volontà.
Mi maledii, cercando di decifrare la sua reazione.
Il sorrisetto compiaciuto si estese ancora di più. «Sapevo anche questo».
«Perché sei tornato?», cercai di eclissare la sua impertinenza.
«Per Jar… Toby», si corresse.
«Solo per lui?».
«Sì».
«Non ti credo».
Silenzio. Probabilmente stava pensando a come rispondermi.
«Sarah, sei l’unica che sia mai riuscita a sconfiggermi», mi fissò intensamente. «E sei l’unica che mi abbia lasciato un vuoto, una sensazione d’incompletezza quando te ne sei andata».
Trattenni il respiro, mentre il mio cuore si divertiva a fare acrobazie nel mio petto.
«Hai lo strano dono di riuscire a sovrastare i miei poteri e la mia malvagità».
«È-è una cosa positiva?». Che domanda stupida e insensata.
Rise. Questa volta il suono della sua risata era puro e argentino, non più forzato.
«Forse».
Senza alcun preavviso si avvicinò sempre di più alle mie labbra, dapprima sfiorandole con esitazione, per poi colmare definitivamente la scomoda distanza che si era creata.
Si allontanò dopo quella che sembrò un’eternità, e dedicò un’ultima occhiata al mio viso, come per voler imprimere nella memoria i miei lineamenti.
Non avrei mai pensato che un cuore gelido come il suo potesse inchinarsi a dei sentimenti puramente umani.
«Tornerai, vero?», riformulai la domanda.
«Se è questo che desideri», rispose salendo sul balcone della finestra aperta.
«Lo desidero», affermai decisa.
Jareth annuì, lasciando che l’ennesimo sorrisetto compiaciuto solcasse il suo viso marmoreo.
«A presto, dunque».
Si voltò e si tuffò nel buio, ricomparendo alla mia vista sotto forma di barbagianni.
Mi avvicinai alla finestra, ma un oggetto appoggiato sulla scrivania distolse la mia attenzione dal vento gelido: Jareth aveva lasciato il libro aperto su una pagina.
Il mio sguardo cadde subito sulle prime righe: “Ho sovvertito l'ordine del tempo… ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo l'ho fatto per te… Non ti sembra abbastanza generoso?”.
Sospirai, tornando a osservare il buio fuori dalla finestra.
«Ti aspetterò, Jareth», sussurrai mentre scrutavo il barbagianni volare via nella notte.







Angolinoinoino dell'autrice

Amo troppo questo film per trattenere la mia voglia di shippare qualunque coppia mi capiti sotto il naso.
Amo troppo David Bowie per lasciarmi sfuggire un'occasione d'oro come questa di scrivere qualcosa che lo riguardi.
Ed è così che presento la mia prima fic in questo fandom! Spero vi sia piaciuta ^^

Ed.


   
 
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