Serie TV > Distretto di polizia
Segui la storia  |       
Autore: Dani85    29/03/2013    2 recensioni
Raccolta incentrata sul rapporto tra Anna e Luca. A cominciare dal loro primo incontro, seguirà lo sviluppo dei fatti così come DdP li ha fatti conoscere e vi ci si inserirà arricchendoli e magari cambiando qualcosina.
Partecipa al The Itten Challange indetto sul Forum di EFP.
Dal I Capitolo:
«Mmm sei capitata in un momento un po' incasinato ma, di solito, c'è sempre un sacco di gente qui! Avrai modo di conoscerli tutti e sono sicuro che ti piaceranno!»
Anna avrebbe voluto dirgli che dubitava che la gente che l'aveva ignorata potesse piacerle ma non lo fece. Il sorriso pieno e gli occhi amichevoli di Luca, mentre le offriva un caffè, le stavano chiedendo di dare una possibilità anche agli altri. Gliela avrebbe concessa, decise, intanto che portava il bicchierino di carta alle labbra. Ma sarebbe andata male comunque, lo sapeva.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto , Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Voglia di tenerezza
Autore: Dani85 [Dani85° sul forum EFP]
Fandom: Distretto di Polizia
Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto
Paring: Nessuno
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Tabella: Blu
Prompt: Mirtillo
Note: Storia scritta per il "The Itten Challenge" indetto da Edelvais Verdefoglia sul Forum di EFP.
Quinta shot che si pone più o meno dopo la metà di Distretto 6, nella puntata della perquisizione a casa Carrano.
Chiedo scusa per l'enorme ritardo con cui posto ma questa shot non voleva proprio farsi scrivere e, infatti, non ne sono particolarmente soddisfatta.
Il titolo e i versi iniziali di questa shot sono presi da "Sotto lo stesso cielo" di Eros Ramazzotti.
A Sara, come sempre ♥♥
Buona lettura a tutti :*

----------


Questa nostra stagione

Voglia di tenerezza

Voglia di tenerezza

la vera svolta forse sarebbe iniziare
a non vergognarsi di avere
voglia di tenerezza
[Sotto lo stesso cielo – E. Ramazzotti]


La vetrina della pasticceria era allegra e chiassosa: enormi boulle di vetro occupavano l'intero ripiano centrale della scaffalatura e risaltavano con le loro caramelle coloratissime. Perfette rotelle di liquirizia, rotondi confetti dai gusti più disparati, vivaci orsetti gommosi e morbide gelatine incrostate di zucchero facevano bella mostra di sé, in un sorta di gara a chi attirava più attenzioni. Luca lasciò scorrere lo sguardo da quel variopinto assortimento alle eleganti scatole di cioccolatini che occupavano il resto dei ripiani e sospirò, vagamente sconsolato. Era già stato in quattro pasticcerie e non aveva concluso niente e cominciava a convincersi che la sua fosse stata una pessima idea. Una pessima, pessima idea. L'insegna appesa al muro tremolò accendendosi e sembrò ammiccargli nel riverbero bianco del neon, quasi lo stesse invitando ad entrare.
Luca scosse la testa dandosi mentalmente dello stupido: era davvero messo male se si metteva ad attribuire strani segnali agli oggetti inanimati. La stanchezza e la frustrazione per i giri a vuoto gli parevano comunque una buona giustificazione a quel comportamento mentre spingeva la porta ed entrava nella pasticceria. Il trillo acuto di una campanella accompagnò la porta e richiamò dal retro una ragazza, i lunghi capelli infagottati in una cuffietta bianca e un altrettanto candido grembiule a vestirla.
«Buongiorno, posso aiutarla?» esordì e con un misurato cenno della mano indicò il bancone davanti a lei.
Luca ispirò a fondo il deciso odore di dolci, quello quasi polveroso dello zucchero a velo che sembrava avviluppare qualunque cosa e quello esotico ed aromatico della vaniglia. Il bancone era uno stupefacente assortimento di pasticcini e di torte, irriverenti nelle loro glasse lucide e golose di creme e panna. Il paradiso dei golosi, pensò Luca, esattamente come le altre quattro pasticcerie in cui era già stato. Luoghi fantastici in cui si poteva trovare tutto, fino a finire nauseati dai troppi dolci. Tutto tranne una banale, insulsa e anonima torta ai mirtilli. Che cavolo c'era di così difficile in una torta del genere? Gli sarebbe andata bene qualunque cosa, anche una semplicissima crostata, purché ci fossero quegli stramaledetti mirtilli.
«Vorrei una torta ai mirtilli» azzardò Luca, «anzi, una qualunque cosa ai mirtilli!» precisò con tono implorante e la ragazza ridacchiò d'istinto.
«Certo, vado a vedere di là che torte abbiamo!»
La giovane scomparve in quello che doveva essere il laboratorio, intanto che Luca si appoggiava a braccia incrociate sul bancone ad aspettare. Lo spazio di un respiro dopo, la ragazza era già di ritorno, entrambe le mani occupate.
«Oddio, ce l'avete davvero!» esclamò Luca, lo stupore chiaramente percepibile nella sua voce.
«Be', sì...»
«Fantastico! Da altre parti sembrava stessi chiedendo chissà che!» rise mentre si faceva piccolo piccolo stringendosi nelle spalle.
«Oh, capisco!» rise lei di rimando e fece scivolare i vassoi sul bancone di vetro. «Be', qui ha l'imbarazzo della scelta! Allora, quale vuole?» gli chiese allegra, lo sguardo che passava critico da una crostata alla marmellata ad una torta più elaborata.
«È per un compleanno: penso che sia più adatta questa!» fece Luca, la testa inclinata a studiare la torta.
«Ottima scelta!» gli diede ragione la ragazza e spinse un po' di più verso di lui la torta che aveva scelto e, mentre cercava l'occorrente per confezionargliela, prese a descrivergliela parlandogli di pan di spagna, crema pasticcera e mirtilli. Luca la lasciò parlare senza interromperla, decisamente più sollevato di quando, dieci minuti prima, era entrato in quel posto. La sua idea tornava ad essere valida, dolce, azzeccata. Sorrise rincuorato.

*


La macchina era scivolata lenta tra le ombre della notte, scesa già da un pezzo su una Roma che adesso brillava di luci. Luca aveva guidato piano, quasi a guadagnare tempo, come se improvvisamente non fosse stato proprio così sicuro di quello che stava per fare.
I dubbi si erano moltiplicati irritanti durante le due rampe di scale che lo separavano dall'appartamento di Anna. L'esperienza gli suggeriva che era un po' ipocrita farsi prendere dai dubbi quando ormai aveva preso l'abitudine a metterla davanti al fatto compiuto, ad imporle scelte, atteggiamenti, decisioni. E ad essere onesti, Luca non si era mai particolarmente pentito per questo, convinto come era che fosse l'unico modo per smuovere Anna. Mentre svoltava sull'ultimo pianerottolo però, dovette ammettere che quell'indecisione in cui incespicava non aveva niente a che fare con gli scrupoli del buttarla in pasto ai leoni delle sue paure. Era qualcosa di più sottile, un'agitazione del cuore che gli saliva in gola come un affanno senza risposta.
Gli ultimi due scalini sparirono in un unico lungo passo mentre dubbi molto più concreti si formavano come paranoie impazzite nella sua mente. E se Anna non fosse stata sola? E se sua madre dal distretto l'avesse seguita a casa? E se a vederlo lì si fosse fatta chissà quali strane idee?
Luca fu ferocemente tentato di prendere a testate il muro e punirsi così, violentemente come meritava, per quella incredibile girandola di domande ed ipotesi. Suonò distrattamente alla porta, che si aprì con un lieve scatto della serratura, e Anna fece capolino con un sorriso sorpreso. Veloci come lo avevano assalito nel brevissimo tratto dalla macchina alla casa, i dubbi si dissolsero in una nuvoletta grigia e polverosa, come se solo quel sorriso avesse ridato tutto un senso a quella improvvisata.
«Luca!» lo salutò lei, la voce colorata di vago stupore.
«Ciao! Per te!» esclamò lui alzando la scatola che aveva in mano e dandole un paio di scrollatine.
Anna la studiò per un breve istante, poi la afferrò a piene mani e fece un passo indietro perché Luca potesse entrare in casa.
«Che cos'è?» chiese curiosa mentre con una spalla accompagnava la porta a chiudersi.
«Be', aprilo e lo saprai!» rispose lui con sguardo divertito.
Che poi, era abbastanza evidente cosa potesse contenere una scatola come quella, eppure quella pantomima di frasi di circostanza sembrava essere indispensabile. Serviva a mettersi a proprio agio, accresceva l'aspettativa e preparava ad una sorpresa che sarebbe stata genuina e sincera.
Anna prese a mordicchiarsi l'interno di una guancia, come faceva sempre – inconsapevolmente – quando qualcosa catturava tutta la sua attenzione. La scatola era chiusa dal semplice incrocio dei lembi che la formavano e aprirla non sarebbe stato che questione di un secondo, ma lei dovette lo stesso resistere alla tentazione di disfarla facendola in mille pezzi: per fare prima, per godersi di più il regalo.
Faceva sempre così quando era piccola – molto piccola – e la cosa più bella dei regali era l'attesa consumata a strappare la carta. Perché poi il regalo avrebbe potuto deludere e quell'istante di palpitante curiosità sarebbe potuto restare l'unica cosa buona, il momento migliore di tutta la faccenda: tanto valeva goderselo! Anna lo sapeva questo, anche se ad un certo punto aveva smesso di godersi i regali, le carte strappate, le innocue bugie di un Mi piace! davanti al più brutto dei giocattoli che avesse mai ricevuto. Ad un certo punto aveva semplicemente smesso di essere felice e non c'erano più stati regali da scartare con ansiosa gioia, tutto si era perso quando il mostro era uscito dalle favole ed era diventato realtà. Per lei e solo per lei.
E silenziosi come erano spariti, i regali di cui esser felici erano tornati. Delicati come la sciarpa a fiori di sua madre, inaspettati e divertenti come la torta di Luca.
La scatola occupava ormai buona parte del tavolo, aperta come la corolla sbocciata di un grande fiore, e la nuvola di panna e mirtilli si mostrava in tutta la sua golosa tentazione.
«Oddio Lu', una torta ai...»
«...ai mirtilli, sì!» completò lui per lei, «Ti ascolto quando parli, sai!?»
Anna spalancò gli occhi, le mani ferme sulle ali di carta della scatola.
«Me ne sono accorta!» ammise lentamente, lo sguardo sorridente a seguire la mano con cui Luca si stava tormentato i capelli sulla nuca, mentre guardava qualsiasi cosa nella cucina meno che lei.
«Sei il primo che si ricorda le mie preferenze in fatto di dolci!» ridacchiò voltandosi a trafficare in un cassetto. Afferrò due forchette che tintinnarono metallicamente tra loro e in un lampo si ritrovò a realizzare che forse Luca era l'unico a cui avesse mai rivelato quale era il suo dolce preferito. E questo, era innegabile, aveva un significato ancora più grande del fatto che lui se ne fosse ricordato.
Il cassetto si richiuse un po' troppo bruscamente, scivolando sulle sue guide di metallo e Anna sussultò appena. Era estraniante rendersi conto di quante piccole ma enormi cose fossero cambiate nel breve spazio di tempo da cui era al Xˆ . Fino ad un anno prima non le sarebbe passato neanche per la testa di parlare di sé con qualcuno – chiunque esso fosse –, e invece ora quel qualcuno – Luca – conosceva la sua torta preferita, le sue opinioni sui fiori, la musica che ascoltava e poteva addirittura permettersi di presentarsi all'improvviso a casa sua, chiedendole – imponendole – di festeggiare il suo compleanno con lui.
Un altro mondo, in pratica.
Ed Anna ne era felice.
Tutto un altro mondo, in pratica.
«Dai, siediti!» gli sorrise girandosi, le forchette agitate in aria.
Luca spostò il peso da un piede all'altro, esitando per un momento. Poi girò una sedia e vi ci si sedette al contrario, le braccia incrociate sulla spalliera.
Anna scivolò sulla sedia al suo fianco, i gomiti puntati sul bordo del tavolo, e affondò la forchetta nella torta portandone alla bocca un pezzo completamente pieno di panna. Sembrava una bambina – davvero! – con quello sguardo che sapeva di infanzia perduta e il sorriso che si allargava mentre la forchetta affondava di nuovo nel dolce.
«È buonissima! Grazie!» esclamò all'improvviso, allungandosi ad abbracciare Luca, le braccia strette attorno al suo collo e una guancia premuta contro la sua. Si staccò quasi subito, rapida come una folata di vento, con il sorriso di Luca che si allargava da un orecchio all'altro.
«Be', buon compleanno!» mormorò lui scoccandole un'occhiatina complice e affondò a sua volta la forchetta nella torta. E Anna ridacchiò, una lunga ciocca di capelli ricacciata sgraziatamente indietro.
La cucina piombò in un piacevole silenzio, confortevole e rassicurante. Non avevano bisogno di riempirlo di parole o di gesti o di qualunque altra cosa che giustificasse il loro essere lì insieme. Bastava starsene lì, con le forchette che consumavano pigramente la torta e le gambe che si sfioravano leggere sotto il tavolo.
Poi Luca inclinò la testa, prima da una parte e poi dall'altra, e con un cenno della testa indicò il quadro che occupava due terzi della parete di fronte a loro.
«Bello!» commentò, «Cosa dovrebbe rappresentare?»
Anna alternò lo sguardo dal quadro al ragazzo, e poi ancora dal ragazzo al quadro. E scoppiò a ridere.
«È della padrona di casa e ha una storia interessantissima!» fece lei, seria seria, mentre lui scivolava comodo sulla sedia.
«Sentiamo!»
E il silenzio si riempì di chiacchiere, di risate, di pizzicotti leggeri su una mano, di pacche divertite su una spalla, di abbracci quando si salutarono e di sorrisi così grandi e veri che popolarono tutto il sonno di quella notte.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Distretto di polizia / Vai alla pagina dell'autore: Dani85