Stay
Mine
La carezza della
luna dava alla sua pelle pallida una sfumatura che la faceva sembrare
di perla,
una lucente perla liscia e fredda.
Posai il palmo sul suo viso e accarezzai il lieve rossore che gli
colorava le
guance. Il calore sotto le dita e quel colorito che gli addolciva i
tratti era
testimone che la vita di qualcuno si era spenta sotto le sue labbra.
“Avevi detto che mi avresti aspettato per cacciare,
stanotte” gli sorrisi e lui
rispose con una risata cristallina che fece vibrare e tendere le ombre
intorno
a noi.
“Ti sei fatto attendere fin troppo, preferirei occupare in
altro modo il tempo
insieme visto che da un po’ mi stai privando della tua
presenza” disse e la sua
voce argentina si velò di malizia, i suoi occhi di smeraldo
mi osservavano con
qualcosa di simile all’aspettativa.
“Eppure, Cain, quello sempre preso a rincorrere qualcosa o
qualcuno sei tu” il
tono era gentile e divertito, le ombre che si avvicinavano a noi due,
manipolate da un potere che a volte sfuggiva, attratte dai nostri
sentimenti
come spettatori incantati da un’opera particolarmente
avvincente, mentre i
nostri respiri si fondevano.
“Da quando Sophia è costretta a restare alla
Reggenza ho poco da fare, troppo
poco Adrian” il sorriso che accompagnò quelle
parole era un misto di dolcezza
infantile e provocazione che avrebbe potuto far cadere ai suoi
piedi
chiunque si sarebbe arrischiato a lasciarsi incantare.
Congelato nel fiore degli anni, Cain era come un perfetto bocciolo di
rosa,
cristallizzato e meraviglioso.
“Avresti potuto cercarmi” riposi senza
cedere alle sue provocazioni, incuriosito dalla strana
calma che aveva.
“Ero curioso di scoprire quanto avresti resistito, quanto
sarebbe passato prima
che fossi tu a cercare me”
“Sei soddisfatto, dunque?”
Si fece pensoso ma il sorriso rimase sulle sue labbra, poi scosse la
testa:
“Sei qui ma non mi hai ancora baciato, non posso reputarmi
soddisfatto. Mi spiace”
Risi e lui con me, la gioia sul suo viso che mi faceva sentire vivo in un senso piuttosto personale.
Il peso dei secoli si dissolveva in sua presenza, i ricordi di
sofferenza e
sbagli diventavano nulla se non parole vuote, e lui ne prendeva il
posto.
Cambiava il dolore, la tristezza e la paura…
Trasformava tutto in qualcosa di più coinvolgente, di
più luminoso e più
invitante.
In genere viene chiamato amore ma
sapevo, come lo sapeva Cain, che era qualcosa di più di
quello.
Ciò che avevamo era oltre l’amore. Insieme non eravamo
più i resti di una
famiglia distrutta ma semplicemente due anime che, ripudiate da inferno
e
paradiso, trovavano pace solo tra loro.
Non c’erano speranze di redenzione, non ne cercavamo e non
c’illudevamo.
Bastavamo a noi stessi, sarebbe stato così in eterno.
Per una seconda volta Cain si liberò in una risata leggera,
allegra e
spensierata che gli illuminava il volto, l’espressione
angelica gli si addiceva
poco.
“Permettimi di mostrarti quanto tengo a prendermi un tuo
bacio, Adrian” il suo
sussurro fu delicato e suadente insieme, le sue mani fino a quel
momento
intrecciate sul petto si spostarono sul mio viso.
La mano che avevo tra i suoi capelli li strinse più forte,
l’altra andò a
posarsi alla base della sua schiena così da spingerlo verso
di me. Lo strinsi e
avvicinai il volto al suo, sorridendo poco lontano dalle sue labbra che
si
avvicinavano lente.
Continuavo a tenere gli occhi nei suoi, fino a che non
sbuffò piano sulla mia
bocca, una smorfia dolcemente contrariata: “Chiudi gli occhi
e fammi reclamare
il mio bacio, lasciami prendere quello che mi spetta e pure di
più”.
Feci come diceva e nello stesso momento in cui le mie palpebre
oscurarono la
sua figura, le sue labbra furono sulle mie, dolci e prepotenti.
La sua lingua delineò più volte il profilo delle
mie labbra fino a che non
furono umide del suo sapore, succhiando poi il mio labbro inferiore.
Schiusi le labbra e sospirai piano, sfiorando la sua bocca impegnata
sul mio
labbro con la lingua.
Sentii i suoi denti che lasciavano morsi lievi sulla mia lingua
intrecciandole
e sciogliendole più di una volta prima di staccarsi di poco
da me.
Un sorriso gli illuminava occhi e labbra, ed io
sorrisi di rimando
prima di ridere a voce bassa.
“Sei soddisfatto ora?”
“Non del tutto, manca ancora qualcosa”
sussurrò lui, carezzandomi le labbra con
la punta di un dito.
“Cosa manca?”
“Cosa sono io per te, Adrian?” domandò,
tenendo incatenati gli occhi ai miei.
Tutto, pensai ma non trovai il
coraggio di dirlo a parole. Essere così, espormi in quel
modo forse era troppo
oltre.
Non era da me.
“Adrian, dimmelo” insistette.
“Sei ciò che mi rende reale e che cancella tutto
il resto, Cain. Sei la cosa
più importante che mi sia rimasta, oltre queste mura antiche
che urlano
silenziose il loro dolore.”
Lui restò in silenzio, continuando a sorridere:
“Mi sei mancato”.
Non mi fece replicare e si sporse per baciarmi di nuovo, prendendosi
tutti i
baci che non avevo potuto donargli in quelle notti senza di lui.
NdA:
Non ho molto da dire su questa ‘cosa’
in realtà, forse perché non
c’è niente di speciale. Stavo ascoltando una
canzone ‘Kiss me slowly” dei Parachute e mi
è venuta voglia di scrivere, ho
aperto word ed è spuntata questa.
Un grazie a Francesca che non ha avuto neppure il tempo di tornare dal
Belgio e mi ha fatta da beta... Ti voglio bene cara :3
Mi farebbe piacere sapere che ne pensate, se avete qualche suggerimento
su come
migliorare la scrittura o qualche consiglio sullo stile :3