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Autore: mikeychan    01/04/2013    3 recensioni
Quando il passato incontra il presente con un aiuto dal futuro
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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In una città di nostra conoscenza, si festeggia il cosiddetto “Halloween”, una festa dove i bambini mascherati con appositi vestiti horror, vanno in giro a chiedere “Trick or Treat”, ovvero “Dolcetto o Scherzetto”, alle porte che bussano. 

Il 31 Ottobre è molto apprezzato a New York, la Grande Mela, in superficie, ma anche nel sistema fognario, si respira aria di festa. In una particolare conduttura, appositamente nascosta da un muro di mattoni color rame: “l’indirizzo” giusto è in corrispondenza sulla quarantesima strada. 

Concentriamoci, per il momento, sulla misteriosa e sconosciuta apertura nascosta tana, agli occhi degli umani. 

-Molto bene, figlioli miei. Adesso, ci prepareremo a dovere e ricordate che le strade sono un pericolo continuo, quindi non scorrazzate liberamente, come fate qui. Chiaro?- spiega una voce alquanto anziana, ma arzilla.

Si tratta di un topo alto un metro e trenta, dal pelo grigio metallo, con indosso un kimono marrone, bordato di nero, cinghiato sullo stomaco da una cinghia nera. Un paio di occhi castano scuro accompagnati da folte sopracciglia grigie e sotto il muso, scende libero un ciuffo di peli che formano un codino. 

Per quanto sia anziano, non porta alcun bastone da passeggio, per mantenersi: si regge sulle sue due zampe, che usa per camminare come i bipedi. Una coda rosa capeggia da un ritaglio ad A nel retro del logoro kimono. Il suo nome è Splinter, Hamato Splinter.

-Maestro! Maestro! Guarda! Ti piace?- grida una tartarughina.

E' alta solo mezzo metro, piccola e paffutella, dalla pelle verde bottiglia, dagli occhi giallo miele, dalla fascia rossa che copre metà cranio, lasciando scoperti il naso e la bocca, stretta con un nodo dietro la nuca, con due piccole fascette. 

Ha un guscio verde salvia sulla schiena e dei pettorali gialli, divisi in quattro piastroni giallastri, due per l’addome e altri due che proteggono l’inguine. Sullo stomaco porta una cintura marrone con un nodo, dal quale scendono due fasce che si scuotono per via dei salti che fa il tartarughino. 

E’ munito di tre dita per le mani e due per i piedini: sembra avere una gran bella grinta e dall’espressione raggiante, pare in attesa di attendere un giudizio, da quello che sembra essere suo padre. 

Una piccolissima codina spunta dalla fine del guscio e sui fianchi vi è un rivestimento adiposo giallo chiaro. Fra le mani più grosse rispetto a una umana, stringe una maschera di plastica che somiglia molto a un fantasma, tutta bianca e con due fori per gli occhi. 

-E’ molto bella, potrai indossarla anche se per il nostro aspetto non dovremo travestirci molto. Voi sapete che siamo diversi dal mondo della superficie, piccoli miei- spiega Splinter, portandosi le mani dietro la schiena, con fare serio. 

-Allora non serve, padre. La userò per spaventare Mik! Farà comodo!- esclama  il piccolino, guardando la maschera che aveva fatto da un piatto di plastica per il cibo. 

-Raphael, non sarebbe corretto nei confronti di tuo fratello. Conservala ma non usarla per fini che potrebbero far soffrire-.

E detto questo, il maestro prende in braccio il suo tartarughino di soli tre anni di vita, che mette il broncio e il che lo rende più tenero. 

-Non fare così: vedrai quanti dolcetti ci daranno- sussurra dolcemente, carezzandogli il visino paffutello con tale amore, che il piccolo accende una luce nei suoi occhioni e si rallegra. 

Splinter lo rimette in terra lasciando che vada a giocare, dal momento che manca ancora un’oretta a mezzanotte, ora in cui inizia la festa. 

-Maestro Splinter…- chiama una vocina dolce, che fa girare il maestro, di spalle. 

-Ah, Leonardo. Cosa c’è, figlio mio?- chiede con un sorriso. 

-Com’è la superficie?- chiede con occhi ingenui e ignari di possibili pericoli del mondo esterno. 

-Figliolo, se te lo spiegherei a parole, non basterebbe la notte intera. La soluzione migliore è vederla con i propri occhi.  Sei d’accordo con me?- chiede il sensei, inginocchiandosi per essere alla sua altezza. 

-Certo, sensei. Hai ragione tu!- esclama felicissimo.

Il tartarughino è identico a Raphael, tranne per la benda azzurra sulla testa, il colore della pelle, verde buccia di mela, leggermente più scura e un paio di occhioni color rame. 

-Bravo- accenna Splinter, rialzandosi. 

Un’improvvisa macchinina rossa radiocomandata grazie a un’antenna a infrarossi sul cofano, attira l’attenzione del topo e della tartarughina, che si meravigliano molto. 

-Maestro! Leo! Guardate! Sono riuscito a riparare questa macchinina che avevo trovato nelle fogne, tempo fa! Sono stato bravo?- chiede una terza tartaruga.

E' simile a Leo, tranne per la benda viola, il colorito verde oliva, occhioni nocciola e con un telecomando nero nelle mani, quadrato e piccolo. 

-Donatello, figliolo mio: sei stato molto bravo!- esclama il maestro, accarezzandolo in testa.

Così facendo rallegra il piccolo che comincia a correre per tutta la tana, assieme a Leo e a Raph. 

"Questi piccoli d’oggi! E adesso vediamo l’ultimo dov’è!" pensa il maestro, riferendosi a una quarta tartarughina. 

 

La tana di questi mutanti ha uno sfondo di color rame, tutto di mattoni; di tanto in tanto vi sono delle colonne portanti quadrate e dei tubi metallici che corrono lungo i muri, freddi o con la condensa. 

La tana è stretta, ma si sviluppa in lunghezza; infatti, è divisa in tre parti: un lato per Splinter per meditare, con un tatami arancione chiaro in terra, una foto di un uomo trentenne chiamato Hamato Yoshi, defunto, alcune candele. 

La seconda parte è lo spazio per i piccoli, quattro lettini di ferro, qualche giocattolo e nulla più. La terza riguarda l’angolo culinario: qualche mobile marroncino, un piccolo frigo bianco e un fornellino nero per cucinare. 

Il maestro Splinter avanza sempre più, dirigendosi nella stanza dei suoi bambini, quando sente singhiozzare qualcuno, una vocina molto giovane e piccola. Il sensei deve avvicinarsi a un lettino, prima di capire chi sia; una tartarughina dalla benda arancione, colorito della pelle verde acqua e occhioni azzurri umidi, lo fanno allarmare.

-Michelangelo, figliolo adorato: che succede?- sussurra con voce dolce, prendendoselo in braccio. 

-Maestro… Sigh! Non lo trovo!- esclama a singhiozzi il piccolino, stringendosi il kimono di Splinter, il quale cerca di capire. 

-Il mio orsetto… quello che mi hai cucito tu… Maestro adesso mi punirai, vero?- spiega tremando addirittura. 

La spiegazione del piccolo lascia parecchio perplesso il vecchio topo: non immaginava che Mik fosse tanto spaventato: non era solo l’orsetto, ma qualcos’altro. 

-Figlio mio: adesso ti aiuto a cercarlo, va bene?- rincuora.

Gli accarezza il viso, cancellando con l’esile indice, le lacrime che rigano il visetto, più piccolo rispetto ai primi tre tartarughini. 

Lui, infatti, è il più piccolo; in ordine di successione, vengono: Leonardo, Raphael, Donatello e Michelangelo. 

Il piccolo annuisce e scende in terra, sul volto dipinta un’espressione di paura, molto strana in quanto l’arancione ha sempre la sua vena scherzosa e divertente, che certe volte fa un po’ innervosire il maestro, ora preoccupato. 

-Dammi la mano, Michelangelo: andrà tutto bene, lo troveremo…- pronuncia lieve l’anziano, afferrando delicatamente la manina del suo piccolino.

I due cominciano a cercare per tutta la tana, ma non riescono a cavare un ragno dal buco. Il piccolo ha un’aria ancora più triste e demoralizzata, tant’è che si mette a singhiozzare di nuovo. 

-Fratello, perché piangi?- chiede Leonardo.

Gli poggia una manina sulla spalla, senza ottenere risposta.

-Perché si sarà mangiato tutte le caramelle che ci ha dato il maestro e gli fa male la pancia, vero?- ironizza il piccolo Raphael.

Quest'ultimo ride quando Mik alza lo sguardo furibondo e lo spintona, gridando.

-Stai zitto! Non è vero! Ho perso il mio orsetto!-. 

-Tu vuoi avere la guerra?- esclama Raphael.

Gli va addosso, afferrandogli le mani, le quali s’incrociano in quelle del fratellino, che oppone una gran bella resistenza. 

-Tu non vincerai mai contro di me! Sono io il più forte!- grida il rosso. 

Gli molla un pugno nello stomaco, sbattendolo in terra. Mik si rialza e si piazza dinanzi al secondo, che prende una bella rincorsa.

-Ti faccio male!- grida il rosso con tutto il fiato che ha.

Spicca un balzo niente male, che lascia a bocca aperta Splinter, in quanto non gli ha ancora insegnato la mossa del "calcio volante". Si tratta di saltare e portarsi la gamba destra in avanti, in contemporanea, mentre l’altra rimane piegata, perché fungerà da appoggio. 

Il piccolino, schiva abbassandosi, poi con una ruota bassa, lo atterra. 

Anche quest’altra mossa dipinge un’espressione basita sulle facce di Leo, Don e ovviamente del maestro. Ruota bassa_ una mossa che consiste nel piegarsi sulle ginocchia, tracciando con la gamba destra o sinistra un angolo che andrà a colpire il piede dell’avversario, facendolo rovinare in terra; la mossa non prevede l’utilizzo delle mani. 

-CATTIVO!- grida il rosso.

Si rialza di nuovo ma Splinter lo blocca per le braccia, impedendogli di continuare. 

-Basta Raphael! Il ninjitsu non si usa per colpire un fratello, serve solo come addestramento con esso!-. 

Mik ricomincia a singhiozzare di nuovo: -Il mio orsetto! Dov’è? Sigh!-.

-Il tuo orsetto? Intendi quello che ti ha regalato il maestro?- chiede Donatello.

Si strofina la testa con fare pensieroso. 

-Sì!- grida l’interpellato. 

-Ti aiutiamo noi a cercarlo, va bene?- organizza il piccolo Leo, sorridendo. 

Mik annuisce e ricomincia a cercare, aiutato dai suoi due fratellini. Il sensei, invece, si  occupa di calmare Raph, col broncio e in lacrime per aver perso, ciò che odia di più. 

-Basta, figliolo, non hai perso: eri inesperto- rassicura il padre.

Lo accarezza, stringendolo al petto. 

-Ma maestro, io ti ho visto mentre la eseguivi, quando ti allenavi- spiega il piccolo, tremando un po’. 

-Vero: ma vi insegnerò io tutto quello che so, non dovete imitarmi, finireste per farvi male e non voglio. Aiutiamo Michelangelo a ritrovare il peluche, piccolo mio…-.

E così facendo, Splinter riesce a calmare Raph, che si arma di coraggio e inizia le ricerche. 

 

In una gioielleria della trentasettesima strada, “Jewel’s Secret”, una coppia di ladri sta attuando una rapina per riuscire ad arraffare qualcosa di un valore inestimabile. 

-Ehi, Tedd!- chiama una voce di uomo di quarant’anni, avvolto nel buio della notte, delle ventitré e trenta. 

-Che vuoi, testa di rapa?!- esclama infastidito il secondo.

All'apparenza si dimostra come il capo, dal momento che sembra più preparato il queste cose. 

-Come hai detto che doveva essere il gioiello da prendere?- chiede con una vena scherzosa, che fa innervosire come non mai il socio. 

-Senti un po’ Frank! La vuoi smettere di gridare come un pezzo d’idiota in uno stadio?!- esplode, cercando di mantenere un timbro di voce più basso. 

-Il gioiello che cerchiamo è in questa gioielleria: è a forma di teschio, in cristallo, ha due rubini rossi agli incavi degli occhi e una catena d’argento!- spiega con occhi luccicanti Tedd.

 -Ah, vuoi forse dire questo?- risponde Frank, mostrando grazie a una pila, il gioiello che brilla intensamente. 

-Sì… Finalmente! Dopo settimane di ricerche, è nelle mie mani!- esclama estasiato da tale bellezza che irradia. 

-E quand’è che lo avresti trovato?- chiede furibondo il capo. 

-Prima, quando siamo entrati, era esposto nella vetrina!- spiega.

Ignora il viso in fiamme di Tedd, il quale lo afferra per il collo della giacca nera e insieme, fuggono via. Una volta lontani, nascosti bene in un vicolo, lontani da polizia e orecchie indiscrete, Tedd può gridare liberamente. 

-Razza di deficiente patentato che non sei altro! E quando pensavi di dirmelo, in una cella di prigione, per caso? Rimbambito!- ringhia adirato. 

-E vabbé, andiamo amico, non fare così! Non sapevo che cercavi sta’ capa di morte!- ridacchia l’amico.

-Capa di morte?! Te la do io na’ botta in testa! Ma perché i rimbambiti mi devono capitare sempre a me! Perfino un neonato in pannolino è più intelligente di sto’ ciuccio!- si lamenta Tedd, dandosi uno schiaffo sulla faccia. 

Capelli corti bordò in gel, viso magro, occhi piccoli e castani, un impermeabile terra d’ombra lungo e aperto sul petto, una maglietta nera, un paio di jeans blu, scarpe nere: Tedd è fatto così. 

Il secondo, giubbotto blu chiuso da una zip, pantaloni neri, scarpe dello stesso colore, capelli corti neri, faccia grassoccia da panino, occhi verdi e una stupidità incredibile: questo è Frank. 

Cercando di respirare a fondo, il bordò, cerca di ricomporsi per ammirare quel gioiello: lo prende fra l’indice e il pollice e lo proietta contro la luna, il quale irradia un raggio improvviso sul ciondolo, facendolo brillare di una luce nera, terribile. 

-CHE SUCCEDE?!- grida Tedd.

Dietro Frank si materializza uno strano essere che ha tutto l’aspetto di uno scheletro vivente, tranne per gli occhi rosso sangue e il vestito nero e lungo che copre il suo corpo osseo. 

-Il ciondolo di Roner è mio, di nuovo…- pronuncia il mostro, con voce grave e minacciosa.

Toglie dalle mani tremanti di Tedd il ciondolo, con velocità impressionante. 

-Ehi! Quel ciondolo è nostro! Chi sei tu che arrivi fresco fresco da non so nemmeno io dove?! Ridammelo, capa di morte!- protesta Frank, facendo colpire la fronte dell’amico con un sonoro schiaffo, segno di esasperazione. 

-Roner non accetta ordini!-.

E detto questo, ai due ladri un bagliore nero li avvolge, una trasformazione improvvisa: grida di paura e tortura echeggiano dappertutto, nei vicoli e nelle strade, fin quando un verso agghiacciante di animali li libra nell’aria… 

Nel cielo di New York si librano due giganteschi pipistrelli grigi, con sfumature verdastre, una lunga coda appuntita, ali molto grandi, zampe con tre dita artigliate, mani esili e terrificanti, occhi rossi e denti aguzzi: i nuovi Tedd e Frank…

Roner svanisce nel buio: -Il tempo è vicino: finalmente, dopo un secolo…-…

  
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