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Autore: Yuki Kiryukan    01/04/2013    4 recensioni
Seconda serie di Awakening.
Rebecca e Zach sono stati separati per due lunghi mesi. Ognuno preso ad affrontare i problemi della propria realtà.
Ma Rebecca è ottimista, poiché è viva nel suo cuore, la promessa di Zach, sul suo ritorno, di cui lei non ha mai dubiato.
Ma quando arriverà il momento di rincontrarsi, Rebecca, non ha idea quante cose siano cambiate, e si ritroverà ad affrontare da sola, i suoi incubi peggiori.
Dal capitolo 6:
"Non ci pensai nemmeno un secondo in più, che gli buttai le braccia al collo. Gli circondai le spalle, stringendolo forte contro il mio petto.
Inspirai a fondo il suo profumo virile che mi era tanto mancato. Mi venne da piangere quando sentii il suo corpo aderire perfettamente al mio. Come se fossimo stati creati appositamente per incastrarci.
Zach aveva mantenuto la sua promessa, ed era tornato da me. Io l’avevo aspettato, e adesso, non vi era cosa più giusta di me tra le sue braccia.
L’unica cosa che stonava, o meglio, che mancava, era il fatto che non fossi...ricambiata.
Quando finalmente, sentii le sue mani poggiarsi sulle mie spalle, non mi sarei mai aspettata...un rifiuto".
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cursed Blood - Sangue Maledetto'
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AH-AH-AH Non è pesce d'Aprile! Sono davvero qui  pronta col penultimo capitolo di Rebirth!  
>.<'' Cavolo... un altro capitolo solo, e anche la seconda seria sarà finita! O__o mi fa strano anche il pensiero! XD Ma tanto rincontreremo tutti i personaggi nella terza serie, quindi non c'è nulla da temere ;)
Allora... questo capitolo presenta la situazione di George principalmente dal suo punto di vista. Come dice appunto il titolo, è "in bilico" tra il mondo terreno e.... qualcos'altro, che non ho specificato.
Ovviamente, questo assume connotazioni diverse a seconda se siate credenti o meno.
Potete intendere la cosa a vostro piacimento. O come un momento di "trapasso", oppure come "allucinazione" che gioca la mente di George in un momento così delicato. La cosa non fa differenza ;)
Spero che il capitolo vi piaccia! Ho fatto relativamente in fretta a postarlo perché buona parte l'avevo già scritta... non so quando potrò aggiornare per il prossimo! Prometto però che cercherò di essere il più veloce possibile ;)
Fatemi sapere quello che ne pensate, ok? XD Grazie di <3 a tutti coloro che hanno recensito i precedenti capitoli! *---*
Un bacione a tutti e, anche se è passata, buone vacanze di Pasqua XD
PS: colgo l'occasione per dire che ho pubblicato una nuova storia: si chiama "Legata a te... da quel Destino che avevo sempre odiato" :D per chiunque volesse farci un salto, questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1700908&i=1
Ci sentiamo presto! :D
Yuki!
 
 
 
 

                                                             
                                                   
                                                                In Bilico 

 
 
 
 
 


Correvo come ricordavo di non aver mai corso in vita mia. 

Le sensazioni che mi percuotevano l'anima erano molto simili al tremendo giorno in cui David era morto. 

Kyle mi aveva spiegato a grandi linee in che condizioni versasse mio padre e ne ero rimasta terrorizzata. Si era scusato per avermi mentito ma, a quel punto, già non lo ascoltavo più.

Non avevo tempo per arrabbiarmi con lui: ero troppo spaventata.

Terrorizzata dalla prospettiva di perdere anche lui. 

Dan, insieme ad altri agenti, era venuto a prenderci con i tre aeroplani, e il tragitto per tornare nella sede a Fitchburg sembrò durare un'eternità.

Ero arrivata persino a scordarmi della presenza di Amy, Zach, Misa, Ryan, insieme ad Eleanor e Dean, che ci avevano seguiti. 

La paura era l'unica cosa che faceva battere il mio cuore. 

Quando eravamo atterrati, la prima cosa che avevo fatto, era stata precipitarmi all'interno della sede. Sapevo a memoria la strada per i laboratori medici. 

E adesso ero lì, correndo a perdifiato

Vi prego... non anche George. Non anche mio padre. Se n'è andata mia madre... David non c'è più....

Non avrei saputo che fare senza di lui. Il nostro rapporto andava ben oltre il semplice legame di sangue. Lui era mio padre come mai nessun'altro avrebbe potuto esserlo.




             
                                                                                                        Non anche mio padre, per favore.
 
 
 
                                             




                                                                                                     
                                                                                             *****************************************
 
 
 
 




Era rimasto a lungo, George, a guardare il corpo senza vita di Rosalie dopo il parto, in sala autopsie.

Julia era riuscita a ridare una qualche dignità al suo corpo martoriato, prima di permettergli di vederla. L'aveva lavata e vestita, e in quel momento, sembrava solo addormentata.

Le fu grato di questo.

Voleva ricordarsi la Rosalie raggiante e solare che era sempre stata, e cercava di rimuovere dalla sua mente le immagini del suo corpo bianco e rosso dal sangue, mentre dava alla luce Rebecca.

Le sue urla agghiaccianti ancora gli rimbombavano nelle orecchie, e non riuscì a reprimere le lacrime. 

Qualcosa era andato storto. 

Rosalie era morta, uccisa dalla sua stessa figlia. 

Julia e l'equipe medica la stavano esaminando, mentre David era stato portato via perché, in un primo momento, era così sconvolto che avrebbe anche potuto uccidere sua nipote.

"George ti prego...prenditi cura della mia Rebecca"

Era questo che gli aveva detto Rosalie, un momento prima che la bambina le squartasse l'addome. Aveva continuato ad amarla anche quando la piccola le aveva bruciato l'utero e rotto le costole.

L'aveva amata anche mentre sentiva la morte avvicinarsi. 

Per questo, anche George non poteva fare altrimenti. Non poteva odiare quella bambina, perché avrebbe significato rinnegare il ricordo di Rosalie e le sue volontà. 

Lui voleva bene a ciò che lei amava, proprio perché amava Rosalie incondizionatamente. 

Anche per quel motivo, benché in quel momento, la cosa che desiderava era morire anche lui per raggiungerla, si sarebbe preso cura di Rebecca, per la quale Rosalie aveva scelto di buon grado di sacrificarsi.

"Prima Rebecca!" aveva urlato, mentre sanguinava da ogni parte  "Occupatevi prima della mia bambina!!"

E adesso, lei era morta.

Non era facile reprimere l'odio che ne era scaturito, ma doveva farlo per lei. Quella bambina, non aveva colpa. Meritava uno spicchio di felicità. 

E per Rosalie, l'avrebbe fatto.

Con una mano tremante, le aveva accarezzato la guancia fredda e bianca. "Dove sei adesso, Rose, sei felice? Hai rivisto Jean?"

Con le guance rigate dalle lacrime, si chinò sul suo cadavere e le donò un bacio in fronte, prima di dirle addio per sempre.
 
 
 
 
 
 







George aprì gli occhi e vide solo il bianco.

Si rese conto di essere seduto su una comoda sedia a dondolo di legno; una di quelle antiche.

Emetteva lo stesso scricchiolio di quella dove, tempo prima, si sedeva per dare da mangiare alla Rebecca neonata, che puntualmente rifiutava le sue premure invocando, con il suo pianto, le attenzioni di David.

Si alzò da essa, cercando di capire dove si trovasse, ma era impossibile.

Non aveva orizzonti davanti a lui, ed era impossibile orientarsi o avere cognizione dello spazio.

Bianco, bianco e solo bianco.

Fece qualche passo avanti, ma non era sicuro di star avanzando. In realtà, non era sicuro nemmeno di avere la vista: tutto era troppo bianco e luminoso.

Non avvertiva dolore, era in pace. Una strana quiete albergava in lui.

  << Ciao George >>

Una voce femminile colpì le sue orecchie, e sussultò. Tutto era ancora bianco, e si udiva solo il suono della sedia a dondolo. Si voltò e vide una figura seduta sul mobile di legno, dove prima era accomodato lui.

  << Chi sei....? >> chiese.

Dopo qualche secondo, la sagoma dapprima sfocata, ai alzò dalla sua postazione e gli si avvicinò.  Quando cominciò a distinguerne i dintorni, vide che si trattava di una donna bionda, ma non riusciva a vederne i particolari. 

  << Ci.... ci conosciamo? >> riprovò.

Le labbra della donna si piegarono in un sorriso, e la sua risata cristallina si diffuse nello spazio luminoso:  << Non mi riconosci più? Eppure non mi sembri tanto vecchio... Alzheimer precoce? >>

Come se dovesse mettere a fuoco, George ridusse gli occhi a due fessure, e dopo qualche secondo, finalmente la fisionomia della donna divenne nitida, e la riconobbe.

Non era cambiata per niente come la ricordava. I capelli di sole e gli occhi due oceani.

Bellissima, com'era sempre stata.

Le labbra tremarono:  << Rosalie... >>

  << Proprio io >>  confermò la donna, raccogliendosi le mani in grembo   << Non sei così grave, allora >> scherzò.

L'uomo stava tremando. Non poteva crederci.

Senza perdere tempo,  scattò verso di lei e l'abbracciò forte. Il suo corpo era caldo, quasi bollente. 

Sembrava così viva...

Quando si distaccò da lei, la trovò a sorridere, come se si aspettasse una qualche sua domanda.

Per un po' non riuscì a parlare.  << Se sei qui... vuol dire... >> deglutì  << Che sono morto... >> biascicò, dopo aver ricordato come si usavano le corde vocali. Si guardò intorno:  << Questo... è il paradiso? >> domandò scontatamente, riferendosi a tutta la luce che li circondava.

  << No >>  la bionda scosse la testa  << Questo perché non sei morto. Non ancora, almeno >>

  << Ah... >>  George non sembrava rassicurato:  << Vuol dire che lo sarò presto...? >>

  << No, se tu non lo vuoi >>

  << Che sei diventata un'oracolo? >> la sfotté George, sorridendo appena.

Rosalie rise:  << Ho avuto un po' di tempo libero, in questo periodo >>

  << Lo immagino... >>

Il sorriso della donna si affievolì:  << Ricordi come sei arrivato qui? >>

George ci pensò su per diverso tempo. La sua vita gli sembrava tremendamente distante. Infine, i ricordi tornarono a galla:  << L'incidente... >> farfugliò poi, mentre i suoi occhi si sgranavano  << Cazzo, l'incidente! >>

Si coprì immediatamente la bocca dopo la sua imprecazione, quasi temendo di ritrovarsi al cospetto di Dio. 

Poi, guardò Rosalie e le prese le spalle:  << Rose.... hai detto che se voglio, posso tornare indietro. Dimmi come, ti prego >>

La donna lo scrutò con gli occhi azzurri  << Vuoi tornare indietro? >>

L'uomo annuì.

 << Eppure, volevi raggiungermi, quando sono morta >> disse lei, ricordandogli quelli che erano stati i suoi sentimenti nel periodo più buio della sua vita  << Qui si sta in pace. Sei preparato a riaffrontare il dolore? >> domandò la donna, tremendamente seria  << La vita è fatta di
quello >>

George lo sapeva fin troppo bene. Ormai, aveva imparato a conoscere il gusto della sofferenza, per tutte le volte che l'aveva assaggiato  << Si, lo so molto bene >> disse poi

  << E nonostante tutto, vuoi tornare? >>

Lui la guardò serio:  << Rebecca ha bisogno di me >> affermò solamente.

Non c'era bisogno di aggiungere altro.

Rosalie allora, gli rivolse il sorriso più bello che avesse mai visto:  << Risposta esatta >> rispose e, prendendolo per mano, cominciò a correre.

L'uomo la seguì senza sapere nemmeno dove si stessero dirigendo, e notò che pian piano il bianco cominciava a diradarsi, come se si fosse sempre trattato di fitta nebbia.

Davanti a lui si aprì un paesaggio che non riuscì a identificare. Correvano su un sentiero pieno di ciottoli, e lui era scalzo.

  << Fa male! >> si lamentò, guardandosi i piedi, mentre continuavano a correre.

  << Davvero? >> chiese stupita la donna, guardando davanti a sé  << Io non sento nulla >>

George si domandò il perché, dato che anche i suoi piedi erano nudi.

Di colpo, Rosalie si fermò. George notò che erano arrivati alle porte di un vecchio treno a vapore, distanti qualche centimetro.  Vide che il sentiero ciottoloso finiva, per dare spazio alle rotaie.

Guardò interrogativo Rosalie, e lei gli sorrise  << Prego. Questo è il tuo mezzo di trasporto >>

  << Un vecchio treno a vapore? >> chiese scettico lui.

  << Preferivi un jet privato? >> lo sfotté lei.

Lui sorrise e non rispose, osservando la locomotiva. Fece qualche passo avanti, camminando ormai sulle rotaie, e si accorse che Rosalie non lo seguiva.

La guardò interrogativo, e lei si strinse le spalle:  << Io non posso andare oltre >> spiegò, indicandogli con lo sguardo le rotaie, mentre i suoi piedi erano fissi sul sentiero.

George non chiese spiegazioni, limitandosi ad annuire mesto. Osservò i gradini del treno, e la porta di ferro nero che aspettava solo di essere aperta.

  << Posso chiederti.... una sola cosa, prima che tu te vada? >> gli domandò Rosalie, che per la prima volta appariva insicura.

    << Dimmi >> la incitò lui, avvicinandosi.

La donna sorrise triste:  << Come sta... Rebecca? >> esordì, senza nascondere preoccupazione nella voce  << Cresce bene? È in salute? Quanti anni ha adesso? Chiede mai di me? >>

George fu stupito da quella raffica di domande e lei aggiunse, come imbarazzata:  << Scusa, mi sono un po' lasciata prendere la mano... >> 

Alla fine, l'uomo rispose con un sorriso dolce:  << Si, sta benone. Ha diciassette anni ed è una ragazza allegra come lo eri tu,  forte come una roccia >>  prese fiato  << Non passa giorno che non guardi una tua foto. Le manchi Rosalie, anche se non ti ha mai conosciuto >>

Gli occhi della donna si velarono di lacrime  << La mia bambina... >> si asciugò i lucciconi e annuì  << Sono contenta >>  gli rivolse un sorriso carico di riconoscenza:  << George, grazie per esserti preso cura di lei. Sei stato un buon padre >>

Lui sorrise  << Lo spero davvero >>  

Fece per tornare verso il treno, ma si trattenne:  << Rosalie... tu sei felice qui? >>  le chiese, finalmente, dopo diciassette anni.

Anche se non sapeva nemmeno lui cosa intendesse per "qui", glie lo domandò ugualmente. Dopo l'atrocità della sua morte, meritava la felicità, almeno da morta.

Lei si strinse le spalle, ma continuò a sorridere:  << Quando sei lontano dalle persone che ami, anche il paradiso può sembrarti un deserto arido... >>

Lui fu sorpreso da quella risposta:  << Non ce la starai tirando, eh? >> fece, per sdrammatizzare, mentre apriva la portiera del treno.

Lei rise  << Qui il tempo non esiste, quindi aspetterò fin quando sarà necessario >>

George, in bilico sui gradini, esitò prima di entrare nel mezzo. Guardò ancora la bionda  << Ti senti sola? >>

Il sorriso della donna rimase dolce ed amorevole:  << Non più >>

Fece per chiedere ulteriori spiegazioni, ma qualcosa dietro di lui gli diede uno spintone, facendolo praticamente ritrovare dentro la cabina del treno.

  << Il tempo è scaduto George, quindi adesso porta il tuo culo fuori di qui >> gli disse una voce maschile che riconobbe all'istante << Adesso che mi ero liberato di te, vieni qui per rompermi le palle? >> 

Era una voce burbera e scocciata, ma che nascondeva un profondo affetto. Con tono più caldo e gentile, aggiunse:  << Il tuo posto non è qui. Torna da lei >>

Gli occhi di George divennero lucidi, e si voltò all'istante:  << Dav... >>

Ma la porta del treno si chiuse, facendolo distanziare sempre di più da quelle due persone a lui tanto care.
 
 
 
                                     
 
 
 






Erano tante le voci che lo chiavano. Ma lui distingueva quella di Rebecca.

Lo chiamava "papà", e quello era il suono più bello.

L'unico suono che poteva davvero riportarlo indietro. 

Si ridestò e una luce bianca e abbagliante gli colpì gli occhi. Sbatté ripetutamente le palpebre, fin quando il volto di sua figlia non divenne nitido. 

La chiamò, provò a parlarle, ma non sentiva nemmeno lui la sua voce.

Subito dopo riconobbe la figura di Julia, accanto a lui. E altri volti che non riusciva a distinguere con chiarezza, tutti al suo capezzale.

Azionò una mano e, con fatica, si tolse la mascherina dal volto. Mosse i muscoli facciali e sperò che fosse riuscito a mostrare un sorriso decente  << Sono tornato >>

Immediatamente avvertii le braccia di Rebecca stringerlo forte, come mai avevano fatto. Udii i suoi singhiozzi, mentre i suoi capelli ramanti gli solleticarono il viso  << Ho...ho a-avuto... >> parlò la ragazza, con la voce rotta dal pianto  << Ho avuto t-tanta paura, papà!! >> 

Provò a contraccambiare la stretta ma le sue braccia erano piene di tubi e flebo.

  << Va... va tutto bene >> cercò di rassicurarla a parole, ma la sua voce non era delle più convincenti  << Non ti lascio da sola, Rebecca. Non ti lascio sola, te lo prometto... >>

L'abbraccio si sciolse e Rebecca fece posto all'equipe medica. Il volto preoccupato di Julia, con le lacrime agli occhi, gli si parò davanti  << George mi senti? Ok, ok, resta cosciente, va bene? >>

  << Ah- ah >> rispose tranquillo lui, poi guardò di nuovo sua figlia e sorrise dal profondo del suo cuore  << La mamma e David ti salutano >>
 
 
 
 





                                                                                                ***********************************
 
 
 




Sapere che mio padre stava bene mi provocò un moto di felicità che non riprovavo più da molto tempo.

Julia mi consigliò di lasciare la stanza così da poter lavorare meglio e io acconsentii. L'ultima cosa che volevo, era essere d'impiccio al loro lavoro di medico. 

  << Puoi stare tranquilla, ormai è fuori pericolo >> mi rassicurò con fare amorevole Gwen, che mi aveva accompagnata fuori nei corridoi.

Quando fummo sole, sorprendendomi, mi abbracciò forte  << Sono felice di vederti, Rebecca >> disse  << Ho temuto per te... >> mi lasciò, scrutandomi  << E'  davvero tutto a posto? Lì... ti hanno fatto qualcosa? >>

Mi sforzai di sorriderle  << Sto bene >> mentii   << Grazie Gwen. Davvero... >>

Anche lei stirò le labbra in un sorriso  << Menomale >>

  << E grazie anche per la fasciatura >> aggiunsi, mostrandole la mano che mi aveva precedentemente medicato.

La bionda scosse la testa  << Dovere. Comunque, sono rimasta sorpresa. Era un'ustione davvero particolare >>

Mi strinsi le spalle  << Non sono così invincibile come tutti credono, eh? >>

Lei mi diede una pacca sulla spalla << Indubbiamente però, sei la più forte di tutti noi >> si sistemò dei ciuffi biondi dietro le orecchie << Adesso torno dentro. Potrebbero avere bisogno di me >>

Annuii  << Certo. Vai pure >>

  << Ah, mandami Amy appena la vedi! >> squittì all'improvviso, con un sorriso radioso ad occuparle il volto  << Ho avuto il tempo di vederla solo di sfuggita quando siete atterrati con gli elicotteri che già era diventata oggetto di stupore da parte di tutti! Ancora non mi sembra vero che sia viva! >>

Sorrisi  << Si... anche lei è una dura a morire >> scherzai, poi mi feci seria   << Era... era tutto un piano dei Chimeri >> le rivelai  << Di Zach e Ryan... >>

La sua espressione tradì che era sorpresa  << I Chimeri eh... >> ripeté e, chissà per quale motivo, le sue goti si tinsero di un lieve rossore
<< Quelli che sono tornati con voi qui, sono.... >>

  << Zach, Ryan, Misa, Eleanor e... si è aggregato anche un certo Dean... >> le risposi. 

Il rossore sul suo viso aumentò  << C-capisco...  beh, allora... n-nel caso ci fossero feriti anche tra di loro... non esitare a mandarli >> 

Mi stupii. Da quando Gwen era così accomodante nei confronti dei Chimero?  << Ok... >> mi limitai a risponderle. 

  << E... quel piano di cui mi hai parlato? Sai quale fosse? >>

Sospirai pesantemente. Già, il piano di Zach e Ryan... avrei tanto voluto saperlo anch'io.  << Devo ancora parlare con loro. Non ne abbiamo avuto ancora il tempo... >> 

I suoi occhi marroni rotearono alle mie spalle, fissando qualcosa. Alla fine, sorrise  << Non dovrai aspettare molto, allora >>

Mi voltai anch'io e, sotto i battiti del mio frenetico cuore, vidi Zach.  Aveva la schiena poggiata al muro, le braccia incrociate sul petto, la testa leggermente china e l'espressione concentrata. 

I suoi occhi neri corrisposero i miei e capii che mi stava aspettando. 

  << Avanti, vai >> mi esortò il medico con una pacca sulla spalla. Poi mi si avvicinò, sussurrandomi:  << Sai, Rebecca... lo sguardo che assume Hudson ogni volta che ti guarda... non è cambiato per niente >> 

Non capii immediatamente il significato delle sue parole, me forse il mio cuore si, perché aumentò la sua corsa. 

Mi voltai verso la bionda ma era già rientrata nei laboratori. Sospirai: adesso c'eravamo solo io e Zach.

Cercando di mostrarmi calma, mi avvicinai a passo lento, fino a distarli solo uno scarso metro.  Lui scrollò le spalle e fece qualche passo avanti  << Aspettavo questo momento >> confessò.

  << Anch'io >> ammisi. Era da quando mi aveva spezzato il cuore che attendevo risposte. 

Ci fissammo negli occhi. Io ormai, ero preparata a tutto. 
 
                                  

                                             
                                                                                                         Quello, era il momento della verità.
 
 
 
 
 
  
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