Verrà, la tempesta. Sarà scalpitare di zoccoli, bramito di cammelli, saranno migliaia e migliaia di stivali dalle suole ferrate, saranno labbra strette tra i denti dietro veli di seta. Sarà il baluginio della luce sopra armature istoriate d’oro e d’argento, sopra scimitarre d’acciaio e micidiali asce da guerra. Saranno nugoli di frecce che oscureranno il sole come un immenso volo di corvi. Verrà, invocata dalle preghiere di creature che da troppo tempo cercano riscatto da una schiavitù disumana. Uomini che imploreranno la vostra sconfitta dagli stessi dei ai quali voi offrite sacrifici di sangue perché alla vostra terra sia risparmiata l’onta dell’invasione. Sarà inevitabile. Ma…Sei convinto che sarà un male?
Non lo era stato per Egizi, Ittiti, Sumeri, Cananei. Difficile pensare che avrebbero portato la libertà, gli uomini degli altipiani, dalle lunghe barbe ricciute e dalle scimitarre ricurve. Ma gli zoccoli dei loro cavalli, i mozzi falcati dei loro carri da guerra avevano dilaniato i corpi dei tiranni, e il dio che adoravano era verità e saggezza, non un orrido demone che si nutriva del sangue dei loro figli. *
Verrà, la tempesta, e la pioggia cadrà anche sopra di voi. Sugli schiavi che da troppo tempo cercano riscatto, sulle donne a cui è stato imposto di essere forti anche quando vorrebbero piangere. E, ai piedi del Taigeto, su quel che resta di chi, appena aperti gli occhi sul mondo, non è stato ritenuto degno di vivere.
*Si allude all’antica
religione zoroastriana, la cui
entità suprema è rappresentata da Ahura Mazda,
dio della verità e del bene, in
contrapposizione al demone malvagio Ahriman. E, in contrapposizione, a
quella
babilonese, che contemplava i sacrifici umani.
***
Sono
belle, le donne di
Sparta. Erano la cortesia e il vino a far parlare Shapur come parlava.
In
realtà le aveva viste solo da lontano, le nobildonne il cui
destino era deciso
dagli altri, figlie spose e madri dei guerrieri il cui nome faceva
tremare il
mondo, e a Leonida in realtà diceva delle puttane ilote
incontrate nei
bordelli.
Sono
belle,sì, e hanno occhi
fieri che non temono di guardare dritto in quelli di un uomo. Occhi che
non
sanno piangere.
Non
piangono lo sposo morto
con le armi in pugno, non piangono il figlio bambino strappato troppo
presto
alle loro carezze perché il bastone, lo scudiscio, la fame e
le privazioni
facciano di lui un guerriero senza paura. Conoscono
l’ineluttabilità del destino,
ma non ne hanno paura. Anche nelle loro vene scorre il sangue di
Eracle, il più
invincibile degli eroi.
Scommetto
che hanno già
scelto per te una sposa di nobili natali, Leonida. Una donna che,
quando ti
appresterai a partire in guerra, sfiorerà con mano che non
trema l’umbone del
tuo scudo e, fissandoti negli occhi, ti dirà che
preferirà saperti morto
piuttosto che codardo.Una donna a cui è stato insegnato a
ricacciare indietro
le lacrime. Una donna che ha nelle vene il sangue di Eracle. Il tuo
stesso
sangue.
Un
sangue destinato a
corrompersi, a forza di mescolarsi con se stesso.
***
Aveva detto di chiamarsi Efialte e di conoscere la via segreta per superare il Passo. Il sangue corrotto a forza di mescolarsi con se stesso doveva averne prodotti tanti, di mostri come quello: nano, gibboso, la testa tanto grossa che sembrava il collo faticasse a reggerla. Mostri che le leggi spietate di Sparta imponevano di distruggere. Lui era sopravissuto. Per vendicare chi non era stato ritenuto degno di vivere e i cui resti, rosicchiati dai cani selvatici e calcinati dal sole, giacevano insepolti ai piedi del Taigeto?
I disegni del destino sono spesso misteriosi, aveva pensato Shapur accarezzandosi lentamente la barba. E il destino stesso è sempre ineluttabile, anche per chi pensa d’essere tanto potente da riuscire a stringerlo in pugno. Efialte. Scampato per miracolo al fato che le leggi spietate della sua città riservavano a quelli come lui. Efialte, che nel segreto della sua solitudine, implorava rovina e morte da quegli stessi dei da cui Leonida invocava coraggio e forza.
Efialte. Quell’orrore che i suoi occhi faticavano a guardare. Quello sbaglio che la legge imponeva di cancellare, come se non fosse mai esistito. Quell’ammasso informe di carni deturpate che il fato aveva risparmiato perchè il suo signore Khshayarsha lavasse via l’onta che macchiava la memoria di suo padre, il possente Darayawus.
***
Ci
sono altri mondi e altri
uomini. Hanno tratti stranieri e non ci sono necessariamente nemici.
Shapur,
quel barbaro dagli anelli alle orecchie,
dai lunghi capelli profumati come una cortigiana, aveva
salvato la sua
vita, condiviso con lui il cibo e le confidenze. Gli aveva raccontato
di un
padre amorevole e saggio, di una tenera madre, di una promessa sposa
devota e
sottomessa di cui non conosceva ancora il volto. E di un fratello che
Ahura
Mazda aveva benedetto con il dono della profezia e Ahriman, il Signore
degli
Inganni e delle Menzogne,sfiorato con le sue gelide dita nel momento
stesso in
cui era venuto al mondo.
-Kurush
è cieco. Eppure i
suoi occhi bianchi riescono a vedere quello che i nostri non vedono.
Cieco.
Come Tiresia di cui
dicevano le leggende. A Sparta non lo avrebbero lasciato vivere. E gli
dei
avrebbero gettato al vento il loro dono prezioso. Non
c’è saggezza nell’agire
irragionevole dei Numi. Era un pensiero blasfemo, il suo. Avrebbe
potuto
attirargli addosso sfortuna e morte. Eppure, non riusciva a
strapparselo dalla
mente.