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Autore: DontMindMe    05/04/2013    3 recensioni
Che tu sia maledetto, Aubrey.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dottor Stephen Maturin amava molto il suo vecchio amico, il capitano Jack Aubrey, ma c’erano dei momenti in cui non riusciva a non maledirlo; quella fastidiosa notte di mare agitato e pensieri funesti era uno di quelli.
Sebbene i suoi orari sulla fregata di Sua Maestà Surprise non fossero rigidi come quelli del capitano, che era solito dormire pochissime ore per notte, e disponesse di molto tempo per riposare, l’insonnia nervosa, priva del sollievo del laudano, faceva pericolosamente calare il numero di ore di sonno disponibili, soprattutto quando il rollio e il beccheggio e finanche lo scarroccio della nave facevano dondolare freneticamente le loro amache, a volte pure l’una contro l’altra. Aubrey, il maledetto, non pesava poche libbre e a peggiorare la situazione ci si metteva anche il suo russare profondo e sonoro che rimbombava coprendo persino lo sciabordio dell’acqua sulle murate della nave.
“Che tu sia maledetto, Aubrey.” Mormorò fra i denti il chirurgo di bordo e si sentì molto egoista nell’afferrare e tirare il mignolo della grossa mano che Jack aveva lasciato pendere dall’amaca. 
“Stephen… ammhi nnh bacio.” Farfugliò il capitano nel sonno ma senza accennare a risvegliarsi. Si limitò a ritirare la mano e a girare la testa verso il dottore, e in meno di trenta secondi riprese pure a russare più forte.
“Stephen, dammi un bacio?” si ripetè in mente Maturin, interrogandosi sulla natura del sogno dell’amico. “Che tu sia stramaledetto…” disse di nuovo in un soffio, già meno convinto di prima.
Si sorprese a fissare il volto dell’amico, il modo sereno in cui riusciva a dormire nonostante la furia degli elementi si scatenasse tutto intorno a loro. Scoprì che osservarlo così di nascosto probabilmente gli dava pace, perché d’un tratto non diede più peso al dondolio scomposto. Ormai c’erano solo quegli occhi chiusi in due fessure, quelle guance rosee, quelle labbra schiuse e lucide e i solchi crudeli delle cicatrici, quei capelli d’oro sparpagliati sul cuscino da sotto il berretto da notte… e un po’ più giù la scollatura della camicia da notte aperta sui suoi pettorali… Nascosti in quelle libbre di troppo vi erano muscoli scattanti e allenati e per un attimo gli sembrò di risentire le sue braccia forti stringerlo per sostenerlo nella sua ineluttabile incapacità di muoversi a bordo di una nave. 
Cercò di ricordare se si fossero mai abbracciati per un motivo diverso da quello e no… non l’avevano mai fatto. Si sentì arrossire appena. Più di una volta aveva irrazionalmente desiderato un qualsiasi contatto più fisico con Jack ma aveva attribuito il fenomeno alla prigionia sul mare, alla sua perpetua solitudine, alla mancanza di donne, forse… c'era sempre un’attenuante pronta…
Un piacevole torpore si stava impadronendo di lui ma forse il dottore non aveva più molta voglia di dormire. In un fruscio di varie stoffe scese dalla sua amaca, sentì il legno scricchiolare appena sotto il suo peso, e si chinò verso Jack posandogli un bacio all’angolo della bocca, ma poi il desiderio di sentire quelle labbra contro le sue gli fece migliorare il tiro di un poco al secondo tentativo. Morbide. Il cuore minacciava di esplodere nel suo petto come un colpo di cannone da un momento all’altro. Si rimise dritto, si guardò intorno, si leccò le labbra, e quando stava per infilarsi di nuovo sotto la sua coperta, Jack gli afferrò la camicia attirandolo a sé. 
“Era un bacio quello, secondo te?” biascicò il capitano, la voce impastata dal sonno.
“Non proprio.” Balbettò Stephen cercando rapidamente una giustificazione plausibile. Invano. “Era più che altro un modo per mettere a tacere quel tuo insopportabile russare… e come puoi vedere ha funzionato.”
“Solo per poco, perché sono deluso, fratello, quindi tornerò a dormire e russare.” Sbuffò Aubrey rigirandosi goffamente nella sua amaca.
Un breve silenzio li separò di nuovo, poi la voce roca di Stephen domandò timidamente “Ma parli seriamente Jack? Non era un mero delirio onirico dalle indecifrabili intrinseche metafore, quello tuo?”
Dandogli le spalle, il capitano soppesò le parole e quando fu sicuro di cosa dire, sussurrò piano - perché quelle pareti di legno avevano le orecchie, centinaia - “Tu non hai mai desiderato farlo? Cioè, voglio dire… sono solo io a perdere la ragione quando non siamo insieme, o quando ti so in pericolo o triste o ferito?” Una pausa meditabonda “Già, a ripensarci sembra proprio così. O sei impenetrabile come un blocco di ghiaccio oppure sono solo io ad amarti così tanto.” Sospirò.
Stephen si sentì confuso. Non gli capitava molto spesso ma si ritrovò senza parole. Poi la confusione lasciò spazio ad una specie di tristezza, alla consapevolezza di aver perso per strada la maggior parte della sensibilità che lo rendeva umano. Aveva imparato così bene ad ignorare o reprimere i suoi sentimenti da non riuscire ovviamente più a dimostrarli, pur volendolo. Maggiormente, anzi, quando i sentimenti eran forti, si ricopriva di uno strato protettivo di freddezza che tendeva ad allontanare l’oggetto del suo amore piuttosto che ad avvicinarlo. 
“Non riuscirei più neppure a immaginare la mia vita senza di te, Jack.” Disse poi con un sorriso, ad occhi bassi, per cercare di riparare alle mancanze di tutti quegli anni passati, tirandosi fuori a forza una confessione. “Non giudicarmi dal mio contegno, mantenuto spesso a fatica, lo ammetto, o dal mio riserbo. E’ il mio solo modo di sopravvivere… ma ho ancora un malandato cuore che senza dubbio t’ama tanto.”
Rimase a fissare la schiena dell’amico aspettandosi di sentirlo russare di nuovo da un momento all’altro. Da dov’era non poteva vedere il sorriso di Jack e i suoi occhi velati di lacrime. La sua emotività inglese voleva prendere il sopravvento ma si forzò a non piagnucolare come una fanciulla e si rigirò verso il dottore. Si guardarono negli occhi un istante, poi Stephen si abbassò di nuovo, questa volta per un bacio degno di quel nome. Un bacio dolce, lento, esplorativo, carico di curiosità, di stupore e di desiderio represso per anni. Un bacio lungo che voleva durare tutto il resto della notte ma che fu invece bruscamente interrotto da uno scossone più deciso che mandò il dottore a sedere con un tonfo sul legno umido del pavimento mentre la risata sonora e intensa del capitano si diffondeva nel silenzio, sottocoperta come fin sopra al cassero.
“Che tu sia maledetto, Aubrey.” Imprecò di nuovo il dottore in un lamento sommesso cercando di rimettersi in piedi.
  
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