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Autore: Lantheros    06/04/2013    1 recensioni
Primo sequel di Sidro Proibito.
E così non c'è più concorrenza, nella Città Proibita...
O forse no?
E' piuttosto semplice risolvere i problemi con una pallottola in fronte. Ma questa volta non sarà sufficiente.
Alleanze e tradimenti porteranno a conseguenze incontrollabili. La sete di potere spingerà lo spargimento di sangue.
Personaggi che si credevano usciti di scena per sempre... torneranno.
Questa volta non ci sarà pietà alcuna.
Ma le Redenzione non è qualcosa che si possa conquistare così facilmente..
La fiction ricalca i toni del suo predecessore e propone un approfondimento di alcuni personaggi, nonchè la comparsa di un nuovo... "protagonista" rispetto ad Applejack e al suo "gruppo".
La storia si basa sempre su toni noir e pulp aggiungendo però alcuni momenti drammatici esterni al conflitto fisico.
Verrà gettata luce sul passato oscuro di chi si credeva un nemico... mentre gli alleati... potrebbero rivelarsi non proprio così amichevoli.
Genere: Azione, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Applejack, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il centro cittadino di Ponymood brulicava di vita. Era normale, al calar della notte ma, quella volta, si trattava di un evento speciale: una serata di classe presso il Majestic Theatre Ponopera. Macchine di lusso si muovevano avanti e indietro, di fronte all’edificio,  scaricando i ricchi e facoltosi proprietari, agghindati di tutto punto. Per l’occasione erano state invitate alcune piccole (ma importanti) orchestre provenienti da ogni angolo di Equestria, con ore di ottima musica quindi assicurate.

Situazioni come quella erano l’ideale per incrementare gli introiti e, di conseguenza, la parsimonia sugli inviti non venne contemplata: ogni alto esponente della società era assolutamente il benvenuto e la media borghesia non da meno. Dopotutto, per l’evento, i prezzi d’ingresso sarebbero stati proibitivi per qualsiasi altra categoria sociale. E non sarebbe potuto essere altrimenti.


    Una scintillante Duesenberg nera accostò al ciglio stradale. Il guidatore, con sguardo impassibile, uscì e a aprì la portiera ai passeggeri, da cui si palesò il corpulento DollarJolt, proprietario delle coltivazioni di mais JoltCorn. Lo seguì il consigliere, un pony grigio e stempiato, che portava piccoli occhiali da lettura. Dollar inspirò con forza e si compiacque della stupenda vista del teatro illuminato. Si lisciò il manto blu e, dopo aver controllato il papillon e messo il quotidiano cittadino sotto una zampa, si accinse a valicare l’ingresso. Durante la sua marcia scambiò sguardi convenevoli con alcuni pony d’alta classe.

“Signor DollarJolt!”, esclamò sorridente un portinaio, “E’ un piacere e un onore averla qui da noi, questa sera!”.

L’invitato si passò uno zoccolo sotto al mento grassoccio e poi esordì: “Oh! Il piacere è mio! Sono desideroso di udire le splendide melodie che gli artisti d’ogni angolo di mondo vorranno offrirci!”.

“Sono sicuro che non rimarrà deluso!”, e, con un gesto, ordinò ad un inserviente di condurlo al rispettivo spalto privato.

    La sala, pur non essendo enorme, era comunque impressionante: ricca di intarsi, abbellimenti antichi e tendaggi di velluto rosso. Il vociare era preponderante, sintomo che, per quella sera, c’era il tutto esaurito. DollarJolt venne fatto accomodare in una delle balconate più alte dell’intera struttura, in modo da avere piena e totale visuale verso il palco.

Il pony e il suo consigliere si sedettero sulle uniche poltrone presenti . Jolt, in attesa che i rimanenti posti del teatro venissero occupati e che lo spettacolo iniziasse, aprì il quotidiano e si mise a leggere pacatamente. Voleva controllare l’andamento delle proprie azioni ma la notizia in prima pagina era così importante da non poter essere ignorata:

“Hai visto, Rufus?”, chiese al sottoposto, inclinando il giornale verso di lui, “Qui dice che i FlimFlam Brothers sono colati a picco”.

L’altro si sistemò gli occhiali e rispose: “Vero, sir, pare che si siano… inabissati del tutto”.

“Secondo me è una trovata del Governo Celeste”, minimizzò.

“Non saprei, sir. Dubito che il Governo si assumerebbe la responsabilità di una notizia così clamorosa, se non ne avesse la certezza pressoché assoluta”.

Lo sguardo del lettore, man mano che approfondiva la notizia su carta, si fece sempre più preoccupato: “Sta a sentire!”, esclamò, con finto divertimento, “Uno zeppelin abbattuto e diverse dozzine di pony armati fatti fuori in una notte! Ma è ridicolo!”.

“Non saprei, sir”, ripeté, “Le foto sembrano innegabili”.

“Oh, andiamo! Uno zeppelin grosso come il culo di mia suocera e un manipolo di gangster armati vengono abbattuti in meno di un’ora! E con quale esercito?”.

“Il giornale cosa dice a riguardo?”.

“Mah. I sopravvissuti, tutti civili, parlano di un gruppetto di pony, tra cui un bestione rosso grande quanto un armadio a due ante. Secondo me hanno tutti bevuto troppo, quella sera… E poi… qui dice esplosioni, magia proibita e, udite udite, persino una scorta armata volante!”.

“Davvero inquietante, sir”.

“Inquietante?”, chiese allibito DollarJolt.

“Non c’è da scherzare, sir. Questa città pullula di criminali, specialmente da quando il Decreto Celeste è entrato in vigore. Chiunque abbia agito… la certezza è che i FlimFlam Brothers sono stati fatti fuori”, concluse, togliendosi gli occhiali e lanciando uno sguardo di supponenza verso l’interlocutore, “Se sono riusciti ad annientare loro con tanta facilità… allora nessuno è al sicuro”.

Il pony blu deglutì, facendo ondeggiare il farfallino attorno al pomo d’Adamo.

“R-ridicolo”, balbettò sottovoce, accartocciando il giornale.

    In quell’esatto istante, il vociare in sala calò sensibilmente e le luci si abbassarono, fino quasi a spegnersi.

“Oh! Finalmente! E… per questa storia… non voglio più pensarci, per ora… Voglio solo godermi la muscia”.

“Certo, sir”.


    Dietro al sipario, ancora calato, un piccolo gruppo di musicisti si preparava ad eseguire il pezzo d’entrata. Più o meno divisi in settori, vi erano alcuni ottoni, degli archi e un pianoforte. Dietro a tutti, quasi nascosto, si trovava un violoncello senza proprietario. Uno dei presenti lo notò e, con aria preoccupata, esclamò: “Ehy gente! Dov’è finito Jack Woodhooves??”.

Dal buio delle quinte si fece strada una puledra dal manto grigio e gli occhi viola: il suo sguardo, a mezze palpebre, emanava una fredda, quasi inquietante, tranquillità.

“Uh…”, sussurrò l’altro, “Tu chi sei?”.

“Jack Woodhooves ha avuto un imprevisto e non potrà venire”, dichiarò solennemente, “Lo sostituisco io”.

Una certa perplessità si diffuse tra gli artisti.

“Però”, continuò, “preferisco usare il mio strumento”. Con quella parole adagiò delicatamente il violoncello contro il muro e, da una custodia nera, ne estrasse un altro, decisamente di fattura superiore. Sul bordo panciuto e lucido risaltava, in caratteri antichi, la scritta “Octavia”.

“Va bene ragazzi”, concluse infine uno del gruppo, “Lo spettacolo sta per incominciare… non c’è tempo per discutere e speriamo che tutto vada per il meglio. Pronti?”.

Tutti si misero in posa e il sipario di velluto si sollevò.


    Per allietare i presenti e fungere da preambolo alle opere che sarebbero seguite, la piccola orchestra decise di iniziare con uno swing leggero. Octavia chiuse gli occhi e prese a “pizzicare” dolcemente le corde dello strumento, scandendo sapientemente il tempo con basse note vibranti. Gli altri strumenti le vennero dietro e il pezzo iniziò nel migliore dei modi.

In cima alla sala, in uno spalto quasi isolato, una strana e affusolata figura osservava la scena dall’ombra. La violoncellista socchiuse le palpebre e i due si osservarono, anche se in lontananza. Il misterioso individuo lanciò quindi un sorriso di compiacimento, rivelando giusto una lunga barbetta da capra.

Tutti i presenti si allietarono del pezzo d’introduzione e, quando terminò, ringraziarono con un generoso scrosciare di zoccoli.

Dopo una breve pausa, si passò direttamente ad un classico senza tempo: la bellissima Ave Mane di Ponanz Schubert. Il pianista ritrasse le zampe e gli ottoni si abbassarono: la composizione era dedicata ai soli archi e Octavia richiuse gli occhi, pronta a far scivolare l’archetto sulle corde, quasi colta da una trance improvvisa.

La melodia nacque spontanea e dolce. Assolutamente divina. DollarJolt sgranò gli occhi e non riuscì a trattenere la mandibola cascante, udendo le note soavi provenire  dal palco.

“E’… è… splendido…”, sussurrò, completamente assorto.

Il consigliere lo squadrò con attenzione per parecchi minuti e, poi, rivolse lo sguardo dietro di sé, in direzione della porticina che conduceva ai corridoi: quest’ultima era socchiusa e qualcuno, dallo spiraglio, scambiò un gesto d’intesa con il pony occhialuto. Senza fare rumore, con molta attenzione, si alzò dalla poltrona e uscì, sicuro che Dollar non se ne sarebbe accorto, assorto com’era dalla musica.

Fece capolino un terzo pony, baffuto e vestito in tiro. Si avvicinò di soppiatto al pony blu, estraendo una lama luccicante dall’interno del gilet. Con un rapido gesto, tappò la bocca al grassone con una zampa, subito prima di tirarlo verso di sé e puntargli la lama al volto. L’altro impietrì, completamente nel panico.

“Don Filthy vi manda i suoi saluti”, bisbigliò il sicario, con un ghigno malevolo.

Era la situazione perfetta: il luogo era il più isolato della sala e, con le luci quasi spente e il suono dell’orchestra di sottofondo, nessuno avrebbe visto o udito alcunché.

Ma le cose non andarono come previsto.


    Nessuno, a parte i musicisti (comunque obbligati a suonare), notò che la violoncellista era sparita nell’oscurità delle quinte, già da qualche minuto. Una corda dello strumento era mancante.

Poco prima che la lama penetrasse nella carne, DollarJolt vide una figura giungere silenziosa alle spalle del suo aggressore: con scatto fulmineo, ne circondò rapidamente il collo con un sottile filo luccicante e poi strinse la presa. Il carnefice, ora vittima, spalancò la bocca e lasciò cadere l’arma. Lo sguardo di Octavia rimase totalmente impassibile, mentre il malcapitato si dibatteva e scalciava, inutilmente. Dopotutto… non era la situazione perfetta? Il luogo era il più isolato della sala e, con le luci quasi spente e il suono dell’orchestra di sottofondo, nessuno avrebbe visto o udito alcunché.

Il tizio, mentre ancora si dimenava, venne inesorabilmente trascinato oltre l’ingresso dello spalto. Il pony blu rimasse allibito ad osservare la scena. Si rialzò tremante e, dove prima era seduto il consigliere, ora era presente una inquietante creatura serpentiforme.

“Ahh!”, urlò Jolt, con un sobbalzo.

“Buonasera, come va?”, chiese l’altro con nonchalance, abbassando leggermente scuri occhialini tondi. Il pony non riuscì a proferire alcunché.

“Suvvia, si calmi. E’ tutto finito”, lo tranquillizzò, con un sorriso sardonico.

“M-ma… che… che cosa… chi… tu…”, balbettò in modo sconnesso.

“Mi chiamo Discord”, esordì, scuotendo vigorosamente lo zoccolo dell’altro, con il proprio artiglio leonino.

“D-Discord?”, biascicò, mentre veniva strattonato dalla presa del suo apparente salvatore.

“Tutto a posto”, disse Octavia alle spalle dei due. Jolt rispose con un altro sobbalzo.

“Ottimo”, concluse Discord. La melodia, intanto, continuava imperterrita.

Il poveraccio cercò di sedersi a tentoni. Qualche perla di sudore iniziò a luccicare sull’ ampia fronte: “M-ma… si può sapere che sta succedendo? C-chi era quello?... Chi siete voi?...”.

“Suvvia, signor DollarJolt”, lo ammonì l’altro, con tono di sufficienza, “Non mi dica che non ci arriva da solo?”. L’interlocutore scosse il capo. “Lei è uno dei pony più ricchi e rinomati dell’intera città. Non penserà mica che una situazione come la sua passi inosservata, di questi tempi?”.

“C-cioè?”.

“Cioè… faccio prima a farle l’elenco di chi non la vorrebbe morto, mio caro sir”, concluse, con una risata.

“Q-quel tizio”, disse Jolt, osservando l’uscio dietro di sé, “E’ stato mandato da Don Filthy!”.

Discord alzò le zampe all’altezza delle spalle: “Ah, non so chi fosse o chi lo abbia mandato e non mi interessa”.

“Ma allora perché…”.

“Mhh… vede, io ero qua per puro caso. Stavo seguendo quel sicario per vedere a chi stesse puntando. E quel qualcuno era lei. Che colpo di fortuna, eh??”, ridacchiò, dandogli una gomitata.

“Io… non capisco”, concluse, sempre più confuso.

“Lei crede nel destino, signor Dollar?”.

“Destino?”.

“Io non so se esista il destino ma, questa sera, ero alla ricerca di qualcuno in grado di aiutarmi e, casualmente, ho trovato lei e l’ho salvata da questa… spinosa situazione. Non stavo mirando a lei. E’ stato un semplice caso, mi creda”.

“Ma si può sapere cosa vuole?”, sbottò infine, asciugandosi il sudore con un fazzoletto. Il corpulento pony non era stupido: sapeva benissimo che questo genere di affari, spesso e volentieri, nasconde ben altro che un misericordioso salvatore. Ma, dopotutto, gli aveva salvato la vita: se lo avesse voluto morto, gli sarebbe bastato non intervenire. E così decise di dargli una possibilità.

“Dritto al punto, eh? D’accordo”. Allungò una zampa sotto la poltrona e, come se fosse sempre stata lì, estrasse una ventiquattrore, che aprì con uno scatto metallico.

“Vede”, continuò, “Io ho una… formula speciale. Qualcosa di molto particolare. Qualcosa che farebbe gola a chiunque, di questi tempi”, e tirò fuori una boccetta dal contenuto dorato.

Il pony la prese e la esaminò con attenzione: “Sidro?”, ipotizzò, “Sta parlando di alcol?...”.

“Non è sidro comune. Definirlo ‘nettare degli Dei’ sarebbe riduttivo. Ma non voglio che lei creda solo alle mie parole, quindi lo assaggi pure, se vuole. Poi mi saprà dire”.

“Dove vuole arrivare?”, chiese sospettoso.

“Sono nuovo di queste parti”, ammise, “Tra le zampe ho un prodotto che trasuda potenziale monetario da tutte le parti… il problema è che non ho gli agganci giusti per poterlo diffondere efficacemente. Pony come lei, invece, godono di ottima fama e di… liquidità abbondante, per così dire”.

DollarJolt squadrò di nuovo la boccetta che, per un istante, rifletté quasi magicamente le flebili luci della sala. Lanciò l’ennesima occhiata sospetta verso Discord e poi, con gesto deciso, aprì sonoramente il tappo. Un afrore unico, quasi mistico, e mai percepito prima, si diffuse attorno al muso del pony, il quale ondeggiò per un istante, tornando poi alla realtà. La melodia dell’orchestra raggiunse il climax.

“Non ho fretta”, lo tranquillizzò Discord, congiungendo le zampe davanti al mento, “Ci pensi con calma e poi mi faccia sapere. Indipendentemente da questo, sappia che mi prendo l’ottanta percento sulle vendite sottobanco”.
   
 
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