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Autore: Ytiyj    08/04/2013    6 recensioni
La storia dell'amore tra Bulma e Vegeta, seguendo le -scarse- indicazioni del manga e mantenendo i personaggi fedeli agli originali. Quello di Bulma secondo me non è stato granché approfondito da Toriyama, sembra una tipa scialba e superficiale finchè appunto non incontra Vegeta, e vive questo amore tra realismo e speranza. Lui è un guerriero freddo e spietato (ma non inutilmente sadico) e rimane così fino al Cell Game, quando per la prima volta mostra di amare Future Trunks, e secondo me solo a partire da quel momento inizia ad innamorarsi di Bulma, quindi la storia si conclude qualche mese dopo il cell game. Il rating arancione si riferisce solo agli ultimi due capitoli. Buona lettura!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Trunks | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’autrice: ciao a tutti e un ringraziamento speciale a Iaiettina, Moretta, Soly Dea, PZZ20, Mangagirl, Bulmina, Iry, Moon.
In questo capitolo ho alzato il rating ad arancione, non sono sicura che serva ma tanto mi sarebbe servito nel prossimo, che sarà l’ultimo. Buona lettura!
 
«Ta-daaaaaah!!» esclamò Bulma piegandosi su un ginocchio e spalancando le braccia «ammirate l’opera della scienziata più geniale del pianeta!»
Vegeta entrò nella gravity room ormai ultimata  ed effettivamente restò meravigliato: c’era molto più spazio rispetto alla precedente, il pannello comandi prevedeva alcune opzioni aggiuntive e l’indicatore di pressione segnalava la possibilità di superare di 800 volte la gravità terrestre.
«Le misure di sicurezza sono a prova di tutto» soggiunse con orgoglio la costruttrice «alla minima irregolarità scatta una scansione completa del sistema da parte del computer centrale; inoltre un guscio esterno in poliuretano attutisce eventuali onde d’urto affinché non si propaghino al resto della villa»
Vegeta si aggirò soddisfatto per il suo “regno” e lasciò scorrere una mano sulle spesse pareti di acciaio; la nuova palestra era semplicemente fantastica, soprattutto perché - non dovendo più entrare in un’astronave –era stata ampliata parecchio e gli permetteva di simulare le condizioni di un vero combattimento, invece di limitarlo a fare esercizi ripetitivi.
«Allora, che te ne pare??» sollecitò Bulma.
Il saiyan mormorò pensosamente, come parlando a se stesso:
«La tecnologia terrestre è complessivamente più arretrata di quella aliena, eppure qui alla Capsule Corporation ho visto alcune invenzioni che mancavano persino sul pianeta Freezer; accidenti, se avessi conosciuto prima te e tuo padre!
Questa gravity room mi avrebbe rapidamente rafforzato e nel giro di pochi anni mi sarei liberato da quella vita di sottomissione....Probabilmente voi Brief siete più abili di tutti gli scienziati al soldo di Freezer»
A quelle parole la donna trattenne il fiato e si rammaricò di non avere a portata di mano un registratore, dato che Vegeta non le aveva mai fatto un complimento esplicito - benché a volte il suo sguardo tradisse ammirazione nei suoi confronti; scostò una ciocca di capelli dal viso e sorrise impacciata: normalmente accoglieva gli elogi con aria di superiorità, convinta di meritarseli tutti e anche di più, però….Però non capita tutti i giorni di sentire il principe dei saiyan che esprime ammirazione per una terrestre!
«B-beh, sono felice che la nuova palestra sia di tuo gradimento» mormorò timidamente, per poi scuotersi e aggiungere a voce più squillante «in effetti ci mancherebbe pure che non ti piacesse, dopo tutto il tempo che ci ho messo a costruirla!!
E non pensare di mettere subito la gravità ad 800, eh! Non voglio rischiare di ritrovarti mezzo morto sul pavimento dell’infermeria come l’ultima volta: quel giorno ci mancò poco che mi prendessi un infarto!»
Vegeta distolse lo sguardo, palesemente a disagio; aveva sempre disdegnato le raccomandazioni di Bulma considerandole espressione della stupidità e della debolezza tipiche dei terrestri, ma ora che iniziava a capire quanto lei gli volesse bene aveva sviluppato una reazione ambivalente: da un lato gli faceva piacere che qualcuno si preoccupasse per lui, dall’altro lato si sentiva terribilmente in imbarazzo.
«Tsk! Non farei mai una cosa così stupida come mettere la gravità a 800, so regolarmi benissimo da solo» affermò stizzito.
Ripensando a tutte le volte che suo marito si era ridotto uno straccio nel tentativo di diventare super saiyan, Bulma portò le mani alla bocca per trattenere una risata;  sapeva che l’autoironia non era il punto forte del principe e che non era il caso di scoppiargli a ridere in faccia.
Ad ogni modo si sentiva tranquilla perché stavolta non c’erano cyborg in arrivo, trasformazioni da ottenere o duelli con Kakaroth all’orizzonte, ed in condizioni normali Vegeta era perfettamente in grado di regolare l’intensità degli allenamenti.
«Bene, ti lascio prendere confidenza con questo prodigio della tecnologia» esclamò «io invece mi dedicherò a qualcosa di più rilassante: una invenzioncina per aiutare Trunks a fare i primi passi»
Dato che due giorni prima il bambino era riuscito ad alzarsi in piedi, la scienziata si era chiesta se esistesse un modo per permettergli di esercitarsi a camminare anche quando andavano in posti privi di appigli, come ad esempio un prato; aveva dunque iniziato a progettare una barra levitante dotata di un sensore che misurava la statura dell’utente, per poi posizionarsi automaticamente all’altezza giusta per farlo appoggiare.
Uscì dalla stanza gravitazionale e si diresse verso il laboratorio, ascoltando in lontananza il cinguettare degli uccellini ed il canticchiare di sua madre che provenivano dal giardino.
«Mamma mia, è tutto così bello da sembrare un sogno!» pensò «Vegeta ha ripreso gli allenamenti, ogni giorno passa un po’ di tempo con me e Trunks, l’altro ieri ci ha accompagnato al parco e …»
Il ricordo del bacio che si erano scambiati seduti sull’erba accentuò ulteriormente il suo sorriso, mentre spalancava le porte del laboratorio.
Quanto le piaceva quel posto!
Per anni il dottor Brief lo aveva tenuto come un enorme magazzino ingombro di macchinari e di strumenti, illuminato solo da luci elettriche; quando però Bulma, ancora adolescente, aveva cominciato a frequentarlo assiduamente, la signora Brief aveva intimato al marito di aprire ampie finestre e di abbellirlo con delle piante, perché la sua piccina non poteva lavorare in un umido e tenebroso scantinato!
Il tocco di Betty Brief aveva reso quel posto molto più piacevole, tanto che Bulma si domandò se come moglie di Vegeta fosse suo dovere abbellire la gravity room.
«Meglio di no» concluse «inserire ampie finestre presenta notevoli difficoltà tecniche, e quanto ai fiori….Non credo che una pianta durerebbe molto lì dentro»
Sedette di fronte al tavolo su cui giaceva la barra levitante e si mise all’opera.
 
Per tutta la mattina la stanza speciale risuonò dei colpi lanciati da Vegeta, ed il saiyan avrebbe volentieri continuato fino a sera, ma essendo parecchio tempo che non affrontava gravità superiori a quella terrestre fu costretto a smettere intorno all’una del pomeriggio.
Uscì soddisfatto dal suo bunker e si rinfrescò con una bella doccia, dopodiché, come oramai gli capitava spesso, cercò inconsciamente le aure di Bulma e di Trunks; seguendone le tracce sbucò in cucina, proprio nel momento in cui Betty Brief estraeva dal forno un’enorme teglia di lasagne.
Gli altri membri della famiglia erano seduti a tavola e si preparavano a fare onore al pranzo, quando il dottor Brief scorse una sagoma inconfondibile ferma sulla soglia.
«Vegeta! Accomodati, aggiungiamo un piatto anche per te!» esclamò.
Bulma si girò stupita verso il padre, domandandosi perché se ne fosse uscito in quel modo: non sapeva che l’altero saiyan non si era mai degnato di sedere alla stessa tavola degli umani?
Probabilmente era troppo svampito per ricordarselo…..
Ma quanto maggiore fu il suo stupore nel vedere Vegeta prendere una sedia e accostarla al tavolino!
La signora Brief si affrettò ad apparecchiargli davanti e gli servì una porzione abbondante, specificando:
«Ovviamente ne ho cucinate altre, si stanno scaldando nel secondo forno; so bene che voi saiyan siete ragazzi di buon appetito.
Del resto con tutte le energie che bruciate negli allenamenti, dovrete pur nutrirvi!»
«Ehm, mamma, lascialo mangiare in pace» intervenne Bulma, temendo che il chiacchiericcio della madre potesse infastidire il saiyan e rovinare il loro primo pranzo in famiglia.
Tanto per darsi un contegno ed evitare di fissare Vegeta come se gli fossero spuntate due teste, chiese al padre un parere tecnico sulla barra levitante che stava costruendo; la loro conversazione evitò che calassero silenzi imbarazzanti – da questo punto di vista il principe non era di grande aiuto – e fornì alla ragazza preziosi spunti per ultimare l’invenzione.
«Perfetto: dopo pranzo darò gli ultimi ritocchi e la collauderò in cortile!» esclamò; dopodiché, visto che la giornata era cominciata bene e proseguita meglio, si girò e chiese:
 «Vegeta, vuoi vedere anche tu Trunks che impara a camminare?»
«Uhn…può darsi» rispose lui secco.
 
Ed effettivamente due ore più tardi fece la propria comparsa nel cortile esterno – dicendo a se stesso che dopotutto aveva esaurito le energie nella gravity room e non aveva nulla di meglio da fare.
Osservò la scienziata mettere a terra una barra di colore giallo e premere un pulsante: dall’oggetto uscì un raggio che scansionò la figurina di Trunks, in piedi lì vicino, dopodiché la barra si librò in aria e si fermò all’altezza giusta perché il piccolo potesse appoggiarcisi.
«Funziona! Sono proprio un genio!» esclamò Bulma con soddisfazione.
Poi prese in braccio Trunks e comincio a canticchiare la sua canzone preferita, accennando dei passi di danza; non era certo una grande ballerina, ma bastava un lieve movimento per incollare gli occhi del saiyan alla sua figura ondeggiante, coperta da un vestito a fiori che le incorniciava le spalle, si stringeva assieme alla sua vita e scivolava poi morbido sulla sue forme generose.
Purtroppo per lui, dopo neanche un minuto ella interruppe il balletto e mise a terra il figlio, facendogli appoggiare le manine sulla barra.
«Ecco tesoro, appoggiati qui e prova a camminare»
«Non avevi detto che è ancora troppo piccolo per camminare?» chiese provocatoriamente il saiyan, rivelando la propria presenza.
Bulma sorrise felice nel vederlo, e rispose con tono altrettanto provocatorio:
«I bambini normali imparano più tardi, ma Trunks è figlio di una donna geniale»
«Mi dirai piuttosto che è figlio del principe dei saiyan» replicò Vegeta.
«Diciamo che è un bambino doppiamente speciale» concluse lei, allontanandosi dal bimbo che muoveva i primi passi.
Per molti minuti nessuno dei due pronunziò parola, gustandosi quel momento di pace e di complicità; Trunks andava faticosamente avanti e indietro attaccato alla barra, mostrando una determinazione decisamente insolita in un infante.
«Tesoro, riposati un pochino» lo invitò la madre cercando di prenderlo in braccio; lui però si aggrappò alla barra e iniziò a piagnucolare, rifiutandosi di cedere.
«Accidenti, e staccati!!! Ma quanto è forte questo bambino?!» sbuffò Bulma, iniziando ad avere il fiato corto.
Vegeta scoppiò a ridere osservando gli inutili sforzi della donna che, con le guance rosse ed il viso alterato, strattonava invano un irremovibile Trunks.
«E tu aiutami invece di ridere!!!» urlò lei di rimando.
«Perché dovrei impedirgli di allenarsi? Anzi, il moccioso si sta dimostrando molto in gamba. E poi dovresti essere contenta che abbia gradito così tanto il tuo regalo» rispose divertendosi a punzecchiarla.
«Bah, siete tutti uguali voi scimmioni, fate come vi pare!» si arrese lei, lasciando andare il mezzo saiyan e tornando al fianco di Vegeta.
In realtà però non era di malumore, anzi le sembrava incredibile che il principe si interessasse così tanto a suo figlio da assistere ai primi passi.
Ripensò a tutte le volte in cui aveva desiderato una famiglia normale, a tutti i momenti di sconforto durante la gravidanza, alla nascita di Trunks avvenuta in assenza di Vegeta, alla rapida e sdegnosa occhiata con cui quest’ultimo aveva preso atto di avere un figlio mezzosangue, alla sua partenza, alla paura che non tornasse più da loro…..
Improvvisamente sentì la propria voce chiedere:
«Non andrai più via, vero?»
Vegeta sussultò e girò la testa di lato, trovandosi a fronteggiare lo sguardo deciso e quasi severo di due occhi azzurri.
«Non andrai più via, vero?» ripeté la donna «resterai con me e Trunks?»
«M-ma cosa ti viene in mente di chiedermi, così all’improvviso?»
«Ho bisogno di sapere che resterai» riprese lei in tono accorato.
Non si era mai lasciata andare in quel modo con il principe, non gli aveva mai parlato apertamente dei propri sentimenti, perché sapeva che lui non poteva comprenderli e che forse l’avrebbe persino derisa.
Adesso invece il suo cuore non ce la faceva più a trattenersi, mentre la ragione le diceva che il saiyan era cambiato e che poteva finalmente aprirsi di più con lui.
«Quando sei andato ad allenarti nello spazio, a volte mi veniva la paura che non saresti tornato» confessò «allora per farmi forza mi dicevo che saresti tornato per sconfiggere i cyborg e Goku.
Ma dopo? Cosa avresti fatto dopo? Sapevo…Speravo di essere la tua sposa, ma sapevo anche che stare vicino alla famiglia non è una priorità per un saiyan.
Temevo che tu sparissi per sempre dalla mia vita, dalla nostra vita» indicò Trunks «e non so come sarei riuscita ad andare avanti»
Vegeta vide con orrore gli splendidi occhi azzurri della sua sposa riempirsi di lacrime, ed era uno spettacolo  completamente nuovo per lui, perché Bulma non si era mai concessa il lusso di piangere in sua presenza.
In passato la cosa non l’avrebbe turbato, probabilmente gli avrebbe solo confermato che i terrestri sono degli sciocchi sentimentali, ma in quel momento si rese conto che non poteva sopportare di vederla così.
«M-ma che diavolo ti viene in mente?!» sbottò «perché dovrei andarmene? Nello spazio conosciuto non è rimasto nessuno in grado di tenermi testa, e poi se Kakaroth si farà riportare in vita voglio essere qui ad attenderlo»
Bulma tirò un respiro profondo e ricacciò indietro le lacrime, mentre Vegeta rincarava la dose:
«Inoltre nessun pianeta dispone di una gravity room come quella che hai costruito, sarei un vero idiota se me ne andassi di nuovo!»
Quest’ultima frase la mandò in visibilio perché vi lesse tra le righe anche quello che egli non diceva a parole, cioè che stava bene con la sua famiglia e che sarebbe stato un idiota a lasciarli.
Il viso della giovane fu illuminato da un sorriso radioso, mentre gli occhi ancora umidi brillavano come due zaffiri incastonati su uno sfondo di puro avorio.
Il principe rimase a fissarla senza sapere cos’altro dire, e senza nemmeno accorgersi che si stava avvicinando sempre più a lei.
Era da settimane ormai che cercava di trattenersi, di non stringerla nuovamente tra le braccia suggellando così il patto che li legava, ma la cosa diventava ogni giorno più difficile.
Bulma non era mai stata un semplice passatempo per Vegeta, non era mai stata l’equivalente di una ragazza rimorchiata in discoteca e dimenticata il mattino dopo; anche quando ancora non sapeva e non voleva amare, il nobile saiyan sapeva giudicare il valore di una persona e lei lo aveva colpito con la sua intelligenza, il suo coraggio, la sua capacità di comprenderlo.
Lo aveva coinvolto in battibecchi che diventavano sfide e lo stimolavano a dimostrarsi il più sagace, aveva portato una ventata di freschezza nelle sue giornate faticose, era riuscita a farlo ridere nonostante il pensiero fisso della superiorità di Kakaroth che lo amareggiava.
Il fascino emanato dalla personalità della donna aveva agito come una miccia per il fisico già esplosivo di cui madre natura l’aveva dotata, e per la prima volta in vita sua il principe dei saiyan si era appassionato a qualcosa di diverso dal combattimento.
Ne era scaturita un’alchimia che li aveva avvinti per un intero anno, finché il concepimento di Trunks aveva portato Bulma a riflettere sulla mancanza di amore che minava la sua relazione, e sulla necessità di dare al bambino un padre che si occupasse di lui.
Nello stesso periodo Vegeta sentiva ticchettare le lancette del tempo, sentiva avvicinarsi lo scadere dei tre anni ed il momento del suo confronto con Kakaroth senza avere ottenuto la trasformazione nel guerriero leggendario; aveva colto al balzo la rottura con Bulma come occasione per concentrarsi completamente sul suo obiettivo, e per molti mesi ci era riuscito perfettamente. 
Anche se abitavano nella stessa casa, anche se aveva sotto gli occhi il ventre sempre più gonfio in cui cresceva suo figlio, aveva mantenuto un cuore duro come pietra e le rivolgeva la parola soprattutto per questioni tecniche.
Infine aveva raggiunto il suo traguardo, si era coperto dell’oro leggendario ed era andato a perfezionarsi nello spazio, per poi tornare trionfante a dar battaglia sui campi della terra.
Chissà quando il pensiero di lei aveva fatto nuovamente capolino nella sua mente assetata di vendetta?
Probabilmente, anche in questo, Future Trunks aveva avuto un ruolo determinante: il ragazzo era molto devoto a sua madre e gliela nominava spesso, senza contare che bastavano i suoi occhi limpidi a richiamare colei da cui li aveva ereditati.
Vegeta aveva provato nostalgia per la terrestre, ma l’aveva soffocata pensando alle importanti battaglie che ancora doveva combattere.
Sennonché finite le battaglie, partito Future Trunks, superato lo sconforto per la morte di Goku, il pensiero di Bulma non lo aveva più abbandonato; anzi, il suo corpo aveva ripreso a gravitare come un magnete attorno a quello della donna, con un’intensità perfino maggiore rispetto a quando si erano messi insieme.
Erano riemersi i ricordi…..
Ricordava dita sottili che si facevano strada nella sua folta chioma di saiyan.
Ricordava il sapore dolce delle sue labbra.
Ricordava un respiro bollente accanto al proprio orecchio.
Ricordava il profumo della sua pelle.
Ricordava due seni morbidi sotto le proprie mani.
Ricordava i mille sentieri che aveva tracciato lungo la sua schiena, sentieri che confluivano tutti in una lieve vallata per poi risalire in colline che offrivano la soffice resistenza dei suoi glutei.
Ricordava due gambe di gazzella annodate attorno al proprio bacino.
Ricordava quanto fosse tenero il ventre di lei contro il proprio addome scolpito.
Ricordava le unghie della terrestre conficcate nella sua schiena quando si aggrappava a lui.
 
Ricordava il proprio nome pronunciato in un singulto….e ricordava che a volte ella sembrava sul punto di volergli dire qualcos’altro, ma poi richiudeva le labbra e non lo diceva mai.
Ricordava....troppo.
Troppo, maledizione.
Era come se un immenso ghiacciaio si stesse gradualmente sciogliendo, come se avesse formato un fiume rigoglioso che scendeva impetuosamente a valle, trascinando il suo corpo e la sua mente in quella folle corsa.
Non capiva perché, dopo tanti mesi in cui era riuscito a non pensare per niente a Bulma, adesso al contrario non poteva più togliersela dalla testa; semplicemente era entrato in gioco il più potente afrodisiaco mai esistito: l’amore.
 
  
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