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Autore: selene87    29/10/2007    12 recensioni
Ultimo capitolo
Questa è una storia che parla del Destino. Del Caso. Ma da soli non basterebbero. Questa è una vicenda che narra di un attimo. Un baleno che per magia compare, sorprendendoci, e che bisogna afferrare prima che svanisca per sempre. Basta quel battito di ciglia per cambiare la nostra vita. Cercare una cosa, per trovarne un’altra. Avere il coraggio di seguire una sensazione.  “Hermione, tu hai colto l’attimo?”
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Serendipity

 

 

 

 

 

 

-A Barbara.

Una persona stupenda.

Un’Amica unica.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chapter One

First light”

 

 

 

 

 

«Tutti quelli che se ne vanno ti lasciano sempre addosso un po' di sé... È questo il segreto della memoria? Se è così allora mi sento più sicura perché so... che non sarò mai sola...»

                               (dal film La finestra di fronte”)

 

 

 

 

 

Q

uesta è una storia che parla del Destino.

Del Caso.

Ma da soli non basterebbero.

Questa è una vicenda che narra di un attimo.

Un baleno che per magia compare, sorprendendoci, e che bisogna afferrare prima che svanisca per sempre.

Basta quel battito di ciglia per cambiare la nostra vita.

Cercare una cosa, per trovarne un’altra.

Avere il coraggio di seguire una sensazione.

 

“Hermione, tu hai colto l’attimo?”

 

 

***

 

Il sibilo che da giorni la tormentava era diventato estremamente fastidioso.

Avvertiva il calore del sole mattutino infrangersi prepotentemente contro le palpebre ancora chiuse. L’impalpabile tocco dei suoi raggi le solleticava le gote.

 

Era giunto il giorno e con esso il momento di svegliarsi.

 

***

 

Aprire gli occhi non le era mai sembra più difficile.

 

Nuovo.

 

La luce filtrava attraverso le tende bianche poste a quell’’unica finestra presente nella stanza.

Nonostante fosse tenue e fioca, la costrinse a serrare gli occhi, abbagliandola.

 

Sbattè più volte le palpebre per ambientarsi a quel nuovo chiarore.

Un tedioso ticchettio proveniva da quei macchinari posti ai lati del letto in cui giaceva.

 

Fece scorrere attentamente lo sguardo su ciò che la circondava.

 

Le pareti della stanza erano di un grigio chiarissimo.

 

Bianco.

 

Un chiaro telo faceva da sipario tra le due estremità della camera.

 

Tutto era di un opprimente bianco.

 

Come bianca era la cortina di nebbia che le offuscava la mente, confondendola.

 

L‘usuale torpore del risveglio avvolgeva ogni singola parte del suo corpo.

 

Aveva difficoltà a muovere le gambe.

Come se fossero state immobili per troppo tempo.

 

Con eccessivo sforzo, riuscì a mettersi seduta nel mezzo del letto, cercando di stringere i pugni, ma si sentiva troppo debole per farlo.

 

La sua mente era troppo intorpidita per ricordare il perché fosse lì.

Come se fosse oltremodo stanca.

 

Eppure, quel senso di spossatezza la tormentava.

La induceva a posrsi domande.

 

Dov’era?

Perché era lì?

 

Cercava le risposte nella sua mente.

Erano lì – dovevano essere lì – ma, appena vi si avvicinava, tutto spariva.

 

Quel senso di confusione l’angosciava.

 

Più si sforzava, più la testa le cominciava a farle male insistentemente, inducendola a socchiudere gli occhi.

Portò una mano alle tempie e solo allora si accorse di portare delle bende.

 

Spalancò gli occhi repentinamente.

 

Era stata la sorpresa.

Il dolore.

O forse il senso di allerta che aveva provato nel sentire il rumore di una porta che veniva gentilmente richiusa.

 

Un colpo impercettibile, ma lo aveva avvertito.

Come se tanta accortezza fosse abitudinaria.

Metodica.

 

In quello stesso istante una donna varcava la soglia della camera lasciando cadere la biancheria che portava.

Nel vederla sveglia, un piccolo grido di sconcerto le sfuggì dalle lebbra.

Continuava a fissarla a metà tra lo stupito e lo spaventato, prima di voltarsi e sparire al di là della porta.

 

Perché?

La sentiva pronunciare parole allarmate, chiamare qualcuno.

“Presto! Qualcuno alla 121” – schiamazzava senza sosta.

 

Perché?

 

“Aiuto” – in quel momento avrebbe voluto urlare.

Se solo non sentisse la su voce provenire da troppo lontano.

 

Avrebbe voluto gridare, qualsiasi cosa.

Perché non ricordava.

 

Avrebbe voluto sentire qualcuno pronunciare il suo nome.

Perché non lo conosceva.

 

Chi era?

Non lo sapeva.

 

Alla luce di questa assurda consapevolezza, sentì qualcosa dentro di sé spezzarsi.

Fu questione di pochi attimi e la nube bianca che le ottenebrava la mente riuscì a varcare quel labile confine infranto, avvolgendo la realtà.

 

Gli occhi le si chiusero contro la sua volontà, improvvisamente stremata.

Intorno a lei solo il Nulla.

 

Il Nulla dilaga irrefrenabile.

Confonde.

Annienta ammaliandoci.

E noi restiamo immobili, cessando di Credere.

 

***

 

Dei passi continuavano a susseguirsi pesantemente, accavallandosi l’un l’altro nervosamente.

Qualcuno camminava su e giù per la stanza.

 

“Dovremmo dirle tutto.” – sbottò improvvisamente una voce maschile.

 

Un vociare confuso – ansioso e preoccupato – le giunse alle orecchie.

 

“Ma sei impazzito? Ne soffrirebbe troppo” – qualcuno si avvicinò al letto, carezzandole la guancia.

 

Il suo tocco era gentile.

Il suo profumo fresco.

La sua voce un dolce sussurro.

 

Ma per la sua mente – i suoi ricordi – risultava una perfetta sconosciuta.

 

Le palpebre erano ancora troppo pesanti per riuscire a sollevarle.

 

Forse non voleva svegliarsi.

L’incubo, però, era già iniziato.

 

L’eco dei passi irrequieti cessò, cedendo il posto ad amare parole.

“Soffrirà ancora di più se non le diciamo la verità”

 

Silenzio, acuto e lancinante come il dolore che provava.

Mai aveva avvertito un simile strazio, ma non poteva esserne sicura.

 

Non sapeva.

 

Un insopportabile peso all’altezza del petto la costrinse ad aprire lentamente gli occhi.

Era già sera inoltrata, quando si accorse di essere ancora stesa nello stesso letto in cui si era risvegliata quella stessa mattina.

 

Un uomo ed una donna si fronteggiavano poco distanti dal letto.

Si lanciavano sguardi torvi, non curandosi della sua presenza, fin quando non si accorsero del suo risveglio.

 

“Hermione.” – l’uomo accorse al suo giaciglio, gettandole le braccia al collo.

Dovette trattenersi per non farle male, ma la gioia di vederla finalmente sveglia era immensa.

 

Era troppo tempo che attendevano notizie.

 

Quella mattina, però, finalmente era giunta la chiamata dall’ospedale.

 

“Sua figlia si è risvegliata.”

Aveva fatto fatica a credere a quelle parole.

 

Il Nulla ci consuma e la disperazione ci circonda.

 

Eppure la sua adorata figlia era lì, tra le sue braccia.

 

La ragazza, intanto, lo osservava smarrita.

Con aria circospetta.

 

Hermione” – ripetè tra sé e sé.

 

Quindi era quello il suo nome?

 

Così armonioso nel pronunciarlo.

Così caldo nell’ascoltarlo.

 

Era così felice di aver conosciuto il suo nome, che avrebbe voluto rispondere all’abbraccio di quell’uomo con altrettanto ardore, ma non ci riusciva.

 

Non ne aveva ancora la forza.

Per rispondere.

Per reagire.

 

Si limitò a circondare le sue spalle con le esili braccia, mentre la donna era rimasta sulla soglia della porta, ad osservare la scena in silenzio, con una mano poggiata contro le labbra e gli occhi colmi di lacrime.

 

Aveva degli occhi di un ammaliante color ambra.

I capelli erano acconciati in modo tale da metter in evidenza i dolci lineamenti del viso.

Era d’avvero bellissima.

 

Con passi titubanti, appena i loro sguardi si incontrarono, la donna si avvicinò al letto.

 

“Come ti senti cara?”

 

Hermione la fissava intimidita, soppesando la risposta.

 

Disorientata.

Perché non sapeva chi loro fossero.

Confusa.

Perché ancora non capiva perché tanta apprensione.

Sconvolta.

Perché non sapeva dove si trovasse.

Smarrita.

Perché aveva perso sé stessa.

 

Eppure, come poteva deludere quelle iridi così calde e piene d’amore – per lei che non li riconosceva.

 

“Sto bene.” – rispose sorridendo.

 

Mentì, forse, però, quella menzogna bianca si sarebbe tramutata in una pura realtà.

 

“Mamma? P-papà? – domandò.

 

Esitante?

No, speranzosa.

Perché aveva bisogno di loro.

Del loro affetto.

O semplicemente aveva bisogno di qualcuno.

 

“Sì tesoro, siamo noi” – rispose, sorridendo, l’uomo seduto al suo fianco, sul bordo del letto.

No lo aveva notato prima, ma il suo sorriso era in grado di illuminare quella triste stanza grigia.

 

“Jane” – si rivolse alla moglie inginocchiata al letto –“vai a chiamare un medico, sbrigati.”

 

Ritornò ad osservare la giovane nel letto –“Andrà tutto bene ora.”

 

Hermione sorrise fiduciosa.

Forse, le cose sarebbero andate bene. Anche se non ricordava.

In fondo, cos’è un ricordo?

 

Il ricordo è una pietra che ostacola il cammino della speranza. (Kahlil Gibran)

 

***

18 gennaio.

Era passato molto tempo, ormai, da quando si era risvegliata in quella stanza di ospedale ed ora aveva ripreso la sua vita.

La vita di Hermione Jane Granger.

 

I medici le avevano diagnosticato un’Amnesia retrograda dovuta ad un trauma cranico severo.

I suoi genitori le avevano raccontato di un brutto incidente,avvenuto poco dopo l’estate.

Le capitava spesso di perdere coscienza o di cadere in confusione.
Spesso, addirittura, le riusciva impossibile svegliarsi.

Proprio come era accaduto il giorno in cui l’anno portata d’urgenza in ospedale.

L’incidente aveva creato dei danni al sistema nervoso centrale ed era rimasta in coma per oltre un mese. Orami tutti avevano perso le speranze.

 

Poi si era svegliata.

Improvvisamente.

In compenso, aveva perso tutti i suoi ricordi precedenti al trauma.

 

La ragazza, però, aveva fatto le sue ricerche – leggendo tutto sull’argomento – non perché non si fidasse dei medici o dei suoi genitori, ma perché non le erano piaciuti gli sguardi complici che si erano scambiati durante la visita.

 

Tutto quadrava, eppure sapeva che qualcosa non andava.

 

La discussione tra i suoi nella camera d’ospedale le riecheggiava ancora in mente.

Uno dei suoi primi ricordi.

Avrebbe fatto fatica a dimenticarlo,anche se avesse voluto. Quelle parole, però, non facevano altro che insinuarla nelle ombre del dubbio.

Indossare i panni di Hermione non le era costato molto, in fin dei conti.

 

Sembrava che la giovane non avesse un passato.

 

Uscita dall’ospedale aveva trascorso qualche settimana a casa dei suoi.

Le avevano mostrato vecchie photo, raccontato di viaggi e buffi aneddoti, cercando di farle rivivere quel frammento di passato che le mancava.

 

Tutto, però, terminava con suoi 11 anni.

 

Le photo erano andate smarrite durante il trasloco.

Gli aneddoti erano diventati meno piacevoli da raccontare perché lei era cresciuta.

Aveva provato a chiedere di amici e conoscenti, ma nessuno sembrava conoscerla perché aveva frequentato fin da piccola un’esclusiva scuola all’estero.

 

Scuse.

Pretesti inventati per nascondere qualcosa.

Ma cosa?

 

Anche quello che era il suo appartamento, dove vi era ritornata dopo numerose pressioni e discussioni, sembrava vuoto.

 

Non dava l’impressione di una casa vissuta, ma abbandonata a sé stessa.

 

Era situata nel centro di Londra.

Era abbastanza grande, ma priva di vita.

 

L’unica cosa che non mancava erano i libri.

Numerosi ed interessatissimi libri.

 

I giorni passavano lenti.

Le domande si accavallavano l’una sull’altra, pretendendo risposte.

 

Quesiti che sarebbero rimasti sempre irrisolti.

 

La lettura l’aiutava a distrarsi.

 

Proprio come quella domenica di gennaio.

Era fredda.

La neve scendeva in candidi fiocchi ricoprendo tutto con il suo manto bianco ed Hermione osservava quello spettacolo seduta sul divano posto davanti all’enorme vetrata.

Era il suo angolino prediletto.

 

La sua piccola finestra su quel mondo che le era estraneo.

 

Era totalmente immersa nella letture di romanzo noir, quando un soffio di aria fredda la colpì alla sprovvista.

 

Solo uno spiffero d’aria.

 

Forse c’era sempre stato ed aveva intenzione di rimediare.

Probabilmente non se ne era mia accorta.

 

Ma aveva importanza?

Quello spiffero d’aria la costrinse ad alzarsi dal divano e a dirigersi nella camera da letto, alla ricerca di una calda coperta.

Aprì l’armadio.

Non ne prese una a caso, ma prese quella verde.

Forse era il suo colore preferito.

Forse le sembrava più calda.

O forse le ricordava qualcosa, inconsciamente.

 

Quando l’aprì, però, qualcosa cadde dal suo interno.

 

La ragazza si chinò per raccogliere l’oggetto caduto.

 

Una busta.

Una di quelle vecchie, di pergamena, sigillate con la cera lacca.

 

Cosa ci faceva quella lettera nascosta in una coperta?

 

Basta un attimo per cambiare la nostra vita.

Per trovare un appiglio per andare avanti.

 

La rigirò tra le mani.

Non c’era il nome del mittente, ma quello del destinatario.

 

Hermione Jane Granger.

 

La lettera era per lei.

 

Afferralo e non te ne pentirai.

   
 
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