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Autore: BlackDrake    09/04/2013    2 recensioni
Su Tuchanka dopo migliaia di anni nasce un nuovo krogan, figlio del warlord Jorgal Kar, destinato a guidare il clan dopo suo padre. E' il giorno della sua iniziazione, ma qualcosa va storto nella prova e la sfida si rivela più grande del previsto. Jorgal Crom fa il suo primo passo nell'età adulta a 194 anni.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Una nuova nascita

Terreni del campo del Clan Jorgal. Una razzia nei confronti del Clan Khel si era appena conclusa con soddisfazione da parte dei guerrieri Krogan. Tornando a bordo dei carri Tomkah, sbraitanti, chiassosi, fucili in pugno e asce levate al cielo.
«I loro teschi hanno scricchiolato bene, Kar, vero?!»
Si complimentò un Battlemaster picchiando col calcio del suo fucile Striker sulla spalla di un compagno.
«Non potevano fare di meglio! Musica per le mie orecchie! Ah! Ah! Ah! Cos'abbiamo recuperato?»
Picchiò sul fianco del carro.
«Gamor, Tyton, Bleach, scendete giù!»
«Munizioni... carne di pyjak, qualche scorta di ryncol...»
«Ryncol? Ryncol hai detto? Salta giù, dobbiamo andare a festeggiare!»
Il gruppo si diresse nel sottosuolo della loro base, discendendo al di sotto delle fiere statue dei combattenti Krogan, costruite molti anni addietro. Erano nell'ombra a pochi passi dalla rampa polverosa dove la luce del sole veniva frenata in mezzo ai vortici sabbiosi. Un Krogan in abiti leggeri corse contro di loro, quasi li stesse caricando.
«KAR! Dove sei stato? Tuo figlio sta per nascere!»
«Oh, levati di mezzo, Sciamano. Cos'è? Il quinto forse? Devo andare a bere con i miei uomini.»
«Testa di Varren, che tu abbia più figli questo non fa la differenza! Le cerimonie sono sacre e sono quel poco che ci è rimasto della civiltà!»
Jorgal Kar spintonò il saggio senza farsi troppi problemi, sbuffando e dirigendosi all'accampamento militare.
«Civiltà mi dici? Questa, - allargò le braccia indicando le rovine intorno a loro, - civiltà?»
Lo Sciamano sbuffò nella sua direzione, saltando nella conca dell'accampamento. Kar non calmò il suo scetticismo, mentre gli altri scaricavano il bottino della scorribanda.
«Che certezze abbiamo che il piccolo sopravviva? Ne ho persi almeno 600 di pargoli da quando il mio quartetto ha iniziato a produrre seme! Sono stufo di ripetere la stessa cerimonia per ogni pupo!»
Rise, seguito con incertezza anche dai suoi.
«JORGAL KAR!»
Gridò lo Sciamano respingendo il Signore della Guerra con una spinta biotica. Subito i compagni del clan alzarono le armi e imbracciarono le asce. Kar si tirò dopo un po' sui gomiti. Fece un cenno per abbassare le armi.
«No... fermi. Se c'è una cosa che odio più di un parto... è trovare un altro Sciamano.»
Si rialzò e andò appresso al Krogan adepto. Gli appuntò le tre dita al petto e con un ringhio fece:
«Si può sapere almeno chi è la madre?»
«Balukah...»
Kar si limitò ad un cenno di assenso con la testa, abbastanza compiaciuto del nome che gli era appena stato detto.
 
Risalirono sui Tomkah per fare più in fretta. Kar non riuscì a guardare lo Sciamano per tutto il viaggio, preferendo grugniti e sbuffi per espletare le sue opinioni. Arrivarono ai terreni delle femmine. Kar scese in testa al suo piccolo gruppetto di cani da guerra. Il vento tirava forte, le tende sbattevano e si alzavano in mezzo alle rovine. Una delle femmine arrivò davanti al Signore della Guerra.
«Dov'è?!»
Chiese lui con poca cortesia.
«Da questa parte...»
Rispose la donna abbassando lo sguardo e indicando una tenda più grande delle altre. Kar fece cenno ai suoi, condotto dalla levatrice entrarono nello squarcio a V del padiglione. Già da poco fuori si potevano sentire i ruggiti e le grida della madre all'interno, dentro poi fu un piacere per le orecchie di Kar. Il Krogan si portò le mani ai timpani con espressione poco compiaciuta.
«Non mi ci abituerò mai a questo casino!»
«Jorgal Kar! Brutta bestia dalle tre palle, porta rispetto per il tuo bambino!»
Gli gridò addosso Balukah concentrandosi per un istante a non perdersi fra le doglie del parto.
«Ehm... capo, - disse uno dei suoi, - noi non possiamo restare fuori?»
Kar di tutta risposta gli tirò una pacca sulle spalle facendogli fare un passo in avanti.
«E perderti la nascita di mio figlio?! Giammai!»
Un sorriso malizioso e grottesco deformò il grugno del rettiloide. Lo sciamano si interessò subito alla gravida unendosi alle donne.
«Fatemi passare. Come sta Balukah?»
«Ha forti dolori. Ma è stabile. Ce la farà. Voglio dire: ce la faranno, sia lei che il bambino... pare che il vostro capo sia uno degli ultimi a possedere geni ancora abbastanza forti.»
Kar le puntò il braccio contro.
«No, sorella. E' semplice attività sessuale. Legge dei grandi numeri! Fottine 500 e in premio avrai 5 piccoli Jorgal tra i piedi!»
Era inorgoglito, ma anche abbastanza esasperato. La donna e lo Sciamano si guardarono perplessi, tirando un sospiro rassegnato entrambi. Jorgal Kar non era il massimo della specie, ma non si distoglieva dalla stragrande maggioranza dei maschi. Troppo concentrati a farsi guerra tra loro, per dedicare sano interesse alla riproduzione. Per Kar la nascita di un figlio equivaleva ad una eventualità legata al sesso, non alla speranza di sopravvivenza per la propria razza.
«Spingi Balukah. Resisti!»
La levatrice le porse la mano, mentre lo Sciamano si mise dall'altro lato recitando delle strane preghiere e agitando le mani, in cui si formò lentamente dell'energia biotica. Tra spasmi e dolori finalmente Balukah espresse un urlo liberatorio che nell'aria si trasformò in un vagito. Un'altra delle femmine prese il cucciolo tra le mani, umido e sporco, agitato e rabbioso.
«Ah! Mi piace come vengono su questa terra già con lo spirito guerriero! Forse questo mi piacerà più degli altri!»
«Datemelo qua.»
Richiese lo Sciamano prendendolo in braccio. Lo guardò bene, lo controllò. Poi sgranò gli occhi stupefatto. Kar si protese in avanti.
«Cos'è? C'è qualcosa che non va?»
Per la prima volta parve preoccupato.
«No. No. Tutto a posto. Al contrario...»
Fece per porgerglielo.
«...avrà i poteri!»
Kar lo prese con un sorriso.
«Come lo chiamerai? - chiese lo Sciamano.
Kar si girò e mentre lo alzava davanti ai Krogan gridò:
«CROM!»
 
Ogni Krogan era parte del Clan. Ma ogni Krogan era anche un po' una realtà a parte, lasciata a sé stessa. 193 anni più tardi per Crom non vi fu differenza. Suo padre era millenario e aveva vissuto ogni giorno uguale all'altro, spaccandosi la testa contro altri 10, 100, 1000 Clan dei territori circostanti. Poteva dire di averlo mai visto? Forse. A qualche evento particolare, come la celebrazione delle 100 conquiste, o all'uccisione del trecentomillesimo nemico. Oppure se stava per nascere per caso qualche altro suo figlio. Anche se in realtà Crom fu l'ultimo della sua prole a sopravvivere e a raggiungere la maggiore età. Kar aveva sparato l'ultima cartuccia buona quel giorno del 1989. Però per essere un Krogan maturo e adulto a tutti gli effetti gli restava una sola cosa da fare...
«CROM!»
Crom correva lungo le macerie che formavano una montagna naturale e dorata intorno ai terreni del Clan Jorgal. Al suo fianco il fedele mastino Varren dagli occhi arancioni come due mandarini e Snetch, un altro giovane Krogan dalla cresta sbeccata in seguito ad una caduta da un'altezza pressapoco simile a quella su cui si stavano inerpicando.
«CROM!!»
Ancora un altro passo. Ancora un altro e ce l'avrebbe fatta. La meta era così vicina, poteva quasi sentirla sotto gli artigli mentre il fiatone gli prendeva tutto il petto.
«Possiamo riprovarci domani, Crom, - la voce stremata di Snetch, diversa dal richiamo che continuava a provenire da valle.
«No, brutta testa crepata! Questa è la nostra battaglia! Questa è oggi, non domani! Non in futuro! Dobbiamo farlo ora! Dobbiamo sentirlo ora!»
Rise pieno di spirito e come invaso da un'euforia che spinse l'adrenalina nelle sue vene ad un battito più accelerato. Le sue zampe balzavano da un blocco all'altro, artigliando la polvere e facendola volare sul muso del suo cucciolo, il quale poverino starnutì perdendo per un attimo il passo nei confronti dei due bisonti.
«Ma continuano a chiamarti, Crom! E' lo Sciamano! Non puoi ignorarlo...»
«Vuoi avere un po' di buona fede?!»
Ringhiò l'altro accompagnato da un verso scocciato simile ad un brontolio. E poi con quattro falcate fu lì, sulla sommità, sull'ultimo tassello di quella piramide di detriti. La vista era senza precedenti. Spettacolare. Fece qualche passetto più avanti, scavalcando una voragine, andandosi a sedere sul ciglio più estremo ed ignorando le grida che finalmente apparivano troppo lontane per giungere definite.
Davanti a loro Tuchanka, un deserto infinito, cosparso dei resti di città e periferie di un'epoca lontana. Il colore chiaro della sabbia che ricopriva ogni cosa, la luce spettrale del sole di Aralakh, che rendeva il cielo ocra simile alle ossa ferrose che spuntavano dai cadaveri di quei palazzi, tra lastre di cemento e spranghe rossastre intrecciate a formare strutture simili a reti.
«Wow...»
«Allora, non è spettacolare come ti dicevo?»
 
«Sì... decisamente.»
Snetch finalmente riprese fiato dimentico del lamento lontano dello Sciamano.
«Bé, possiamo andare ora!»
Il mastino ruotò la testa incuriosito, Snetch fece un'espressione simile.
«Ma come? Dopo tutta questa fatica vuoi giù tornare?»
«Ho ottenuto quello che volevo e poi l'hai sentito quello...»
Indicò un punto imprecisato della valle iniziando la discesa a piccoli balzi sui blocchi di cemento chiaro.
Il suo amico era incredulo e scuotendo la testa lo seguì. Un attimo prima di andarsene però diede ancora un rapido sguardo all'inverno nucleare che li circondava. Non era tipo lui da andare in battaglia. Gli piaceva ispezionare i vecchi templi, andare in profondità nelle rovine, sfidare un branco di Varren, ma Snetch non era proprio un guerriero. Molti dicevano che sarebbe stato il nuovo Sciamano del clan Jorgal. Ma forse quel ruolo calzava più a Crom. Potente nello spirito quanto nell'arte dei poteri. La usava senza difficoltà, a volte semplicemente per divertirsi ed affascinare i Krogan più sedentari, che se ne stavano nel sottosuolo a sparare a qualche Pyjak di passaggio. Lui li intratteneva così, a volte sospendendo nel vuoto il suo Varren, altre creando luminescenze e bagliori negli angoli più bui, come tante stelle.
«Crom, sei peggio di tuo padre Jorgal Kar! Oggi non abbiamo tempo per gli scherzi. Oggi diventerai un adulto, entrerai a far parte del clan!»
Lo Sciamano blaterava nella penombra dell'arena, un luogo dove spesso si organizzavano combattimenti tra cani, ma poche volte anche quelli tra gladiatori krogan.
«Andiamo, allora! Che devo fare, vecchio? Chi devo uccidere? Cosa devo spolpare per avere questo beneamato privilegio? Parla!»
Sul viso del Krogan stregone comparve un ghigno. Agitò un po' la mano e poi gli fece cenno di seguirlo. Un po' confuso Crom lo seguì, ritornando di sopra, attraverso uno stretto arco buio. Lungo i corridoi intorno al teatro coperto c'erano dei pittogrammi che lo Sciamano mentre parlava illustrò.
«Ci sono 5 grosse bestie che si nascondono nelle cripte a nord del campo. Sono i mostri del sottosuolo klixen!»
«Oh, finalmente, si incomincia a ragionare! Vuoi che le faccia a pezzi? E che arma potrò usare?»
Era tutto impaziente, proprio come un bambino e di fatto per i Krogan lo era ancora.
«Con calma, Crom. Hai già scelto il tuo krantt? Ne potrà venire solo uno con te...»
«Naah, non c'è nessuno che possa fare al caso mio! L'unico mio amico è Snetch, e non gli piace combattere. E' un povero sfigato, più adatto a fare lo Sciamano. Mpf!»
Lo schernì, ma l'altro Krogan non fece una grinza. Era abituato da secoli a fare i conti con tali provocazioni.
«Ebbene, un krantt non è necessario che sia un guerriero. Esso basta ad ispirare un Krogan con la sua presenza e le sue grida di battaglia. Snetch andrà benissimo. Vedrai che ti sarà d'aiuto.»
«Ok, vecchio. Facciamo come vuoi. Ma ti avviso sono sufficiente a me stesso.»
Allargò la mascella in un sorrisone.
«Allora, le armi?»
«Scendi nell'arena, Crom. Ci sarà ciò che ti serve. Ah, un'ultima cosa, giovane Krogan, dovrai portarmi i loro artigli come prova.»
«Che? Non ti fidi di me, maghetto? Guarda che se vado là non è per farmi una scampagnata.»
Stava già scendendo le scale tornando al centro dell'anello. Lo Sciamano sorrise compiaciuto.
 
Cosa c'era al centro dell'arena, su un pulpito circolare, se non una semplice ascia cerimoniale krogan? Crom la afferrò per nulla impressionato, guardandola sprezzante. Rapidamente diede due falciate nell'aria, per studiarne il bilanciamento. Ringhiò accontentandosi di quel gingillo ed uscì fuori dall'edificio per rincontrare Snetch e il fedele Varren accucciato con la lingua a penzoloni.
«Che hai da guardare?»
Lo investì con un'occhiataccia.
Snetch si guardò attorno confuso.
«N-niente volevo solo sapere... com'è andata? Cosa dovrai fare?»
«Nulla. Solo una disinfestazione.»
Schioccò le dita e fece segno al cane di seguirlo.
«Coraggio, andiamo!»
Non sentendo i passi di un Krogan si girò.
«Dico anche a te! Sei il mio krantt!»
«Dici sul serio, Crom?!»
Non sembrava un tono entusiasta.
«No. Voglio solo usarti come esca. Ora vieni.»
Un Krogan non sapeva fare del sarcasmo. Alla fine suonava sempre serio. E forse in parte lo era.
Snetch galoppò sulla scia del mastino e del suo migliore amico, interrogandosi su quale laborioso incarico gli avevano affidato e cosa avrebbe potuto fare come krantt. Il percorso per le cripte era quasi del tutto coperto, lungo una strada all'ombra di pilastri che si incontravano al centro formando file di triangoli che gettavano un'ombra zebrata sul loro cammino. Crom non disse nulla, ma Snetch lo vide con in spalla quell'arma antica, che probabilmente gli aveva affidato lo Sciamano. Lo invidiava, almeno lui aveva qualcosa in mano, mentre lui con cosa avrebbe dovuto difendersi? Coi poteri? Sperò tanto che la disinfestazione non riguardasse i vermi del sottosuolo o i demoni volanti, ma vedendo il posto dove si sarebbero immersi sfatò questa preoccupazione. Dopotutto di cose volanti lì dentro non ce ne sarebbero potute essere e forse neanche vermi. Era il campo tombale, dove la strada veniva gradualmente affiancata dagli accessi alle catacombe, sopra i quali svettavano statue di eroici rappresentanti del clan. Non erano molti sepolcri, dopotutto i Krogan duravano molto, ma la maggior parte erano crepati nelle guerre contro i Rachni o durante la Ribellione. Crom deviò infilandosi in uno a caso dei mausolei.
 
Buio, senza fine e, contrariamente a quanto si possa immaginare, secco. Non ci poteva essere umidità su Tuchanka. Ogni possibile segno di goccioline d'acqua raccolte tra le fughe delle mattonelle significava la possibilità di piante, di vita, cosa neanche lontanamente possibile in quell'inverno nucleare. Persino i krogan non sudavano, nemmeno in situazioni così calde come questa. E Snetch ne avrebbe tanto avuto voglia, di espellere i suoi fetidi umori di paura. Che poi che grosso pericolo erano un paio di klixen affamati? Crom già li sentiva, aggirarsi come formiche orfane e vagabonde in cerca di una palla di succosa mollica.
«Fermo,» alzò il pugno stoppando l'amico dietro un angolo. Il mastino fiutò l'aria, «sento qualcosa.»
Anche Crom sniffò l'aria. Snetch preferì tendere l'orecchio mentre si accucciava a fianco del Varren.
«Sento anch'io. Ma non sembrano versi...»
In realtà qualche verso si sentiva, più simili a rantoli e suoni nervosi e spezzati, come un cane che ringhia e scotenna un'orso. Ciò che però aveva colpito Snetch era l'udire qualcuno vociare con un timbro profondo tipico dei krogan. Che qualcuno stesse già ripulendo l'area dai klixen? Forse erano membri di un altro clan.
«Sono altri krogan? Di un altro clan?»
Crom sbuffò dalle narici con aria riflessiva. Scosse la testa. Non disse una sillaba avanzando oltre lo spigolo e facendo procedere il varren. Snetch si fece avanti, aveva con sé un paio di barre luminescenti, le spezzò lanciandole sul percorso del quattro zampe. Non ne aveva molte, perciò cercò di risparmiarle raccogliendone una da ogni gruppetto e rilanciandola sempre più avanti. Ad un certo punto perse però di vista la bestia.
«Dov'è andato quel bastardo?»
Crom si girò di scatto, prendendo Snetch alla gola.
«Sta attento a come parli del mio cucciolo, Snetch, o ti ritroverai a fare da Sciamano di queste rovine.»
L'amico annuì trasalendo, poi sentirono entrambi un rumore particolare, come uno sgranocchiare, un brusio di fauci e denti che dilaniavano carne e materiale insolitamente rigido. Si avvicinarono cautamente verso la direzione del rumore. Snetch estrasse e buttò l'ennesima luminescenza verde. Nell'alone appassito di un angolo una grottesca ombra contorta fu proiettata sulle pareti. Il varren stava gustando famelico i resti di un klixen riverso sul dorso, le zampe chitinose aggrovigliate. Crom vi si inginocchiò davanti. Guardò attentamente quel cadavere. Prese il varren per una delle creste e lo spostò gentilmente. Uno dei tre grossi diti s'insinuò in un grosso foro irregolare e simile ad un grappolo d'uva.
«Fucili a pompa...»
«E lanciafiamme.»
Aggiunse Snetch, notando come metà del klixen fosse totalmente annerita. Il varren ignorandoli galoppò altrove. Snetch indietreggiò strusciando gli arti inferiori sul pavimento coperto di scaglie e pezzetti di carapace. Un'altra barretta fu gettata in un punto a caso.
«Ce ne sono degli altri. Una strage.»
Erano illuminati una decina di resti conciati nelle stesse condizioni.
«Sembra che qualcuno abbia fatto il lavoro al posto mio.»
Ridacchiò Crom staccando un paio di artigli da una zampa ben in vista.
«Che c'è? Vuoi andartene così? Non vuoi scoprire cosa è successo qui?»
«Ne so già abbastanza.»
Fece sicuro di sé il krogan, avviandosi già per le scale. Richiamò con un borbottio gutturale l'animale.
«Crom, non posso credere che accetti questo come tuo Rito!» protestò il krantt, «E disonorevole! Come puoi lasciare Tuchanka con questo sulla coscienza? Lo Sciamano merita di sapere. Ora te lo sto chiedendo io di seguirmi, perché andrò affondo nella questione.»
«Non essere così stupido, Snetch! Non sei un guerriero! Faresti bene a tornare con me al campo, prima di finire in un grosso pasticcio.»
Snetch sospirò scuotendo il testone.
«Dimmi solo una cosa... perché non credi siano predoni di un altro clan?»
Crom lanciò uno sguardo a lato scuotendo le spalle e apparendo un po' affranto.
«Me lo sento. Non vedo perché dei razziatori dovrebbero scendere qua sotto a fare fuori un po' di insetti e sollevare un po' la polvere. Se un clan rivale visitasse i nostri territori attaccherebbe direttamente il campo. Chiamalo... intuito da figlio del capo-clan.»
Non si dissero nulla di più. Crom risalì le scale insieme al varren, sperando che Snetch lo seguisse. Ma così non fece l'altro, imbracciando la direzione opposta.
 
Stava a metà scala quando si fermò.
“Dannato Snetch!” imprecò mentalmente. “Dannato! Dannato! E ancora dannato!”
Digrignò il rabbioso sorriso mentre il suo compagno a quattro zampe storceva la testa di lato emettendo un guaito curioso.
«Non lo lascio là sotto. Andiamo.»
Invertì la marcia scendendo rapidamente nella gola della tomba e borbottando fra sé e sé.
«Tornare senza krantt, questo sì che mi renderebbe disonore. E poi non voglio stare a sentire quello Sciamano se...»
Si zittì. Sentiva delle voci provenire da una camera adiacente a quella invasa dai resti klixen. Una fioca luce sembrava provenire da un piano inferiore, su cui ci si affacciava tramite un spazio quadrato al centro della sala.
«Dobbiamo fare fuori questo curiosone.»
Tuonò una voce grottesca e cavernosa.
«Potremmo prima vedere quanto vale la sua vita.»
Si aggiunse una seconda, sempre ruggente come quella dei krogan.
«Uccidere! Uccidere! Fare soffrire curiosone!»
Completò la terna un sibilante vorcha. Crom finalmente si sporse da dietro di una delle colonne all'angolo di quel pozzo. Snetch era legato ad un pilastro, davanti a lui due mastodontici krogan con un'armatura rosso sangue, adornata di una coppia di vistosi pistoni metallici sulla gobba. Al centro un paio di vorcha, esseri più simili ad animali, che in realtà Crom non credeva di aver mai visto. Comunque quei brutti ceffi non sembravano di un altro clan. Troppo ben armati. Sulle spalle avevano poi una sorta di stemma, un teschio bianco. Nulla che gli ricordasse la rivendicazione di alcuna famiglia krogan.
«Potremmo venderlo al mercato nero come schiavo. Di passaggio potremmo lasciarlo ai batarian.» Continuò il krogan più misericordioso.
«No, non abbiamo tempo. Dobbiamo trasportare la bomba su Omega al più presto. I Sole Blu ci pagheranno bene e subito. Non voglio ritardi. Ora fai fuori questo ragazzino e andiamocene!»
Crom sgranò gli occhi. Stavano veramente parlando della vita del suo amico? Stava per scendere, buttarsi giù ed andare a fare il quartetto a quei due bisonti, che "il misericordioso" estrasse una robusta, almeno quanto lui, pistola e nonostante le preghiere di Snetch gli sparò quattro pesanti colpi sulla fronte. Certamente per un krogan uno non era abbastanza. Crom sibilò, un urlo strozzato gli si bloccò in gola. L'altro krogan era già sparito. Rimanevano solo i vorcha ed "il misericordioso".
Si alzò e fece roteare l'ascia in pugno. Non l'avevano nemmeno lasciato parlare, erano stati degli spietati assassini, più disumani di qualunque clan di predoni. Che diavolo di krogan erano quelli? Da dove venivano? Cos'era Omega? Bastò uno sguardo verso il cane-pesce e questi capì di andare all'attacco. Balzò giù dall'apertura piombando su un vorcha, travolgendolo mentre esplodeva colpi alla rinfusa dalla sua mitraglietta. Emise un grido ancora più bestiale del normale, facendo in tempo ad allarmare un suo compagno, che si girò per capire cosa stesse succedendo al soffitto. Guardò lì appena in tempo per ricevere in faccia uno dei piedi di Crom. Crom gridò, ruggì così forte da far scuotere le pareti.
«E tu chi diavolo...?» Il krogan misericordioso fu travolto da una carica del giovane.
«IO SONO CROM!»
Gridò mentre lo sfondava, sbattendolo contro il pilastro su cui era legato Snetch, frantumandolo e facendo scivolare l'amico col suo peso morto. Un ultimo vorcha provò ad imbracciare il proprio fucile a pompa, lo puntò contro Crom, ma il mastino difese il suo padrone, arpionando con i lunghi canini incurvati le braccia del selvaggio guerriero.
«Ah! Dolore! Bestia!»
Si scosse tutto cercando di liberarsi dalle fauci, abbandonando il fucile in terra. Crom intanto assalì a colpi di ascia l'impenetrabile corazzatura del mercenario. Capì che era inutile ed assestandogli un colpo con il manico dell'arma lo stordì, volando sul cannone lasciato cadere dal vorcha. Sparò in successione al vorcha, ai suoi simili ed infine al misericordioso, sfasciandogli il cranio con una pallonata di proiettili a frammentazione. Ancora un urlo liberatorio uscì dal pozzo dentato che aveva a posto della bocca.
«Snetch!»
Corse sul corpo del futuro Sciamano. Ma non c'era più futuro per Snetch, ormai era troppo tardi. Ringhiò, raccolse le sue armi e andò verso l'unica direzione possibile. Un lungo corridoio che portava verso l'uscita. Corse affiancato dal varren, sbucò su un piazzale polveroso appena in tempo per vedere una fila di vorcha imbarcare su una nave uno strano oggetto metallico e cilindrico. Il portellone si richiuse velocemente, mentre già quella navetta prendeva il volo, scomparendo tra le sabbie di Tuchanka, lassù verso il sole nero. Un'altra nave era rimasta. Probabilmente della squadra che aveva decimato. Voleva andare a caccia, corse come un bufalo verso il velivolo. Era tutto chiuso e non aveva idea di come entrarci, così tirò pugni a caso, lamentandosi come un bambino.
«Apriti, stupida lattina! Apriti! Apriti!»
Inveì a lungo, finché una passerella sbucò e la pancia della lattina si aprì. Evidentemente insultare funzionava. Galoppò su con la bestia, ancora più curiosa di lui. Si sedette ai comandi e qui ci fu un'altra serie di insulti e pugni sulla console.
«Benvenuti. Avvio rotta automatica.»
Crom si spaventò leggermente. Una voce femminile uscì dal nulla.
«Che stregoneria è questa?!»
«Destinazione: Omega.»
L'accesso si richiuse, la nave si sollevò. Ma Crom, degli Jorgal, già sorrideva. Aveva sentito la parolina magica: Omega.
   
 
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