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Autore: Raika    18/04/2013    2 recensioni
Sono passati quattro anni da quando gli Snow Kids hanno vinto la Galactik Football Cup. Sono passati quattro anni da quando Bleylok è morto e il Meta-Flusso scomparso.
Ma se il Meta-Flusso non fosse completamente sparito? Se esistesse ancora una persona con esso? Cosa succederebbe se Blaylok, di ritorno dal mondo dei morti, riscisse ad impadronirsene e scoprisse qualcosa che va oltre le sue più rosee aspettative?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Figlia di Aarch

Artegor osservava i suoi ragazzi all’interno dell’olo-trainer focalizzando in particolar modo la sua attenzione su Caren, la quale si stava dimostrando tutt’altro che concentrata, quando per l’ennesima volta l’olo-comunicatore suonò annunciando una chiamata in arrivo.
Innervosito accettò la telefonata e di fronte a lui apparve il mezzo busto del tizio della reception, che solo nell’ultima ora aveva visto comparire almeno una decina di volte, e fulminandolo con lo sguardo sibilò «Che accidenti c’è adesso?!»
L’uomo deglutì e allentandosi nervosamente il colletto della divisa, balbettò «Signor Nexus, mi perdoni per l’interruzione, l’ennesima, ma.. I giornalisti hanno praticamente preso d’assalto la hall dell’hotel e.. gli altri ospiti si stanno innervosendo.. Quindi.. Il direttore si chiedeva se lei..»
Artegor incenerì il povero impiegato e stringendo i bordi del suo computer urlò «Non mi importa un fico secco degli altri ospiti! Ho già detto che non rilasceremo interviste prima della conferenza stampa!»  
«Lo so signore, ma loro insistono e..»
«E allora trova un modo per tenerli buoni, razza d’incompetente!» esclamò l’uomo, voltandosi poi verso lo schermo dell’olo-trainer dove la giovane Merensi si era appena lasciata sfuggire l’opportunità per una potenziale azione, ed urlando «Dannazione Caren! Ma dove accidenti hai la testa?!»
L’impiegato della reception face una smorfia, poi continuò «Quindi signore..»
«Sei ancora qui?! Datti una mossa!» ordinò l’allenatore terminando la sessione di allenamenti.
«Certo signore! Farò del mio meglio, signore!»
«Ti conviene» lo liquidò Nexus interrompendo bruscamente la comunicazione.
L’olo-trainer iniziò a scomparire e prima ancora di riuscire a vedere i ragazzi Artegor sentì la furiosa voce di Sinedd urlare «Persino un moccioso sarebbe riuscito a calciare in porta quel tiro!»
«Non l’ho certo fatto a posta a mancarlo, sai?!» rispose altrettanto arrabbiata Caren.
«Però lo hai fatto!»
La ragazza spalancò la bocca per rispondere, ma l’allenatore fu più veloce di lei e sbattendo i palmi sul computer esclamò «Fatela finita! Immediatamente!»
I due ragazzi, così come il resto della squadra, si voltarono verso di lui, il quale fulminandoli entrambi con lo sguardo sibilò «A quanto pare non vi sono ancora bastate le ore supplementari che vi ho fatto fare per imparare ad andare d’accordo. Credo proprio che da domani riprenderanno.»
«Cosa?!» esclamò Sinedd imprecando. «Grazie tante Caren!»
«Non c‘è di che, Sinedd!»
Sentendo il tono con cui lei aveva pronunciato quelle parole il ragazzo si alterò ancora di più e portandosi a pochi centimetri dalla compagna esclamò «Abbassa la cresta ragazzina!»
«Altrimenti che fai?!» rispose Caren sostenendo la sua glaciale occhiata.
«Non mi sfidare. Non ti conviene.»
«Ah, bella questa! Ma che paura..» iniziò a dire la ragazza venendo però interrotta nuovamente da Artegor, il quale urlò «Ehi, dateci un taglio! Adesso!»
I due giovani continuarono a fissarsi in cagnesco per alcuni attimi, poi distolsero lo sguardo l’uno dall’altra e un teso silenzio scese nella stanza.
Silenzio che venne interrotto dall’allenatore: «Voi avete bisogno di darvi una calmata, entrambi.
  «Ad ogni modo, nonostante non approvi che Sinedd pretenda di fare il mio lavoro, mi trovo costretto a dargli ragione Caren, quello era un passaggio stupido, chiunque sarebbe stato in grado di mandarlo a segno.»
La ragazza sospirò, aveva perfettamente ragione. «Mi dispiace mister, ero distratta.»
«E con “ero distratta” risolve tutto» borbottò indispettito il numero 11 degli Shadows.
«Fa silenzio Sinedd!» ordinò Artegor. «Non basta un “mi dispiace, ero distratta”, Caren. Non ti ho presa nella mia squadra per farmi rifilare qualche patetica scusa alle prime difficoltà. Se è così che lavori allora puoi tornare a fare la cameriera perché non c’è posto qui.»
Quelle parole colpirono Caren come uno schiaffo in pieno volto, non era così che voleva che la vedessero, non era una ragazzina piagnucolosa che al primo ostacolo arrancava giustificazioni per difendersi. Non lo era mai stata.
«Non stavo cercando una scusa per il mio comportamento.»
«Bene, allora dimostralo. Non me ne faccio niente di qualche parola, voglio fatti Caren, fatti concreti. Io voglio vincere la Galactick Football Cup e per farlo ho bisogno di giocatori all’altezza, pensi di esserlo?»
«Credo di averglielo già dimostrato, coach.»
Artegor sorrise, fissando i fieri occhi di lei accendersi di sfida. Era quella la ragazza che aveva portato nella sua squadra, quella era la giovane che voleva.
«Ricordati chi sei allora.»
Lei annuì. «Lo farò.»
«Bene, adesso andate, per oggi abbiamo finito. E Caren, fatti trovare pronta tra un’ora per la conferenza stampa.»
«Si, mister.»
Poco alla volta i sette giocatori uscirono dalla sala allenamenti per dirigersi ognuno alla propria camera, ansiosi di scrollarsi di dosso tutta la tensione degli ultimi minuti: quando Artegor ammoniva i suoi giocatori non lo faceva mai in modo gentile.
Gli ultimi a lasciare la stanza furono Caren, Sinedd e Nilli, il quale avrebbe preferito essere in qualsiasi posto tranne che lì in quel momento. Lo Shadows infatti conosceva fin troppo bene il ragazzo e sapeva che da lì a qualche secondo avrebbe detto o fatto qualcosa che avrebbe fatto infuriare nuovamente la bionda, scatenando l’ennesima lite.
Sinedd infatti, come Nilli aveva supposto, prese la ragazza per un braccio e fermandola esclamò «Si può sapere a che gioco stai giocando?!»
«Di che accidenti parli?» rispose lei scostando bruscamente la sua mano.
«Non stai combinando niente di buono! Non voglio perdere a causa tua!»
«Ho già detto che mi dispiace! Ero distratta, ma non succederà più.»
«Certo come sempre..» disse seccato il ragazzo riprendendo per la sua strada.
Nilli vide gli occhi di Caren, risotti a due fessure, fiammeggiare: non prometteva niente di buono.
La giovane, infatti, correndo dietro al compagno di squadra lo fermò esclamando «E con questo cosa vorresti dire?!»
Sinedd la guardò dritto negli occhi, per niente intimorito dalla furia che vi si poteva leggere. «Che ogni volta c’è qualche scusa diversa.»
«Qualche scusa?! Mi si è ripresentato davanti dopo nove anni il padre che mi ha abbandonata, perdonami se questo mi crea un po’ di disagio!
  «Ma ovviamente per te è solo una stupidaggine! Un qualcosa su cui è facile passarci sopra! Mi sembra ovvio! Perché tu sei un egoista! Un’insensibile egocentrico a cui importa soltanto di te stesso!» urlò lei, con gli occhi umidi.
Quelle parole sembrarono colpire Sinedd più di quanto Nilli si sarebbe mai aspettato, nei suoi occhi, infatti, comparve un velo di dolore, un qualcosa che mai prima di allora era fuoriuscito così prepotentemente.
«Sai qual è il tuo problema?!» rispose poi Sinedd. Era stranamente calmo, ma la sua voce era tagliante. «Tu ti lamenti tanto di quanto la tua vita sia stata ingiusta, di come sia stato crudele tuo padre ad abbandonarti, ma quando lui viene a cercarti per poter sistemare le cose, scappi.
   «Sai qual è la verità Caren? Che sei una ragazzina piagnucolosa e che tutta questa situazione ti fa comodo. In questo modo, da piccola vittima, non dovrai preoccuparti di essere all‘altezza, sarà tutto facile, tutto perdonato.. Qualsiasi errore non ti verrà fatto pesare, perché sei la povera figlia abbandonata dal tremendo padre.»
Ciò che successe dopo avvenne così velocemente che a stento Nilli, Caren o Sinedd seppero ricostruirlo con precisione in futuro: nel momento stesso in cui il giovane finì di parlare uno schiocco rimbombò per tutto il corridoio lasciando i due ragazzi a bocca aperta.
Nilli trattenne il respiro vedendo gli occhi del compagno di squadra infiammarsi, per poi prendere per le spalle Caren e spingerla verso il muro, guardandola dritto negli occhi.
Per vari attimi i due di fissarono: il glaciale sguardo di lei in quello iracondo di lui. Non c'era paura nei loro gesti, soltanto rabbia.. rabbia e dolore.
«Non permetterti mai più di giudicarmi, Sinedd. Tu non sai niente di me, niente di niente!» sibilò Caren.
La ragazza sentì una grande rabbia crescere dentro di sé e per un attimo pensò che lo Smog sarebbe comparso, percepì poi come una vibrazione percorrerle tutto il corpo e senza che se ne rendesse conto un alone blu-violaceo l’avvolse. Nilli se ne accorse, non era la prima volta che il flusso assumeva un aspetto strano in lei, ma non fu quello a preoccuparlo: se Caren avesse usato lo Smog per colpire Sinedd la Lega l’avrebbe senza dubbio squalificata e nella situazione in cui gli Shadows si  trovavano non potevano permettersi di perdere un altro giocatore, non uno del suo calibro.
«Ragazzi» disse così il centrocampista mettendo le mani sulle loro spalle per separarli. «Adesso calmatevi, forza.»
Nel momento in cui le dita del compagno di squadra la sfiorarono, l’alone intorno alla ragazza scomparve facendola sussultare e per un attimo si sentì estremamente debole.
«Siamo tutti stanchi e nervosi, è meglio andare a riposarsi» continuò Nilli, guardandoli uno ad uno.
Caren lanciò un’ultima occhiata a Sinedd, con un misto di rabbia e dispiacere, poi scansando il compagno di squadra se ne andò verso la propria camera.
I due Shadows la osservarono sparire oltre la porta e quando il centrocampista si voltò verso il compagno vide nei suoi occhi qualcosa che mai prima d’ora aveva visto: Sinedd sembrava quasi dispiaciuto.
Che Caren fosse riuscita a scalfire quella costante maschera da duro che Sinedd amava così tanto indossare?
«Credo che tu abbia un po’ esagerato questa volta.»
Il ragazzo gli lanciò un’occhiata sprezzante, poi si allontanò.
Nilli osservò Sinedd dirigersi verso la propria stanza, lo vide camminare stringendo i pugni, segno che la rabbia era ancora forte, ma quando fu di fronte alla porta della ragazza si fermò. Fu solo un attimo poi riprese il suo cammino, ma fu abbastanza per dargli  la conferma di ciò che supponeva: anche se Sinedd non lo avrebbe mai ammesso, la sua facciata da duro era stata minata e presto o tardi quella piccola crepa avrebbe fatto cedere tutto il muro che vi si ergeva intorno.

Il Respiro fluì dal corpo di Aarch il quale, forte del suo flusso, corse verso la porta avversaria dove Addim e Norata lo attendevano, pronti a bloccarlo.
Il ragazzo sorrise alla fidanzata, poi calciò, ma il suo lancio venne intercettato da suo fratello il quale con un potente destro lo rispedì a centrocampo. Ad accoglierlo fu Daarin, il loro secondo centrocampista, il quale si diresse veloce verso la porta. Aarch, nonostante si fidasse ciecamente dei suoi due compagni di squadra, evocò il respiro per raggiungerli, osservando Miriana e Artegor correre verso Daarin per intercettarlo. Il giovano trovandosi circondato calciò il pallone sopra la sua testa e con un poderoso salto lo spedì verso la porta.
«Miri, Artegor!» esclamò Aarch.
I due giovani videro la sfera sfrecciare verso il loro portiere e la ragazza richiamando il respiro saltò all’indietro impedendo al colpo di andare a segno. Aarch esultò, era davvero uno dei migliori difensori della loro generazione, ma quando Miriana tornò a terra cadendo in ginocchio, la sua gioia si trasformò in preoccupazione.
«Miri!» la chiamò raggiungendola.
Tutti gli Akillians furono in un attimo da lei, così come il loro allenatore che preoccupato chiese «Miriana, che succede? Stai bene?»
La ragazza alzò la testa annuendo ed Aarch notò che era estremamente pallida, inquieto le porse la mano aiutandola ad alzarsi, mentre lei disse «Si mister, mi scusi devo essere un po’ stanca..»
«Sei sicura? Sei molto pallida..»
Miriana annuì tenendosi stretta al braccio di Aarch, il quale aggiunse «Mister, forse sarebbe meglio portarla in infermeria.»
«Si, hai ragione. Aarch accompagnala.»
La giovane provò a protestare, ma il ragazzo prendendola in braccio la portò via dal campo, verso l’infermeria dove la dottoressa Jodey la visitò.
«Miriana, a me sembra tutto a posto» decretò la donna dopo alcuni minuti. «Sei solo un po’ debole per via della stanchezza dovuta alla pressione di questi giorni, devi solo riposarti.»
«Grazie dottoressa» rispose la ragazza, poi voltandosi verso l’amico, facendogli la linguaccia, esclamò «Che ti aveva detto?»
«Ma se poco fa stavi per collassare?» la prese in giro Aarch.
«Sei sempre il solito esagerato!»
Il ragazzo rise. «Stai invecchiando Miri, non sei più giovane come una volta.»
«Ah ah.. Ma fammi il piacere, nonnetto!» rispose Miriana alzandosi dal lettino. «Forza andiamo.»
Aarch rise di nuovo, ed insieme uscirono dall’infermeria per tornare al campo. Camminarono fianco a fianco in silenzio ed il ragazzo notò che l’amica, nonostante apparisse sorridente e rilassata, sembrava preoccupata, molto preoccupata.
«Miri, va tutto bene?»
Lei sussultò voltandosi di scatto e sorridendo rispose «Certo, perché non dovrebbe?»
Aarch la guardò per alcuni attimi, conosceva Miriana da sempre e non era mai stata una grande bugiarda, sorvolando poi che era la sua migliore amica e la conosceva come le sue tasche, la menzogna non era proprio il suo forte.
«Miri, non sei mai stata brava a mentire.»
La ragazza aprì bocca per rispondere, poi ci ripensò abbassando lo sguardo.
«Miriana, che succede?» continuò allora Aarch, sempre più preoccupato. «A me puoi dirlo, lo sai. Sono il tuo migliore amico..»
Per alcuni attimi la giovane non disse niente, continuando a fissare il pavimento con le mani sul ventre, poi sospirando alzò nuovamente lo sguardo e sorridendo esclamò «Non è niente, davvero. Sto bene Aarch, sono solo un po’ stanca, farti da baby-sitter è sfiancante!»
Lui la guardò facendo il finto offeso, poi scoppiò a ridere.
«Ma se sono io che devo sempre stare attento a quei brutti ceffi che frequenti di solito!»
«Cosa?! Devo ricordarti chi è che ti ha riportato a casa ubriaco l’ultima volta?»
Di nuovo scoppiarono a ridere ed il ragazzo cinse le spalle dell’amica con il suo braccio.
Miriana sorrise, le mani adagiate sulla propria pancia stringevano la maglietta, in un gesto apparentemente casuale, che solo molti anni dopo il ragazzo avrebbe capito.
Aarch sospirò ritornando con la mente al presente.  
Se solo fosse stato più attento.. se solo fosse stato più maturo.. Se solo fosse stato meno prese da sé stesso forse adesso molte cose sarebbero state diverse.
Era sempre stato così sicuro di conoscere bene Miriana, che non gli era mai passato per la mente che lei gli avesse nascosto qualcosa. Era sempre stato così presuntuosamente convinto che lei avesse sempre avuto bisogno del suo aiuto che non si era accorto che gli aveva mentito.
Che sciocco era stato.
Che stupido borioso egoista.
Miri.
Lentamente si alzò dal letto, doveva prepararsi, la conferenza stampa di Artegor sarebbe iniziata a minuti e lui non poteva mancarvi Così si diresse in bagno per sciacquarsi il viso e sistemarsi, poi uscì.
«Addim» esclamò, vedendo la donna di fronte alla sua porta.
«Aarch..»
Lui la guardò sorpreso, una sua visita era l’ultima cosa che si aspettava.
«Addim, come mai qui?»
La donna rimase per alcuni attimi in silenzio senza sapere cosa rispondere, ma limitandosi a fissare quei profondi occhi azzurro-grigio, che oggi come all’ora la facevano impazzire, poi serrando improvvisamente la mascella domandò «E’ vero?»
«Cosa?» chiese Aarch confuso.
«La ragazza. E’ davvero tua figlia?»
Pronunciare quelle parole costò ad Addim una fatica immensa. Aveva come l’impressione che il cuore le sarebbe potuto scoppiato da un momento all’altro, che ad una sua risposta affermativa non avrebbe retto.
«Si..»
Il suo cuore si fermò e lei lo sentì chiaramente andare in frantumi: lui aveva una figlia, una figlia avuta con un’altra donna.
«Chi.. Chi è la madre?»
«Miriana.»
Miriana?!
Miriana era la madre della ragazza?!  
Il cervello di Addim iniziò a ragionare ad una velocità impressionante, ma più la ovvia conclusione si materializzava, più il suo cuore si rifiutava di crederci, la implorava di non farlo: se Miri era la madre della ragazza, questo significava che lei ed Aarch erano stati insieme prima della glaciazione, ma in quel periodo lui non aveva una relazione con Miriana, ma con.. Lei.
Aarch l’aveva tradita.
«Tu.. Tu mi hai tradita!» esclamò furiosa la donna. «Tu mi hai tradita Aarch!»
«Addim..»
«Mi hai sempre presa in giro! Entrambi lo avete fatto!» urlò lei. «Con che coraggio mi guardavate in faccia?! Con che coraggio dicevi di amarmi?!»
«Addim posso spiegarti..»
«Spiegarmi?! Non me ne faccio niente delle tue spiegazioni, Aarch! Tu sei stato a letto con Miriana ed hai avuto la faccia tosta di dirmi che eri innamorato di me..»
«Perché lo ero!» disse l’uomo prendendola per le spalle.
Addim lo schiaffeggiò.
Lo schiocco risuonò per il corridoio vuoto come l’eco di una tetra melodia, a cui si aggiunsero i singhiozzi trattenuti della donna, la quale esclamò «Avrei potuto sopportare tutto Aarch, sarei stata disposta a perdonarti ogni cosa: il fatto di avermi abbandonata, di essere sparito per quindici anni, che tu avessi chiesto a lei e non a me di seguirti, ma questo.. Questo no.
  «Non voglio più vederti Aarch, mai più. Per me sei morto.»
Per l’ennesima volta il capitano degli Akillians vide qualcuno di importante sparire dalla sua vita: aveva perso Miriana, aveva perso Artegor, aveva perso Caren e adesso aveva perso anche lei.
Lui non era in grado di tenere al suo fianco le persone che amava.

Quando Caren entrò nella sala conferenza dell’hotel al fianco di Artegor, una enorme quantità di flash la sommersero quasi accecandola, fortuna che aveva ascoltato il consiglio dell’allenatore ed aveva indossato degli occhiali scuri.
Di Aarch non c’era ancora traccia, tanto che quando i due Shadows si sedettero un fitto chiacchiericcio si alzò nella sala: i giornalisti avevano sperato in un testa a testa tra padre e figlia.
Artegor si poggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia al petto e Caren si chiese cosa mai stesse aspettando ad iniziare, anche se aveva come l’impressione di conoscere già la risposta. L’allenatore, infatti, guardava dritto verso la porta da cui pochi attimi prima erano entrati loro, come se si aspettasse l’apparizione di chi sa chi, apparizione che tra l’altro avvenne.
«Sapevo che non sarebbe mai rimasto in disparte» sussurrò lo Shadows vedendo Aarch arrivare e prendere posto ad un paio di sedie più in là rispetto alla figlia.
«Scusate il ritardo» si giustificò il nuovo arrivato. «Possiamo iniziare.»
Il chiacchiericci cessò di colpo ed Artegor, sorridendo soddisfatto al suo ex amico prese la parola «Buona sera a tutti, abbiamo richiesto questa conferenza stampa in seguito al servizio trasmesso questa mattina su Arcadia Sports, che suppongo ognuno di voi abbia visto.
   «Ci tengo intanto a precisare che né gli Shadows né la signorina Merensi hanno autorizzato la diffusione della notizia, come invece è stato fatto senza il minimo riguardo per il volere della diretta interessata, ma non siamo qui per puntare il dito contro quel giornalista o quell’altro, né tantomeno per accusare. Siamo qui perché una notizia del genere ha creato decisamente scalpore e con la G. F. Cup alle porte, anche Aarch concorderà con me, un ammasso di giornalisti curiosi è l’ultima cosa che entrambi vogliamo. Perciò ho ritenuto necessario chiarire immediatamente la situazione, di modo che Caren e i miei ragazzi possano concentrarsi a pieno sugli allenamenti e a tal proposito lascio la parola alla diretta interessata.»
La ragazza vide Artegor voltarsi verso di lei facendogli cenno di iniziare a parlare, così schiarendosi nervosamente la gola ed avvicinandosi al microfono disse «Salve a tutti. Il mio nome è Caren Merensi e come Arcadia Sports ha rivelato questa mattina, sono la figlia di Aarch.
   «Adesso.. Non so come funzioni una conferenza stampa, questa è la prima a cui partecipo, però suppongo vogliate farmi delle domande quindi, fate pure.»
Immediatamente le mani dei giornalisti scattarono verso l’alto, desiderosi di poter prendere parola, e la giovane si voltò verso il suo allenatore il quale indicò un paffuto uomo in prima fila che alzandosi esclamò «Buona sera. Dan Loder, Daily Genesis. Volevo porre una domanda a Caren: se è vero che lei è la figlia di Aarch, come mai veniamo a sapere della sua esistenza soltanto ora, proprio al suo debutto nel mondo del Galactick Football?»
«Sta per caso insinuando che sia una macchinazione della società per fare pubblicità alla nostra nuova attaccante?» intervenne Artegor, aveva organizzato una conferenza stampa, ma i giornalisti non gli erano mai andati a genio, soprattutto quelli come quel tipo.
«No, certo che no signor Nexus, la mia domanda era un’atra» si difese l’uomo.
Caren vide l’allenatore pronto a scattare nuovamente, così intervenne «Non c’è problema, posso rispondere tranquillamente.
   «La mia esistenza è venuta fuori soltanto adesso perché io non ho vissuto con mio padre, sono cresciuta su un piccolo pianeta vicino a Cyclopia con mia nonna. Ho conosciuto Aarch dieci anni fa circa.»
«Ha detto dieci anni fa?» insistette Dan Loder e la giovane annuì.
La domanda successiva venne fatta da una donna proveniente dal pianeta dei Rykers, la quale, lunghi capelli rossi a parte, ricordava estremamente Kernor.
«Sethkar, Unadar Journal. La mia domanda è per Aarch: Caren ha affermato di averla conosciuta soltanto dieci anni fa, posso chiederle come mai?»
«Io non sapevo della sua esistenza, l’ho scoperta per caso su quel piccolo pianeta in cui mi ero imbattuto involontariamente, la madre di Caren non mi aveva rivelato di aspettare un bambino» rispose l’allenatore sospirando.
Un mormorio salì nella sala, poi una donna, una Wambas, prese parola domandando «Zora, The Roar. Il cognome di Caren ci riporta ad un’altra grande stella passata del Galactick Football: Miriana degli Akillians. E’ solo un caso di omonimia o c’è davvero qualche legame?»
Sentendo il nome della donna il cuore di Aarch ebbe un sussulto, poi avvicinandosi nuovamente al microfono, prima che la figlia o l’ex amico lo facessero, rispose «Si, Miriana è la madre di Caren.»
«Oh, interessante. Anche se, mi pare di ricordare che nonostante la vostra particolare intimità voi non avevate una relazione» aggiunse la Wambas.
«Non siamo qui per parlare delle mie passate storie,  la questione al momento è un’altra» disse l’uomo. Non voleva certo tirare fuori così il triangolo che si era venuto a creare e di cui sua figlia, già con bassa stima di lui, non era a conoscenza.
Dal suo posto Artegor osservò l’ex compagno di squadra, sorridendo beffardo, Aarch stava iniziando ad essere in difficoltà ed era solo questione di tempo ormai che la domanda tanto attesa venisse posta.
La conferenza stampa procedette scorrevolmente in un susseguirsi di domande e rispose di cui i giornalisti non sembravano essere mai sazi. Caren si rivelò, con sommo piacere di Artegor e Aarch, perfettamente in grado di gestire le difficoltà che di tanto in tanto si presentarono per mezzo di qualche domanda troppo invadente o a trabocchetto. Riuscì a mantenere la calma anche quando l’argomento divenne la sua vita in modo più approfondito, ella, infatti, raccontò di come aveva vissuto con la madre, di quando lei morì, di come era stato passare l’infanzia con le rigide regole che sua nonna le imponeva e di quando incontrò Aarch. Quando poi arrivò a dover raccontare della sua vita negli ultimi nove anni sorvolò il fatto di averla passata con i pirati, anche se Sonny non era più un ricercato quella era comunque il genere di notizia che creava scandali, rimanendo sempre molto vaga, per poi arrivare all’ultimo anno passato su Genesis.
Caren pensò che tutto sommato si era preoccupata per niente, quella conferenza stampa non era poi così male e niente di ciò che le avevano chiesto aveva sfiorato la sfera sentimentale, riaprendo quelle vecchie ferite che con tanta cura cercava di far rimarginare, o meglio niente fino alla domanda di un giovane reporter: «Ron Lazer, Arcadia News. Si potrebbe quindi dire Caren, che il suo debutto nel mondo del Galactick Football sia un modo, anche se da quel che ha detto indiretto, di riavvicinarsi a suo padre? In un certo senso è a lui che deve questa decisione?»
Sentendo quella parole il volto sorridente della ragazza divenne serio di colpo, così come i due allenatori. Sentì la domanda del giornalista risuonare nella sua mente quasi come un’accusa, si sentiva come se quelle persone considerassero la sua vita tutta in base a quella di Aarch: lei giocava a Galactick Football perché lui ci aveva giocato, lei era brava perché lui aveva talento, lei faceva parte degli Shadows perché lui ne aveva fatto parte.. E magari lei sarebbe passata agli Snow Kids perché lui ne era l’allenatore.
«No» rispose glaciale lei, lasciando tutti per un attimo spiazzati.
L’inviato di Arcadia la guardò stupito, continuando «Bé, ma diciamo che dei segnali gli ha mandati per far credere questo.»
«E’ un’affermazione piuttosto avventata la sua signor Lazer. Caren ha debuttato soltanto ieri, quale segnale avrebbe mai potuto mandare per far pensare ad un riconciliamento?» chiese in risposta Artegor.
«Bé, il fatto che abbia iniziato a giocare per gli Shadows per esempio, che sia un’attaccante proprio come lui o che abbia scelto come numero lo stesso dieci appartenuto al padre. A me sembrano dichiarazioni più che ovvie.»
«Dichiarazioni più che ovvie?!» esclamò l’ex Snow Kids. «Non mi sembra proprio.»
«Ovviamente lei parla come allenatore signor Nexus, ma noi come spettatori gli vediamo eccome i messaggi.»
Le parole dei due uomini arrivarono alla mente di Caren come un eco lontano, alla fine quello che più aveva temuto si era avverato: la vedevano come la povera figlia abbandonata desiderosa di riconciliarsi. Ma lei non lo voleva affatto, non voleva avere niente a che fare con quell’egoista, per lei Aarch aveva smesso di esistere quando l’aveva abbandonata scappando nel cuore della notte per evitare di doverle dire addio guardandola negli occhi. Per lei quell’uomo non era suo padre, l’unico padre che aveva avuto era stato Sonny Blackbones e nessun altro.
«Ho detto no» esclamò quindi la ragazza, interrompendo la discussione tra allenatore e giornalista.  «Non sono entrata nel mondo del Galactick Football con l’intento di riavvicinarmi a lui.
   «Il fatto che giochi negli Shadows, che sia un’attaccante e che indossi il numero dieci sono solo degli insignificanti casi.»
«Sono un po’ tanti per definirli soltanto fortuite casualità, non pensa?» intervenne nuovamente Ron Lazer.
«Lei allora non mi ha ascoltato. Io non gioco per Aarch. Il Galactick Football non è un mezzo per riavvicinarmi ad un padre che ha preferito seguire il suo sogno piuttosto che sua figlia.
   «Non voglio avere niente a che fare con un uomo che ha abbandonato una bambina di dieci anni lasciandole soltanto una stupida lettera e un braccialetto, scappando nel cuore della notte per paura di doverla guardare negli occhi e dirle “me ne vado”.»
Più sua figlia parlava più le sue parole colpivano Aarch come un pugno in pieno volto. Tutto ciò che lei diceva, ogni singola frase, lo feriva facendogli più male di qualsiasi colpo fisico e non solo perché questo dimostrava quanto lei lo odiasse, quanto l’avesse ferita, ma perché ogni frase che stava pronunciando era vera.
«Io gioco negli Shadows per me stessa, non per lui. Io sono una Shadows e come tale competo per la G.F. Cup.
   «Ciò che è stato non ha importanza ormai, ho accettato di non avere un padre molto tempo fa, non mi fa nessuna differenza continuare a vivere senza.
   «Quindi adesso ascoltate tutti, con molta attenzione: il mio nome è Caren Erina Merensi ed io vincerò la Galactick Football Cup con gli Shadows. Scordatevi la bambina bisognosa di affetto che pensavate di trovare, perché lei non esiste più da molti anni ormai» concluse la ragazza alzandosi in piedi. «Abbiamo finito.»
Artegor guardò soddisfatto la sua giocatrice uscire a grandi passi dalla sala conferenze, seguita a ruota da Aarch. Era andata ancora meglio di quanto si aspettasse, quel monologo finale era stata la ciliegina sulla torta: cruda e triste verità, senza smielate lacrimucce che l’avrebbero fatta apparire debole. Era stata forte e coincisa, esattamente il genere di persona che voleva nella sua squadra.
«L’avete sentita, no?!» esclamò l’uomo notando i giornalisti ancora seduti. «Che ci fate ancora qui? Sparite!»

Lo stesso sparite, anche se al singolare e impregnato di rabbia, venne gridato da Caren ad Aarch.
L’uomo, infatti, dopo averla seguita fuori dalla stanza gli era corso dietro per tutto il corridoio che portava agli ascensori e poco prima che potesse salire su uno e sparire al quarto piano, l’aveva afferrata per un braccio costringendola a guardarlo negli occhi.
Nello sguardo azzurro-grigio di lei però l’allenatore riuscì soltanto a vedere quanto il disprezzo fosse forte, quanto la rabbia fosse cruenta, quanto la sofferenza fosse grande.
Non avrebbe mai pensato di vedere un’espressione del genere sul volto della sua stessa figlia, ma infondo, avrebbe dovuto aspettarselo, si era meritato tutto quell’odio, era stato un egoista codardo e adesso doveva pagarne le conseguenze.
«Caren..» riuscì soltanto a dire. «Potrai mai perdonarmi?»
La giovane scosse la testa, liberandosi dalla sua presa.
«Io non ti avrei mai chiesto di rinunciare al tuo sogno, Aarch. Non ti avrei mai chiesto di scegliere tra me e il desiderio di una vita.
  «Io volevo solo qualcuno che mi volesse bene, volevo solo avere un papà.. Un papà come tutti gli altri, che mi accompagnasse a scuola, che mi aiutasse con i compiti, che mi sgridasse quando sbagliavo, che mi dicesse di non frequentare i ragazzi.. Volevo soltanto essere importante per te.»
«Lo sei sempre stata Caren.»
«No invece. Non ci hai pensato un attimo ad andartene, mi hai lasciato su quel pianeta senza neanche curarti se sarei stata bene o meno. Sei sparito per nove anni, Aarch e neanche una volta ti sei chiesto cosa mi fosse successo.»
«Io.. Sapevo che eri al sicuro, con tua nonna..»
Una lacrima sfuggì dagli occhi della ragazza: quella era l’ennesima prova che non si era mai interessato a lei, che non era così importante.
«Lo vedi? Sei una menzogna continua Aarch. Ho passato gli ultimi sette anni con i pirati, in giro per la galassia, ho rischiato di essere catturata non sai quante volte, ho inseguito Bleylock con Sonny quattro anni fa e l’ho visto precipitare. Ma tu questo non lo sai.. Non te lo sei mai chiesto..»
Aarch ascoltò incredulo sua figlia raccontargli tutti quegli avvenimenti a cui lui non faceva parte, di cui lui non sapeva niente e nuovamente si sentì terribilmente inadatto, terribilmente colpevole.
Lentamente allungò una mano verso la guancia di lei, la quale chiudendo gli occhi si lasciò accarezzare il volto.
«Mi dispiace, Caren.. Io.. So che non ci sono mai stato per te,ma.. Potremmo iniziare tutto da capo, adesso.»
La giovane scosse la testa, facendo un passo indietro ed entrando nell’ascensore.
«Sei in ritardo di nove anni, Aarch. E’ tanto, troppo.. Anche per una ritardataria come me.»
E dopo aver premuto per il quarto piano si lasciò scivolare a terra, attendendo il chiudersi delle porte, che cancellarono dal suo sguardo il volto sofferente di suo padre.
Quando l’apparecchio iniziò a muoversi Caren poggiò la testa sulle sue ginocchia, nascondendo il volto tra le braccia per potersi finalmente lasciarsi andare e piangere. Rimase così, immobile, per tutto il tempo e neanche quando l’incolore voce annunciò l’arrivo al quarto piano si mosse.
Probabilmente sarebbe rimasta in quella posizione per chi sa quanto altro tempo, se due calde mani non le avessero sfiorato il braccio aiutandola ad alzarsi e obbligandola ad uscire da lì.
Caren continuò comunque a tenere il volto basso, concentrandosi soltanto sulle sue lacrime, che prepotenti le rigavano le guancia sbaffandole il mascara.
Le due caldi mani le fecero alzare il volto e lei poté incrociare i profondi occhi neri di Sinedd guardarla preoccupato.
«Guarda che hai combinato» le disse, accarezzandole le guancie e pulendo con le dita il nero del trucco. «Somigli a Nilli appena alzato.»
Il pianto silenzioso della ragazza si trasformò in un vero e proprio singhiozzare. Sinedd la osservò sciogliersi di fronte a sé, combattuto sul da farsi, poi sopprimendo qualsiasi stupida idea sull’orgoglio avvolse la giovane tra le braccia e tirandola su senza il minimo sforzo l’accompagnò nella sua camera.
Delicatamente l’adagiò tra le coperte, sedendosi al suo fianco attendendo che si calmasse, poi quando fu sicuro che dormisse si alzò, uscendo silenziosamente dalla stanza.
Era quasi arrivato alla porta quando le parole di lei lo fermarono «Sinedd.. Mi dispiace per quello che ti ho detto.. Scusami.»
Il ragazzo si voltò verso il letto, vedendola sprofondare nuovamente sotto le coperte.
Non importava che gli chiedesse perdono, qualsiasi accenno di rabbia era inspiegabilmente sparito nel momento stesso in cui l’aveva vista seduta nell’ascensore.
Sinedd uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Allora era così che ci si sentiva quando si teneva a qualcuno?





..Spazio Autrice..
Salve a tutti bella gente, eccomi con un nuovo capitolo e (miracolo!) non è passato così tanto tempo dall'ultimo aggiornameto.
Cosa dire, ringarazio moltissimo tutti coloro che seguono questa stori, vi sono davvero grata!
Se vi va passate anche dalla mini raccolta che ho scritto su Addim, Aarch e Miriana, si intitola Goodbye.
Ancora grazie 1000!
A presto!
Raika
   
 
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