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Autore: Mary Seraphine    18/04/2013    2 recensioni
Era questa la piccola Persefone , chiusa in una stanza a contare i petali di una margherita che aveva nel vaso. Ne staccava uno ad uno con perizia, le unghie dipinte di nero che strappavano con forza ogni singolo petalo. Vivere o morire, vivere o morire? Gettando infine lo stelo verde sul pavimento, la ragazza si arrese davanti all'evidenza. Anche margherita glielo diceva. Non sarebbe bastata l’eternità per scontare la pena alla quale era destinata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aveva scritto il suo suicidio tra le righe di un quaderno. Con una matita dalla punta arrotondata e morbida, aveva tracciato i segni. Si sentiva come il destino, le mani pronte a donare qualcosa, che però nessuno voleva.

Era questa la piccola Persefone , chiusa in una stanza a contare i petali di una margherita che aveva nel vaso. Ne staccava uno ad uno con perizia, le unghie dipinte di nero che strappavano con forza ogni singolo petalo. Vivere o morire,  vivere o morire? Gettando infine lo stelo verde sul pavimento, la ragazza si arrese davanti all’evidenza. Anche margherita glielo diceva. Non sarebbe bastata l’eternità per scontare la pena alla quale era destinata. Tanto valeva finirla. Il monotono spettacolo che si presentava davanti agli occhi di Persefone era inesorabilmente squallido. Squallida la sua casa, squallida la sua famiglia, squallido il mondo. La verità era sempre stata visibile ai suoi occhi. Nulla sarebbe cambiato. Fu così, tra petali secchi di una giovane margherita, e un quaderno con la copertina grigia, che Persefone progettò la sua morte. Non era molto più semplice, mettendo fine a quell’esistenza morbosamente attaccata e influenzata da sua madre? Quella donna l’aveva resa schiava di un mondo che non voleva servire, modellandola a suo piacimento. Persefone non si sentiva padrona della propria vita, non lo era mai stata. Con la morte, invece, ne avrebbe sicuramente preso il controllo, perché per la prima volta era lei a decidere, non sua madre. Prese la lanterna bianca, senza la candela, ma piena di farfalle azzurre. Scese le scale del suo grande castello, percorrendo i corridoi, lasciando svolazzare i lembi del suo leggero vestito blu. Era bellissima Persefone, con la pelle bianca, le guance rosee e i capelli corvini. Una dea, che stava per impadronirsi del suo destino. Uscendo nel giardino, il suo piccolo segreto fatto di aiuole colorate, il suo primo pensiero fu quello di lasciarsi guidare. E così camminava, a piedi scalzi, quasi correndo, senza ammirare ciò che aveva creato con le sue mani, ma cercando disperatamente un appiglio, per non sprofondare. Ciò che si presentava davanti a lei era una strada, e lei non aspettava altro che il dirupo. Quel pomeriggio nessun uccello cantava per Persefone. Il bosco nel giardino risuonava solo del rumore lieve dei passi della ragazza. Tutto era fermo, in attesa, carico di disperazione. Ad un certo punto, lo scrosciare dell’acqua riportò l’atmosfera nella realtà. Un ruscello passava lì vicino, a pochi metri dalla corsa di Persefone. Appena lo vide, si fermò, davanti ad una roccia piatta e coperta di muschio. La lanterna che teneva in mano era chiusa con un lucchetto d’argento. Scostando lentamente i lunghi capelli, tolse la sua collana, e prese tra le dita un pendaglio, una piccola chiave elaborata. Senza respirare per l’attesa, armeggiò con la serratura del lucchetto, aprendo la finestrella di vetro della lanterna. Immediatamente, le farfalle chiuse all’interno volarono via, in un turbine d’azzurro chiaro, disperdendosi nella radura e raggiungendo un grande salice. Ce l’aveva fatta. Persefone era riuscita finalmente a liberarle, dopo una lunga prigionia. Sorrise, malinconica, immaginandosi le sue ali trasparenti sulla schiena. Soltanto che non ci sarebbe mai stato per lei il vento, a portarla via, ad insegnarle a volare. Con un passo sicuro, salì sulla pietra, appoggiata vicina alla riva del ruscello. Tenne la lanterna con la mano sinistra e la destra l’appoggiò sul cuore. Sotto i suoi polpastrelli batteva frenetico, ancora vivo e pulsante di vita, anche se sapeva che il sangue che scorreva dentro era malato di solitudine. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul rumore dell’acqua, e immaginandosi il vuoto, che finalmente l’avrebbe portata via. Ora il cuore sembrava volerle uscire dal petto. No, in quel momento non poteva essere debole. In quel momento la sua vita le apparteneva davvero, lo sentiva, lo respirava. Fece un passo nel vuoto, nel nulla. Lei non vide lo specchio d’acqua che si avvicinava a velocità incredibile al suo viso. Mentre cadeva, in avanti, il vestito leggero che volteggiava, i capelli mossi dalla brezza, sentiva solo un grande peso che la spingeva giù. L’usignolo ricominciò a cantare la sua melodia, appoggiato ad una betulla. Fu l’ultimo suono che Persefone sentì, prima di cadere tra le braccia di qualcuno. L’acqua non riuscì mai a sfiorarla, Persefone non riuscì a compiere il suo suicidio. La verità di quell’istante la travolse, e cominciò a piangere, disperata. Ancora una volta, aveva permesso alla vita di distruggerla. Una mano fredda le accarezzò la testa, e Persefone ebbe il coraggio di alzare lo sguardo verso colui o colei che l’aveva portata via da lì. Si stavano spostando, probabilmente stava volando, lontana dal suo giardino. Ma la persona che vide, era senza dubbio l’ultima che avrebbe mai voluto incontrare nella sua vita. Ade in persona la teneva tra le braccia e quando lo fissò negli occhi, capì cos’era l’inferno. Poteva riuscire a contare, nelle profondità dell’iride, tutti i peccati, i dolori,  le sofferenze, le paure. Il colore stesso era indefinibile. A tratti le sembrava il nero più tenebroso, a tratti l’azzurro più puro e chiaro, da sembrare ghiaccio. Era rimasta paralizzata, sconvolta. Non riusciva a parlare. Ma sapeva che in quello sguardo pieno di silenzio traspariva tutta la sua meraviglia. Non staccò un solo istante gli occhi da lui. Li sentiva bruciare, ardenti, come se cercassero di imprigionarla nel loro infinito. Era la prima volta che si sentiva così ammaliata, così stupefatta. Lui era il suo salvatore. L’aveva portata via da quella disperazione, dalla sua terribile voglia di sparire e cancellare tutto. E gliene sarebbe stata riconoscente per tutta la vita.

In quel momento, Ade diede le ali a Persefone. La prese per mano, e la condusse lontano dal mondo. Lei non si oppose a quel richiamo: avevano l’eternità, e lei sapeva che sarebbe stato per sempre.
 



Angolo autrice.
Angolo autrice. Vorrei ringraziare di cuore The Queen of Darkness. Grazie a lei mi è venuta questa idea, e grazie ai suoi consigli sono riuscita a scriverla. Spero vi sia piaciuta questa storia, anche se è modificata, ed è la prima cosa che pubblico in questo sito. Mi piaceva immaginare Persefone come una ragazza dei giorni nostri, fragile e sola. Ade non la costringe a seguirlo, non la rapisce. La salva dal mondo.
A presto!
Mary Seraphine <3
  
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