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Autore: Rio no Kitsune    19/04/2013    3 recensioni
One shot che ha partecipato allo Spring Leaves Contest di Fear
Terzo classificato
Le era stato concesso un mese di tempo, fino alla fioritura dei ciliegi, ma non Lo aveva trovato.
Aveva deciso di salutare la primavera e la vita nel suo posto preferito.
Era sempre lì, maestoso come lo ricordava. E i petali rosei cadevano trasportati dal vento, proprio come l'ultima volta che c'era stata.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Spring Leaves Contest
di
Fear



Terzo classificato



Note autore:

L’Hanami (dal giapponese “mi” che sta per “miru” ossia vedere e “hana” cioè fiori ) è una tradizione giapponese molto antica che consiste nel recarsi ad ammirare la fioritura dei ciliegi che avviene solitamente tra aprile e maggio. Dura uno o due giorni al massimo, anche perché i fiori, una volta maturi, cadono velocemente e in grandi quantità.

I fiori di ciliegio sono simbolo della primavera, della bellezza e della rinascita, ma anche della brevità e della precarietà della vita, sia per la loro naturale fragilità, sia perché legati ad una leggenda secondo la quale i Sakura ( “Sakura”ossia fiore/i di ciliegio) avrebbero assunto il colore rosato in seguito all’ordine di un imperatore che volle che i suoi Samurai (guerrieri fedelissimi giapponesi) fossero seppelliti sotto i ciliegi.

Da quel momento in poi, secondo la tradizione, divenne diffusa la pratica dei Samurai di suicidarsi ai piedi di un ciliegio.

Oltre a ciò un antico haiku (antica poesia giapponese breve e suggestiva) recita “Hana wa Sakuragi, Hito wa Bushi”, “Tra i fiori, il ciliegio; tra gli uomini, il guerriero”, facendo del ciliegio uno degli emblemi del Samurai.

La primavera è generalmente vista come il momento in cui la vita viene maggiormente festeggiata, eppure resta sempre un’ombra a ricordarci che siamo dei semplici ospiti e che prima o poi dovremo congedarci.

Riguardo la scelta del personaggio, ho subito pensato a Rein perché ha un carattere leggero e vitale, senza quella vena esplosiva ed esuberante che caratterizza la gemella, che si adatta perfettamente all’ambientazione serena della primavera.

 

- Grammatica e sintassi: 10/10 Avendo già letto qualcosa di tuo precedentemente so più o meno il tuo livello di sintassi e grammatica italiana e in questa one shot ne ho solo avuto la conferma. Sei stata davvero eccellente. Il testo non era pesante e ho amato particolarmente le frasi non troppo lunghe e concrete. Davvero brava!
- IC e caratterizzazione dei personaggi: 9/10 Ti ho tolto solo un punto perché avrei voluto sapere qualcosa di più su Rein e, magari, su Fine. Ma in generale ti faccio i miei complimenti.
- Originalità: 5/5 Una storia triste non è da tutti, perché a molte persone la primavera è segno di gioia, come hai detto tu nella storia. E una Rein triste che scompare sotto un ciliegio è molto originale per non parlare della storia dei Samurai, a mio parere, molto commovente.
- Attinenza al tema: 5/5 Anche qua punteggio pieno. Come ho detto prima la "leggenda" dei Samurai e la festa della primavera ci stanno d'incanto nella storia e ovviamente il grande ciliegio è sensazionale.
- Gradimento personale: 5/5 Non ho svelato più di tanto i miei gusti; io ho un debole, oltre che per i lupi, per le storie tristi. Non ho la lacrima facile, ma le storie scritte così bene mi fanno battere il cuore. In più il leggero accennò alla Bluemoon ha giocato a tuo vantaggio.
- Introduzione/trama: 4/5 Ti ho tolto un punto perché volevo vedere qualcosa che non ci fosse nel testo. Magari una frase toccante inventata da te, ma un punteggio comunque molto buono.
- Estetica: 10/10 Una storia con dei colori. Finalmente. La prima cosa che mi ha toccato è stato il titolo; il blu ci sta d'incanto e lo stesso vale per le parole evidenziate nel testo. Un'idea originale, bravissima.
PUNTEGGIO TOTALE: 48/50.











Last Hanami

Sarà l’ultima volta che ti vedo?

 

 

 

 

 

 

 

 

Le restava l’intera giornata.

Aveva attraversato la città, soffermandosi a lungo nella sua vecchia casa a cui aveva detto addio con un senso di vuoto e smarrimento.

Nessuno poteva vederla né sentirla e quindi si aggirava indisturbata tra le famiglie allegre e spensierate che affollavano le stradine del parco.

Fiori di Sakura cadevano come pioggia e si intessevano ai suoi capelli turchini ondeggianti, malgrado tutto, al ritmo del vento.

Erano fioriti in abbondanza, come quell’aprile di due anni prima.

Amava così tanto l’Hanami. I piedi nudi sfioravano appena l’erba fresca che accoglieva quella neve rosa. I rami scuri, fitti e intrecciati tra loro formavano una lunga galleria e qualche apertura permetteva di osservare il cielo terso e limpido che si specchiava nei suoi occhi.

Non era molto attenta a non toccare i passanti e quando le dita attraversavano quei corpi caldi poteva quasi sentirne il calore e vaghi ricordi di abbracci e carezze si ripresentavano a scuoterla.

Una ragazzina dai corti capelli rosa le andò incontro correndo, dirigendosi verso l’altalena, quella stessa altalena dove lei e la sorella da piccole si spingevano a vicenda, e per un attimo si ritrovò a condividere con lei il battito accelerato, il respiro affannoso, la gioia infantile.

Sospirò, continuando il suo giro, osservando i pic-nic, le canzoni, i giochi, le storie, il chiasso tipico della festa. E gli occhi entusiasti di tanti rivolti all’insù che stupivano della bellezza del nuovo inizio.

 

Vide la giostra su cui, per la prima volta, si era rotta un braccio.

Vide la scala dello scivolo appoggiata alla quale -le gambe tremanti, il cuore impazzito- le aveva rubato il primo bacio.

Vide la panchina dove l’aveva aspettata per ore con un mazzo di rose blu e dove anni più tardi le aveva chiesto di sposarlo.

Salutò tutto col cuore pieno di gratitudine e malinconia e proseguì verso il suono appena percettibile delle onde.

Un albero di ciliegio si arrampicava fiero sulla sporgenza, illuminato dal sole di primavera che produceva infiniti bagliori posandosi sull’acqua dell’Oceano.

Alla convergenza tra cielo e mare scorgeva qualche nuvola grigia, segno che per la sera ci sarebbe stato un acquazzone primaverile.

Salì il pendio piuttosto ripido e percepì le correnti andarle incontro.

Quel ciliegio solitario le era sempre piaciuto particolarmente. Era molto antico e le sue radici si incontravano, formando in un punto una sorta di piccola conca dove si sedeva per disegnare.

Le avevano raccontato la leggenda dei fiori di ciliegio quando era piccola.

Fiori in origine bianchi, nutritisi per secoli del sangue dei Samurai caduti in battaglia, la cui tomba era la stessa Terra che per i ciliegi fu fonte di vita.

Da allora aveva sempre pensato a quegli alberi con malinconia e rispetto, ed una volta scoperto quel luogo appartato vi si era recata sempre quando era triste o aveva bisogno di stare sola.

Ci era andata anche quella volta, quando avevano litigato come mai prima, a piangere e battere i pugni sulla corteccia dura, chiedendo perché ed ottenendo in risposta il sussurro del respiro freddo del Pacifico.

Aggirò la protezione in legno, installata lì da poco, e si spinse fino al limite di quel picco di scogliera senza timore.

Ricordava bene la percezione della terra che si sbriciolava improvvisamente sotto i suoi piedi, la sensazione di vuoto allo stomaco e l’acqua gelida che la avvolgeva in un abbraccio.

Chiuse gli occhi concentrandosi su altro.

Sentiva il verso dei passeri, forse gli stessi che aveva ritratto quel giorno e il rumore di discorsi e risate le arrivava attutito dal fragore delle onde che si riversavano sulla costa.

Si sedette respirando. Percepiva quasi un certo sollievo, un vago sentore di serenità.

Sentiva la vita, la primavera che risvegliava la terra addormentata, fin nelle sue viscere più profonde, sentiva l’energia che la attraversava, ma senza ravvivare niente in lei.

Contemplava la Natura senza più parteciparne, si rallegrava con Lei per il suo ritorno alla vita, e si disperava perché non le era concesso altrettanto.

Rimase così, salutando il suo ultimo giorno, immersa nell’ammirazione, senza poter provare stanchezza. 

 

Il pomeriggio si fece sera, la sera si fece notte.

 

Le nuvole grigie ormai la sovrastavano ma le stelle si intravedevano ancora nei vuoti tra una nube e un’altra.

Si sentiva odore di pioggia nell’aria, odore di lei.

Non aveva ancora molto tempo.

Dalla tasca del suo vestito celeste tirò fuori una biglia blu notte, il Suo portafortuna, quello che le aveva regalato per farsi perdonare, e la nascose lì, tra le radici di quell’albero che le aveva fatto silenziosamente compagnia per tanto tempo e per tante volte.

Pregò per lui. Che stesse bene, che fosse felice.

E poi cominciò a dissolversi.

Iniziò dalle estremità, le dita divenivano sempre più trasparenti, poi le braccia e le gambe, le punte dei capelli.

Non faceva male, non sentiva dolore. Solo un senso di conforto che nel suo continuo vagabondare non aveva mai provato.

Si era risvegliata sola, senza ricordare nulla e non aveva mai pensato di andarsene da lì.

Poi le avevano spiegato cosa fare e che aveva un mese di tempo.

Non aveva alcun riferimento e non sapeva a chi potersi rivolgere e aveva girovagato senza meta a lungo.

Poi la risposta e i ricordi le erano tornati solo quando si era accorta che i ciliegi stavano fiorendo.

Doveva dirgli che Lo amava, ancora una volta, almeno un’ultima volta.

L’aveva cercato dappertutto. Nel loro appartamento, nei ristoranti che frequentavano di solito, nell’ufficio dove lavorava. Era completamente sparito.

Anche nella sua vecchia casa non c’era più nessuno.

Andò al cimitero tra il terrorizzato e lo speranzoso. Ma non Lo trovò neppure lì, e sospirò di sollievo.

Ma c’era il suo nome, e c’era la biglia che aveva deciso di prendere.

Mancava poco ormai.

E avrebbe salutato per sempre quel mondo che l’aveva accolta dal suo primo respiro.

 

-Ti amo-

 

 

Sentì un rumore vicinissimo a lei.

Si girò spaventata quando ormai non le restavano che gli occhi e il cuore.

E incrociò un paio di iridi scure e sorprese.

Trattenne il respiro e le sembrò quasi che il cuore battesse di nuovo.

Poi svanì.

 

 

 

 

 

 

-Rein?-

 

 

 

 

 

 

 

E piovve.

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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