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Autore: Gemini_no_Aki    19/04/2013    1 recensioni
Pensate che le storie di zombie siano solo storie?
Pessimi film di serie C?
Lo credevo anch’io fino a qualche tempo fa.
Poi sono arrivato a Raccoon city.
Tutto ciò che credevo fantascienza di pessimo gusto si rivelò una terribile e inarrestabile verità.
Io sono Shaun Hastings, 18 anni, inglese e fiero di esserlo.
E sono un Assassino.

Versione riveduta e corretta della mia vecchia "Research".
[Resident Evil - Assassin's Creed]
Genere: Avventura, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albert Wesker, Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Point of No Return'
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Pensate che le storie di zombie siano solo storie?
Pessimi film di serie C?
Lo credevo anch’io fino a qualche tempo fa.
Poi sono arrivato a Raccoon city.
Tutto ciò che credevo fantascienza di pessimo gusto si rivelò una terribile e inarrestabile verità.
Io sono Shaun Hastings, 18 anni, inglese e fiero di esserlo.
E sono un Assassino.
Magari qualcuno ha sentito parlare di noi, di quello che facciamo.
La mia storia non è la classica vita di un Assassino, non la è mai stata e mai più la sarà.
Ciò che ho visto, ciò che ho fatto, ciò che sono... Non sono innocente su nessun fronte.
La mia è stata una vita di segreti, una vita correndo dietro ad un’idea assurda.
E vera.
Ciò che la Umbrella Corp. ha creato sarà la sua distruzione.
Ma... Partiamo dal principio.




C’era una volta la città degli zombie.



“Capitano Richter, signore.”
Poco ci mancò che il giovane ragazzo facesse il saluto militare mentre guidava la jeep scura lungo la statale, una decina di minuti e sarebbe entrato a Raccoon City.
Dall’altra parte dell’auricolare arrivò uno sbuffo arreso, Richter odiava tutta quella formalità quando non erano riunioni ufficiali con anche altri Assassini, poteva benissimo chiamarlo Richter, o anche con qualche soprannome che era sicuro che il giovane aveva trovato per lui, poteva sforzarsi e chiamarlo papà almeno una volta.
“Sei quasi arrivato, giusto?”
“Si.”
“Ottimo. Sai già cosa fare giusto? Il Dipartimento di polizia si trova sulla Ennerdale Street, lo troverai facilmente. E troverai altrettanto facilmente Albert, insomma, uno biondo, grande e grosso e l’hai trovato.”
“Riesci a restare serio?”
Domandò il giovane accelerando sulla statale vuota, era mattino inoltrato ormai, quasi ora di pranzo, anche se, dai resti sul sedile accanto, lui aveva già provveduto alcune ore prima, eppure non c’era un’anima in strada, non che gli dispiacesse.
“Non si può scherzare ok, ragazzo mio, ok. Sappiamo tutti cos’è la Umbrella Corporation, teoricamente sappiamo anche cosa fa ma non abbiamo prove contro di loro. Come non abbiamo prove per ritenerli Templari, o, quantomeno, loro alleati. È questo che ci serve, prove, Shaun. Utilizzo di oggetti particolari che possano essere collegati ai frutti dell’Eden, conversazioni, scambi di mail con agenti templari riconosciuti. Cose del genere.”
“Avreste dovuto infiltrarmi all’interno in questo caso, Signore.”
Rallentò lievemente nei pressi del cartello che dava il benvenuto alla città leggendolo ad alta voce.
“Welcome to Raccoon City. Home of Umbrella.”
Dall’altra parte sentì una debole risata soffocata e un rumore di tasti, forse si stava appuntando l’orario sul notebook.
“Beh, è ovviamente collegata ai Templari.”
Commentò con tono leggermente sarcastico.
“L’hai visto il loro logo? Hanno solo riempito gli spazi vuoti della croce templare.”
“Questo non basta, è un caso.”
“O forse no. Una volta eliminato l’impossibile, quel che rimane, per quando assurdo e banale, è la verità.”
Recitò con un gesto teatrale della mano che l’altro non poté logicamente vedere prima di imboccare una strada che lo avrebbe portato a destinazione.
“Si, va bene Sherlock Holmes, ma come prova non basta. O non ti avremmo mandato nella tana del lupo.”
Aveva ragione, Shaun lo sapeva bene, ma ci doveva essere altro sotto quello, al campo avevano tanti agenti abili che avrebbero fatto la fila per quel lavoro, Dorian ad esempio, era di gran lunga migliore di lui, anche grazie a dieci anni di esperienza in più.
“Il Capitano Wesker è stato informato?”
“Ti aspetta impaziente.”
Disse con tono lievemente sarcastico, conosceva l’amico quanto bastava da sapere che non era così impaziente.
“Puoi fidarti di lui, è una brava persona, un buon amico. Ti aiuterà. E l‘hai anche conosciuto, anche se forse eri troppo piccolo per ricordare.”
“Le tue amicizie sono sempre strane, non so perché mi sono lasciato convincere.”
Frenò parcheggiando davanti alla caserma, fermo fuori dalla porta c’era un uomo che dalla descrizione, non poteva certamente essere Wesker.
Per quanto sul grande e grosso potesse andarci vicino quell’uomo era castano, no, non era assolutamente il suo uomo.
“Forse perché non sai resistere alle avventure pericolose? O magari...”
Non ebbe il tempo di sentire cos’altro avesse da dire che spense il motore facendo capire che era arrivato.
“Un’ultima cosa Shaun.”
Il ragazzo stava per salutare scendendo dalla jeep, si fermò con la portiera aperta e un vento leggero che entrava nell’abitacolo.
Era relativamente caldo, più di quello a cui era abituato, considerato che a Londra, e in ogni parte dell’Inghilterra, erano più i giorni di pioggia che quelli di sole, quindi quel caldo era completamente diverso e nuovo.
E assolutamente piacevole.
“Dimmi.”
Rispose togliendosi l’auricolare e avvicinando il telefono all’orecchio giusto in tempo per sentirlo.
“Vittoria agli Assassini.”
Sorrise prima di rispondere lo stesso e chiudere la chiamata, recuperò un sacchetto di carta e una lattina dal sedile del passeggero sbarazzandosi del pranzo anticipato che gli aveva tenuto compagnia da diverse ore per poi avviarsi verso la centrale.
Si fermò davanti all’uomo intento a fumare sulla porta osservandolo e notando che faceva lo stesso, forse da quando era arrivato, come se non avesse visto molti turisti da quelle parti.
“Hai bisogno di qualcosa?”
Rispetto a quello che si era appena immaginato la voce era gentile e non burbera come si aspettava dall’aspetto.
“Cerco il Capitano Wesker.”
L’uomo alzò un sopracciglio per poi entrare lasciando la sigaretta nel posacenere e chiudendo la porta.
Per 5 minuti abbondanti Shaun rimase lì davanti immobile aspettando che qualcuno si degnasse almeno di ricordarsi che era lì fuori.
“Bastava chiedere il nome Barry. Non mi sembra così difficile.”
Sottolineò la voce di un uomo aprendo la porta e guardandolo dall’alto in basso.
Immagino sia lui... Anche se non mi dice niente.
Pensò guardandolo, l’uomo chiuse la porta e continuò a studiarsi il giovane come se fosse un quadro in una galleria.
“Sei giovane.”
Fu l’unico commento che fece, ancora prima di presentarsi.
“18 anni sono sufficienti per quello che devo fare, sempre che per voi non sia un problema Capitano Wesker.”
Aspettò di vedere se diceva qualcosa a proposito prima di poter continuare.
“Perché nel caso temo che dovrete lamentarvi direttamente col mio superiore Richter.”
“Non ti aspettavo prima di domani a dire il vero.”
Shaun diede un’occhiata all’orologio controllando la data.
“Disguidi col fuso orario probabilmente Capitano.”
Wesker annuì leggermente aprendo la porta e facendogli segno di entrare lasciando intendere che a quanto pare andava bene così, o magari non aveva voglia di discutere con Richter.
Si fermò a spegnere la sigaretta abbandonata prima di entrare dietro di lui e presentarlo a dovere alla squadra, per quanto non troppo entusiasta.
“Questo ragazzino...”
E sottolineò la cosa così bene che Shaun assunse per un attimo un’espressione indignata, ma forse era quello l’aspetto che dava, quello di un ragazzino.
“Lavorerà con noi per un po’.”
“Non ci servono dei rinforzi per tenere a bada un po’ di animaletti incazzati. E comunque uno solo, così gracilino, mi sembra poco.”
Hastings voltò la testa veloce verso il giovane uomo che aveva parlato e che lo guardava male, fulminandolo con lo sguardo.
“Sai abbastanza bene che non sono solo un paio di animaletti incazzati, Redfield. Non è qui solo per questo ma anche. Quello che deve fare non è affar nostro e non intendo inimicarmi i suoi superiori, in definitiva, lui ci da una mano con le bestiole incazzate e noi non facciamo domande. Ci sono domande?”
Concluse nel modo più semplice possibile, doveva aver già lavorato con Richter, o almeno conoscerlo bene abbastanza da sapere che non doveva immischiarsi nei lavori privati degli Assassini, per aveva ragione anche  a pensare che ci fosse qualcosa sotto.
Di quali animali parlava?
Non aveva letto nulla di strano, e si era informato discretamente bene sulla cronaca del posto prima di arrivare.
“Come si chiama?”
Domandò una ragazza col caschetto castano seduta vicino a Redfield.
“Shaun Hastings.”
Rispose precedendo il capitano, almeno presentarsi da solo glielo avrebbe concesso, sperava.
Memorizzò velocemente i nomi, o almeno sperava di non sbagliarli in seguito, cercando di associarli a qualche caratteristica.
Dunque... Barry ha la barba, Chris è quello antipatico, non dovrei avere problemi, Jill... Nome carino, comunque ha il caschetto... Rebecca è la più giovane... Per ora li so.
Si ripassò a mente decidendo di appuntarsi anche che Rebecca Chambers era una specie di Jolly, lì dentro, non faceva direttamente parte del Team Alpha, ma era comunque un buon supporto medico.
“Questa dovrebbe essere della tua misura... E se è lunga trovi un modo.”
“Piccolo com’è...”
Wesker gli mise in mano la divisa senza alcun avvertimento per poi passare alla pistola.
“Sai come si usa?”
Il ragazzo annuì non troppo convinto prendendola.
“Magari gli insegno qualcosa domani se non ci sono emergenze.”
Decise Barry con una mezza risata, per nulla convinto dall’espressione di Shaun, Wesker annuì, per quel momento poteva bastare.
“L’orario lo sai, è meglio se ora vai a sistemarti. Se ci sono problemi...”
Chris bisbigliò qualcosa a Jill attirando per un attimo l’attenzione del giovane inglese, a quanto pareva non era proprio il benvenuto, dopotutto li capiva, li stava usando come copertura e non li metteva nemmeno al corrente.

“La nostra politica è questa.”
“Beh, non penso che la prenderanno così bene Capitano.”
“Albert la conosce e la accetta, degli altri non mi interessa.”
“Non siete voi a doverci lavorare però!”

Non era per niente giusto nei loro confronti, ma rivelare tutto avrebbe comportato solo una serie continua e infinita di domande, molte delle quali di cui non conosceva la risposta, non ancora, e forse mai.
Abbassò lo sguardo, sperando in fondo che loro capissero che non era sua volontà nascondere tutto, anche per gli Assassini c’erano giuramenti e leggi, infrangerli comportava diverse punizioni, anche se forse non la morte come una volta.
“Non ce ne saranno capitano Wesker... Con permesso.”
Alzò lo sguardo prima di voltarsi e uscire tornando alla macchina.
Lasciò cadere la divisa e l’arma sul sedile del passeggero, il tesserino di riconoscimento e qualunque altro documento, distintivo compreso, che sarebbe servito per supportare la messa in scena del nuovo arrivato erano nel cruscotto da quando era partito, aveva pensato Richter a tutto.
Accese il motore ingranando la marcia e partendo verso la sua nuova casa, a nord della città.
Mission Street era incastrata tra un parco, lo zoo cittadino e l’ospedale, nemmeno troppo lontana dalla sede pubblica della Umbrella Inc.
L’appartamento era un una laterale, verso lo zoo.
Parcheggiò davanti ad un cancello marrone che dava su un giardinetto abbastanza curato e su una casa piccola ma dall’aspetto accogliente, perlomeno dall’esterno, il muro verde salvia spiccava tra le villette marroncino e giallo pallido della via, si vedeva che era stata ristrutturata da poco.
“Almeno da una bella impressione.”
Disse scaricando le valige e aprendo il cancello.
“Tu un po’ meno!”
Esclamò guardandosi attorno controllando di non aver attirato l’attenzione di nessuno con quel cigolio spaventoso.
Forse non era stata ristrutturata proprio del tutto.
Lasciò le valige nell’ingresso andando a recuperare quello che mancava nella macchina prima di lasciarla scoperta tirando indietro il tettuccio.
“Sono passato dal “Cos’è quella cosa che chiamano sole?!” al “Ancora un po’ e cuocio.”...”
Commentò entrando e chiudendosi la porta alle spalle disinserendo l’allarme.
L’ingresso era spazioso, dava su un salottino con un piano cottura in fondo, separato da un muretto.
Poco più avanti, sulla destra la porta portava ad un bagno non molto grande, anzi, piuttosto piccolo dove ammettere, mentre in fondo ci doveva essere la camera.
Trascinò le valige verso la stanza aprendo la porta e cercando l’interruttore della luce prima di accorgersi che si trovava appena fuori.
Si guardò attorno, tutto sommato soddisfatto del posto, non si aspettava granchè, ma anche quello era migliore di qualunque casa in cui avesse mai vissuto.
Negli ultimi 8 anni avevano avuto diversi problemi con alcuni agenti Templari sulle loro tracce che li portavano ad essere quasi sempre in movimento, avevano notato spesso la croce rossa stampata su un angolo dei giubbini, o sulle maglie, e credeva anche che quello fosse ormai un simbolo superato, ma sbagliava a quanto pareva.
Probabilmente quegli agenti usavano ancora la vecchia croce, magari non lavoravano direttamente con la Abstergo Industries, qualunque fosse la ragione, comunque, erano Templari, e loro non potevano permettersi il lusso di restare fermi in un solo posto, per quanto li potevano contrastare non si fermavano mai.
“E noi nemmeno.”
Aprì le finestre ed iniziò a sistemare lentamente ogni cosa al suo posto lasciando la divisa e la pistola sul letto, i muri avevano la stessa tonalità verde salvia dell’esterno, era un posto tutto sommato rilassante, la sua nuova casa.
Il cellulare iniziò a suonare e il giovane, lasciando perdere una maglietta con la stampa della bandiera inglese, si lanciò sul letto rispondendo al volo rischiando di atterrare con la faccia sulla pistola.
“Come è andato il viaggio?”
La voce allegra lo confortò per un attimo facendogli passare di mente ogni cosa, tra una cosa e l’altra, una missione lui, e il viaggio, era ormai una settimana che non riuscivano a sentirsi, si mise a sedere sul letto spostando la pistola sul comodino a fianco.
“Una meraviglia, tu sei già stato in America, giusto? C’è così caldo qua!”
Sorrise ascoltando ogni cosa che Dorian aveva voglia di dire, che si trattasse di lavoro, del fatto che si erano dovuti spostare ancora, o più semplicemente del pranzo.
Conosceva Dorian da una vita, 10 anni in più erano utili a volte, era stato come un fratello maggiore, poi qualcosa in più, molto di più a dire la verità.
C’era una sola cosa che il vent’ottenne amava più del giovane Hastings, ed erano i dolci.
“C’è caldo eccome da quelle parti, comunque non ho capito perché hanno voluto mandare te.”
Bella domanda Dorian... Bella domanda.
Pensò anche Shaun con un sospiro sconsolato.
“Non ne ho idea, ma ormai sono qui. Mi tocca.”
Parlarono a lungo, di tutto quello che gli passava per la mente prima di salutarsi perché, a quanto pareva dall’altra parte era notte, o comunque tardi.
Ritornò ai suoi bagagli mezzi disfatti, in quel momento non sapeva perché stava vuotando le valige, se ci avesse messo poco a trovare le prove sarebbe ripartito presto, eppure qualcosa gli diceva che non era così, niente era mai così semplice per loro.
Una volta svuotate le valige e fatte scivolare sotto il letto andò a sistemare il resto delle cose.
Fu quando aprì il frigorifero per mettere in fresco un paio di bottiglie d’acqua, di the e qualche birra che constatò che mancava qualcosa.
Richter doveva aver pensato personalmente alla casa.
“Il supermercato è a Sud.”
Così diceva un bigliettino che il giovane strappò con rabbia.
Recuperò il portafoglio e le chiavi e uscì.
Di andare ancora in macchina non aveva voglia anche se sarebbe stato più comodo, ma almeno a piedi avrebbe potuto iniziare a conoscere la città.
E a perdervisi.
Si fermò dopo un’ora e mezza che girava, probabilmente in tondo, con le  mani sui fianchi e un’espressione decisamente irritata in volto.
“Sud!! La città non è mica uno sputo però!”
Sbottò lasciandosi cadere seduto su una panchina guardandosi attorno sconsolato prima di notare la giovane donna che già era li seduta.
Subito si rimise composto cercando malamente di nascondere l’evidente imbarazzo.
“Chiedo... Chiedo scusa... Ero così distratto che non mi sono nemmeno accorto che... Oddio... Che figura.. Appena arrivato.”
Abbassò il capo mentre il volto era ormai paonazzo dall’imbarazzo e coperto con entrambe le mani.
“Non ci posso credere!”
Shaun alzò lo sguardo, ancora terribilmente imbarazzato, lei l stava guardando incredula, sorpresa, quasi felice doveva ammettere.
“Sei davvero tu?”
L’espressione mutò quando vide lo sguardo interrogativo di lui.
“Non ti ricordi di me? Sono Tracy. Tracy Kennest. Ci siamo incontrati otto anni fa!”
Shaun scosse ancora la testa con un leggero sospiro.
“Credo mi abbiate confuso con qualcun altro, mi dispiace. Io mi chiamo Shaun... Ed è impossibile che ci siamo già conosciuti, sono arrivato solo ora qui.”
Lei annuì distrattamente, come se non credesse alle sue parole e stesse cercando di mettere insieme i tasselli di un puzzle invisibile.
“Scusami, hai ragione. È che sei così simile ad un mio caro amico... Mi è sembrato di capire che ti sia perso Shaun.”
Annuì, ritornando al momento di imbarazzo iniziale.
“Il supermercato... Mi sapresti indicare...”
“Farò di meglio mio caro!”
Con un sorriso si alzò afferrandolo per il braccio e incamminandosi lungo la via.
“Così non rischi di perderti ancora... E poi mi stai simpatico.”
Concluse senza smettere di sorridere.
“Sei venuto qui per lavoro?”
Domandò  dopo qualche minuto spostando una ciocca nera dietro l’orecchio, non poteva avere più di 5 anni più di lui, pensò, e in un certo senso qualcosa di familiare lo aveva, ma non sapeva dire cosa.
“Si... Avrai sentito parlare di... Strani animali impazziti, no?”
Lei annuì pensierosa.
“Devo dare una mano per risolvere il problema.”
Non entrò nei particolari che nemmeno lui conosceva, avrebbe fatto saltare la copertura nel giro di pochi minuti.
“Buona fortuna... In un certo senso lavoriamo insieme. Mi occupo di sistemi di sicurezza, allarmi, telecamere, cose del genere. Per essere una donna sono brava.”
“Non lo metto in dubbio... Tracy, giusto? “
Azzardò sperando di non aver sbagliato nome, ci avrebbe fatto una seconda figuraccia, nel giro di una mezz’ora, e con la stessa persona, per di più.
Fortunatamente non aveva sbagliato, e, cosa forse più importante, aveva trovato il supermercato.
“Ok... La prossima volta vengo in macchina se devo andare praticamente dall’altra parte della città... Grazie mille!”
Entrò mentre la giovane restava ferma a guardarlo sparire nella struttura prima di voltarsi e andare per la sua strada con aria seria.
“Quell’uomo dovrà spiegarmi un po’ di cose, credo. Molte cose anzi.”
Mormorò allontanandosi.
Nel frattempo Shaun aveva iniziato ad aggirarsi per i vari reparti del supermercato spingendo il carrello che andava via via riempiendosi sempre di più.
“Dunque... Surgelati... Batterie e lampadine di scorta... Un paio di cibi precotti... La carne!”
Effettivamente era la prima volta che si ritrovava a vivere da solo, non era nemmeno sicuro delle sue doti culinarie, meglio abbondare coi precotti, non si sa mai, avrebbe almeno tentato di non mandare a fuoco la casa cercando di prepararsi un piatto di pasta.
“Funziona come il the...”
Commentò a mezza voce dirigendosi verso la cassa.
“Aspetti che l’acqua bolla, metti la pasta, aspetti che sia pronta e la tiri su. Niente di complesso...”
Concluse aspettando paziente il suo turno.
Quando uscì aveva almeno quattro sacchetti in mano.
“Di questo passo a casa ci arrivo domani...”
Borbottò allontanandosi lentamente, non credeva che si sarebbe ritrovato in una situazione simile fino a poco tempo prima.
L’unica cosa positiva era che la strada non era in salita, ma una mezz’ora di camminata non gliela avrebbe tolta nessuno.
Un cane, probabilmente un randagio, o almeno così sembrava, stava rovistando in un bidone sul marciapiede, Shaun si fermò un attimo a guardarlo, gli facevano tenerezza, e, soprattutto, adorava i cani.
“Ehi cucciolotto bello...”
Allungò la mano verso l’animale che voltò il muso fiutando il suo odore.
E pochi secondi dopo la sua paura.
Gli occhi rossi, la bava, il muso, il corpo anzi, ridotto a brandelli insanguinati, non era sicuramente stato un incidente a ridurlo così.
La bestia iniziò a ringhiare avvicinandosi lentamente mentre lui indietreggiava.
Animaletti impazziti, aveva detto Chris, impazziti, non rabbiosi!
Voltarsi era una cosa improponibile, gli era stato insegnato che mai e poi mai avrebbe dovuto dare le spalle ad un nemico, chiunque esso fosse, certo, a meno che non fosse circondato, in quel caso a qualcuno le avrebbe date, il meno pericoloso magari.
No, forse non era proprio il caso di fare ragionamenti simili, in quel momento non servivano.
A dire il vero tutto ciò che gli sarebbe tornato utile sarebbe stata la pistola che stava abbandonata sul comodino della camera.
Fu una frazione di secondo, forse anche meno, la bestia balzò contro di lui che, nel tentativo di scappare, inciampò cadendo indietro, in completa balia dell’animale.
“Non posso morire così... Sbranato da un....”
Il rumore dello sparo interruppe la frase prima della fine, il cane rotolò a terra con un rantolo, il giovane voltò lentamente la testa verso la macchina che frenava di fianco a dov’era lui, non gli importava se qualcosa di fragile nelle borse si fosse rotto, meglio qualche lampadina che lui morto sbranato.
“Stai bene?!!”
Conosceva quella voce...
“S... si Capitano...”
Riuscì a balbettare mettendosi in piedi e guardando un po’ l’uomo e un po’ il cane.
Wesker disse qualcosa alla radio, qualcosa che sul momento Shaun non capì.
“Sali, si fa buio, non è sicuro girare per strada.”
Disse semplicemente facendogli capire che, nonostante il tono gentile quello era un ordine.
Recuperò le borse salendo veloce.
“Quella bestia...il cane intendo...”
“Lo verranno a prendere e se ne sbarazzeranno, cerca di fare attenzione la prossima volta capito?”
Shaun annuì abbassando leggermente la testa, faceva bene ad arrabbiarsi, era stato un caso che fosse da quelle parti, e lui doveva stare attento, molto attento.
Ora però non riusciva a togliersi dalla testa gli occhi di quel cane.
“Che cos’era?”
“Un cane Shaun, suppongo tu sappia cosa sia un cane, no?”
Il ragazzo lo guardò senza capire se fosse serio o meno, non aveva voglia di giochetti in quel momento.
“So com’è fatto un cane... E quello non lo sembrava Capitano.”
“Era.”
Sottolineò entrando nella via.
“Devi stare attento a quello che chiedi.”
Si fermò davanti alla casa mentre il giovane lo guardava, l’aveva incastrato, doveva stare attento a come faceva le domande, magari non sarebbero stati tutti furbi e con una risposta così pronta, ma se qualcuno voleva nascondere qualcosa sicuramente avrebbe risposto così.
“Buonanotte Shaun.”
Il ragazzo scese prendendo le borse e guardandolo, avrebbe voluto fare così tante domande ma forse era meglio aspettare, aveva appena avuto la prova che doveva stare attento a cosa chiedeva.
“Buonanotte Capitano.”
Concluse rientrando in casa e chiudendo la porta dietro di sé con un sospiro.
Sistemò svogliatamente la spesa rendendosi conto che di tutte le cose fragili che aveva nelle borse si erano salvate 2 uova soltanto.
“Meglio di niente...”
Commentò arreso al fatto che il giorno seguente sarebbe dovuto tornare al supermercato.
Accese il computer appoggiato alla scrivania, Richter gli aveva chiesto dei rapporti praticamente giornalieri ma cosa avrebbe dovuto dirgli?
Che era stato quasi sbranato da qualcosa che era un cane?
Lo avrebbe preso per pazzo, magari lo avrebbe anche ritirato dalla missione mentre ora non poteva permetterselo, era diventata una questione personale anche se era appena arrivato.
Quella bestia non era normale, voleva sapere cosa succedeva.
Aprì la pagina delle mail pensando bene a cosa scrivere, cosa poter dire e cosa no.
E non era facile.

From:                         Hastings Shaun
To:                             Richter Angus
Subject:                     Report 1

Non ci sono novità da riferire in merito alla missione, domani mi recherò alla sede pubblica della Umbrella per dare un’occhiata, agli occhi di tutti sarò solo il nuovo agente mandato dopo alcuni incidenti di cui chiederò più informazioni domani per non sembrare troppo impreparato.
Se davvero come sospettiamo stanno nascondendo qualcosa dovrò fare le domande giuste alle persone giuste per non farmi scoprire.
Vi terrò informati.
Se le cose si mettessero male, se venissi scoperto e la missione fosse compromessa sono pronto a sparire dalla circolazione, non so per quanto, il tempo necessario immagino.
Questo però sarebbe una prova sufficiente a rendere fondati i sospetti.
Se subentrano novità o problemi informatemi, o riferite al capitano Wesker.

Vittoria agli Assassini.

Hastings Shaun

Avrebbe voluto scrivere qualcosa di più, gli stava nascondendo cose forse importanti, ma era meglio così per il momento.
Avrebbe anche voluto salutarli in modo più informale, come era giusto dal momento che erano la sua famiglia, ma anche questo non poteva, non un rapporto sulla missione in corso.
Spense con un sospiro e si diresse sulla piccola veranda davanti a casa osservando la via ormai buia, gli effetti del fuso orario si stavano facendo sentire , si sarebbe infilato subito sotto le coperte ma aveva l’abitudine di uscire prima di andare a letto da quando era solo un bambino.
Lo rilassava, l’aria fresca sul volto, il cielo puntellato di stelle nelle notti limpide, quella pace che tanto cercava da una vita.
Il quartiere era tranquillo, le luci e le voci della casa a fianco lasciavano intendere che erano tutti riuniti, magari dopo una giornata di lavoro, coi figli a giocare o a guardare un po’ di televisione.
Aveva intravisto prima di uscire quella famiglia, sembrava così normale e ignara di tutto.
Magari come in certi film che aveva visto sarebbero arrivati a presentarsi il giorno seguente.
“Se mi trovano in casa...”
Mormorò con un sorriso prima di rientrare e dirigersi in camera.
In lontananza gli parve di sentire un ululato ricordandosi solo dopo di non essere lontano dallo zoo cittadino.
Magari sarebbe andato a visitarlo, un giorno o l’altro.
“Benvenuto a Raccoon City, Shaun.”
Si disse infilandosi sotto le coperte e chiudendo gli occhi.
L’ululato intanto si era interrotto di colpo con un lamento che nessuno potè sentire.

“Se è sempre così semplice riusciremo a risolvere il problema entro poco.”
“Non sono mai semplici le cose, Redfield. Mai.”




Note dell'autrice: Per la serie "A volte ritornano" eccomi qui!
Qualche tempo fa ho riletto "Research" e non ho problemi ad ammettere che mi sono spaventata!
Credo come sempre quando rileggi una vecchia storia, sta di fatto che ho a cuore questo CrossOver impossibile, assurdo, scardinato e tutto quello che volete, così tanto a cuore che non me la sento di abbandonarlo nel dimenticatoio come succederebbe.
Così mi sono armata di pazienza, molta pazienza, e ho iniziato a riscrivere.
Prima era tutto concentrato, non aveva il filo logico che seguivo nella mia testa.
Stavolta temo di aver esagerato con le descrizioni, mi ero preparata una scaletta divisa in punti da seguire e comunque il finale è andato per conto suo ma non posso lamentarmi troppo, mi piace stavolta, per il momento almeno.
Se qualcuno non avesse letto la prima versione qui metto un link alla pagina di facebook con un paio di spiegazioni riguardo i personaggi originali (tranquilli, sono pochi e non sono così rilevanti, non per il momento almeno.)
Precisazioni
Spero vi abbia incuriosito almeno un poco.
A presto! (Spero.)

Bye Bye~
Aki



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