Uhm.
L’idea di rivisitare in chiave slash la celeberrima fiaba di Cenerentola mi frullava per il capo sin
da un mesetto circa, ma non avevo previsto che ne sarebbe venuto fuori
un
gigantesco word vomit a metà tra il demenziale ed il
polpettone melodrammatico
(non ai livelli di Via col vento,
ma
comunque…). Ci ho provato, ok? Walt Disney si
rivolterà nella tomba: amen. E’
il mio compleanno e mi auto-conferisco il diritto di fare a modo mio.
Buona lettura
(si spera)!
C’era una volta, in un
Paese lontano lontano, un giovane uomo appena lasciato dalla moglie con
un
bambino a carico.
Lee Donghae -così si
chiamava il povero cornuto- dopo aver augurato le peggior disgrazie
alla
fedifraga, decise di risposarsi per dare una mamma al figlioletto, il
cui nome
era Kris.
Tuttavia, rimasto scottato dal tradimento della ex e determinato a non
ripetere
l’umiliante esperienza, stupì tutti chiedendo la
mano del suo migliore amico,
Lee Hyukjae. Quest’ultimo, benché perplesso,
accettò in nome dell’affetto che
li legava da quando avevano cinque anni. Celebrato il matrimonio,
Hyukjae si
trasferì nella bella villa di campagna dove lo attendevano
il marito ed il
figliastro. L’unione tra i due si rivelò molto
felice, nonché proficua. Nel
giro di un anno nacquero due deliziosi gemelli cui vennero dati i nomi
di
Baekhyun e Jongdae.
Il piccolo Kris, che
all’epoca aveva due anni, si adattò piuttosto bene
al nuovo ménage famigliare.
Hyukjae, che gli aveva fatto da padrino al battesimo, era un
papà simpatico ed
in gamba, i fratellini profumavano perennemente di talco e sembravano
due
bambolotti da strapazzare e riempire di baci, con i loro occhioni
innocenti… Sembravano,
appunto. Con il passare del tempo, Kris imparò a sue spese a
non giudicare mai
un libro dalla copertina e a temere quei due troll con sembianze umane.
Baekhyun e Jongdae,
infatti, non appena ebbero imparato a parlare, non persero occasione di
dare il
tormento al fratello. Lo incolpavano per ogni vaso e finestra ridotti
in
frantumi dai loro giochi turbolenti, criticavano aspramente le
ragazzine che lo
concupivano e gli mandavano messaggi d’amore e si rifiutavano
di infilarsi
sotto le coperte se prima Kris non aveva narrato loro una fiaba della
buonanotte. Il passatempo preferito delle due pesti, però,
era quello di
canzonare il fratello maggiore per via del suo aspetto fisico. Il
ragazzo
infatti era talmente bello da sembrare lui stesso un principe saltato
fuori da
una fiaba: altissimo, spalle larghe, gambe da atleta, una folta chioma
biondo
miele ed un viso che pareva scolpito nel marmo più pregiato.
La sua
straordinaria avvenenza, unita ad una cura maniacale per la propria
pelle che
si traduceva in ore ed ore trascorse davanti ad uno specchio ad
applicarsi una
ventina di intrugli cosmetici sul viso, aveva fatto sì che
Baekhyun e Jongdae
lo ribattezzassero Kriserentolo.
Ed i genitori, si
chiederanno gli esimi lettori, dov’erano? Perché
non mettevano fine a quegli
atti di lieve bullismo fraterno? La
risposta è semplice. Erano troppo impegnati a rotolarsi tra
le lenzuola per
richiamare all’ordine i gemelli. Si dà il caso,
difatti, che Donghae e Hyukjae (a
forza di frequentarsi carnalmente in quanto “è
così che ci si aspetta che una
coppia sposata passi il proprio tempo libero, giusto?”)
avevano scoperto di
piacersi davvero e di amarsi; addirittura
da quando avevano cinque anni. L’epifania che li aveva colti
in seguito al
concepimento lampo dei gemelli, dunque, impedì loro di
badare ai bambini come
avrebbero voluto, ma non per questo furono dei genitori irresponsabili
o distanti.
Provenendo entrambi da famiglie facoltose, non fecero mancare nulla ai
figli:
indimenticabili vacanze in terre esotiche, balocchi, edizioni rare e
preziose
dei loro libri preferiti ed i migliori precettori incaricati della loro
educazione.
A Kris, per il suo
quindicesimo compleanno, vennero regalati due topolini bianchi,
entrambi
maschi, che lui chiamò Jongin e Sehun. La
peculiarità del dono, però, stava nel
fatto che gli animaletti erano in grado di parlare. Quale mirabile
sorpresa,
quale indescrivibile espressione di gioia si accese sul volto del
ragazzino! Si
affezionò talmente tanto a loro che commissionò
al falegname la realizzazione
di una cuccia speciale per i suoi nuovi amici, foderata di cuscini di
seta e
con scivoli e altri giochi che potessero divertirli. I topolini, dal
canto
loro, non faticarono a ricambiare i sentimenti di quel padroncino
così grazioso
e gentile e, nel
giro di poche
settimane, presero l’abitudine di disertare la cuccia per
dormire sul morbido
guanciale di Kris, dipinta sui loro musetti un’espressione di
quieta gioia.
Un bel dì di fine maggio
di sei anni dopo, una notizia fece il giro del regno: in onore del
ventesimo
compleanno del principe Joonmyun si sarebbe tenuto un fastoso ballo a
corte.
Erano invitate tutte le famiglie di qualsiasi ceto purché
dotate di figli o
figlie in età da marito. I sovrani speravano infatti di
accasare il loro unico erede
e di cogliere così due piccioni con una fava.
I coniugi Lee, di figli
papabili, ne avevano in abbondanza. I gemelli avevano compiuto
diciannove anni
quella primavera, Kris ne aveva già ventuno. Erano tutti e
tre di bell’aspetto,
ragionevolmente acculturati e con una buona conoscenza del galateo. Non
erano particolarmente
interessati al matrimonio, ma tanto meglio. Al ballo, che si sarebbe
tenuto di
lì a due settimane, avrebbero partecipato gli eredi dei
casati più antichi e
illustri del Paese. Senza ombra di dubbio i sovrani avrebbero approvato
il
fidanzamento del principe con un altro (o un’altra) nobile
piuttosto che con un
borghese benestante, sicché era inutile porsi dei problemi
al riguardo.
Quando proposero ai figli
di prendere parte al ballo, i gemelli parvero molto più
eccitati alla
prospettiva di indossare abiti nuovi che di fare il loro debutto in
società.
“Ho il permesso di
truccarmi gi occhi con quell’unguento nero [1] che zia Yoona ci ha portato in
regalo dall’India,
padre?” chiese Baekhyun con le mani giunte in preghiera,
riferendosi alla
sorella di Hyukjae.
“Finalmente
potrò
mostrare al mondo le mie grandi doti di ballerino! [2]” esclamò
Jongdae.
Kris rimase quieto, in
disparte. Dei tre, era l’unico che nutrisse una vera
curiosità di vedere di
persona, e magari conoscere, il principe Joonmyun. Di lui si narravano
solo
cose egregie. Era bello come un angelo (e Kris, che non aveva mai avuto
occasione di ammirare un suo ritratto, si interrogava sulle sue
fattezze),
cortesissimo, generosissimo, non altissimo ma levissimo. Cavalcava
magnificamente, duellava con eleganza e fierezza, era un avido lettore
e danzava
-così sussurravano le servette che ne avevano spiato le
lezioni- con
ineguagliabile maestria. Il Principe Settebellezze, avrebbe commentato
Jongdae
e la sua lingua biforcuta. Ma Kris, che non conosceva malizia
né sarcasmo,
ascoltava quei racconti con occhi pieni di rapimento e stima per quel
giovine
così perfetto.
Si confidò con i suoi
amici pelosi la sera stessa, prima di coricarsi per la notte.
“Sembra proprio che il
principe ti abbia conquistato” rise -letteralmente- sotto i
baffi Jongin.
“Scommetto che conti i giorni che mancano al ballo con la
trepidazione di una
pulzella innamorata”.
“Non è affatto
vero” si
difese il ragazzo arrossendo un poco. “Sono solo curioso.
Sembra essere una
persona interessante”.
“Interessante”
ripeté
Sehun. “Ammettilo, spasimi per lui pur non avendolo mai visto
in faccia!”
“Vi ripeto di no. Mi
farebbe piacere conoscerlo, certamente, ma senza secondi
fini”.
“Questo è
ciò che credi
tu, Kris” ribatté Jongin arrampicandoglisi lungo
il braccio destro. “Ma noi ti
conosciamo meglio di quanto tu cred. Il principe occupa un posto
speciale nel
tuo cuore, anche se non sei ancora disposto ad ammetterlo”.
“Non
c’è nulla di male
nell’avere una cotta” lo rassicurò
l’altro topolino, salitogli sulla spalla
sinistra.
“Lo so, lo so,
però-”
“Però
niente” lo
interruppe Jongin. “Il tempo ci darà ragione.
Adesso dormiamo, su”.
Arrivato che fu il gran
giorno, Sehun e Jongin fecero trovare una sorpresa a Kris. Steso sul
suo letto
stava un completo elegante, composto da una casacca con alamari
d’argento e
calzoni attillati in lino bianco, che gli avrebbe fatto fare un
figurone al
ballo.
“E’
bellissimo” mormorò
il ragazzo, chinatosi ad accarezzare la stoffa. “Come ve lo
siete procurato?”
“L’abbiamo
cucito noi”
gonfiò il petto Jongin.
“Mi prendi in
giro” Kris
era scettico. “Sehun, da bravo, dimmi che è uno
scherzo”.
“Nient’affatto,
uomo di
poca fede. E’ tutta opera nostra, dai ricami sulle maniche
all’orlo dei
pantaloni. I topi parlanti, tra le loro varie doti, possiedono anche
quella di
cucire e rammendare alla perfezione”.
“E perché mi
avete sempre
tenuto all’oscuro di questa vostra
abilità?”
“Aspettavamo il momento
giusto; e quale occasione migliore di una serata a corte? Dai,
provatelo, vedi
come ti sta”.
Kris eseguì. Ebbe
qualche
problema a chiudere i bottoni e gli parve di sentire freddo alle
caviglie, ma
si voltò fiduciosamente in direzione dei suoi amici.
“Allora, che ve ne
pare?”
I topolini squittirono
afflitti.
“Potremmo, uhm, aver
cannato in tronco le misure” gemette Jongin.
“L’orlo dei calzoni è troppo
corto, non ti arriva neppure ai malleoli, e la casacca è
decisamente stretta!”
In effetti, pensò il
ragazzo osservando il proprio riflesso allo specchio a grandezza
naturale
accanto all’armadio, sembrava che si fosse infilato a forza
nei vestiti di
Jongdae o Baekhyun.
“Dannazione”,
borbottò
Sehun, “che pasticcio. Dove lo rimediamo un altro completo
adatto all’occasione
e della tua misura entro il tramonto?”
“Forse ho
un’idea”
azzardò Kris.
In quel mentre entrò
nella stanza Donghae, abbigliato di tutto punto in grigio perla e
stivali
talmente lucidi da risplendere. Si arrestò di fronte al
patetico spettacolo
offerto dal figlio.
“Accidenti, ragazzo
mio”,
boccheggiò, “che ti è
successo?”
“Un disguido di natura
sartoriale” sospirò lui. “Ma forse ho
trovato il modo di porvi rimedio”.
“Kris, tesoro”
fece
capolino dal corridoio Hyukjae. “Per l’amor del
cielo, non penserai mica di
venire al ballo conciato così, mi auguro. Sei troppo alto
per indossare i
vestiti dei tuoi fratelli”.
“Non agitarti, padre. Ho
la soluzione-”
“Poffarbacco, fratellone,
ma che ti sei messo?” si aggiunse la voce squillante di
Baekhyun.
“Se qualcuno mi lasciasse
spiegare” tentò di rispondere ma venne interrotto
da Jongdae, accorso sulla
scena del crimine.
“Ehi,
cos’è
quest’obbrobrio? Kris, sembri uno spaventapasseri vestito a
festa”.
“Ci dispiace
tanto”
squittirono contriti Jongin e Sehun.
“Comunque sia,
figliolo”,
prese parola Donghae, “ti conviene cambiarti in fretta. La
carrozza sarà qui a
momenti”.
“Di già?
Perché tanta
fretta? Manca un’ora abbondante al tramonto”.
“Vero, ma lo sai anche tu
che il sabato sera c’è un traffico spaventoso.
Dobbiamo partire con largo
anticipo se vogliamo arrivare in orario a palazzo”.
“Ma non è
possibile”
protestò il figlio. “Mi serve almeno mezzora per
il mio rituale di bellezza
serale, un quarto d’ora per sistemarmi i capelli; senza
contare che devo ancora
rimediare un completo degno di questo nome”.
“Allora temo che dovrai
fare a meno di accompagnarci al ballo, caro” disse Hyukjae.
“A meno che tu non
rinunci per una volta nella tua vita alla pulizia del viso-”
“Giammai. Toglietemi
tutto ma non lo scrub” la risposta di Kris fu categorica.
Udirono bussare alla
porta.
“E’ la
carrozza” annunciò
Donghae e rivolse uno sguardo dispiaciuto al figlio.
“Spiacente, dobbiamo andare.
Ti racconteremo tutto domani mattina, d’accordo?” e
gli diede un buffetto sulla
guancia.
Hyukjae lo abbracciò e
gli raccomandò di andare a letto ad un’ora
adeguata. I fratelli invece non si
lasciarono scappare l’occasione di beffarsi di lui.
“Povero Kriserentolo,
sempre così sfigato” Jongdae gli diede una pacca
sulle spalle.
“Ballerò con
il principe
Joonmyun anche per te” trillò Baekhyun, civettuolo.
“Nanerottoli
invidiosi”
sibilò Kris, la fronte corrugata, quando sentì la
porta di casa chiudersi.
Si sedette sulla sponda del
letto e sospirò sonoramente. Sehun e Jongin gli salirono in
grembo con le
orecchie basse, in segno di scusa.
“E’ tutta colpa
nostra”
dissero. “Siamo desolati”.
“Ma no, ma no”
li
rassicurò lui con una carezza. “Non
l’avete fatto apposta, e comunque non sarei
riuscito a prepararmi in tempo nemmeno se il vestito fosse stato
perfetto.
Basta con questi musetti tristi, intesi?” il suo sorriso
sfumò in uno
sbadiglio. “Mmmhh, visto che ho la serata libera penso
proprio che schiaccerò
un pisolino”.
E così fece. Senza
nemmeno cambiarsi d’abito si adagiò sul materasso
e si addormentò dopo pochi
minuti. I topolini lo imitarono, accucciandosi l’uno vicino
all’altro.
I tre dormienti vennero
svegliati da un boato spaventoso, simile al rumore dei fuochi
d’artificio
quando esplodono ma molto più assordante. Jongin e Sehun
fecero un salto di due
metri con doppio salto mortale.
“Shisus
onnipotente”
sobbalzò Kris stropicciandosi gli occhi impastati di sonno.
“Che diamine-”
Ammutolì, scosso dalla
visione che gli si presentò davanti. Una bizzarra nebbiolina
rosa aleggiava
nella stanza. Non appena si dissipò un poco, il ragazzo
riuscì a distinguere
una silhouette alta e slanciata con i capelli corti di un violento rosa
shocking e le gambe arcuate fasciate da un paio di calzoni
aderentissimi in
tinta con la chioma. Un lungo cappotto (di che colore è
facile intuirlo) fatto
di un materiale morbido e vaporoso simile all’ovatta ed una
blusa semi
trasparente completavano il tutto.
“Ciao, Kris”
salutò la
creatura con voce roca e indiscutibilmente maschile.
“Uhm. Ciao a te, strambo
essere umano. Chi sei? Come hai fatto ad introdurti in casa mia? Che
problema
hai con il rosa? Sto forse sognando?”
Lo sconosciuto scoppiò a
ridere ed i suoi grandi occhi cerchiati di scuro lo fecero somigliare
ad un
panda.
“Il mio nome è
Zitao, ma
tu puoi chiamarmi Taozi. Sono la tua fata madrina. Adoro il rosa, le
borse di
Gucci, lo yoga e fare lunghe camminate solitarie sulla spiaggia [3]”.
“Frena, frena. Taozi,
giusto? Devo aver sentito male: io non ho una fata madrina e tu, beh,
sembri
più adatto ad una sfilata del Gay Pride che ad impugnare una
bacchetta magica o
quel che è”.
“Le bacchette sono
out”,
fece spallucce l’altro, “uso un bastone da
wushu”.
Strappò un batuffolo di
stoffa dalla manica destra del suo cappotto e glielo porse.
“Ne vuoi? E’
zucchero filato”.
“E’ evidente
che sto
sognando” meditò ad alta voce Kris, accettando
però il dolce offertogli.
“Chi può
dirlo. In fondo i
sogni son desideri di felicità~” cinguettò
Zitao sorridente. “Ma bando alle
ciance, ché l’ora del ballo è
imminente”.
“Eh? Che
c’entra il ballo
con la tua venuta?”
“Sst, lasciami
lavorare”.
Detto questo, la fata
prese per mano Kris, ne studiò attentamente il disastroso
outfit e gli fece
fare un giro su se stesso. “Benone”
fischiò ammirato. “La materia prima è
eccellente. Basterà qualche piccola modifica al look e sarai
uno schianto,
aspetta e vedrai”.
Prima che il ragazzo
potesse replicare alcunché, Zitao sfoderò un
lungo bastone laccato di nero
(Sehun e Jongin trattennero il fiato) e cominciò a recitare
un incantesimo
canticchiando.
“Salaga
doola,
mencica boola, bibbidi bobbidi boo/ mettile insieme e che accade
laggiù?/ Bibbidi
bobbidi boo./ Salaga doola, mencica boola, bibbidi bobbidi boo/ fa la
magia tutto
quel che vuoi tu/
bibbidi bobbidi boo./ Con salaga doola puoi/ far tutto quel che vuoi/
ma la
frase però che tutto può/ è bibbidi
bobbidi boo!”
Un turbine di scintille rosa
avvolse Kris il
quale, preso in
contropiede, serrò le palpebre per lo spavento.
Riaprì gli occhi solo quando
udì i due topolini squittire sorpresi.
“Sei una
visione” chiocciò
Zitao. “Guardati allo specchio”.
Lui obbedì, e per poco
non
ci rimase secco. I suoi bei capelli biondi erano pettinati
all’indietro e
fermati da una fascia di raso azzurra, i lobi erano impreziositi da
orecchini
di perle ed una collana tempestata di diamanti cingeva il suo collo
sottile.
Indossava un abito turchese, con maniche corte a sbuffo ed
un’ampia gonna a
corolla, il cui bustino era discretamente imbottito sul petto, a
suggerire la
presenza di un seno femminile. Dei guanti di seta in tinta gli
coprivano le
braccia fino al gomito. Provando una sensazione di freddo ai piedi,
sollevò
l’orlo del vestito e rimase incredulo a fissarsi le scarpe:
un paio di ballerine
di cristallo, fragili solo a guardarle.
“Che diavolo-”
“Lo so, lo so. Le
ballerine
sono un autentico colpo di genio” lo interruppe Zitao.
“Ho pensato che,
stangone come sei, i tacchi sarebbero stati superflui. Già
così superi di
diversi centimetri il principe”.
“Non mi riferivo alle mie
calzature, Taozi, ma a tutto l’insieme! Come accidenti ti
è venuto in mente di
travestirmi da donna, si può sapere? E’ una specie
di Pesce d’Aprile in
ritardo? In quanto mia fata madrina dovresti aiutarmi, non farmi
passare per un
fenomeno da baraccone”.
“Secondo me stai
benissimo”
azzardò Jongin.
“Concordo. Se non ti
conoscessi ti scambierei per una splendida ragazza pronta a conquistare
il
cuore del principe” gli diede manforte Sehun.
“Voi dite? Non mi
prendete
per i fondelli?”
Gli animaletti negarono
recisamente e Kris, in parte convinto, si ammorbidì. Zitao
ne approfittò per
dare il via alla fase successiva del suo piano.
“Purtroppo il tempo a
nostra
disposizione sta scadendo. Affretta il passo, cocco, ché il
tuo specialissimo
mezzo di trasporto ti aspetta giù”.
Kris salutò velocemente
i
due topolini, che gli augurarono in bocca al lupo, scese le scale e si
chiuse
la porta di casa alle spalle. Una volta in strada si guardò
intorno in cerca di
una carrozza o di un qualsiasi veicolo a quattro ruote.
“Una carrozza non va
bene. Troppo
lenta” gli lesse nel pensiero la fata. “Ti presento
Luano” e così dicendo
indicò un cerbiatto materializzatosi dal nulla, che
strofinò il nasino umido
contro la mano di Kris. “E’ un cerbiatto mannaro,
nelle notti di luna piena si
trasforma in uomo. Sarà lui a portarti a palazzo”.
“Che coccolo”
mormorò
l’altro intenerito. “Ma ce la farà a
reggere il mio peso? Non mi arriva nemmeno
alla cintola”.
“Non sottovalutarne la
forza
né la velocità, ragazzo mio: è pur
sempre una creatura magica” sorrise.
“L’incantesimo avrà termine allo
scoccare della mezzanotte. Questo bell’abito
sparirà e ti ritroverai addosso i tuoi vecchi vestiti. Se
hai a cuore il tuo
senso estetico allontanati dal castello prima del dodicesimo rintocco.
Luano ti
aspetterà fuori dal cancello principale e ti
riporterà a casa in men che non si
dica” spiegò poi.
Kris annuì e
salì in groppa
all’animale.
“Mezzanotte, me ne
ricorderò. Grazie mille, Taozi, sei la mia fata madrina
preferita”.
Il salone delle feste
avrebbe potuto tranquillamente ospitare villa Lee (parco compreso),
calcolò
Kris.
Introdursi nel castello era
stato più semplice del previsto. Era bastato sfarfallare le
ciglia in direzione
di uno dei valletti in portineria, biascicare un nome femminile a caso
ed
esibirsi in un tremulo risolino per venire scortato con cavalleresca
cortesia
sino all’ingresso del salone.
“Tsè, gli
uomini” mugugnò
ripensandoci. “E’ così facile
ingannarli”.
Decise di dare
un’occhiata
in giro prima di buttarsi nella bolgia infernale che era la pista da
ballo. Lo
affascinavano la lucentezza del pavimento di marmo, le vetrate colorate
delle
finestre a feritoia, il soffitto mirabilmente affrescato. Fece per
esaminare da
vicino le scanalature di una lesena e sfiorarne il fusto con i
polpastrelli, ma
una voce estranea alle sue spalle lo distolse dal suo intento.
“E’ inusuale
che una bella
fanciulla come voi si interessi di architettura”.
Kris si girò
bruscamente,
trattenendo a stento un urletto. Colui che aveva parlato era un giovane
uomo,
probabilmente suo coetaneo, almeno dieci centimetri più
basso di lui. I suoi
capelli avevano la sfumatura rossiccia e intensa delle castagne di
novembre, la
pelle era candida e liscia come porcellana e gli occhi castani avevano
una luce
dolce, rassicurante. Kris avvertì uno strano calore al petto.
“Oh”
esclamò in falsetto.
“Chiedo perdono, non era mia
intenzione…” arrossì.
“Non dovete scusarvi
affatto, madamigella” sorrise lo sconosciuto. “Il
mio voleva essere un complimento,
ma temo di avervi arrecato solamente imbarazzo. Sono io a dovermi far
perdonare. Posso chiedervi come vi chiamate?”
“Io, uhm”
balbettò. “Kris
–erentola. Kriserentola, sì”.
“E’ un nome che
vi si
addice: raro e indimenticabile” si portò alle
labbra una mano guantata
dell’altro per baciarla.
“E voi,
messere?” chiese a
sua volta Kris, sempre più rosso in volto.
“Kim Joonmyun, per
servirvi”
e si esibì in un inchino impeccabile.
A Kriserentola
si gelò il sangue nelle vene. Joonmyun, figlio di Kim
Minseok e Zhang Yixing. Joonmyun, l’erede al trono senza
macchia né paura né
doppie punte della cui infallibile bellezza e bontà
d’animo si cantavano le
lodi nel regno? Quel Joonmyun?
“Shisus
onnipotente”
mormorò. “Sono mortificata, Altezza Reale. Non
immaginavo-” piegò il capo e
accennò una riverenza. “Sono onorata di fare la
vostra conoscenza”.
“Dunque sapete chi
sono” si illuminò
il giovine. “Non siete una principessa straniera di
passaggio. Posso sperare di
rivedervi ancora, dopo stasera?”
Kris sentì distintamente
il
suo cuore fare una capriola.
“Non mi stupirebbe se il
vostro nome fosse conosciuto anche in terre lontane dalla
nostra” tergiversò.
“Quanto a me, sono tutto meno che una principessa. Mi trovo
qui unicamente in occasione
del vostro compleanno; e a tal proposito, Altezza, vi faccio i miei
più sentiti
auguri”.
“Vi ringrazio,
Kriserentola.
Confesso che mi sorprende non poco sapere che non avete sangue blu
nelle vene,
giacché la nobiltà e la fierezza che traspaiono
dai vostri gesti oscurerebbero
quelle di dozzine di nobildonne. Non che il vostro ceto di appartenenza
sia di
qualche importanza, per me. Vi amerei anche se foste una fuorilegge
pluriomicida”.
“Ci conosciamo da appena
dieci minuti e già parlate d’amore” Kris
si accigliò, la mascella contratta.
“Intendete forse burlarvi di me, Altezza?”
“Non oserei mai, mia
dea”
affermò Joonmyun con ardore, prendendogli una mano tra le
sue. “La freccia di
Cupido mi ha trafitto il cuore non appena il mio sguardo si
è posato sulla
vostra figura. Sono vostro schiavo, Kriserentola. Desidero sapere tutto
di voi,
tutto sulla vostra famiglia, sui vostri sogni e sui vostri passatempi,
le
pietanze che amate, i libri che avete letto. Soprattutto, desidero
sapere se il
vostro cuore è libero o impegnato”.
Kris avrebbe voluto sbattere
la testa contro la parete più vicina e mettersi ad urlare.
Joonmyun si
professava innamorato, sì, ma di un’impostora. I
suoi occhi avevano ignorato le
spalle troppo larghe, l’altezza smisurata e la voce camuffata
dell’altro.
Vedeva solo ciò che voleva vedere, ossia
un’incantevole fanciulla dal nasino
dritto, la bocca morbida e zigomi alti. Se avesse assecondato il
principe,
dandogli false speranze, sarebbe stata una crudeltà
gratuita. Così, con la
morte nel cuore, scelse di mentire.
“Per quanto lusingata
dalla
vostra confessione, purtroppo non posso ricambiare i vostri sentimenti,
poiché
sono promessa ad un brav’uomo con cui convolerò a
nozze quest’autunno”
improvvisò, e non mancò di notare il velo di
tristezza che offuscò lo sguardo
del ragazzo.
“Capisco. La vostra
onestà
vi fa onore, Kriserentola. Invidio il vostro fidanzato”.
“Non dite
così, Altezza.
Sono sicura che presto incontrerete la donna della vostra vita, la
sposerete e
vivrete per sempre felici e contenti” si sforzò di
sorridere.
“Per quel che mi
riguarda,
questa donna l’ho già trovata. Ma lungi da me
importunare una promessa sposa,
vi prometto che non tornerò più
sull’argomento. Vi chiedo soltanto di
trascorrere con me il resto della serata. Se non posso avere il vostro
cuore
gradirei conquistare la vostra amicizia e stima” tese una
mano verso di lui a
mo’ di invito.
“E sia”
accondiscese Kris.
“Ma solo fino a mezzanotte”.
Le ore parvero volare per i
due giovani. Kris ebbe modo di confermare la veridicità
delle voci che
circolavano sul principe e, benché fosse già (non
molto) segretamente infatuato
di lui ancor prima di conoscerlo, i suoi modi squisiti e la vivace
intelligenza
fecero il resto. Joonmyun, dal canto suo, non poté che
innamorarsi sempre più
della magnifica creatura che conversava con tanta sicurezza di
qualsiasi
argomento e gli parlava dei fratelli e dei genitori con voce venata di
un
affetto quasi palpabile, tanto era sincero e profondo. Dimenticarono il
tempo
che passava e non prestarono affatto attenzione ai mormorii degli altri
invitati che occhieggiavano la strana coppia.
I coniugi Lee, che -a
differenza di molti altri- non avevano alcuna intenzione di far
accasare uno
dei figli con il principe, osservarono con benevolenza
l’amazzone bionda che
aveva monopolizzato l’attenzione del rampollo reale e che
(buffa coincidenza!)
ricordava loro il figlio rimasto a casa.
“Bella gnocca”
commentò
Jongdae schiettamente. “Un filino troppo spilungona per il
principe, però”.
“Trovo che Kris sia
meglio”
alzò le spalle Baekhyun.
A mezzanotte meno cinque, le
luci si fecero più soffuse e l’orchestra
attaccò a suonare un valzer. Joonmyun
trascinò il compagno sulla pista da ballo, nonostante le
proteste di lui.
“Non sono capace di
ballare”
borbottò Kris. Non come una donna, aggiunse mentalmente.
“Lasciati guidare da
me”
l’altro le circondò la vita con un braccio,
categorico. “Solo questo ballo, lo
prometto”.
E volteggiarono,
volteggiarono fino a sentirsi girare la testa. Quando il grande
orologio
cominciò a suonare il primo dei dodici rintocchi fatali,
Kris rammentò le
parole di Zitao.
“E’ mezzanotte,
Altezza”
gemette. “Devo andare”.
Si liberò dalla salda
presa
del compagno e, in preda al panico, si fece strada tra la folla che si
divise
come le acque del Mar Rosso per cedergli il passo. Joonmyun lo
inseguì,
disperato.
“Kriserentola,
aspettate!”
lo chiamò, rincorrendolo lungo la scalinata che conduceva al
cancello
principale.
“Non posso restare,
principe! Non oltre la mezzanotte, vi avevo avvisato. E’ la
cosa migliore per
entrambi, credetemi!” urlò di rimando lui.
Incespicò su un gradino,
ma
si riprese in fretta e corse più veloce che poté.
“Luano!” esalò non appena
riconobbe l’animale che lo attendeva fuori dal castello.
“Presto, riportami a
casa”.
Quando Joonmyun, alcuni
istanti più tardi, ebbe sceso le scale, non trovò
traccia della ragazza –tranne
delle impronte di zoccoli che con ogni probabilità
appartenevano ad un cervide,
ma non se ne curò. Trasse un respiro profondo e si
passò una mano sugli occhi,
sconfitto. La mezzanotte era arrivata ed il suo amore era perduto per
sempre.
Se solo avesse trovato qualcosa, qualsiasi cosa a cui appigliarsi per
rintracciarla…
Un timido luccichio
all’altezza del decimo gradino attirò la sua
attenzione. Andò a vedere di cosa
si trattava e con suo stupore trovò una scarpetta (ad occhio
e croce un numero
dal quarantaquattro al quarantasette) di cristallo, senza tacco. Doveva
averla
persa Kriserentola nella fuga, ragionò il giovine. Un
sorriso esitante gli si
dipinse in volto. Forse non tutto era perduto.
Nelle settimane successive,
in tutto il regno non si fece che parlare dell’ostinata
quanto bizzarra ricerca
intrapresa dal principe Joonmyun. Centinaia di paggi vennero incaricati
di
affiggere sui muri degli edifici cittadini manifesti che recavano il
seguente messaggio:
«AAA. Cercasi disperatamente
fanciulla
bionda e molto alta col quarantasei di piede di nome Kiserentola».
Anche in
casa Lee la notizia venne discussa nei minimi particolari, e con
diversi
microinfarti da parte di Kris.
“Sembra che
l’erede al trono
si sia preso una bella scuffia” ponderò Hyukjae
una mattina a colazione. “Mi
domando se si tratti della stessa ragazza con cui l’abbiamo
visto ballare e che
è scappata via di punto in bianco. Peccato, formavano una
così bella coppia”.
“Sì
sì, è indubbiamente lei”
Donghae spalmò una cucchiaiata di confettura su una fetta di
pane. “Giusto ieri
ho fatto un salto in città e la facciata della banca era
tappezzata di
volantini. Parlavano di una stangona bionda dai piedini non proprio di
fata”
ridacchiò. “C’era anche scritto il suo
nome, ma al momento non mi viene in
mente” arricciò il naso con disappunto.
“Me la ricordo”
intervene
Jongdae pensieroso. “Ti somigliava, Kris” e
scrutò il fratello quasi con
sospetto.
“Ne dubito”
Kris finse
noncuranza. “Non è ancora nata la persona in grado
di competere con la mia
sfolgorante beltà. Baekhyun, mi passi il bricco del
latte?”
Jongdae rimase colpito da
quell’affermazione. “Non è ancora nata
la persona- Sì, può darsi che tu abbia
ragione” bisbigliò alla propria tazza di cereali.
A palazzo, intanto, i
sovrani si affliggevano per le sorti del loro unico figlio.
“E’ trascorso
più di un
mese, Joonmyun” esordì Yixing versandosi del
caffè. “Forse è il caso che ti
metta il cuore in pace”.
“Padre, come potete
affermare una cosa simile? Proprio voi, che avete corteggiato il babbo
senza
pietà per quasi due anni?”
“Ciò che tuo
padre intende
dire, tesoro, è che la tua ricerca non sta dando
frutti” Minseok posò una mano su
quella del principe. “Rifletti. La ragazza potrebbe non
essere di queste parti oppure,
come lei stessa ti ha confessato, è già promessa
ad un altro e non vuole
compromettere il fidanzamento. In caso contrario si sarebbe
già recata a
palazzo a reclamare la scarpetta perduta, non sei
d’accordo?”
“Come sempre mi leggi nel
pensiero, amor mio” tubò Yixing.
“Ritengo che il metodo d’indagine da te
adottato sia sbagliato, figliolo. Di questo passo temo che non
riuscirai mai a
trovare la tua bella”.
“Il
mio metodo d’indagine è errato, voi
dite”
Joonmyun spalancò gli occhi. “E avete
perfettamente ragione. Perdindirindina,
come ho fatto a non pensarci prima?”
Si alzò in piedi e corse
dai
genitori, schioccando un bacio sulle guance di entrambi.
“Mi avete dato una
splendida
idea. Grazie, siete i padri migliori del mondo!” e
uscì di gran carriera dalla
sala da pranzo, lasciando i sovrani con un palmo di naso.
Pochi giorni dopo, il
principe convocò il suo paggio più fidato e
insieme, armati di scarpetta,
presero in prestito la carrozza reale. Il ragazzo aveva in mente di
setacciare
il regno palmo a palmo, visitando ogni casa di ogni contea, al fine di
ricongiungersi con la donna che amava.
Qualcosa in lei -un’esitazione prolungata, un tremito nella
voce- non l’aveva
persuaso del tutto. Kriserentola gli aveva mentito per
chissà quale motivo e
lui sospettava che c’entrasse il presunto fidanzamento. Era
determinato a
scoprire la verità, a qualsiasi costo.
Bussò a decine, centinaia, migliaia di porte senza
risultati. Il suo cuore
saltava un battito quando scorgeva una testa bionda, ma non era mai lei. Nessuna di quelle fanciulle si
avvicinava alla grazia soave e leggermente maldestra di Kriserentola,
nessuna
aveva il suo stesso numero di scarpe.
Joonmyun però non si lasciò scoraggiare.
L’ostinazione era una caratteristica
che aveva ereditato dal padre.
Era un pomeriggio assolato,
con una piacevole brezza che soffiava da nord est. Kris aveva indossato
la sua
speciale tenuta da boscaiolo (comprensiva di cappello floscio, calzoni
larghissimi a scacchi neri e bianchi e un camicione appartenuto a
Donghae
quando era in attesa dei gemelli [4]) e si dilettava a spaccare legna
nel cortile sul
retro della villa. I suoi amici pelosi gli tenevano compagnia, sdraiati
a
debita distanza dall’ascia, e si godevano il sole a pancia
all’aria.
“Nessuna notizia a
proposito del principe?” se ne uscì fuori Jongin
che, al pari di Sehun, era
stato debitamente informato degli eventi verificatisi la fatidica sera.
“No” Kris si
asciugò la
fronte imperlata di sudore. “Anzi, la moglie del lattaio ha
detto al babbo che
in città hanno tolto di mezzo tutti quei manifesti sul mio
alter ego.
Evidentemente Joonmyun si è stufato di dare la caccia ad una
persona che non
esiste”.
“Peccato” Sehun
intrecciò
la coda con quella del compagno. “Avresti potuto farti
avanti, Kris, se non
altro per premiare la sua tenacia. Pensa, a quest’ora saresti
potuto essere il
principe consorte”.
“Ancora con questa
storia, Sehunnie? Ne abbiamo già discusso. Ho preferito non
dargli un dolore
rivelandogli che la fanciulla di cui si è infatuato
è in realtà un maschio”.
“E’ una nobile
motivazione” rifletté Jongin. “Nondimeno
il risultato è lo stesso. Il povero
ragazzo ha il cuore spezzato e pure tu, se posso permettermi
l’ardire, non stai
messo tanto meglio”.
“Non tutti sono destinati
ad essere felici [5]” mormorò Kris
prima di riprendere da dove si era
interrotto.
“Siamo arrivati,
Altezza”
dichiarò il paggio studiando la mappa che aveva in mano.
“Questa è la strada
dove abita la famiglia Lee. Riesco a vederne la magione” si
sporse dal
finestrino.
“Ben fatto,
Chanyeol”.
Una volta che la carrozza
ebbe percorso il sentiero che conduceva alla villa, Joonmyun ed il suo
accompagnatore annunciarono la loro presenza ad uno dei domestici.
Vennero
celermente fatti accomodare nello spazioso salone, di cui il principe
apprezzò
silenziosamente l’arredamento di buon gusto ma essenziale. I
padroni di casa,
mandati a chiamare da una cameriera, non nascosero il loro stupore nel
vedere
l’erede al trono seduto sul loro sofà.
“Altezza” si
inchinarono
rispettosamente. “Qual buon vento vi conduce nella nostra
modesta dimora?”
“Vento d’amore
e
disperazione, signori Lee”.
“Credo di
capire” annuì
Hyukjae. “C’entra forse la fanciulla misteriosa
sulla cui identità vi siete a
lungo scervellato?”
“Precisamente, e non
avrò
pace finché non l’avrò ritrovata. A tal
proposito, posso domandarvi se avete
figli?”
“Tre maschi, le pupille
dei nostri occhi… Ma nessuna femmina”.
“Oh. Capisco”
Joonmyun
era visibilmente deluso. “In tal caso non vi
ruberò altro tempo prezioso” e si
accinse a congedarsi.
“Un momento,
Altezza” si
alzò in piedi Donghae. “Ci fareste un grande onore
se ci permetteste di
presentarvi i nostri ragazzi” sorrise. “Siete il
loro modello di riferimento,
sapete, soprattutto per il nostro figlio maggiore. Disgraziatamente non
ha
potuto partecipare al ballo a causa-”
“Ne sarò
lieto, signor
Lee” lo interruppe l’altro con voce pacata.
“Fateli chiamare”.
Jongdae e Baekhyun
varcarono la soglia del salone alcuni istanti più tardi. Al
pari dei loro
genitori rimasero alquanto sorpresi, ma si ricomposero in fretta e
omaggiarono
doverosamente il principe.
Baekhyun, tuttavia, non riuscì a togliere gli occhi di dosso
dal giovane
assurdamente alto (e che orecchie mastodontiche aveva!) che gli
sorrideva a due
metri di distanza.
“Chanyeol, per
servirvi”
si presentò lo spilungone, e un brivido corse lungo la
schiena di Baekhyun.
“E Kris?”
chiese notizie
Hyukjae. “Perché non è sceso con
voi?”
“In camera sua non
c’è,
padre” rispose Jongdae. “E’ probabile che
stia giocando all’allegro boscaiolo
in cortile, conoscendolo”.
“Avete detto
Kris?”
ripeté Joonmyun, esitante. “Un nome
insolito”.
“E ancora più
insolito è
il suo aspetto” interloquì Donghae con malcelato
orgoglio. “Non lo dico perché
sono suo padre, ma è davvero un bellissimo giovanotto:
statura fuori della
norma, capelli color grano. Non somiglia né a me
né alla mia ex moglie; ma
potrete giudicare voi stesso, Altezza. Eccolo che arriva!”
Il principe puntò lo
sguardo nella direzione che gli veniva indicata e, mano a mano che la
figura
maschile si avvicinava, sentiva il suo battito cardiaco aumentare
esponenzialmente. I capelli biondi, scuriti dal sudore, brillavano come
oro
bruno alla luce solare che filtrava dalle finestre. Le sopracciglia
folte,
leggermente aggrottate, la bocca atteggiata a broncio, il mento
delicato e gli
occhi, quegli occhi dalle lunghe ciglia che non era riuscito a
dimenticare.
Persino l’altezza corrispondeva.
“Kriserentola”
esalò.
“Kriserentola, sei proprio tu?”
L’interpellato si
bloccò,
interdetto, accortosi in ritardo della presenza di un ospite. Si
sentì mancare.
L’uomo cui aveva rinunciato per sempre sentendosi
molto un eroe tragico
e che aveva giurato di smettere di amare si trovava in casa sua, a
pochi passi
da lui e -Shisus onnipotente- l’aveva riconosciuto.
“Kris”
proseguì Joonmyun,
avvicinandosi. “E’ questo il tuo vero nome, dunque:
Kris” gli posò una mano sul
petto. “Perché mentirmi? Perché tirare
in ballo un fidanzato fittizio?”
Il resto della famiglia
Lee assisteva alla scena comunicando a bisbigli, decisi a non perdersi
neanche
una sillaba.
“Che mi prenda un
colpo”
mormorò Hyukjae. “Ciò significa che la
fanciulla misteriosa in realtà era il
nostro primogenito?”
“Non avrei mai immaginato
che avesse l’hobby di travestirsi da donna”
osservò Donghae sovrappensiero.
“Oh mio Dio. E’
come
sospettavo, ho dato della gnocca a mio fratello. Oh mio Dio”
sussurrò Jongdae
più pallido del solito.
Baekhyun, dal canto suo,
era occupato a scambiarsi sguardi infuocati con Chanyeol.
“Sei libero una di queste
sere?” chiese il paggio con un sorriso a cinquantadue denti.
“Per te sono sempre
libero, baby” ammiccò l’altro.
La coppia appena
riunitasi, intanto…
“Perdonami”
Kris era in
imbarazzo. “Fosse stato per me, sarei venuto al ballo vestito
normalmente. E’
stata la mia fata madrina a conciarmi in quel modo”.
“Qualcuno ha fatto il mio
nome?” si udì una voce dall’alto,
seguita da un fracasso infernale e da una
nebbiolina rosa familiare.
Jongdae però fu
l’unico a
prestarvi attenzione, giacché gli altri erano in altre
faccende affaccendati.
“Woah” rimase a
bocca
aperta. “E tu chi saresti?” apostrofò il
nuovo arrivato, non prima di averlo
squadrato per benino da capo a piedi.
“Sono la fata madrina di
tuo fratello, piacere di conoscerti! Mi chiamo Zitao, Taozi per gli
amici”.
“Piacere mio,
Taozi” gli
strinse la mano. “Io sono Jongdae, ma tu puoi chiamarmi
Chenzi [6]”.
“Vuoi un po’ di
zucchero
filato?” propose la fata prendendone una manciata dal
cappotto.
“A dire la
verità i dolci
non mi fanno impazzire; ho altri gusti, diciamo
così” mormorò Jongdae suadente.
“Preferirei piuttosto avere te, sul mio letto, meglio ancora
senza tutti questi
superflui strati di vestiti addosso”.
Zitao arrossì.
“Fammi strada”
disse poi.
Joonmyun, nel frattempo,
stava facendo ricorso a tutta la sua capacità di persuasione
per convincere un
ritroso Kris a cedere.
“Io ti amo” gli
prese il
viso tra le mani, costringendolo a piegare il collo.
“Anche io, ma non
possiamo sposarci” sospirò lui.
“Perché no,
scusa?”
“Beh, prima di
tutto…
Sono fissato con le creme per il viso, ma molto peggio di una donna. I
miei
fratelli mi chiamano Kriserentolo per questo motivo”.
“Non è un
delitto
prendersi cura di se stessi”.
“Sono più
vecchio di te, ho
già ventun’anni”.
“Ho sempre avuto un
debole per gli uomini maturi” sorrise allusivo.
“Non potrò,
uhm, darti
dei figli” sparò.
“Ceeeerto, ed
è stata una
cicogna a portare noi due ed i tuoi fratelli ai rispettivi genitori.
Cerca di
fare obiezioni sensate, se proprio devi”.
“Ma non capisci,
Joonmyun?” si esasperò Kris. “Sono un
giraffone goffo e narcisista, ho due
topolini come migliori amici, dei fratelli che mi trollano –e
come se non
bastasse sono un uomo!”
“Francamente, mio caro,
me ne infischio [7]” e detto ciò
il principe lo zittì con un bacio.
E
vissero per sempre felici e contenti.
[1] Si tratta del kajal, ma sappiamo
benissimo che il Byun
sarebbe capace di usarlo come eyeliner.
[2] Perché
Chen è una dansheen masheen xD.
(http://25.media.tumblr.com/tumblr_m8bez8Pl1E1raft7zo1_250.gif)
[3] Come sa chi ha
visto
questa intervista, a 0:46 (http://www.youtube.com/watch?v=dAsN1e0F2mw).
[4] Per chi non
avesse colto
la sottile allusione ad uno dei deliziosi
outfit sfoggiati di recente dal duizhang, mi riferisco a
QUESTO ORRORE: http://25.media.tumblr.com/2432d411312b556a86fd00d27284f381/tumblr_ml73rn5FsA1ruyrtyo6_500.png.
[5] Citazione
doverosa da X/1999.
[6] Rendiamoci
conto: Taozi in cinese vuol dire pesca, Chenzi (il
soprannome di Chen) arancia.
Se non sono una coppia perfetta loro due…
[7] Citazione da Via col vento.
Vi lascio il
link della mia pagina Facebook, in
caso abbiate apprezzato questa one shot e vi incuriosisse seguire in diretta i miei
scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).