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Autore: GioTanner    25/04/2013    6 recensioni
1989, una giornata d'inverno.
Non tutti avverano i propri sogni. C'è chi invece avverandoli ormai è arrivato a destinazione eppure ha tutta la vita davanti. Si sente finito, perfetto, intoccabile, immortale. McKagan non era mai stato così vicino ad esserne consapevole come quella notte.
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«Izzy svegliati... Cazzo dai, dai! Fa un f-freddo boia... Apri gli occhi! C-che cazzo ti sei calato, bastardo? Respira, r-respira, 'fanculo! Ti giuro che quando ti svegli ti butto la testa nel cesso, ti butto tutta la merda che hai in casa, ti... Fottiti!»
Lo aggredì, facendo cozzare il capo ciondolante del chitarrista sulla lastra di vetro della doccia.
«[...]Non senti forse già il tuo battito venire meno?- gli disse, alzandosi su i gomiti, una strana consapevolezza nel cuore, l'affanno ancora ben accentuato nel respiro - Non ti senti egoista però. No, quello che pensi è che non ti possa toccare la morte, che tu non possa morire per un po' di alcool, un po' di droga... Oh no[...]»

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Quinta classificata al contest 'A sentence to dream' di Mary DB e Kirame27 su EFP
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Duff McKagan, Izzy Stradlin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: GioTanner
Titolo: Immortal
Genere: Angst; Introspettivo; Malinconico
Fandom: Guns n' Roses
Personaggi: Izzy Stradlin; Duff McKagan
Coppia: Nessuna
Lunghezza:2510 parole, One Shot





Immortal

1989 ottobre/novembre.

La sigaretta gli cadde dalle labbra, la cenere si frantumò a terra, il tabacco impregnò la stanza chiusa, buia, dal rancido odore.

Istintivamente fece un passo indietro, arricciando il naso. Poi ispirò a pieni polmoni ed entrò: la porta della stanza era aperta. Sdraiato sul pavimento, accanto al letto sfatto, su un fianco riversava il moro. L'ago ancora dentro la pelle martoriata del braccio livido.

S'accucciò dinanzi a lui e gli tolse l'ago, incurante del tanfo, iniziando immediatamente dopo a scuoterlo. Lentamente, come lo scandire dei battiti del cuore dell'amico che andavano diminuendo, la paura cominciò a farsi largo nella sua testa inebriata dall'alcool.


«Mi fate schifo! Schifo! Tu, la tua eroina di merda e il tuo spacciatore! Vaffanculo! Respira dannazione, respira! Mi fai schifo... Dio... - urlò scrollando il compagno, aprendogli la pesante giacca di pelle che indossava -Dio, ti prego vuoi respirare? Ti prego... Ehi, Izzy...» Spinse sul petto del ragazzo: non sentiva il suo battito cardiaco. Non sentiva più polso. Non sentiva più niente.

Voleva avere una crisi di panico in quel momento, voleva averla davvero. Tanto per non fare nulla e lasciare a qualcun altro l'intera faccenda.

Ma prese un altro respiro e si caricò il corpo del chitarrista sino in bagno, che distava pochi passi dalla camera, continuando ad imprecare contro di lui.

Tentò d'accendere la luce, ma poi s'accorse guardando in alto e spremendo un attimo gli occhi nell'oscurità che la lampadina era stata rotta, spaccata, con qualche vetro ancora sul lavandino.

Scostò la tendina e tirò Izzy dentro la doccia insieme a lui: non era la prima volta che cercava di salvare qualche amico dall'overdose, questo era vero. Chi per overdose da farmaci, chi per colpa di qualche vodka in più, chi per una dose sbagliata o tagliata male, molte volte si era ritrovato in quelle situazioni. Ma non era mai qualcosa di troppo grave, sembrava quasi giusto che succedesse e non faceva neanche più terrore, non troppo almeno. Però il cuore, dannazione, il cuore lo sentiva sempre.

Il getto d'acqua era ghiacciato, e lui stava congelando trattenendo in malo modo con una presa ferrea l'amico per non farlo cadere. Gli abiti che indossava erano ormai pregni, la maglia a rete gli faceva andare direttamente l'acqua a contatto con la pelle bianca e sudata e l'unico aspetto positivo era che aveva riacquistato un po' di lucidità sotto la doccia. L'angoscia però rimaneva lì: gli faceva tremare le dita seppur artigliate al corpo del compagno e non lo faceva pensare.

In quelle occasioni, nei film, facevano sempre vedere che l'amico di turno s'immaginava tutta la sua vita senza di lui. Avrebbe pianto, si sarebbe abbracciato il tipo e gli avrebbe urlacchiato cose carine facendogli infine tutte le sue scuse. Lui non lo avrebbe certamente sentito, mezzo morto com'era, forse solo il 'mi ero fatto tua sorella e la tua ex, ti prego perdonami. Non mi lasciare' e poi lo avrebbe abbandonato per sempre, un bel sorriso stampato sulla faccia e la disperazione negli occhi dell'altro.

Ma quello non era un film e l'orrore che l'attanagliava era così reale, frenetico e da star male che non riusciva a pensare a nient'altro che al presente. Senza piangere, senza fare niente di così eclatante, senza farsi tutti quei trip mentali sul futuro o sul funerale dalle rose blu. Viveva secondo per secondo in diretta quell'agitazione estenuante e che gli pulsava nel cuore, opprimendolo senza poter fare granché.

«Izzy svegliati... Cazzo dai, dai! Fa un f-freddo boia... Apri gli occhi! C-che cazzo ti sei calato, bastardo? Respira, r-respira, 'fanculo! Ti giuro che quando ti svegli ti butto la testa nel cesso, ti butto tutta la merda che hai in casa, ti... Fottiti!»

Lo aggredì, facendo cozzare il capo ciondolante del chitarrista sulla lastra di vetro della doccia.

Lasciò la presa salda e Izzy cadde, lasciandosi scivolare sino a terra.

La testa chinata verso il basso, l'acqua gelida che si disperdeva sotto di lui nello scarico. Gli si mise davanti, ergendosi dinanzi a lui per non fargli prendere tutto il getto addosso, incosciente com'era.

Piegò le ginocchia per arrivare alla sua altezza e si mise una mano fra i capelli bagnati guardando un attimo in alto, su, sussurrando parole incomprensibili che, Cristo, dovevano essere qualche specie di preghiera se solo se ne fosse ricordata una; non riusciva a fare nient'altro che stare fermo e guardarlo, così.

E sembrava da incoerenti, ma non avrebbe chiamato l'ambulanza fino a quando non avrebbe accertato e accettato davvero che non c'era più niente da fare. Non che si sentisse qualche strano presentimento solo non voleva arrendersi, per chissà quale stupida ragione. Forse speranza, forse più ridicolmente non voleva rassegnarsi all'evidenza.

Chiuse gli occhi, deglutendo rumorosamente, il getto freddo ancora su di sé mentre con la schiena copriva Izzy.

Appoggiò la mano destra sulla parete per darsi un minimo d'equilibrio tanto era instabile la sua posizione e, ancora chinato su di lui, lo osservò attentamente.

Il condensare dei suoi respiri arrivò a formare delle nuvolette d'aria calda trattenendo a stento il battere dei denti. Il suo viso era esattamente all'altezza del capo reclinato dell'altro.

Lo scrollò ancora una volta e alla fine vide gli occhi dell'amico farsi meno vacui, meno spenti, più aperti.

D'improvviso il corpo di Izzy parve muoversi, scomposto, reclinando la testa all'indietro: un singulto provenne dalle sue labbra, labbra così secche e dal sapore così amaro che non ne volevano sapere di schiudersi e parlare.

«Izzy, sono qui, qui! Ci sei? Ehi, sono io... Sei vivo, starai bene!» gli prese il volto con le mani.

«Duff? - il biondo annuì con un sorriso così vivido -Duff... Non mi... Respirare in faccia... Duff...»



Passarono relativamente poche ore da quell'avvenimento... Incidente di percorso.

Il silenzio regnava sovrano, ma il bassista non se n'era andato, anzi.


Era alla sinistra della finestra aperta con le braccia conserte e le spalle al muro. Fino a una mezzora prima aveva avuto sopra di lui un buon asciugamano di spugna, per riscaldarsi visto che la caldaia non funzionava.

Poi aveva lasciato il panno sulla sponda del letto e dopo essersi scolato una birra per la tensione era ritornato nella camera per rimettersi esattamente nella stessa posizione che teneva già da un bel po', senza proferire neanche una parola.

Guardava Izzy, il quale invece era seduto sul letto e osservava la finestra spalancata dove entrava aria fredda, perlomeno pulita.

Izzy aveva una coperta su di sé e le gambe, fasciate da jeans stretti, dondolavano appena senza poggiare sul pavimento di proposito.

«Ti devo delle scuse forse? Non continuare a fissarmi.» provò il chitarrista, rabbrividendo un attimo per aver mosso i muscoli facciali.

«No, non a me. Fai delle scuse a te stesso e poi fottiti.» replicò pacato Duff, sobrio e incattivito per colpa degli eventi; un'ira profonda e sincera lo attanagliava.

«La vita è mia, faccio quel che voglio. Volevo solo staccare la spina e... Ehi, mi è solo scivolata un po' la situazione di mano. Capita... » si giustificò, tenendo lo sguardo sulle sue dita.

Silenzio. Disastroso e maledetto silenzio.

Duff sollevò le spalle dal muro, poi puntò gli occhi su di lui, infuriato e al limite: «Sai cosa? No Izzy, non ho pensato a cosa sarebbe successo se non ci fossi stato più... Non ho pensato che avremmo dovuto prendere un altro chitarrista o forse, ma sì, sì la band si sarebbe sciolta e tutto il culo che ci siamo fatti per arrivare lontano, tutto... Tutto sarebbe stato annientato dalla tua scomparsa! Non ho pensato alla reazione di Axl, lui che ti è amico da così tanti anni... Non ho pensato a cosa avrei detto alla stampa, a cosa avrei detto ai miei... Ai nostri amici! Cosa avrei detto a Steven? E a Slash? 'Non sono riuscito a svegliarlo', oh wow! Non ho pensato che mi sarei sentito in colpa solo per essermi fermato a prendere una bicchiere di Jack quando tu eri qui, cazzo, qui a stordirti di eroina e chissà cos'altro. No, non l'ho pensato. Non l'ho fatto perché volevo solo che tu aprissi gli occhi in quel momento, dannazione! Ma ora... Adesso lo faccio... Ora ci penso, e … Merda, il tuo cuore s'era fermato per le tue stronzate. Ti avevamo perso e speravo non fosse vero. Dì le tue cazzo di scuse a te stesso, ecco, per non aver pensato altro che alla tua fottuta droga.»

Izzy trasalì, non che quelle parole fossero false, solo gli sembravano un'esagerazione ...Una versione distorta di ciò che aveva fatto. Gli fischiavano le orecchie: era stato egoista? Sì, giusto un po'. Però non aveva minimamente intenzione di voler morire. Voleva solo farsi, non ci vedeva niente d'errato. Duff stesso beveva come una spugna!

Tutto stava andando alla malora. Steven, Slash, Axl diceva? Ma se ormai neanche lo consideravano più! La musica era quasi scesa di un gradino, tanto era forte l'esigenza dell'eroina che s'iniettava.

La musica, proprio lei per cui aveva lanciato le sue carte scoperte pur di vincere e di lasciare Lafayette, adesso gli sembrava solo l'espediente perfetto per avere più grana e farsi di più. Molto di più. Senza mai restarne senza.

Non s'accontentava, ora che poteva.

Ridacchiò leggermente, quasi avesse trovato qualcosa di divertente in quella sfuriata: «Duff... Duff... Fossi morto avrei avuto ventisette anni! Ventisette! Come Jimi Hendrix, Brian Jones, Janis Japlin, Jim Morrison!»

Il bassista tirò la cicca che aveva in bocca vicino a lui, in un gesto di stizza: «Smettila Izzy. Smettila di fare così.- s'avvicinò e lo scrutò, sedendosi alla sua destra -Una volta componevi dei testi meravigliosi. Avevi la tua droga, ma per il rock l'accantonavi senza problemi. Come faccio io con l'alcool. Ti andava di sfondare, volevi suonare. Quei riff che componevi erano un portento. Sono passati manco tre anni e tu... Tu ci stai abbandonando. Ti stai lasciando andare mentre Axl fa il favoloso e Slash sta perdendo la pazienza. Steven sta peggio, ma tu non sei mai stato come Steven. Ho ragione io, no?»

«Sarebbe morto il chitarrista ritmico dei Guns n' Roses... Sarebbe andato su tutti i giornali. Non avrei ottenuto la prima pagina del New York Times, ma sarebbe stato figo lo stesso.» continuò imperterrito Stradlin.

«Man, ehi, ascoltami... Smettila.» gli diede una pacca sulla spalla.

«Smetterla? Cosa dovrei smettere di fare? Di rendermi invisibile? Di non dare le mie opinioni? Di non dare più il mio contributo? Non eravamo cinque quando abbiamo firmato quel cazzo di contratto? Non eravamo cinque quando ci siamo intascati la somma?»

Izzy digrignò i denti, sputò tutto quello che covava alterandosi:

«Penso che qualcuno mi consideri il cuore, l'anima del gruppo. Sai, quello che rimette insieme i cocci? Bel mestiere! A me va bene, ma non sono solo quello... Ehi, mi vedi non è vero?»prese fiato, alzandosi e togliendosi la coperta di dosso.

«Il cuore del gruppo... Suona bene, su di te.» sussurrò incerto Duff, rimuginando, abbassando gli occhi.

«Maledettamente... E no certo, non è grandioso il mio ruolo, ma ci sono dentro. Sono io, siete voi, siamo noi che ci facciamo male da soli! E io sono quello che si deve mettere in mezzo. Poi fa qualche riff, fa qualche testo, e poi ancora non viene calcolato.»

Il tono di voce s'alzò: l'espressione di Izzy era contrita e affaticata. Avrebbe dovuto riposarsi, ma non lo faceva già da un bel po'.

«Però mi rompo anche io, qui. -indicò il suo cuore, poi lo colpì due volte -E i cocci sono solo i miei. E allora che faccio? Cosa faccio? Faccio quello che voglio. Anche io, perché sì.»

Duff si bevve quella confessione tutta d'un fiato. Era un disagio forte e malsano quello che provava.

«Cosa vuoi che faccia Izzy? Cosa non ti sta bene?»

«Cosa puoi fare Duff?! Oh via!- scrollò le spalle e alzò gli angoli della bocca -Prima o poi mi rialzo, mi rimetto in gareggiata; e starò nei Guns n' Roses a suonare finché non saremmo tutti sotto terra*. Dureremo quanto i Rolling Stones!»

Il biondo s'alzò dal letto: «Se ti fa male dovresti parlarne, il problema non si risolve pensando a quando starai meglio. Potresti parlare con Axl... Potresti spiegare...»

«Perché dovrei farlo? Ho ottenuto quello che volevo. Più di così puoi solo che cadere in basso. Quanto siamo caduti in basso? Inizia a guardarti attorno! Eppure... Eppure non mi devo lamentare! Non si desidera ciò che è facile da ottenere Duff, ma io l'ho realizzato! Avevo una tale ambizione che dall'Indiana sono arrivato a L.A.! Chi può veramente affermare di aver realizzato un suo desiderio? È fantastico! Dovrei sentirmi appagato e lo ero! Ma non è mai abbastanza quando ti senti in alto...»

Andò a stendersi di nuovo sul letto perché un mal di testa allucinante gli stava devastando le meningi.

Dopo un attimo di pausa, abbassò la voce e continuò:

«No, quando ormai arrivi ad un limite amico, non te ne rendi manco conto. Così desideri sempre di più, sempre qualcosa che non puoi avere. Ma io posso avere tutto... E allora cerco solo il modo per distruggermi, anche inconsciamente. - un sorrisetto gli increspò le labbra, posò una mano sopra gli occhi -Così! Non c'è un motivo vero e proprio! Perché sarò io, saremo noi, sarà il rock o sarà l'uomo, che cazzo ne so... Arriviamo a quel punto in cui quando puoi avere ogni cosa senza una scadenza o … Che ne so, senza fare la gavetta, senza fare niente... Fai di tutto per fallire. Per dimenticare e abbandonare il tuo mondo che sembra perfetto, ma fa schifo. Che hai preso tutto quello che la vita poteva offrirti e che non ti rimane più niente davvero.»


Duff si sporse dalla finestra, guardò fuori e vide che il vento s'era calmato: ormai era notte fonda e lui avrebbe anche potuto andarsene.

Andò in cucina e prese qualche alcolico dal frigorifero del chitarrista, ritornò in camera tanto per assicurarsi che Izzy stesse bene.

Si finì in un baleno la prima bottiglia, ci voleva poco ad un tipo alcolizzato come lui.

Non aveva più detto niente contro Stradlin, non aveva più spiccicato parola e non per rabbia o amarezza, ma perché in fondo... Cosa mai poteva dirgli? Aveva annuito e aveva buttato lo sguardo fuori, verso il panorama invernale.


Un movimento repentino sul letto fece sì che il bassista s'accorse che il moro era ancora sveglio.

Si osservarono senza guardarsi realmente, per il buio pesto che sovrastava l'appartamento, ognuno puntando la figura dell'altro. Ma il silenzio non durò a lungo:

«Vedi? Anche tu t'ammazzi di birra. Duff 'King of beer' McKagan! È così, non c'è niente da spiegare. Lo fai anche tu e potrebbe essere il tuo ultimo giorno ogni volta. Non senti forse già il tuo battito venire meno?- gli disse alzandosi su i gomiti, una strana consapevolezza nel cuore, l'affanno ancora ben accentuato nel respiro - Non ti senti egoista però. No, quello che pensi è che non ti possa toccare la morte, che tu non possa morire per un po' di alcool, un po' di droga... Oh no, perché hai ottenuto tutto, ti senti ...Sei immortale. Semplicemente.»



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Conclusione che ti demoralizza alquanto. TA-TA-TAAAN. Vi ha demoralizzato? Lo spero. [Sono malvagia?] No, okay, è che il senso è quello.

Spero che un po' di tristezza/consapevolezza/malinconia leggendola l'abbiate provata.

Spero troppo, ugh? X'


*sotto terra: Beh, è l' 89. Ho pensato bene di NON anticipare il fattore 'io me ne vado'. Quindi in QUESTA affermazione Izzy pensa 'ma sì, Dureremo FINO ALLA FINE!' Tante cose già non andavano bene, ma c'era ancora Steven nel 1989, quindi è parecchio prima dell'avvento. Ovviamente, mia scelta. Insomma, covava disagio, ma per ora la droga era la cosa più interessante. Poi s'è ripreso e va beh, lo sapete. Trullalà.


Yo oh, spero in una vostra opinione (:

Ah, questa one shot l'ho scritta per un contest 'A sentence to dream' http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10561578&p=1 , tenevo a dirvelo. Enjoy!


   
 
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